< Eutifrone
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Platone - Eutifrone (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Francesco Acri (XIX secolo)
Capitolo VII
Capitolo VI Capitolo VIII

SOCRATE Eh, non ne farei caso; me le conterai a comodo, un’altra volta. Ma ti prego di chiarirmi meglio ciò ch’io t’ho dimandato dianzi. T’ho dimandato che cosa è il santo; e tu non m’hai insegnato abbastanza infino a ora, ma sí m’hai detto che santo è quello che tu stai facendo, accusare d’omicidio tuo padre.

EUTIFRONE E ho detto vero.

SOCRATE Può essere. Ma credi, Eutifrone, che di cose sante ce ne sia molte altre?

EUTIFRONE Ce n’è.

SOCRATE Ricordati ch’io non t’ho pregato d’insegnarmi una o due delle molte cose sante; ma sí quell’istessa idea per la quale tutte le cose sante son sante: che tu mi hai detto che per una certa idea le cose empie son empie, e le sante sante; o non te ne ricordi?

EUTIFRONE Sí, me ne ricordo.

SOCRATE E insegnami dunque codesta idea, che cosa ella è mai; acciocché, contemplando quella e giovandomene come di esempio, io dica santa ogni azione che le si assomigli, la faccia tu o chiunque altro; e quella che no, no.

EUTIFRONE La vuoi? te la dico.

SOCRATE La voglio.

EUTIFRONE Ecco: ciò ch’è caro agl’Iddii è santo; ciò che no, empio.

SOCRATE Bene assai: m’hai proprio risposto come volevo io. Se è il vero, non so ancora; ma tu mostrerai bene che è vero ciò che tu di’, non ne dubito.

EUTIFRONE Ma Sí.

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