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Glorizia, onorata molto da Clelia, dalla quale veramente fu riconosciuta, di rivedere il padre e la madre e’ suoi sollicita, con licenza di Biancifiore, accompagnata da molti, ricerca i suoi palagi, ove due fratelli solamente avanti nati di lei lasciò nel suo partire, e ora piena di molti la ritruova. Ella due sorelle già grandi, e con figliuoli, e tre fratelli più che gli usati vi vede, e, non conosciuta, non è chi le parli. Il padre vecchissimo giace, e appena vede alcuna cosa. Sempronio di lei maggior fratello, il quale ella bene riconosce, ma egli lei no, però che nell’aspetto nobile donna gli pare, e vedela di bellissimi vestimenti ornata e accompagnata da molti valletti, l’onora e dicele: - Gentil donna, cui adomandate voi? -. A Cui Glorizia: - O caro fratello Sempronio, or non mi conosci tu? Non vedi tu che io sono la tua Glorizia, la quale sì piccola da voi mi partii seguendo Giulia e Lelio al lontano tempio? Che? Voi ora non mi riconoscete? Certo io riconosco ben voi -. A cui Sempronio: - Gentil donna, a cui che il cianciare stia bene, a voi molto si disdice: e non è atto di nobile donna andare gli antichi dolori delle morte persone per modo di beffe ritornando a memoria. Noi vi siamo, quando vi piaccia, e fratelli e servidori, e la nostra casa è a’ vostri piaceri apparecchiata, ma cessi che sotto colore di Glorizia noi qua entro ricevere vi vogliamo, però che già Apollo è oltre a venti volte tornato alla sua casa, poi che Glorizia mutò vita, sì come noi ben sappiamo, che la piangemmo molto come cara sorella, e questo ancora a tutta Roma è manifesto; e sappiamo ancora Domeneddio ora non essere in terra sceso a risuscitar lei. Voi siete errata: guardate che caso non vi faccia meno che bene parlare -. Allora Glorizia, tutta nel viso cambiata per le due sorelle di lei e per li tre fratelli nati dopo la sua partita, i quali ella non conoscea, e per gli altri circunstanti, dopo un gran sospiro disse: - Oimè, fratello, or come mi parli tu? Sono io femina cui in alcuno atto la gola leda? Certo per singulare grazia da Dio questo conosco, che tra l’altre io sono una delle più modeste. Oimè, che io perché io le mie case ricerco, m’è detto che io meno che bene parlo! E più, che m’è detto che io, che mai non morii, già è gran tempo fui morta, pianta e sepellita. Deh, Iddio!, come può egli essere che Clelia, a cui io niente per consanguinità attengo, m’abbia riconosciuta, e i miei fratelli non mi conoscono, ma mi scacciano? -. Ma poi, lasciando del dolersi i sembianti, passò più avanti dicendo: - Io sono Glorizia, e vivo, né mai morii. Onoratemi nella mia casa come è degno. Mostratemi Lavinio mio padre e Vetruria mia madre, e fate venire Scurzio mio promesso marito, il quale io giovane qui con voi e con Afranio mio fratello lasciai -. Sempronio, udendo questo, più s’incominciò a maravigliare, e più fiso mirandola, quasi già la veniva raffigurando; ma la memoria del falso corpo, per adietro da lui sepellito, non gli lasciava credere ciò che vera imaginazione gli raportava. Il vecchio padre udì la questionante figliuola, e la voce, non udita di gran tempo, riconobbe, e già quasi gli fu manifesto essere per adietro stato ingannato; e chiamato a sé Sempronio, gli comandò che dentro a lui menasse la donna, la quale prima alla sua poca vista non fu palese, che egli, come potea, grave, la corse ad abbracciare, dicendo: - Veramente tu se’ Glorizia mia cara figliuola -. E narratole come morta pianta l’aveano, sanza fine la fecero maravigliare, e poi dolere della trapassata madre e rallegrare della multiplicata prole, a’ quali faccendola nota con intera chiarezza, con festa a Scurzio suo marito, il quale lei credendo morta un’altra n’avea menata, che poco tempo era passato che similemente morta s’era, la rendeo, con cui ella felicemente poi lungamente visse.