< Eutifrone
Questo testo è completo.
Platone - Eutifrone (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Francesco Acri (XIX secolo)
Capitolo II
Capitolo I Capitolo III

EUTIFRONE Dio voglia, Socrate; ma io ho paura di no; perché mi par ch’egli con fare a te oltraggio voglia proprio la rovina della città nostra, proprio. Ma una curiosità me la levi? che fai tu, secondo lui, per guastare i giovani?

SOCRATE Oh, cose dell’altro mondo, mio caro: dice ch’io sono un fabbricatore d’Iddii, e che, mentre ne fo de’ nuovi, disfaccio i vecchi: vedi che accusa!

EUTIFRONE Ho bell’e capito: gli è perché sei usato dire che hai un demone con te. E il furbaccio ti accusa che tu fai cose nuove in religione e ti tira in tribunale, sapendo che siffatte calunnie il popolo se le beve. Di me, poi, quando in parlamento apro bocca su cose di religione e predico il futuro, si fan le più grasse risate di me, come fossi impazzato; e pure quanto volte ho predetto, tante ci ho colto. Ma la è tutta invidia: non ci si badi e tiriamo via.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.