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DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
POLEMICA.
Intorno alla risposta del sig. C. Mellini inserita nel N. 30 di questa Gazzetta e riguardante le presenti condizioni della musica in Italia.
Prima replica di G. Vitali.
Poiché della moderazione del vostro
dire intendeste, onorevole
sig. Mellini, ch’io vi avessi a saper
grado insieme co’ benigni lettori
che troppo bonariamente si
fossero lasciati convincere da' miei ragionamenti,
io non sarò quegli che vorrà deludere
le vostre intenzioni; perciò, almen per conto
mio, permettete che innanzi tutto ve ne
renda quelle attestazioni che posso migliori,
anche senza preghiera che mi vogliate essere
generoso d’un eguale ricambio per
quella discrezione che, come voi, farò di
porre a queste mie parole. Avrò sol caro
di meritarmi la conoscenza vostra se giungerò
a persuadervi che niuna delle obbiezioni
che m’avete opposto è basata sopra
fondamenti di verità.
E per prima cosa, onde non dare nel grave, lasciate che con alquanto buon umore vi dica che fin dal bel principio avete fatto un salto mortale laddove asserite d’aver nel primo vostro articolo dimostrato che la musica drammatica abbia spiegato a’ nostri di tutta la inspirazione che può infonderle il genio e tutta la perfezione che può ricevere dall’arte.
Questo, sapete, sig. Meliini, propriamente questo voi non l’avete dimostrato nemmeno per ombra. Prima perché sarebbe impossibile prescrivere fin dove possa arrivare l’ingegno umano: secondo perché l'accennare come voi faceste gli avanzamenti dell'arte melodrammatica seguiti da un secolo in qua, non è mostrare che nessun altro avanzamento si possa più sperare. A ciò vi prego di por mente, perchè altro è narrare quello che si è fatto, ed altro è convincere che altro più non resti da fare; e qui è dove importava che aveste mostrato tutto il valor vostro. Ma voi non vi avete neppur provata la penna. Vedendo che la musica invece di proseguire il suo cammino ascendente, dopo d’essere dimorata per alcun tempo stazionaria, venne ad una fase di degradazione, voi, detto, fatto, n’avete concluso ch’ella era salita al suo culmine, e che più oltre non poteva salire. Ma questa conclusione è manifesto che non è nè la migliore, nè la sola che se ne possa dedurre. Indicando i varii miglioramenti introdotti, avete bensì gratuitamente detto che i recitativi furon perfezionati, che furon rimosse le inopportune ripetizioni, che i pezzi di concerto furon convenevolmente combinati coll’azione, che tutti i mezzi stromentali possibili furon a segno esauriti che il loro uso di un tratto solo cresciuto in abuso cadrebbe; ma con tutto ciò voi non avete in alcun modo provato che nuovi miglioramenti non si possano ancora introdurre per recare la musica allo stato di sua vera possibile perfezione. Questo era mestieri di fare per avvalorare la vostra asserzione. Su quest’ultima vostra proposizione dell’uso de’ mezzi stromentali, per esempio, avrei amato di vedere le vostre prove ineluttabili, perchè io posso assicurarvi ch’ella è tra l’altre un’opinione tutta vostra, e che niuno osa dividere con voi.
Ora, se qualcuno vi sostenesse che tutti i capolavori musicali che conosciamo, quantunque per grandi pregi di creazione commendevolissimi, hanno tutti, qual più, qual meno, delle mende notabili in fatto d’arte; perché o mancano di filosofia melodrammatica, o mancano di corredo armonico, o mancano di carattere estetico, o mancano d’inspirazione, o mancano di proprietà di stile, o mancano di varietà di maniere, o troppo danno alla melodia, o troppo all’armonia, o sono poveri d’istromentazione, o troppo sono fragorosi, e così altri ed altri difetti che vano qui torna l’enumerare, che cosa rispondereste voi che sostenete che la musica drammatica è venuta a quell’eccellenza oltre la quale non è concesso d’aggiugnere, e non sapreste poi a chi ve la chiedesse addurre nessun’opera ad esempio di questa insuperabile eccellenza, perocché dello stesso Guglielmo Tell di Rossini dite bensì ch’egli è di un genere grave quasi alemanno, magistrale, solenne, ma indi soggiungete ch’esso è meglio accetto generalmente ai dotti professori che alla moltitudine, e che non il Guglielmo Tell eresse Rossini arbitro della musica, ma piuttosto la Gazza Ladra, la Semiramide e tutti gli altri melodrammi foggiati alla sua seconda maniera, la qual maniera poi alla sua volta venite del pari riprovando siccome viziata per abuso di soverchi adornamenti e per difetto di natural canto drammatico? Non dite voi in questo modo che nè la Gazza Ladra, nè la Semiramide, nè il Guglielmo Tell, nè alcuna delle produzioni di Rossini, sarebbe l’opera esimiamente perfetta che proporreste ad esempio di quell’eccellenza oltre la quale non è concesso d’aggiungere?
Quando voi medesimo ponendo Rossini in luogo d’eclisse, o in luogo almanco di non assoluta supremazia, venite affermando con pace di tutti che solo all’apparir di Bellini apparve in sulle scene il miglior melodramma, che da lui solo è da ordirsi, sono vostre parole, il miglior tempo di quest’arte preclara; che solo dal punto che un pirata da fiera fortuna lanciato in sul lido, pietosamente narrò le sue pene... da quel punto la musica incominciò ad essere un dramma e un dramma fa musica, che sapreste rispondere voi a coloro fra gl’intelligenti che v’affermassero che nemmeno le composizioni di Bellini portano l’impronta del genere musicale eminentemente perfetto, perchè... perchè... perchè... e qui tutti i perchè che inutile torna il ripetere dacché ad esuberanza furon già ripetuti? Qual altro de’ maestri italiani vi presenterà quest’opera d’insormontabile eccellenza che nè in Rossini nè in Bellini non potreste trovare? Quando dall’esame di tutte le opere conosciute si vede chiaro, come la luce nel sole, che la perfezione dell’arte musicale deve nascere appunto, non dalla adozione esclusiva del metodo di comporre di questo o di quell’altro maestro, ma dall’unione, dalla fusione, dall’amalgama dei varj individuali elementi di che ad una ad una sono costituite coteste opere, quali saranno i capolavori che contrapporreste come modelli di tutta quell’inspirazione che può infondere il genio e di tutta quella perfezióne che può ricevere dall’arte, se v’ostinate a volerla disperare dall’avvenire?
Voi non l’avete abbastanza considerata tutta l’estensione di questa vostra sentenza, se non vi siete avveduto, che con una gelidissima mano di ferro avete chiusa la soglia dell’inspirazione a tutti gl’ingegni che in futuro potessero sperare d’accrescere il tesoro delle dovizie musicali italiane. Dire che la musica s’ebbe già tutta l’inspirazione che può darle il genio, è quanto dire che il genio non possa più nulla inspirare di nuovo alla musica. Siete ben fermo che una simile opinione possa recarsi in campo senza tema di vederla tacciata di poca cautela? Dire che la musica abbia spiegata tutta la perfezione che può ricevere dall’arte, è come dire che noi possediamo quanto di più perfetto l’arte possa produrre; è come disingannare ogni musicante avvenire di nulla poter più creare di meglio; è come sclamare: Lasciate la musica, o voi che verrete dopo di noi: voi non potrete crear nulla che superi quello che da noi fu creato. Prestereste voi la voce a questa disfida di scoraggiamento; e, ve lo torno a richiedere, sapreste voi indicarne qualcuno di cotesti esemplari della suprema perfezione dell’arte da voi tanto vantata? - E non di meno aprite il ragionamento vostro ponendo per cominciamento d’aver ben dimostrate coteste vostre gratuite asserzioni; con tanta solidità di principj venite combattendo le ragioni di chi porta un avviso contrario al vostro! A qual termine potrete voi lusingarvi d’arrivare: incominciando dall’asserire d’aver dimostralo ciò ch’è impossibile di dimostrare? Farete anche qui le maraviglie perch’io vi riesco così incomprensibile maestro di logica?
Ma perciocché questo della massima ascensione della musica è uno dei punti cardinali della controversia, intorno al quale le argomentazioni già fatte non valsero a rimovervi d’opinione, io mi risolvo di non abbandonare questo punto senza provarmi ad un nuovo argomento per convincervi che senza dubbio l’arte musicale non è ancora pervenuta a quella sommità a cui certamente deve arrivare. L’argomento vi parrà semplice e breve ma forse perciò potrà riescire d’un effetto migliore.
È egli vero che la musica si compone di melodia e d’armonia? - Verissimo.
È egli vero che la musica italiana è la prediletta fra le musiche del mondo, non perché sia la musica perfetta per eccellenza, ma perché prendendo vita e forma dal canto, prima essenza d’ogni musica, è la più inspirata, la più soave, la più ricca, la più feconda di idee melodiche? - Verissimo.
È egli vero che la musica alemanna, ancorché non animata, non infiorata dal bel canto italiano, pure è tenuta in concetto di molto merito tralle nazioni per la ricchezza, per la grandiosità, per lo studio, per la dottrina, per l’eccellenza della parte armonica che può dirsi la parte scientifica, la parte metafisica dell’arte? - Verissimo.
È egli vero che l’arte musicale non potrà dirsi giunta alla sua perfezione se non quando si vedrà compiuta la congiunzione di queste due scuole l’una eminentemente melodica, l’altra eminentemente armonica, perché, come già fu detto, la musica è composta non solo di melodia, ma anche d’armonia? - Anche questo verissimo.
È egli vero che finora la musica italiana, parlando in generale, perché una rondine né un fiore non fa primavera, non può ancora vantare di possedere compositori e composizioni, le quali attestino che siasi pensato a questo nobile congiungimento, da cui dee scaturire la musica veramente perfetta? - Anche questo verissimo; e dico verissimo parlando del generale, perché Mercadante sarebbe un’eccezione alla generalità. Ma se Mercadante è un’eccezione, non è per questo ch’egli abbia prodotto de’ lavori di perfezione; non avendo egli pensalo a quest’opera benemerita, che allorquando la sua immaginativa aveva già sviluppato i più gagliardi suoi frutti.
È egli finalmente vero che non a ragione fu asserito che la musica drammatica abbia spiegato a’ nostri dì tutta la ispirazione che può infonderle il genio, e tutta la perfezione che può ricevere dall’arte, se propriamente a questa perfezione dell'arte la musica italiana non ha ancora pensato?
A questa dimanda non darò io la risposta perché sarebbe vanità. Solo verrò soggiungendo che questa di educare, d’invigorire di sublimare il genio italiano allo studio dell’artistico magistero, e quindi all’applicazione delle sapienti armonie alemanne, non è un’idea ch’io vengo qui per la prima volta improvvisando; sibbene fu il seme che diede nascimento alla Gazzetta Musicale, la quale fin dai primi numeri chiaramente venne proclamando un siffatto intendimento. Molti scrittori professarono già una tale opinione; e non è molto, per darne un esempio, che vennero lette sul Moniteur di Francia alcune parole d’uno scrittore che per nulla appare straniero alla scienza, le quali mi piace di riportare perché ottimamente concordano ad esprimere l’enunciato pensiero. «Indubbiamente, dice quello scrittore, noi siam d’avviso che il vero, il bello in fatto di musica drammatica, trovasi in una transazione tra le due scuole alemanna ed italiana, egualmente esclusive ed estreme in senso diverso, ed in uria fusione delle singole loro bellezze reali, incontestabili. Ma per ben operare e compiere contesta desiderata unione uopo è d'uno spirito franco, diritto, comprensivo, d’un’intelligenza spoglia di pregiudizj, e sovra tutto di quel buon senso che è una delle luci del genio, e che non è né la meno infrequente, né la men preziosa». Io sono ben lungi dal presumere di essere di cotesti spiriti diritti ed intelligenti, ma parmi che si possa sostenere che in questa sentenza si racchiude una gran verità.
Venendo ora al seguito della vostra risposta, intorno a cui tante cose rimangono ancora, dirò che una seconda obbiezione che mi faceste senza verun sostegno di ragione è quella che ingiustamente v’abbia accusato d’esser caduto in contraddizione quando veniste promettendo di voler provare che la musica avea tocca la sommità del suo corso e che oggimai mostra di volgere alla sua decadenza, mentre al contrario, con gran sorpresa di chi vi lesse, siete venuto a conchiudere ch’ella è oggi al colmo del suo fiorire.
Gl'ingegnosi avvolgimenti di parole provan che chi li fa ha una specie d’ingegno; ma le cose di fatto non si cancellano cogli avvolgimenti delle parole. La contraddizione sussiste flagrante; ed io farò di convincervi della verità di ciò che vi dissi col farvi alcune altre domande.
Potete negare, voi, signor Mellini, d’aver affermato nel secondo paragrafo del vostro articolo che la musica a’ dì nostri abbia raggiunto il sommo grado della perfezione e dell’ispirazione, e che ora cotest’arte nobilissima mostra di volgere alla sua decadenza?
Potete negare d’aver dichiarato due linee dopo che con un breve esame di fatti vi argomentavate di provare quest’assunto e di convincerne quue’ molti a’ quali paresse strabocchevole e strano?
Potete negare che la fine del vostro articolo, in luogo di provare che l’arte era volta al suo decadimento, asserì ch’ella si mantiene in fiore anche oggidì, che anzi ora è al colmo del suo fiorire, che niuno potrà argomentare di migliorarla in appresso, che vano ed ingiusto è il lamento che oggi vi sia penuria di buoni compositori e di opere eccellenti?
Potete negare che dopo di esservi consolato di questa culminante floridezza dell’arte, voi parlaste del suo decadimento come io ho finora parlato del re de’ ventiquattro parasoli, ed avete così mancato alla promessa conclusione senza scusa di discolpa?
Potete finalmente negare che l’attestare che la musica si mantiene in fiore anche oggidì, non è proprio lo stesso che dire ch’ella mostra di volgere alla sua decadenza?
Se qui non v’ha contraddizione, nessuna contraddizione fu mai profferita dopo il famoso oracolo sibillino. Ve lo ripeto, signor Mellini: la contraddizione sussiste in tutta la sua indiscolpabilità: nessuna industriosa desterità oratoria ve ne può mondare; e se io, temperando colla blandizia dell’espressione la verità del fatto, dissi per iscusarvi che se non l'assoluta realtà almeno una grande apparenza di contraddizione mi sembrò di scorgere nel vostro ragionamento, senza cambiare il vero, voi non potete spacciare ch’io vi sia mal destro insegnatore di logica, né tanto meno dovete, come il lupo della favola, stringermi la testa tra i denti poiché sentite ch’io v’ho rimessa la spina dalla gola, accomodando le vostre frasi alla più discreta possibile interpretazione. A voi si conveniva comprovare che la contraddizione non fosse e non vantare ch’essa non era più, dopo che io l’aveva tolta mutando, raccozzando, riformando le vostre parole. Non vi tacerò, signor Mellini, che su questo punto il vostro secondo articolo mi fece assai dispiacere, perché non avete recata con voi tutta quella lealtà che debbe essere indispensabile ad un uomo di lettere. Allorché trattasi di cose pubbliche che ad ognuno è agevole di verificare è vano il rivestirle di nuove apparenze. Avete promesso di far palese che 1'arte mostra di volgere alla sua decadenza e concludeste all’incontro che era all’eccesso del suo fiorire. È gratuita assolutamente la conversione che ora venite facendo del vostro scritto collo spiegare che altro non voleste significare se non che la musica drammatica venuta a quella eccellenza oltre la quale non è concesso di aggiugnere, quantunque mantengasi per opera de’ moderni in fiore anche oggidì, ora mostra però di volgere alia sua decadenza No: questo non è ciò che diceste: voi avete concluso che la musica è al colmo del suo fiorire: l’essere al colmo del suo fiorire, per quelli che sanno leggere come per quelli che sanno scrivere, non è lo stesso che mostrare di volgere al suo decadimento. Volgetele e rivolgetele come potete, le vostre parole; e prestate pur loro quella intenzione che più vien cozzando colla loro vera significazione. Ma fin che lo stare in cima sarà diverso dello scendere al basso, voi non potrete vantar mai d’esservi discolpato dell’accusa di contraddizione.
G. Vitali.
VARIETÀ.
LISZT.
Dappoi che Liszt si diede a scorrere questa e quella parte dell’Europa, i suoi viaggi possono aversi in conto di tante marcie di trionfo e le sue rade e brevi fermate nella città di Parigi (che vuol pur vantarsi patria di lui adottiva) sono da riguardarsi come tante epoche memorabili per l’arte e come tante nobili e generose opere di beneficenza. Pur beati quegli ingegni a’ quali è dato satisfar degnamente quel nobile disìo della gloria che Iddio ha loro posto in cuore a fine di renderli più grandi al cospetto degli uomini, e per essere loro scorta nel medesimo tempo per
mezzo alla tempestosa vita dell1 artista e
porger loro il destro di prestarsi al sollievo
delle umane miserie! Quanto eglino s’acquistano
di corone e di onori si tengono
per sé, e quanto accumulano di ricchezze,
con coloro il dividono che furono da fortuna
duramente trattati, compensando per
tal modo le gravi ingiustizie del tempo.
Così fece Liszt a Parigi nel 1841, e così
ivi ha pur fatto testé nel 1842.
Sono già parecchi anni che si parlava di
un monumento da innalzare a Beethoven,
nella città di Bonn, patria di quel re della
sinfonia. La società de concerti di Parigi,
dimentica che ella dovea pur riconoscere
la sua esistenza dalle opere di questo genio
maraviglioso, sorda era stata agli inviti che
le si erano fatti, e, sforzata pare a rispondere,
s1 era anche mutola dimostrata.
Giunge Liszt a Parigi; e, fattosi benevolo
il suo pubblico in una o due mattinate
tenuto nelle sale di Erard, egli raduna
questo pubblico medesimo nelle sale dei
Conservatorio, nel locale dato alle tornate
della società dei concerti, e fa che ciascun
membro di questa società intervenga in
pei’sona e concorrano così all’opera pietosa
da lui diretta. Tutti possono ricordarsi
quanto fosse magnifica quella solennità, e
qual fosse l’entusiasmo dell’uditorio, e
1 arte prodigiosa e f incomparabil valore
di colui per cui opera principale quell1 omaggio
si rendeva. Il programma pareva
fatto unicamente per glorificare l’immortale
Beethoven, poiché si componeva di una
sua sinfonia inedita a Parigi, del concerto
in mi bemolle, dell ’Adelaide, della Sinfonia
pastorale e della suonata a Rreutzer
eseguita pel pianoforte da Liszt pel violino
dal sig Lambert Massai’, degnissimo
di competere per ispirazione, vigore e
delicatezza col più sorprendente dei veri
virtuosi moderni. E ciò è quanto al I84l.
Quanto al 1842, il caso é stato diverso.
Una numerosa compagnia di cantanti tedeschi,
adescata da una falsa mira di guadagno,
ne va in frotta a Parigi per fare
ivi sentire nella stagione d1 estate i capolavori
della musica germanica che sono il
Freyschutz, l’Euryanthe. f Ol/eron. la
Pieciosa, di Weber, e il Fidelio, di Beethoven.
e per far ivi conoscere diversi altri
compositori tedeschi di secondo ordine,
ecc, eco, ecc. Niuno ignora il tristo
successo di questa intrapresa, l’inferiorità
degli artisti incapaci di sostenere le parti
primarie, incapaci, da una sola attrice in
fuori, di affrontarne le molte e somme difficoltà.
Insomma niuno ignora la completa
caduta di quel teatro. Quantunque questi
infelici cantanti tedeschi si trovassero a
Parigi senza alcuna risorsa e in istato di non
potersene procurare, la più parte pensavano
a ripatriare; ma senza mezzi da fare
il viaggio, erano divenuti oggetto della pubblica
commiserazione. Allora alcune dame
cospicue si propongono di rimandar quegli
esigliati alle loro famiglie. Liszt tosto è là:
alcuni dei suoi accordi in sul pianoforte
pagheranno ottimamente le spese di viaggio
per una trentina de’suoi compatriotli! Mercè
lo zelo delle dame protettrici tosto sono
nella capitale distribuiti ben sette o ottocento
viglietti da 20 franchi l’uno; il sig. colonello
Thorn, aprendo i suoi splendidi appartamenti
agli affollati uditori, rende questa
mattinata una solennità veramente principesca.
Un pezzo prima dell’ora posta, i
sedili tutti si riforniscono delle più leggiadre
tolette del mattino. I coristi tedeschi
147
che dovevano andare alternando col pianoforte
sono al loro luogo. Incomincia il
concerto. I cori sono diligentemente eseguiti
ed hanno applauso; in ciascun passo,
gli spontanei bravo interrompono il grande
pianista: lode a Dio! questi bravi tedeschi
hanno già valicato il Beno; essi hanno già
tocco il suol nativo.
Dopo otto o dieci giorni, il maire di
Neuilly mise insieme un concerto a profitto
de’ poveri del suo comune. Liszt per
buona sorte è ancora a Parigi; a lui si
volge il maire, e Liszt che disdegna di
suonare a Parigi per sé stesso, va a Neuilly
a suonare pei poveri. L’eccellente violinista
Franchoinme, la celebre cantante
Dorus gli sono compagni. I poveri di
Neuilly avranno del pane.
Recitare i miracoli ili quel suo modo inaudito
di esecuzione, di quella forza dominatrice
che padroneggia ancora i grandi voli
dell’ispirazione; dire l’incredibile incanto
di quel prodigioso maneggio, le sue trasformazioni
sempre peregrine e inaspettate; dare
idea di quella tastiera chemugge a somiglianza
della tempesta, che come il lampo balena,
che qual folgore scroscia e scoscende, poscia
canta, geme e singhiozza a guisa delle
b 01 i •
voci umane, o risuona ecl echeggia con note
vibrate, articolate e granite come quelle
dello staccato di un violino, o con prolungate
vibrazioni come d’argentea squilla,
o con accenti repressi e smorzati come i
maestosi suoni dell’arpa; tutte queste cose
noi non sapremmo acconciamente descrivere.
Singolare è ed inimitabile l’ingegno di
Liszt specialmente per questo che quanto
più si sente, tanto più ci torna nuovo,
gradito e inaspettato. Guardate gli altri
pianisti, essi non v’impediranno di potere,
dopo ascoltatili, rendere loro il merito dovuto,
dietro un esame imparziale -e comparativo
delle loro qualità; perchè noi ci
sappiamo che dopo aver prese le mosse da
un dato punto, essi arriveranno a un certo
confine determinato: noi ce li rappresentiamo
in somma tuli quali sono. Questo
non si può fare di Liszt. Voi lo sentirete
dieci, venti, cento volte; invano vi argomentereste
di’ poterlo stimare tutto quello
che egli è. Egli mai non è somigliante a
sé stesso se non in questo di cagionar
sempre novella sorpresa. Egli isfugge all’analisi, egli distrugge e delude ciò che
gli ascoltanti s’aspettano, e confonde e sovverte
le rimembranze; e ciò perchè l’ingegno
di Liszt non solo è chiaro per un
carattere dominante che è sovente cagione
della fortuna degli altri artisti; egli tutti li
possedè; la gravità, l’impeto, la passione,
la possanza, l’aggraziata leggiadria, il candore
innocente, il mordace sale dell’ironia,
e la fantasia del poeta. Per la qual
cosa pazzo consiglio sarebbe quello di tentare
una imitazione di tutti questi caratteri
gettati in un solo, di lutti cjuesti tipi che
formano un unico tipo originate e individuale,
difficile eziandio ad essere ne’suoi
secreti descritto.
Nella mattinata a profitto dei tedeschi,
Liszt suonò (*) una bella fantasia sopra alcuùi
motivi del Don Giovanni di Mozart,
l’Ave Maiia di Sclmbert, nella quale, per
nostro avviso, non ha ben fatto a sostituire
una cupa ed esagerata maniera alla commovente
espressione supplichevole di che
è pieno questo pezzo; il Re degli Aulnes
(Erlen Iloenig) del medésimo autore, pezzo
reso da Liszt sotto i più vivi colori nel
(I) V. Gazzetta Musicale V. 29.
suo doppio carattere, e la fantasia sul Roberto
il Diavolo, vero capolavoro del genere
alla moda oggidì fra i pianisti, nel
quale egli ha saputo infondere nuova virtù
di effetto nei motivi [irosi dall autore drammatico,
sia per le nuove bellezze che egli
ne seppe trarre, sia per la perfetta e incredibile
bravura onde egli li ha insieme
innestali. Nel concerto di Neuilly, egli s’è
latto sentire col suo magnifico andante della
Lucia, e con questa medesima fantasia sul
Roberto il Diavolo.
Ma questa incomprensibile arte di eseguire,
e que1 maravigliòsi capricci ispirati
dallo opere dei maestri, sono una sola parte
del valor singolare di questo artista straordinario.
Egli vuole essere altresì apprezzato
come vero e serio compositore, originale,
lirico e polente. 11 coro di studenti
sopra parole traile dal Fausto di Goethe;
la canzon baccanale per voci sole, ci sono
sembrate composizioni di bel canto scorrevole,
franco, ardito e fraseggiato alla maniera
tedesca. L’ultimo di questi pezzi può per
avventura accusarsi di troppo essere concertato
e troppo raggirato trattandosi di
parli affidate alle sole voci. Ma questo è
difetto comune a tutti i maestri tedeschi,
e che può togliersi di mezzo con una perfetta
esecuzione.
Sempre noi abbiamo aspettato molto
da Liszt ed ora più che mai nella sua qualità
di compositore; così sorprendenti qualità,
organizzazione così musicalmente profonda,
danno a sperare in lui assai più che un esecutore
per prodigioso che egli pur sia. Il suonatore
sparirà un giorno, e altro non lascierà
che delle memorie, ma il compositore lascierà
delle opere.
(Dal Monde Musicale.)
G. d’Oiiticue.
STORIA DELLA MUSICA.
ORIGINE
OEIìIìA MUSICA ECCEESIASTICA (1).
Dopo la morte di Nerone, la musica fu
dichiarata infame, i musici furono cacciati
di Roma, e la scienza rifuggì fra i primitivi
cristiani che la posero in opera nelle
Chiese e nelle usanze della vita privata.
Mentre le cose così procedevano in Italia,
gli apostoli e i loro successori introdussero
la musica nelle religiose cirimonie dell’Oriente,
a Gerusalemme, ad Antiochia, e
finalmente in tutti i luoghi ove si trovavano
i seguaci di Gesù Cristo, le laudi del
Redentore erano da per tutto celebrate con
cantici e con salmi.
Il Padre Martini pensa, nè questa è opinione
mal fondata, che l’attuai nostra musica
di Chiesa derivi da quella aulicamente
cantata nel tempio dagli Ebrei. I salmi di
David erano sovente cantati da Gesù Cristo
e da1 suoi apostoli ne1 loro esercizi! di pietà,
ed eziandio in sulla croce il Redentore
esprimeva i suoi dolori colle parole del
reale profeta. Probabile è altresì che questi
salmi medesimi fossero la consolazione di
san Pietro e di san Paolo nella loro prigionia;
e quando quest1 ultimo esortava
quei d’Efeso a lodare il Signore con salmi
e con inni, le produzioni sublimi del cantor
d’Israele erano proposte modello di poesia
e di canto.
Ne1 primi tempi della Chiesa cristiana la
musica era una parte principale del culto
(t) Vedi la nota A all’articolo t.° Musica de’Greci
nel foglio N. 27 di questa Gazzetta. dei giornale la Francia Musicale pare ora che non sia
altrimenti una chimera e una falsità come la detta Francia
musicale ebbe a dichiarare in uno de’isuoi ultimi
numeri.
— 11 celebre Moscheles ha dato un gran concerto a
Londra verso la line del passato mese di giugno, nella
sala del teatro italiano a profitto delle vittime del disastroso
incendio di Amburgo. 11 successo di si nobile
intrapresa fu degno di un’opera di tanta pietà; e il celebre
Moseheles eseguì di suo due studii inediti, e in
compagnia di Mcndelssohn, l’altro suo gran duetto famoso,
intitolato Omaggio ad Haendel. Giammai (così,
un giornale di musica Parigino) più bell’ingegno di pianista
non si produsse con vantaggio maggiore, e con applauso
più meritato.
— Una generale adunanza degli artisti di Pcrpignano,
ha deliberato di istituire in quella città un Conservatorio
di musica. 11 consiglio municipale ha deciso per
l’assegno de’ fondi neccssarii e si è assunto di prestare
il locale a sue spese. 11 maire della città presiederà questo
stabilimento, il sig. Gallay ne sarà direttore, il signor
Henry, censore, ed assistenti i sig. Lomagnc e Fabre.
— A Wiesbade si deve quanto prima rappresentare
un’Opera di Corradino Kreutzer, intitolata: Il Faggio e
lo Smaniglio. Laprineipa! parte sarà sostenuta dalla figlia
del compositore. Cecilia Kreutzer, giovane di belle speranze.
— A Monaco sarà quanto prima posta in iscena per
la prima volta un’Opera nuova col titolo: Gli Svedesi
a Fraga, musica del sig. W. Roder.
— 11 Re di Prussia ha teste assegnato (così la G. M.
di P.) una somma di franchi 3000 al sig. Teodoro Kulak,
giovane e lodato compositore, a fine che egli intraprenda
un viaggio artistico. 11 sig. Kulak, per primo luogo, si
recherà a Parigi; ma prima di mettersi in viaggio, egli
darà ancora a Berlino un altro concerto nel quale farà
sentire una sua nuova Suonala e le trascrizioni della
cavatina del Roberto il Diavolo ^dell’aria della Favorita.
— Da buon tempo (così lo stesso giornale) i reggimenti
prussiani possiedono cantori che intuonano inni
patriottici alternando così le suonate della banda militare.
In Baviera si è anche più perfezionata questa musicale
educazion militare. Ivi si danno lezioni di canto
a tutti i soldati che si trovano avere buona voce. In un
giornale tedesco leggiamo in oltre quanto segue:
«Fino dal 1838 trovansi organizzali nell’elettorato di
Assia de’ cori cantanti in tutt’i reggimenti e battaglioni,
i quali cori eseguiscono bei pezzi di musica. In particolare il
coro del secondo reggimento d’infanteria, stanzialo aFulda
sotto la direzione del maestro di musica Nau, riuscì a tanto
che non solo eseguisce canzoni militari e popolari, ma
composizioni ancora di più alto significato, con perfezione
tale, che i maestri Sphor, Schmitt ed altre notabilità
musicali, i quali ebbero l’occasione di sentirli,
ne parlarono con molta lode. TS’ella gran manovra del
1841, essi ottennero l’onore di farsi sentire in presenza
della Corte radunata a Wilhelmshohe. A norma del numero
più o meq forte dell’attività di servizio, questo
coro è composto di 60 ad 80 individui; cioè, 15 a 20 tenori
primi, altrettanti tenori secondi e bassi. I canti
sono inoltre accompagnati da nove a dieci stromenti da
fiato, da un contrabbasso e timpani che produce un
particolar effetto *>.
— Si prepara a Berlino una grande accademia al teatro
della grand’Opcra. In essa si produrranno cinquantatrè
artisti russi, ventisette uomini e ventisei donne.
Questa compagnia si fa chiamare la famiglia Kantrocwicz,
e sono tutti cantanti. Ciascuno di costoro non
ha coltivato che tre o quattro note del proprio organo
vocale, le quali però appunto per ciò sono riescite forti
e sonore oltremodo. Eglino propongono di eseguire colle
loro voci al cospetto del pubblico di Berlino molti pezzi
c tutti istromentali, come a dire, suonate, sinfonie, concerti,
ecc., ecc., Alcuni intendenti di musica che già li
hanno sentiti ne sono rimasti soddisfatti: vedremo l’impressione
clic ne riceverà il pubblico che suole essere
in somiglianti stranezze molto più diffìcile da contentare
che gli intelligenti.
(Gazette Musicale de Faris).
NOTIZIE VARIE.
— Milano. I contrasti vertenti fra il signor
Maestro Verdi e P Editore Lucca intorno
alla proprietà dello spartito il Ifabucodonosor
sono finalmente sciolti, ed all’Editore
Ricordi fu ampiamente riconosciuto
il diritto di stampare e pubblicare la
suddetta Opera ridotta in ogni maniera.
— Genova. In una delle ultime sere dello scorso luglio
il pianista Ferraris invitò ad un’accademia nel teatrino
della Società Filodrammatica, in cui suonò tre
pezzi il primo e l’ultimo in parte di Liszted in parte di sua
composizione ed il secondo tutto di Listz - Capriccio
sulla Lucrezia Borgia, nel quale diede prova di molta
forza e di bravura e suscitò i trasporti del pubblico.
Nell’istessa accademia l’orchestra, composta per la maggior
parte di dilettanti e ben diretta dal Bolognesi, eseguì
con brio la sinfonia del Guglielmo Teli, quindi
quella della Fausta; ed il bravissimo e compiacente
Gambini trasse dalla fisarmonica deliziosi suoni.
A proposito di Gambini non devesi ommetterc di aggiungere
aver egli recentemente prodotto nella chiesa
de’ RR. Padri Domenicani una messa che grandemente
10 onora; in ispecie il Gloria in excelsis è una composizione
che distingucsi da quelle clic ogni giorno
ascoltansi in queste chiese, il colorito sobrio di concepimenti
ora espressivi, di rado severi e più spesso misteriosamente
eleganti, serve assai bene a’sacri testi.
Gambini inoltre maneggia l’organo da gran maestro:
peccato che a Genova questi stromenti siano quasi
tutti cattivi.
— Leggiamo in un foglio musicale francese: Vani
riuscirono gli sforzi del signor Jue che si propose di
rendere popolare lo studio del canto in Inghilterra,
ove egli a tal fine da Parigi s’era recato. Egli prese a
far parte de’suoi insegnamenti all’alto ceto di quella
società e non ne avendo fatto alcuno buon prò, se ne
tornò in Francia. L’anno passato il sig Mainzer colà a
tal fine si condusse, ed avendo intrapreso l’opera sua
alquanto più filantropicamente, cioè coll’ammaestrare
nei canto la mezzana e l’infima classe del popolo, è
riuscito a propagare mirabilmente in Inghilterra l’amore
allo studio del canto: ed è a considerarsi che in mezzo
alle presenti miserie della classe operaia, ivi appunto
meglio che in nessuna altra classe si rinvengano molti
e molti che danno opera al canto. Il sig. Mainzer è stato
11 primo che abbia in Londra eretto ordinate scuole di
canto, e il primo che abbia colà questa professione insegnata,
di modo che nel breve spazio di poco più di
un anno, egli ha potuto col suo consiglio e colla sua
influenza istituire un numero ragguardevole di scuole
che tutte si possono dire e aperte e dirette da lui. La
capitale già ne conta un numero considerabile e gli
alunni sono molte migliaja; nelle provincie ancor maggiore
è il frutto che si coglie dalle istituzioni del sig. Mainzer.
Tutti questi ottimi risultamenti sono da ripetersi
dalla semplicità del metodo da lui adottalo. Per cura
di questo benemerito, il popolo che in Europa meno di
ogni altro è per natura idoneo al canto, ha già dato prove
di gran progresso in quest’arte dilettevole ed istruttiva. Quale
utilità sarebbe da aspettarsi ove questo ammaestramento
si popolarizzasse in altri paesi più a questa
arte inchinati, e specialmente nella nostra tèrra per eccellenza
cantante! Corto insieme coll’arte ne risentirebbe
vantaggio la morale dei costumi e la coltura sociale!!!
— Al R. Teatro dell’Op^raa Parigi si è festeggiato il
ritorno di Mcycrbeer colla rappresentazione degli Ugonotti
e del Roberto il Diavolo; e l’esecuzione è stata
qual si conveniva alla presenza del compositore.
— Quando sia per essere posta in iscena all’Opéra
di Parigi uno de’ nuovi spartiti di Mcyerbeer, da noi
già annunziati (Vedi Gazzetta Musicale N. 30) non
possiamo indovinare, poiché mentre la direzione delVOpéra
sollecita istantemente Mcyerbeer, ella, ha già
ordinato che le prove della nuova opera di Halevy
Carlo VI sicno incominciate il giorno 15 agosto: la
qual cosa dà a credere che nessuno dei due novelli lavori
di Mcyerbeer si darà entro quest’anno.
— Si tratta di dare il nome di Cherubini ad una delle
contrade di Parigi. Il consiglio municipale ha accolta
questa proposizione con vivo interesse.
— Nel tempio israelita a Parigi il sig. Leone Halevy
ha fatto sentire un inno in versi francesi con sua musica.
Questa è stata la prima volta che si è adoperata
la lingua nazionale francese nelle religiose cerimonie del
culto ebraico. Così la France Musicale.
— Il sig. Merrcau in ricompensa de’suoi concerti
istorici da lui dati l’inverno passato a Rouen in Normandia,
ha ricevuto da quella società normanna una
medaglia d’argento.
— Il sig. Béaic, socio della casa Cramer, Addison e
Béale, ha testé inventato un nuovo istromento, che
tiene dell’arpa e del pianoforte, che ha ricevuto dall’inventore
il nome di Fuphonicon.
— È stato deciso che nel trasporto delle spoglie mortali
del duca d’Orleans non dovesse essere eseguita musica
di sorte alcuna. Però le marcie funebri espressamente
composte dai maestri francesi Auber e Halevy
non si fecero sentire in questa occasione. Del pari nelle
religiose cerimonie che dovevano avere avuto luogo mercoledì
3 agosto è stato prescritto che si facesse uso del
solo canto fermo che si costuma ne’ canti ordinarii della
chiesa metropolitana di Parigi, sotto la direzione del signor
Danjou.
— La Gazzetta musicale di Parigi del 31 luglio annunzia
che deve essere quanto prima segnato dal mi- i
nistro dell’interno l’ordine di aprire in Parigi un nuovo |
teatro lirico. Questo progetto che destò già l’opposizione j
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All’Articolo - Brevi cenni sulla musica a Genova <posto
nel N. 31 della Gazzetta Musicale. - Alla linea
seconda della terza colonna della pagina 138 invece di
Bobbio leggasi Bobbio alla linea vigesimaterza della susseguente
pagina dopo Preve leggasi violino direttore
d’orchestra, poi Venzano violoncellista, infine notisi
una virgola dopo Martin per non confonder questo suonatore
di contrabasso col maestro Lobia.
Nel foglio antecedente, all’articolo G. Paisiello, pagina
prima, colonna prima, riga quinta ove dice - Di
leggeri ravvisiamo nel primo di questi un estro più vivo
ed ardito maggiore originalità nell’autore del matrimonio
- alla parola ardito pongasi una virgola.
Nel medesimo articolo: pagina prima, colonna terza,
riga trentesimaseconda, ove dice - gli acuti dell’orchestra
- leggasi - gli aiuti dell’orchestra.:
Idem. pag. seconda, colonna prima, riga prima, ove dice
- sono tra queste veri capolavori distile e di ispirazione.
Gli Oratorii, ecc., - leggasi - sono tra questi veri capolavori
di stile c di ispirazione gli Oratori, ecc.
GIOVANNI RICOBOI
EDITORE-PROPRIETARIO.
Hall91. R. Stabilimento Razionale Privilegiato
di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVANNI RICORDI.
Contrada degli Omenoni N> 1720.