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Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
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CXV
Di un uomo che si fe’ creder morto dalla moglie.
A montevarchi, che è un borgo vicino a noi, un ortolano che io conosco, che aveva la moglie giovane, una
volta che ella era fuori a lavare panni tornò a casa, e desiderando di sapere che cosa avrebbe detto o fatto sua moglie se ei fosse morto, si stese a terra supino fingendosi tale. La moglie tornò a casa carica della biancheria, e trovò il marito morto, come la parve, e stette in forse se dovesse subito piangere la morte del marito o piuttosto mangiare, poichè era ella rimasta digiuna fino a mezzogiorno. Ma cedette agli stimoli della fame, e posto al fuoco un pezzo di lardo, prese a mangiarlo in fretta, dimenticandosi per la furia, di bere. E avendo, per cagion della carne salata, molta sete, prese un fiasco e discese presto le scale per prender vino dalla cantina. Venne frattanto una vicina a chiederle fuoco, e la donna, gettato il fiasco, risalì le scale, come se l’uomo fosse morto allora, prese a piangere dirottamente e a dare in esclamazioni. Vennero a queste grida e a questi pianti tutti i vicini, sorpresi dalla morte improvvisa. Giaceva l’uomo per terra e teneva il fiato e aveva chiusi gli occhi, come se fosse morto davvero. E quando gli parve che il gioco fosse durato abbastanza, alla moglie che piangeva e che ripeteva: “O mio uomo! e che cosa farò io adesso?” disse, aprendo gli occhi: “Farai male, se non andrai subito a prendere il vino.” Tutti passarono dalle lacrime al riso, quando specialmente udirono la storia e la cagion della sete.