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Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
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XXXIII
Di un altro mostro.
Ed è anche certo che fu recata a Ferrara l’immagine di un mostro di mare che fu trovato su la costa di Dalmazia. Aveva il corpo d’uomo fino all’ombelico, poi era di pesce, così che finiva biforcandosi. Aveva la barba lunga, e come due corna gli uscivano di sopra le orecchie, le mammelle grosse, la bocca larga, le mani con sole quattro dita, a dalle mani alle ascelle e al basso del ventre si stendevano ali di pesce con le quali nuotava; e in questo modo narravano di averlo preso: molte donne stavano a lavare pannolini alla spiaggia; quel pesce, spinto dalla fame, dicono che ad una di esse si avvicinasse e tentasse di afferrarla per le mani; non
eravi molt’acqua, ed ella, lottando, con grandi grida chiamò le altre in soccorso; accorsero cinque di esse e giacchè non potea più tornare il mostro nell’acqua, con bastoni e con pietre l’uccisero, e trattolo alla riva fe’ loro gran paura. Aveva il corpo un po’ più lungo e più grosso di quello di un uomo, da quanto si vedeva nell’incisione in legno che ci portarono a Ferrara. E che fosse per divorar la donna che esso l’aveva afferrata, ne fece fede il fatto che alcuni fanciulli, che in differenti tempi eran venuti per lavarsi alla spiaggia, non tornarono più mai, e questi dopo il fatto si credette che il mostro avesse presi ed uccisi.