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Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
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CLXIX
Di un monaco che introdusse il cordone
in un foro di un’assicella.
Nel Picentino è una città chiamata Iesi. In essa eravi un frate, che aveva nome Lupo, il quale amava una giovinetta che era anche vergine; e questa esortata molte volte, cedette e acconsentì a far la voglia del frate. Ma temendo di dover provare troppo grave dolore, esitava alquanto, onde il frate disse che avrebbe interposta una tavoletta di legno, per il foro della quale avrebbe lanciata la freccia. Poi prese una tavoletta di abete, sottilissima, la perforò, e andò di nascosto dalla fanciulla, introdusse il cordone pel foro, e prese a baciarla soavemente, mentre sotto le vesti cercava il buon boccone. Ma il cordone suddetto, per la bellezza del viso e per il contatto di sotto, risvegliatosi, prese a gonfiarsi stranamente e fuor di misura entro il foro, rimanendovi come strangolato; e la cosa ben tosto fu a un punto tale, che non potea più nè entrare nè uscire senza grande dolore. Cambiato in dolore il piacere, il frate prese a gridare ed a gemere per il martirio troppo grave. La fanciulla atterrita voleva consolar l’uomo, e lo baciava e voleva ch’e’ compiesse la cosa desiderata, e gli accresceva il dolore; perchè aumentandosi in quel modo il volume, lo spasimo si facea maggiore. E il disgraziato si doleva e chiedeva dell’acqua fredda per
calmare quel gonfiore bagnandolo. La ragazza, che aveva paura di que’ della casa, non osava chiedere acqua; poi, commossa dalle grida e dal dolore di quell’uomo, andò a prenderne, e bagnatolo, tolse alquanto il gonfiore. E come un po’ di rumore si faceva nella casa, il frate, desideroso di svignarsela, tolse il cordone dalla tavoletta, ed era scorticato, massime al di sopra; e quando dovè chiamare il medico per la cosa, la novella venne sulle bocche di tutti. Chè se a tutti costassero altrettanto i loro vizi, molti sarebbero più continenti.