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PROEMIO.
Sul declinare di giugno del 1848 il popolo Lombardo, disingannato dagli effimeri trionfi delle armi regie intorno al quadrilatero: venuto a cognizione del continuo ingrossare dell’Austriaco all’agognata riscossa; accortosi, un po’ tardi, della penuria d’uomini atti a guidare lo sbattuto naviglio della testè conquistata indipendenza: misurò con giustificata trepidanza il pericolo d’un generale rovescio e quindi del ritorno dell’abborrito oppressore.
E ne aveva ben d’onde. Poichè l’esercito regio, travagliato dalle moltiformi peripezie di parecchi mesi d’assedio intorno alle inespugnabili fortezze, frustrato nelle prime sorridenti speranze di facile vittoria, demoralizzato dalla sempre più rivelantesi incapacità de’ Condottieri, sentiva menomata, sfiduciata l’anima al segno che, da baldo aggressore qual s’era in sulle prime spiccato dal Regno Subalpino, dopo varie scaramuccie e battaglie non sempre felici, assunse a poco a poco le sembianze e l’attitudine di aggresso che si para a difesa.
E fu somma sventura per Italia nostra il non aver saputo trar profitto dell’abnegazione, del buon volere, dell’eroismo: virtù delle quali diede in quella sciagurata campagna luminose prove il soldato Piemontese.
I pochi Corpi volontari, decimati nelle prime entusiastiche scorrerie alle calcagna del fugato nemico, dispersi alla spicciolata, parte in Tirolo, parte ai fianchi dell’Esercito regolare, guidati da capitani, strenui, se vuolsi, per valore personale, ma inetti a reggersi colle lor fresche reclute in aperta campagna, contro riavutosi agguerrito nemico — erano stati a quell’epoca, da governativa disposizione, richiamati alle rispettive città, coll’intento di migliorarne l’organizzazione.
In mezzo a tanto tramestìo d’uomini e di cose, di quasi sfumate speranze e di fondati timori, di accalorarsi dei partiti, di scalmanate aspirazioni alla famosa fusione, di mal frenati aneliti di pochi, e quasi perseguitati, alla Repubblica... corse voce, subito con immenso giubilo accolta e propalata dai veri liberali, dell’imminente restituirsi in patria di Giuseppe Garibaldi.