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Questo testo fa parte della raccolta Rimatori siculo-toscani del Dugento

CANZONE II

Adducendo il triste esempio di se medesimo, che, senza saper perchè, fu abbandonato dalla sua donna, esorta chi voglia aver ricompensa del proprio amore, di scegliere una donna piacente e saggia.

Fèra cagione e dura
mi move, lasso! a dir quasi forzato
lo doloroso stato,
nel qual m’ha miso falsa ismisuranza;
5non giá per mia fallanza,
ma per quella di cui servo mi misi,
e per cui mi divisi
di tutt’altro volere e pensamento,
dandomi intenzione
10che, fòr di falligione,
dovesse lei amar, leal servendo,
la cui vista, cherendo — meo servire,
mi fe’ servo venire
de la sua signoria disideroso.
15Poi che servo divenni
de la sua signoria e disioso
del dilett’amoroso
che nel meo cor di lei immaginai,
addesso mi fermai
20in tutto d’ubidir lo suo comando,
per vista dimostrando
me ch’era su’ fedel serv’ubidente,
Und’ella per sembianza
mi fece dimostranza
25ch’allegrezza mostrava ’n suo coraggio,
poi che ’n suo signoraggio — m’era miso;
und’è che ’n gioi’ assiso
i’ fui manta stagion, sol ciò pensando.

Dimorando ’n tal guisa,
30perseverando in lei servir tuttora,
non fu lunga dimora,
ch’eo viddi che sua vist’era cangiata,
ver’me quasi turbata,
non sostenendo me solo guardare.
35Credetti che provare
volesse me com’fusse ’n su’ amor fermo.
Allor presi conforto,
isperand’a bon porto
lo meo fermo servir mi conducesse,
40e che tornar dovesse — pietosa:
ed ella d’orgogliosa
mainera ver’di me mai sempr’è stata.
Però forte mi dole,
poi veggio che servendo ho diservito
45in loco, ’ve gradito
credetti esser per certo fòr fallenza.
Ma via maggior doglienza,
quasi mortai, mi porge ’l suo fallire,
ché per suo folle dire
50fe’ manifesto in parte meo penserò,
lamentandosi forte
di me, che quasi a morte
la conducea in farl’increscimento;
e si fèro lamento — fece, a tale
55che gravoso poi male
n’ha dato lei con gran doglia sovente.
A ciascun ch’amar vòle
dico che deggia, se pósi, guardare
di vana donna amare,
60gioven troppo di tempo e di savere.
Ché grave ’n lui dolere
prende chi l’ama, doloroso tanto,
non si porea dir quanto,
per qual s’avesse piò ’n pena d’amore

65Ma elegga ’n sé, certo
chi amar vòle e merto
di suo servir, donna piagente e saggia,
che benigno cor aggia — fermo e puro,
e poi sera siguro
70di non perder di lei gioia, servendo.
Di gioven signoraggio,
quale sovra ditt’aggio,
leal servendo, merit’aggio avuto.
Vorriam’esser partuto, — ma non posso;
75ché, poi ’l piager è mosso,
è legato l’om servo e ’l partir greve.

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