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Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
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CXXXI
Di un Fiorentino che senza saperlo
mangiò dell’ebreo morto.
Venivano due giudei da Venezia, dove abitavano, a Bologna, e accadde che uno d’essi colpito da malattia morisse in viaggio; l’altro desiderava di trasportarne il cadavere a Venezia, e poichè ciò non potea farsi palesemente, così, tagliatolo in minuti pezzi, lo pose in un piccolo barile, mescolandolo con diversi aromi e con miele, tanto che usciva meravigliosamente un soave odore dal barile, e questo raccomandò ad un altro ebreo che andava a Venezia. Costui portò seco il barile sulla barca per il canale di Ferrara, ed essendo sulla barca in molti, accadde che un Fiorentino si mettesse a sedere vicino al barile. Quando venne la notte, attratto dall’odore, e sospettando che dentro si contenessero cose buone a mangiare, tolse di nascosto il coperchio e prese a gustare ciò che dentro vi era; e poichè gli parve che questo fosse un cibo molto saporito, così quella notte a poco a poco quasi tutto lo vuotò, credendo di aver mangiato buona cosa. Quando a Ferrara l’ebreo fu per uscir dalla nave e prese il barile, sentì dalla leggerezza del peso che esso era vuoto; e mentre e’ da una parte si lagnava che gli avean rubato il cadavere, il Fiorentino dall’altra sentiva che egli stesso era il sepolcro del giudeo.