< Fatalità (1895)
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Madre operaia
Canto d'aprile Non posso

MADRE OPERAIA.


Nel lanificio dove aspro clamore
Cupamente la vôlta ampia percote,
          E fra stridenti rôte
4Di mille donne sfruttasi il vigore,

Già da tre lustri ella affatica. — Lesta
Corre a la spola la sua man nervosa,
          Nè l’alta e fragorosa
8Voce la scote de la gran tempesta

Che le scoppia dattorno. — Ell’è sì stanca
Qualche volta; oh, sì stanca e affievolita!..
          Ma la fronte patita
12Spiana e rialza, con fermezza franca:

E par che dica: Avanti ancora!... — Oh, guai,
Oh, guai se inferma ella cadesse un giorno,
          E al suo posto ritorno
16Far non potesse, o sventurata, mai!... —

Non lo deve; nol può. — Suo figlio, il solo,
L’immenso orgoglio de la sua miseria,
          Cui ne la vasta e seria
20Fronte del genio essa divina il volo,

Suo figlio studia. — Ed essa all’opificio
A stilla a stilla lascierà la vita,
          E affranta, rifinita.
24Offrirà di sè stessa il sacrificio;

E la tremante e gelida vecchiaia
Offrirà, come un dì la giovinezza,
          E salute, e dolcezza
28Di riposo offrirà, santa operaia,

Ma il figlio studierà. — Temuto e grande
Lo vedrà l’avvenire; ed a la bruna
          Sua testa la fortuna
32D’oro e di lauro tesserà ghirlande!...


*


.... Ne la stamberga ove non giunge il sole
Studia, figlio di popolo, che porti
          Scritte ne gli occhi assorti
36De l’ingegno le mistiche parole,

E nei muscoli fieri e nella sana
Verde energia de le tue fibre serbi
          Gli ardimenti superbi
40De la indomita razza popolana.

Per aprirti la via morrà tua madre;
All’intrepido suo corpo caduto
          Getta un bacio e un saluto,
44E corri incontro a le nemiche squadre;

E pugna colla voce e colla penna;
D’alti orizzonti il folgorar sublime,
          Nove e radianti cime
48Addita al vecchio secol che tentenna;

E incorrotto tu sia, saldo ed onesto....
Nel vigile clamor d’un lanificio
          Tua madre il sacrificio
52De la sua vita consumò per questo.

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