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Libro terzo - Capitolo 39
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Ritornato il re in Marmorina dentro al suo palagio, in una camera, soletto, con bassa fronte, si pose pensando a sedere ripetendo in sé l’udite parole dalla santa dea, e in sé rivolgendo che rimedio alle cose udite potesse pigliare. E in tali pensieri dimorando, la reina sopravenne; e vedendo il re turbato, si maravigliò, e timidamente così gli disse: - O caro signore, se licito è ch’io possa sapere la cagione della vostra turbazione io vi priego che ella non mi si celi -. A cui il re rispose: - Ella non ti si può né dee celare, e però io la ti dirò: oggi nel più forte cacciare che io facea, correndo dietro a un cervio, non so che si fosse, o dea o altra creatura, ma in abito d’una cacciatrice, m’apparve una bella donna, la quale, dopo alquante parole, mi disse che se con subito provedimento noi non soccorressimo, che Florio per Biancifiore perderemmo: e questo detto, sparve subitamente, né più la potei vedere. Onde io da quella ora in qua con grieve doglia sono dimorato e dimoro. Io conosco manifestamente che la fortuna, dei nostri beni invidiosa, si oppone a quelli, e vuolcene in miserabile modo privare. Io non so che consiglio pigliare. Io mi consumo pensando che per una serva io debba perdere il caro figliuolo acquistato con tanti prieghi. O maladetto giorno, o perfidissima ora della sua natività, perché mai venisti? Egli non per nostra consolazione, ma per dolorosa distruzione di noi nacque: ma certo la cagione di tanta e di tale tristizia converrà che prima di me perisca. Questi mali e queste angosciose fatiche solo per la vilissima serva procedono. Io le leverò con le propie mani la vita: la mia spada trapasserà il suo sollecito petto: e di questo segua che puote! E certo se i fati altre volte la trassero delle cocenti fiamme, essi non la trarranno ora del mio colpo. Oimè, che mi parea incredibile per adietro, quand’io udiva che sola Biancifiore era ancora da lui dimandata, e diceva: "Se ciò fosse vero, già il duca e Ascalion me l’avrebbero fatto sentire!". Ma io credo fermamente che la puttana l’abbia con virtuose erbe, o con parole, o con alcuna magica arte costretto, però che mai non si udì che femina con tanto amore durasse in memoria d’uomo, quanto costei è durata a lui. Ma certo a mio potere l’erbe e le incantazioni le varranno altressì poco: come a Medea valessero! -.

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