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IV. — La fisica.
1) Segue ora una breve digressione sulle teorie fisiche. Spinoza non ci ha dato un’esposizione completa della sua fisica: bisogna completare la breve esposizione dell’Etica con le Lettere, il Trattato breve e, ove occorra, con la fisica cartesiana, alla quale egli in principio aderisce.
L’estensione è per Spinoza un attributo divino: quindi non è una cosa passiva ed inerte che riceve da Dio il movimento: il movimento è una sua proprietà costitutiva ed è ciò che caratterizza e distingue in essa i corpi. Questa è la principale differenza del concetto spinozistico della materia da quello di Cartesio. Le sole modificazioni che in essa avvengono sono il movimento e il riposo: i corpi si distinguono appunto per il diverso ritmo dei movimenti che li costituiscono. Le altre qualità sensibili sono, come per Cartesio, apparenze di movimenti (lett. 6): esse appartengono alla serie cosciente e sono il correlativo cosciente di certi movimenti. Ogni movimento è condizionato da altri movimenti: ogni combinazione di movimenti dà origine ad un nuovo movimento, che unisce in sè le nature diverse degli elementi componenti.
2) Quando più elementi corporei sono fra di loro collegati in modo da mantenere l’unità del ritmo dei movimenti componenti, in modo che la forma della composizione loro persista, pur mutando gli elementi, abbiamo ciò che si dice un individuo fisico. Più individui di grado inferiore compongono un individuo di grado superiore: anzi tutta la natura non è che un grande individuo, le cui parti variano indefinitamente, restando essa una e identica nel suo complesso.
Il corpo umano è un individuo composto, i cui elementi sono in un continuo scambio d’azione col mondo esterno: quest’azione dà sempre origine ad un processo, nel quale confluiscono l’azione del nostro corpo e quella del corpo esterno. Così quando i corpi esterni per mezzo dei fluidi del nostro corpo (gli spiriti vitali) agiscono sul cervello, essi vi imprimono una traccia che ha una certa somiglianza con i corpi stessi. Con ciò Spinoza non vuole, ben s’intende, spiegare fisiologicamente la sensazione: ma vuol mostrare come anche sotto l’aspetto fisico l’azione d’un altro corpo sul nostro sia sempre anche una partecipazione del nostro all’essere di quel corpo, una certa presenza del corpo estraneo nel nostro.