< Eutifrone
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Platone - Eutifrone (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Francesco Acri (XIX secolo)
Capitolo XVII
Capitolo XVI Capitolo XVIII

SOCRATE Ti potevi spicciar prima, Eutifrone, se tu mi volevi rispondere a tono. Ma si vede che voglia d’insegnarmi non ne hai: che già eri lí lí per farlo, e ti sei tirato indietro. Oh! se mi avessi data questa risposta benedetta, io la santità a quest’ora l’avrei bella imparata. Pazienza! e dacché l’amante, volere o non volere, ha a tener dietro all’amato dove ch’egli lo tiri, mi di’ di nuovo che cosa è il santo e la santità. È, credi tu, una cotale scienza di pregare e far sacrifizii?

EUTIFRONE Sí, via.

SOCRATE E il far sacrifizii non è un donare agl’Iddii, e il pregare non è un chiedere a loro?

EUTIFRONE Certo.

SOCRATE Dunque la santità sarebbe ella scienza di dare e chiedere agl’Iddii, stando a questo ragionamento?

EUTIFRONE M’hai proprio capito.

SOCRATE Perché, mio caro, io ho sete della tua sapienza, e sto con tanto d’occhi perché non cada in terra né anche un briciolo di quel che t’esce di bocca. Ma di grazia, cotesto nostro ministerio verso agl’Iddii qual tu dici essere la santità, a che mai si riduce? a un dare e chiedere?

EUTIFRONE Sí.

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