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Libro terzo - Capitolo 40
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Poi che il re, narrate queste cose, si tacque, la reina, dopo alcuno sospiro, così disse: - Oimè, ora ha egli ancora nella memoria Biancifiore? Certo, se questo è, negare non possiamo che in contrario non ci si volga la prosperevole fortuna passata. Io imaginava che egli più non se ne ricordasse; ma poi che ancora gli è a mente, soccorriamo con pronto argomento -. - Niuno rimedio è sì presto come ucciderla - disse il re, - e acciò che infallibile sia il colpo, io l’ucciderò con la propia mano -. A cui la reina disse: - Cessino questo gl’iddii, che un re si possa dire che colpevole nella morte d’una semplice giovinetta sia, o che le mani vostre di sì vile sangue siano contaminate. Se noi la sua morte disideriamo, noi abbiamo mille servi presti a maggiori cose, non che a questa; ma noi, sanza esser nocenti contro lo innocente sangue di lei, possiamo in buona maniera riparare; e ciò v’aveva io già più volte voluto dire, ma ora, venuto il caso, vel dirò. Io intesi, pochi dì sono passati, che venuta era ne’ nostri porti, là dove il Po le sue dolci acque mescola con le salse, una ricchissima nave, di che parte si venga non so, la quale, secondo che m’è stato porto, spacciato il loro carico, si vogliono partire: mandate per li padroni, e a loro sia Biancifiore venduta. Essi la porteranno in alcuna parte strana o molto lontana di qui, e di essa mai niuna novella si saprà: e a Florio date ad intendere che morta sia, faccendole fare nobilissima sepoltura e bella, acciò che più la nostra bugia somigli il vero. E egli, credendo questo, poi s’auserà a disamarla -.

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