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O Venere dal soglio
Variopinto, o germoglio
Di Giove, eterno; o d’amorosi furti
Artefice: a te supplico: di rea
5Cura e d’angoscia non gravarmi, o Dea.
Vieni, se orecchio attento
Al mio d’amor lamento,
Che spesso io ti mandava, unqua porgesti.
Lo udivi; e, la paterna aula varcata,
10A me traevi; e, al cocchio aureo aggiogata
Di passeri leggiadra
Celere coppia, l’adra
Terra, quaggiù menandoti, dall’alto,
Aleggiando agilissima radea,
15Per mezzo l’aere; e subito giungea.
Tu, beata, del volto
Immortale a me volto
Il celeste sorriso, onde, chiedevi,
Onde il dolor per ch’io mi trangosciai,
20E qual fosse cagion ch’io ti chiamai.
Come il profondo mio
Furïoso desio
Meglio a me piaccia racquetar, per quale
Nuova facondia o laccio altro d’amore:
25— Chi, Saffo mia, chi ti martella il core?
Fugge or da te costui?
Fra poco i passi tui
Seguiterà; rifiuta ora i tuoi doni?
Darágli esso medesimo; e’ non t’ama ora?
30T’amerà presto, al tuo dispetto ancora. —
Torna a me di presente:
Sana la sanguinente
Ferita mia: quanto il desir domanda
Che tu compia per me, compiere imprendi;
35E tu medesima a pugnar meco scendi.
- Note
St. V, v. 4.
- Tua novell’esca o laccio altro d’amore:
- Tua nuov’arte che allacci altri d’amore: