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GARIBALDINI HYMNI PARAPHRASIS
CICOGNINIANI GYMNASII ALUMNIS
UNIVERSAE HUMANITATIS LINGUAM COLENTIBUS
ADVERSUS HOSTES
FORTIUM VIRORUM VOCE
PATRIAE LIBERTATIQUE DEVOTIS
INSTITUENDIS
GARIBALDINI HYMNI PARAPHRASIN
RUDE DONATUS RECTOR
COMMENDAT
INNO DI GARIBALDI
Si scopron le tombe, si levano i morti;
I martiri nostri son tutti risorti!
Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
La fiamma ed il nome — d'Italia sul cor.
Veniamo! Veniamo! su, o giovani schiere,
Al vento per tutto le nostre bandiere!
Su, tutti col ferro, su, tutti col fuoco,
Su, tutti col fuoco — d'Italia nel cor.
Va' fuora d'Italia, va' fuora ch'è ora,
La terra dei fiori, dei suoni e dei carmi
Ritorni qual'era la terra dell'armi!
Di cento catene ci avvinser la mano,
Ma ancor di Legnano — sa i ferri brandir.
Bastone tedesco l'Italia non doma;
Non crescono al giogo le stirpi di Roma:
Più Italia non vuole stranieri tiranni,
Già troppi son gli anni — che dura il servir.
Va' fuora d'Italia, va' fuora ch'è ora,
Le case d'Italia son fatte per noi,
È là, sul Danubio, la casa de' tuoi:
Tu i campi ci guasti, tu il pane c'involi,
I nostri figliuoli — per noi li vogliam.
Son l'Alpi e i due mari d'Italia i confini,
Col carro di fuoco rompiam gli Appennini:
Distrutto ogni segno di vecchia frontiera,
La nostra bandiera — per tutto inalziam.
Va' fuora d'Italia, va' fuora ch'è ora,
GARIBALDINI HYMNI PARAPHRASIS
Tutari Italiam, detrudere finibus hostem
Vergil. Aen. vii 469.
Ecce patent tumuli: consurgunt agmine longo Conclament omnes patriam, qua pectora flagrant. Quae fuit armipotens tellus celebrata per orbem, Servitio nimis heu, tot saecula, subdita duro! Extruxit nobis omnes faber italus aedes, Finis, si tricolor signum fulgebit ubique. |
Sien mute le lingue, sien pronte le braccia: Son tutte una sola - le cento città.
L’ardente destriero — Vittorio spronò. Per sempre è caduto degli empî l’orgoglio, Suoi figli usciranno — per terra e per mar. |
Luigi Mercantini
Conticeant linguae, manibus sint arma parata, Et centum insignes urbes urbs unica fiunt.
Hanc sublimis equo ingreditur Victorius acer. Indigno everso fastu regnoque superbo, Strenua defendet pubes terragne mariqne. |
A. Titus Persius
*NOTA
Luigi Mercantini da Ripatransone (morto d’anni 51 nel 1872) scrisse quest’Inno, com’egli stesso riferisce, per ordine di Garibaldi, sui primi del 1859. Compose la musica il M.o Alessio Olivieri da Crema (morto trentasettenne nel 1867), capobanda in un reggimento della Brigata Regina.
Cantato per la prima volta dai volontari il 26 aprile 1859, in ferrovia tra Chivasso e Brusasco, fu pubblicato con la musica nel 1861 dall’editore Tito Ricordi.
Le ultime quattro strofe il Mercantini medesimo aggiunse nel decembre del 1860, quando gli fu riferito che si cantavano a Napoli le prime strofe originali con altre spurie.
Gaetanino Fabiani di Empoli, esimio sonatore di clarino e poi maestro della banda del suo paese, aggiunse, circa il 1866, il trio che lega il ritornello all’ottava seguente.
La parafrasi dell’Inno primitivo fu pubblicata dalla Scena Illustrata di Firenze nel numero 20 del 15 ottobre 1915: la parafrasi dell’aggiunta, dalla Gazzetta di Benevento nel numero 42 del 28 novembre 1915. Riunendo le due parti seguo il testo dell’ Edizione Milanese (1885) dei «Canti di L. Mercantini», curata da Giovanni Mestica
Firenze, dicembre 1915.
P.T.
PRATO
stabilimento grafico m. martini
MARZO 1916