< Filocolo < Libro quinto
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Libro quinto - Capitolo 66
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L’antica morte, per le molte lagrime sparte per adietro, non rintenerì i cuori con tanta pietà, che per l’udite parole agli occhi venissero lagrime, anzi riguardando l’un l’altro stettero per ammirazione alquanto muti, né seppero tristizia della ricordata morte mostrare, né letizia della viva nipote; ma poi Quintilio disse: - Quanto dura e amara ne fu la morte del nostro fratello, tanto ne saria dolce e cara la sua figliuola vedere e tenere come nipote; ma come sanza vendetta si possa sì fatta offesa mettere in oblio non conosco, avvegna che dir possiate il giovane innocente, e i piaceri di Dio convenirsi con pazienza portare: il quale è da credere che così come egli combattendo consentì che morisse, così vivendo l’avria potuto fare essere vittorioso. Non per tanto ciò che tu ne consiglierai faremo, fidi che altro che nostro onore non sosterresti -. A cui Ilario così rispose: - Veramente in tutte le cose vorrei l’onore vostro. Io conosco in queste cose che voi potete molto piacere a Dio, e sanza vostra vergogna, la quale, ancora che ci fosse, la dovreste prendere per piacergli, se voi volete, e a voi grandissima gloria e consolazione acquistare. A Dio potete piacere, ricevendo il giovane in Roma, il quale, tenendo per difetto d’amaestramento contraria legge, a quella di Dio di leggiere tornerà, e similemente la vostra nipote; e per consequente tutto il loro grandissimo reame. Che vergogna non vi sia il pacificamente riceverlo è manifesto: voi state in pensiero di vendicare la morte di Lelio, la quale non vendicata vergogna vi riputate. Or non la vendicò egli avanti che morisse? Egli col suo forte braccio uccise un nipote del nimico re e molti altri, e quando pure vendicata non l’avesse, a Dio si vogliono le vendette lasciare, il quale con diritta stadera rende a ciascuno secondo che ha meritato. Che consolazione e che gloria vi fia vedervi una nipote in casa reina, pensatelo voi! Elli ancora se ne poria aumentare la nostra republica, però ch’egli potrebbe il suo regno al romano imperio sommettere come già fu: per che a me pare, e così vi consiglio, che s’egli la vostra pace vuole, che voi gliela concediate, e qui venendo esso onorevolemente il riceviate -. A questo niuno rispondea; ma Clelia udendo che viva fosse la sua cara nipote, di cui mai alcuna cosa più non aveano udito, accesa di focoso disio di vederla, con assidui prieghi cominciò a pregare Mennilio e Quintilio che la loro pace concedessero al giovane, secondo il consiglio d’Ilario, e facesserlo in Roma con la cara sposa venire. Per che Mennilio, dopo alquanto, conoscendo la verità che Ilario loro parlava, e vinto da’ prieghi della sua donna, disse: - E come si poria questa cosa trattare, con ciò sia cosa che esso a noi non manderia, perché dubita, e noi a lui non manderemmo, però che contrarii sono alla nostra fede e i mandati offenderiano? -. A cui Ilario: - Se voi la vostra pace volete rendere al giovane, e promettermi che venuto egli qui come parente il riceverete e avretelo caro, io credo sì fare con la speranza di Dio, che tosto lui e la vostra nipote e ’l piccolo Lelio vi presenterò -. - E noi faremo ciò che tu divisi - rispose Mennilio. E andati davanti al santo altare, davanti alla imagine di Colui a cui la morte per la nostra vita fu cara, per la sua passione e resurrezione giurarono in mano d’Ilario che qualora egli la loro nipote e ’l marito e ’l figliuolo di lei loro presentasse davanti, che essi come carissimo parente il riceverebbero e onorerebbero, e più, che ciò che Lelio con Giulia già possedeo li donerebbero. - Niuna cosa più vi domando - disse Ilario; - andate, e quando io vi farò chiamare verrete a me -. Per che costoro da Ilario partiti verso la loro casa tornarono.

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