< Gazzetta Musicale di Milano, 1842
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N. 35 - 28 agosto 1842
N. 34 N. 36

GAZZETTA MUSICALE

N. 35

DOMENICA
28 Agosto 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


SCmZZI BIOGRAFICI. ALESSANDRO SCARLATTI. a storia della musica porge alla savia considerazione del critico generai successione di progresso e una serie speciale di disg-* verse epoche di decadimento alle quali di tempo in tempo, per l’ingegno e virtù di molti artisti eccellenti, è stato posto, per mezzo di salutari e felici riforme, conveniente rimedio. Non per altra via poteva l’arte essere nobilitata a pervenire ad uno stato fiorente se non per quella della sperienza dei mali e pel guiderdone dell’encomio dei dotti onde va retribuita l’opera di que’ savii che si oppongono validamente all’abuso. Dopo i primi saggi dei famosi inventori del melodramma, Ri miccini, Caccini e Peri ri), come si venne ingenerando l’abuso del maraviglioso ne’ favolosi soggetti e nelle sceniche decorazioni, cosi la musica incominciò a trascorrere in soverchia estensione di scienza, e tutti quegli argomenti onde può quest’arte meglio mostrarsi ingegnosa e materiale di quello che semplice, ispirata e spontanea, come sono i canoni, le fughe, i ricercaci, le imitazioni continuate, ecc., furono introdotti nel melodramma. Ora, dappoiché Alessandro Scarlatti fu il primo che validamente si facesse incontro a questo abuso assumendo uno stile semplice e piano, ottimamente (secondo che portava lo stato e la condizione dell’arte al suo tempo) proporzionandolo e temperandolo alla espressione de’ sentimenti poetici e alla ragion drammatica del fatto, ebbe da’ suoi contemporanei ammiratori nome di compositor prodigioso ed insuperabile, e fu eziandio da quelli che vennero appresso venerato e stimato assai. Noi che dopo due secoli di cotanto progresso dell’arte veniamo a parlare di lui, intendiamo rendergli il merito singolare dell’iniziata riforma, la giusta lode che meritano le sue composizioni rispetto al tempo in che visse, e del pari non preterire quel savio avvedimento onde elle vogliono essere comparativamente giudicate oggidì. Non sempre la celebrità e il nomo dell’artefice corrispondono alla verace eccellenza delle òpere; ma in cose di belle arti, spesso i gran nomi primitivi e i grandi inventori che operarono nell’infanzia dell’arte cedono, per lo paragone de’ pratici saggi, ai mediocri successori e agli imita(1) Veggansi gli articoli sulla Invenzione del melodramma dati in questa stessa Gazzella. tori più remoli che operarono ne’ tempi più fiorenti. Per la qual cosa strano errore è di molli presumere di entrare in siffatte materie senza la continua e fedele scorta della critica dei tempi. A lei sola è dato mettere in chiaro quelle tante discrepanze di giudizii che altro non sono che un mistero alla mente de’ più; a lei sola rifornire alla storia quei lumi filosofici onde gli avvenimenti si possono dalle loro cause ed origini descrivere con intelligenza di tutti e con frutto di universale ammaestramento. Nacque Alessandro in Napoli l’anno 1050; e poiché fatto grandicello mostrava facoltà di buona voce ed ingegno inchinato alla musica, studiò in patria il canto, e in una delle migliori scuole che allora fossero in Napoli attese ai [trincipii dell’armonia e della composizione. Ma perciocché egli in sua gioventù fu ancora eccellente suonatore di arpa, e divenne poscia dopo continuati studii grande compositore secondo il suo tempo, noi vogliamo osservare che l’arte di suonare l’arpa o l’organo o il cembalo è sempre stata ed è tuttavia la miniera onde derivano i grandi maestri: e come fu detto, rispetto alla pittura, che l’arte dell’orafo è sempre stata il seminario dal quale sono usciti i grandi artefici, così quanto alla musica, la pratica de’ suddetti slromenti (siccome quelli che meglio d’ognt altro datino idea della ragione armonica e del complesso di più parti) raro è che non sia la prima occupazione di coloro che nella composizione divengono eccellenti. Sentendo adunque Alessandro quanto a quei dì fosse celebrato il nome di Jacopo Carissimi maestro della Cappella Pontificia, ed avendo avuto opportunità di udire alcune composizioni di quel maestro cbe gli parvero prodigiose, specialmente per l’effetto delle dissonanze, (delle quali il Carissimi, dietro a Claudio Monteverde, che primo le aveva nella composizione introdotte si compiacque farne discreto uso) deliberò di andarne a Roma per avere ivi agio di imparare quella maniera acconciandosi presso il Carissimi in qualità di alunno della Cappella. Veggendo Jacopo, con quanto amore il giovane attendeva agli studii e come mostrasse un ingegno elevato e molto desideroso di tentar cose nuove, gli pose singolare affezione e con grande amore lo ammaestrava: tanto che in pochi anni lo tirò innanzi nell’arte e lo condusse a termine di poter fare da sé. Aveva Alessandro, per cagione degli studii fatti, e per la virtù del suo ingegno, che in lui mirabilmente operava, potuto vedere come l’arte si sarebbe agevolmente resa migliore dando alla melodia più cospicue forme e tentando nuovi armonici effetti, lo cbe ardito non aveva peranco maestro nessuno: tal cbe, se prima le composizioni del suo maestro gli erano sembrate prodigi, comparandole poscia colle recenti idee da lui concepite, gli tornavano puerili e meschine. Per la qual cosa, l’alto animo, incominciò a far sentire in pubblico le cose sue, ed avendone molto plauso ottenuto, e destatane l’invidia degli altri maestri cbe allora erano in Roma, conobbe di potersi liberamente commettere al suo genio con isperanza di buon successo. (Sarà continuato). DELLE PRESENTI CONDIZIONI DELLA MUSICA IN ITALIA SECONDA REPLICA AL SIG. NIELLIMI (1). (Vedi il foglio IV. 33.) Le ragioni da me recate in prova dell’odierno decadimento della musica voi le riportaste in parte, in parte le taceste: io le ripeterò tutte perchè è dal loro complesso cbe emerge la verità. La musica, dissi, è decaduta, perchè la grandezza delle arti non si misura dal nome de1 molti artisti viventi o vissuti, ma dal valore e dal numero sempre crescente delle vere opere grandi. Ella è decaduta perchè da vent’anni in poi il ceppo della musica italiana non ha dato più verun rampollo che sia da porsi a fronte di quelli che germogliarono vent’anni avanti. Ella è decaduta perchè col debito rispetto di tutti, i compositori cresciuti in quest’ultimo tempo (I) No giova ripetere quanto abbiamo gii detto altra volta, elio cioè se insistiamo nel confutare a lungo c per minuto l’opinione del sig. Mcllinìin riguardo al tanto da lui vantato attuale stato di prosperili della musica italiana, sì il facciamo perchè Siam persuasi essere in essa opinione formolato il modo di sentire, in fatto di cose musicali, di una gran parte di coloro che si occupano di simili disquisizioni. E con tanto maggior impegno poi combattiamo gli erronei giudizii di eia vorrebbe a tutta forza dipingerci i giorni presenti come un’invidiabile età dell’oro della musica italiana, dacché siatn persuasi clic nulla vi ha che maggiormente ritardi il vero incremento dell’arte quanto il venir predicando incautamente ch’cssa è al sommo de’ suoi progressi e addormentarla quindi in questa felice ma ingannevole opinione. L’amore al proprio paese non si prova già con vuote millanterie o col farsi adulatori smaccati delle patrie mediocrità, c ingiusti c beffardi derisori del inerito degli stranieri, ma bensì col proclamare arditamente il vero anche allorquando la manifestazione di esso riesca tutl’altro che lusinghevole alle vanità cittadine. Se i giornali lcttcrarii cd artistici non si dedicano a questo difficile, scabroso ma utile ufficio, a quale miglior prò vorremo farli servire? Z’JEsIen». Ili non hanno nulla creato che sia destinato ad arricchire il tesoro delle nostre armonie. È decaduta perché dacché per il teatro italiano si tacquero Rossini e Bellini, nessuno denovelli campioni ha dato segno d’aver ereditato la vena inesauribilmente feconda dell’uno, e l’anima ed il senno, profondamente sentimentale dell’altro. E decaduta perchè Mercadante, Donizetti, Vaccaj e Pacini, che si adducono come veri onori dell’arte, e che onori son veramente, si debbono riguardare come spettanti ad altra epoca in cui la floridezza della loro mente produsse i più ispirali loro capolavori. Già da parecchi anni son essi nati e cresciuti alla scuola d’Italia. Aneli’essi poco più, poco meno, son figli del periodo fortunato che produsse un Rossini, un Bellini, e noi parlando del decadimento dell’arte vogliamo alludere a que’ maestri che dopo di loro comparvero sull’orizzonte teatrale. Fra queste ragioni avvene una che vale da sé sola per tutte. Basterebbe dire: la musica è decaduta, perchè Bellini è morto e Rossini non crea più opere, e sarebbe senza dubbio valente chi sapesse sostenere il contrario. Nè a combattere questo argomento varrebbe il fare ( come faceste nel vostro articolo) resuscitato Bellini e cangiato lo Siabat Mater in un melodramma, chè a chi usa simili armi per sostenere il proprio assunto fa uno stesso che darsi vinto all’inlutto. Bensì verrò parlando delle altre molte forme di ragionamento con che voi propugnate la causa vostra. Avéndo voi affermato che la musica è oggidì al colmo del suo fiorire, obbiettate alla prima delle mie proposizioni con dire che i nomi che reputate appartenere all’epoca nostra sono quelli di un Rossini, di un Bellini, di un Mercadante, di un Donizetti, d uri Pacini, d’un Ricci, d’un Persiani, d’un Coppola; e le opere che reputate appartenere alV epoca nostra sono un Guglielmo Teli, uno Stabat Mater, una Norma, una Sonnambula, una Beatrice, un Giuramento, una Vestale, un Anna Bolena, zz/z Elisir d’Amore, una Saffo, una Chiara di Rosemberg, un’Ines di Castro, una Pazza per Amore. I quali maestri ed opere, soggiungete, non so se potessero senza onta al liuon senso ed alla verità chiamarsi ragguai devóli pei’ numero piuttosto che per celebrità meritata e per vera bontà di arte e di magistero melodrammatico. In primo luogo vi osserverò che qui avvi una mischianza di cose, la quale non può tollerarsi da chi non è guari amante del disordine. Colle prove alla mano io potrei sostenervi che, con tutta la stima che vuoisi portare ai loro compositori, Xlnes di Castro, la Pazza per amore, la Chiara di Rosemberg, sono troppo onorate dell’essere poste a drappello col Guglielmo Teli, colla Norma, col Giuramento, colla Rolena, colla Saffo, ecc. E per esempio, per trattar di una sola ed anche della più famosa, la Chiara di Rosemberg (il M. Luigi Ricci me lo perdoni) non è tale opera che possa dirsi di prima bellezza: è delle buone tra quelle di seconda sfera. Tanto io credo asserire, senza far onta al buon senso e alla verità, prima perchè il suo carattere semiserio la rende di un genere ibrido, d’ufi genere neutro, e quindi meno peri fetto perchè meno assoluto: è una creatura che non è nè uòmo, nè donna. SeS condo, perchè di esteticamente bello la ) Chiara non ha che il terzetto ed il duetto de’bassi. Il resto, valutato dal punto dell’eccellenza musicale di cui noi favelliamo, è poco più che mediocre. Il M. Luigi Ricci ha poco gusto, ha poco genio per il serio, il suo spartito migliore, se non m’inganno, è l’opera buffa Un’avventura di Scaramuccia, che tutta è gaja dal principio alla fine. Non adoperando, quasi come se non fosse, l’armonia-, e non avendo per lo più che brevissime melodie, le quali troppo sovente si risentono della cantilena napoletana, egli non può grandeggiare nel serio che si compiace di larghezza di idee e di magnificenza istromentale. Il suo genere tutto melodico appare men difettoso nel buffo, ma è sconveniente e censurabile nel serio, ne’cui confini riguardata la musica della Chiara, non è musica che per metà. Meditate gli ultimi lavori di Mercadante, di che tanto apprezzate la maniera grave, declamata, originale, dottissima e vedrete di quanta differenza d’impasto siano i pezzi serj della Chiara: parlo col linguaggio del popolo. 11 M.° Luigi Ricci è divenuto famoso per il duetto così detto della pistola; il quale, sebben cominci con una frase sbagliata, non pertanto ha due o tre idee melodiche che sono di buonissimo effetto. Così, come le Opere colle Opere, non denno egualmente affastellarsi i nomi coi nomi. L’accomunare, verbigrazia, il maestro Coppola con Rossini, con Pacini, con Donizetti, è un comparare uno che ben incomincia con chi ha trionfalmente terminato. Aggiungete che il maestro Coppola non fece veramente bene che la Nina pazza, e che in progresso non seppe reggersi alla linea del primo esperimento, e vedrete se sia una mescolanza tollerabile quella di porlo in famiglia con chi vide applauditi cinquanta spartiti. 11 maestro Coppola è un compositore benemerito e degno di stima, ma un francese direbbe chacun à sa place. Oltredichè, come ho già notato, la sua Nina non è opera che possa stare coi capolavori: aneli’essa è di secondo rango. Tuttoché più leggiadra e ragionata nelle cantilene che la Chiara, non può collocarsi tra i capolavori, perchè essa pure è povera d’armonia, e troppo sente 1 imitazione del tipo melodico belliniano, senza averne l’originalità. Simili distinzioni intendo preporre onde vediate quanto opportunamente venisse corredata d’una postilla dell’estensore della Gazzetta quella vostra parentesi, ove troppo sicuramente sentenziate che questi spartiti sono riconosciuti eccellenti di tutta l’Europa e tali da oscurare nell’opinione dei popoli ogni piecedente esemplare di musica di genere drammatico. Questa eccellenza di tutti non è da tutti ravvisata egualmente. Non mi riesce inaudito che chi vuol esaltare l’odierna superiorità musicale, vanti le mediocrità come monumenti d’immortale rinomanza; ma i giudizj son diversi secondo i gusti e gl’intendimenti degli uomini, e in questo vostro son certo che non rinverreste gran numero d’intelligenti. Tolto così dall’essere sesto fra cotanto senno chi non può esserlo, riprendendo l’argomentazione vi chiederò in secondo luogo, signor Meliini, qual nuova legge di logica può insegnare a sostenere che la musica è ora al colmo del suo fiorire adducendo a prova che le Opere che appartengono all’epoca nostra, cioè al tempo che corre presentemente, perchè cangiando l’espressione si cangiano le cose, sono il Guglielmo Teli, la Nonna, la Sonnambula, la Beatrice, X Anna Bolena, l’Elisir, ecc. tre delle quali appartengono ad autore morto dieci anni addietro? Per Volgere la nave a seconda de’vostri venti avete bensì procurato di cangiar la questione cangiando le parole; ma concedete ch’io vi ricordi che quando stampaste che la musica era al sommo di sua floridezza non diceste, come ora dite, all’epoca nostra; ma sibbene ora, oggi, oggidì che è quanto dire, se non erro, nell’anno di nostra salute -1842. Che se mutando l’espressione intendeste far risalire il ragionamento a dieci o quindici anni innanzi per comprendervi il vero miglior tempo dell’arto, io dirò che a niun fine possono riescire i vostri mutamenti, dacché il vostro primo articolo non aveva raccolto in un solo ’periodo l’era musicale di Rossini, quella di Bellini, con quella di tutti i maestri venuti dopo; ma l una e l’altra e l’altra aveva benissimo diviso con segni caratteristici: della prima poco dicendo di bene, della seconda facendone il miglior tempo, della terza ora facendone l’età degl’indizi di decadenza, ora del colmo del fiorire dell’arte. Che se per fine fu vostro intendimento di confondere tutti questi tempi in un solo per crearne la gl and’epoca melodrammatica, permetterete allora ch’io vi dica che foste storico di assai poca perspicacia nel non ravvisare quanta inferiorità di frutti distinguesse il periodo del -1840 da quello del 1830, e quanta differenza corresse dall’epoca di Bellini e di Rossini a quella de’ loro successori. Voi medesimo fornite una prova di questa disparità avvalorando la vostra lesi con esempi che risalgono per la più parte a dieci o dodici anni di vita, nella qual cosa, senz’avvedervi, convenite che da parecchi anni la musica è decaduta. Ove si potesse affermare che la musica è oggi in fiore, sorreggendo l’affermativa con Opere di dodici anni fa si potrebbe egualmente sostenere che oggidì è lo stesso che dodici anni sono. Se una differenza di dodici anni è cosa di sì lieve momento che si possano confondere in un unum-et-idem, una fanciulla da ventènni sarebbe lo stesso che un’altra da trentadue. Ma non credo che molti sarebbero di quest’avviso. La musica era a grand’auge quando Bellini dettava la Dorma, Rossini il Guglielmo Teli, Mercadante i Normanni, Donizetti XAnna Bolena. Da quell’epoca oltre non furono più udite musiche eli tanto pregio: da quell’epoca adunque la musica è decaduta. No: non è strano presumere l’asserire che Bellini, Rossini, Mercadante e Donizetti appartengono ad al Ir’epoca musicale anteriore alla nostra. Due non iscrivono più, gli altri son sul finire. Quando anch’essi avranno cessato, il che non può essere lontano, nessuno, per ciò che pare oggigiorno, saprà occuparne il vuoto. E siccome dopo di loro è venuta una nuova generazione, la quale è ornai adulta, e siccome da questa nuova generazione uscì una schiera di novelli scrittori, de’ quali niuno seppe uguagliare nè dar segno di volerli uguagliare, così nulla di più consentaneo al vero, nulla di più naturale, nulla di più logico, che il dedurne il decadimento dell’arte. Non direbbe dunque male, signor Meliini, chi asserisse essere assurdo e temerario il proclamare il contrario anziché una tale conclusione. Rossini e Bellini fecero salir la musica; Bellini e Rossini la fecero discendere: questa è una verità che non può essere contraddetta senza dare in assurdità. - Del resto non so tacervi che mi trasse al buon umore quel vostro escandere perchè si ardisce asserire il decadimento dell arte ni faccia ai benemeriti ed operosi ingegni che sono stati gli autori del suo stato fiorente, e che tuttavia si adoperano a, mantenerla in onore. Pensate che Rossini si sentirà mortificato perchè v’è chi protesta che la musica venne meno dacch’egli non iscrive più drammi? Che cosa voless’io dire quando dichiarai che parlando del decadimento dell’arte m intesi alludere a qite’ maestri che dopo Rossini e Bellini comparvero su l’orizzonte teatrale, già ve l’ho spiegato. M’intesi dire che nessuno di quei tanti che nominate come glorie presenti, e ch’io non rinominerò per non offendere il loro amor proprio, nessuno ha finora mostralo di saperci tener compenso della perdita di Rossini e Reilini. Se voi opinate altrimenti, ed il vero non giugne a disingannarvi, io non so altro che farvi. Aggradite 1 augurio di Don Alonso e fatelo di ricambio anche a me che ve ne sarò obbligalo. Non lascierò del resto di ricordarvi che arrampicate sugli specchj quando interrogate voi stesso s io pretenda che (/negli astri novelli che si affacciano pur ora appena all’orizzonte debbano di subito oscurare e vincere que tanti soli che risplendono a pien meriggio. Mentre volete far credere che coloro che sostengono il decadimento della musica patiscono difetto di critica ragionata perchè è intempestivo, ingiusto ed assurdo proclamare la musica scaduta in Italia perchè fra i novelli maestri che sono sorti da cinque o sei anni, ninno è che abbia oscuralo quei grandi che pur vivono e fioriscono tra noi, voi porgete una prova tale di presenza di spirito che quasi quasi fa trasecolare. E per che modo venite parlando di critica ragionata e d’ordine di tempi, voi che a carpire il trionfo della contesa asserite che il maestro Ricci, il maestro Coppola, ecc. sono sorti al teatro da cinque o sei anni? Son eglino proprio astri cosi novelli che si possano dire jeri appena comparsi sull’orizzonte teatrale? Quanti anni sono che la Chiara va facendo l’eroina tra le fighe? E la fina Pazza non conta già dieci buoni anni di fortuna? E l’Ines di Castro è forse stata generata jeri l’altro? Dove sono i Guglielmo Teli, le forme, i Giuramenti, le Bolene, che vennero dopo questi fortunati cominciamenti ad illustrare ed inigantire il nome musicale italiano? Chi egli altri maestri ha fatto quello che non fecero questi primi? Quasi tutti, invece di andare in su, vennero, comparvero, ed andarono in giù. Le più Delle Opere di Ricci sono tra le prime: alcune delle sue ultime sono meschinità al giudizio della scienza. Coppola parli dal nido colle ali di un’aquila e vi tornò con quelle di una rondine. Nini fece la sua Maréscialla e poi... e poi... Dei tanti che nominate il solo Verdi ha dato argomento di progresso col suo Babucodonosor: degli altri li speriamo ancora. G. Vitali. STORIA DELLA MUSICA. ©zsscìsse ( V. i f. 53 e 54 di questa Gazzetta). La scala chequi disegniamo contiene le note essenziali degli otto modi. Bisogna por mente che ne’ graduali ed antifonarii romani non si mettono che quattro linee nella nota, e solamente due chiavi si adoperano chiamate chiavi di fa pel basso e chiave di do pel tenore. Il tuono di do e i suoi due relativi fa e sol sono i soli tuoni maggiori} la. mi e re i soli minori. In questi libri di coro si trovano solamente due figure di note, la quadrata, e quella fatta a mandorla} la prima serve per le sillabe lunghe e la seconda per le brevi. Però le note brevi non erano in uso al tempo di san Gregorio. I francesi, in alcuno de’loro graduali e de’ loro antifonarii moderni, aggiungono una linea o una gamba alla nota uadrata, lo che serve a prolungare la sua urata. Limiti degli otto tuoni del canto fermo. 1.0 o 2.° 3.0 -c. 4.0 autentico plofale autentico piagala Difficile è poter determinare precisamente l’epoca onde la musica istromentale fu introdotta nel ministero divino. E però presumibile, e cosi la pensa il dott. Burney, che prima del regno di Costantino, la religion cristiana essendo perseguitata, e i suoi novelli credenti sovente turbati nell’esercizio de’ loro atti di divozione, gli stromenti di musica non potessero essere in uso. Certo solamente dopo il fermo stabilimento del cristianesimo in lutto l’impero romano s’incominciò a servirsi di stromenti nelle grandi cirimonie, ad imitazione degli Ebrei, e ancora de’popoli pagani, che in lutti i tempi avevano accompagnato i loro inni e i loro canti religiosi cogli stromenti. L’opinion generale attribuisce a papa Vitaliano l’introduzione dell’organo nella Chiesa romana verso l’anno 070, quantunque alcuni autori suppongano che questo stroiuento vi fosse in uso anche prima di questo tempo. Il dott. Burney cita un epigramma di Giuliano il filosofo o l’apostata verso il 300, e copiato dall’Antologia di Du Cange, come una prova che da lungo tempo esisteva. Crede Ammonio che non si adoperasse l’organo ne’divini uffici prima dell’anno 840, sotto il regno di Luigi il Pio. Bingbam (0 afferma che ciò non fu prima del tempo di San Tommaso d’Aquino, ed egli attribuisce l ouox’e dell’essere stato l’organo introdotto nella Chiesa a Marino Sanuto, l’anno 1290. Questo autore soggiugne: «la nostra Chiesa non usa gli stromenti di musica come sono l’arpa e il salterio per celebrare le lodi di Dio. a fine di non imitare i Giudei «. Nondimeno, per l’attestazione di Gervasio, monaco di Canterbury, gli organi erano in uso più di cent’anni avanti l’epoca ond’egli scriveva, cioè verso la fine del dodicesimo secolo o in sull incominciare del tredicesimo, e par certo che l’ammissione dell’organo nelle Chiese precedesse di molto quest’epoca. 11 greco imperatore Costantino Copronimo mandò un orbano in presente a Pipino re di Francia, verso il 755, e nel 812 se ne costrusse uno a Aix-la-Chapelie perCarlomagno. Seconda (1) Ve’]e sue Origines sacrae. D. Bedos di Celles, benedettino, questo fu il primo organo che avesse i mantici in luogo di andare ad acqua ù). Nel 82C, Giorgio, sacerdote veneziano, visitò la Corte di Luigi il Clemente e costrusse un organo idraulico ad Aix-la-Chapelle. Ilawkins, nella sua istoria della musica dà la figura d un antichissimo monumento di Roma ricordato da Mersenne, sul quale si vede un organo. Però 1 antichità di questo monumento è messa in quislione da Mason nel suo Saggio sopra la musica di Chiesa. Cassiodoro, che era nato a Squillaci nel 481 e che morì verso il 57i, ha descritto gli organi a mantici del suo tempo nella maniera che segue: «l’organo è uno strumento composto di varie canne, che formano una specie di torricella le quali per mezzo del vento prodotto dai mantici, rendono un suono forte e prolungato ed a fine di produrre gradevoli effetti, v’hanno dai lati certi congegni di legno che attratti e respinti dal suonatore, fanno sentire giuochi variati e piacevoli >•>. Vitruvio che fioriva un secolo avanti l’era cristiana dà anch’egli la descrizione dell’organo, e san Girolamo parla di due di questi istromenti} uno che aveva dodici paia di mantici e che era udito alla distanza di quasi un miglio, e 1 altro a Gerusalemme che poteva sentirsi dal monte Oliveto. L’autenticità del passo attribuito a san Girolamo nel quale è fatto menzione di questi due stromenti è messa in dubbio da Marsenne. Riassumendo tutto ciò che abbiam detto, non si può dubitare che gli organi sieno stati portati a una certa perfezione verso il sesto o settimo secolo, senza avere però posseduto allora quella varietà d’armonia, quella potenza di suono e il perfetto meccanismo che orna (nielli che veggiamo oggidì nelle nostre Chiese. Verso la fine del settimo secolo i tedeschi conoscevano gli organi} eglino sapevano suonarli e costruirne} ma non si sa come questa cognizione fosse loro pervenuta. All’epoca onde l’organo fu nelle Chiese introdotto, il canto gregoriano o canto fermo cominciò ad essere adattato alle voci nella maniera che fu in seguito chiamata discantus, Io che nell infanzia del contrappunto significava doppio canto. Questo metodo di canto fu in prima solamente praticato coll’organo} ma fu tosto consecrato senza più all’esecuzione vocale, e da due voci, fu esteso poscia a tre, a quattro, ecc.} e i termini triplo, quadruplo, moletto, e quinto cominciarono ad essere applicati alle composizioni musicali. Nella vita di Swithiuus, scritta da Wolstan, monaco benedettino di Winchester, troviamo la descrizione d uri organo eretto nella cattedrale di questa città dal vescovo Elfeg, nel 951. Egli narra che quest’organo aveva dodici mantici in alto e dodici in basso, e che vi bisognavano settanta uomini per metterlo in movimento. Era suonato da due organisti ed avea dieci tasti, e quaranta canne per ciascun tasto (2). Questo era forse il maggiore organo a quel tempo, e mentre nel continente questo stromenlo era appena conosciuto, aveva già in Inghilterra toccato un alto grado di perfezione (3). Non meno che la musica sembra avere la danza fatto parte de’ riti religiosi dei I (-{) Yedi l’ftrt du facteur d’orgues, t. 2. (2) victa Sanctorum, ord. S. Benedici.5 pubblicati da | Mabillon, t. Vili, pag. 6J7.! (3) Si vede qui la prevenzione inglese a favore di tulio, ciò che appartiene al suolo dell’Inghilterra, prevenzione j assai mal fondata in ciò che riguarda la musica. F. primi cristiani. Questo si vede in uno dei sermoni di sant’Agostino: a Meglio è, dice egli, vangare e lavorare il giorno di festa che ballare. In luogo di cantar salmi sulla lira o in sul salterio, come era costume delle vergini e delle matrone, le nostre donne perdono il loro tempo a ballare, ed anche ricorrono a’ maestri di cpiest’arte.» Il P. Menestrier nota che il nome di coro che si applica ancora a quella parte delle nostre cattedrali ove i canonici e i preti cantano e uffiziano è originariamente derivato dal greco vocabolo X1/30;, che significa danza, o compagnia di danzatori. Dopo san Gregorio, ebbero luogo molti cangiamenti nella notazione del canto ecclesiastico, senza che però il suo sistema subisse la minima alterazione. Punti, accenti e diversi altri segni furono adottati per indicare l’elevazione o l’abbassamento della voce, e nel decimo secolo si incominciò a fare uso delle linee o righi 0). Ye n’erano otto o nove e le sillabe erano scritte negli spazii secondo la nota alla quale ciascuna sillaba corrispondeva. Il loro posto sulla linea era indicato con una lettera dell’alfabeto posta in capo a ciascuna: lettere maiuscole per le più gravi e minuscole per le acute. Alcuna volta le note erano scritte sopra le parole e congiunte a quelle con tratti o legature. Tutte queste differenti notazioni si trovavano negli antichi libri di coro dal sesto sino al decimo secolo, e sarebbe altrettanto difficile lo spiegarle quanto il leggere una lingua della quale non si conoscessero nè i caratteri, nè la grammatica <2>. Il sistema di musica sacra adottato a Roma prevalse tosto in pressoché tutti i paesi ove la religione cristiana s’era stabilita; ma lo scisma che scoppiò nel nono secolo fra la Chiesa greca e la latina impedì alla prima di adottare i cangiamenti che furono dopo quest’epoca fatti nel rituale romano, e l’antica notazione fu continuata nella Chiesa greca sino al punto in cui fu del tutto cangiata da san Giovanni Damasceno, che a quella sostituì un’altra di un genere tutto particolare che tuttavia è in uso nelle Chiese greche. Questi caratteri non esprimevano semplicemente dei suoni, ma tutti gli intervalli usati nel canto, come i semi tuoni, i tuoni, le terze maggiori, le terze minori, ecc., i tratti ascendenti e discendenti, colle loro differenti durate, e del pari le intere frasi. Quanto qui si è detto è tutto ciò che abbiamo potuto raccorre di più positivo sull introduzione della musica nel servigio divino. Dopo la riforma fatta da san Gregorio, la musica ecclesiastica rimase stazionaria per molti secoli, finché fu nelle Chiese introdotta la musica moderna. (t) Qui pare vi sia contraddizione con quanto l’autore ha detto precedentemente. (3) Il sig. Slattarci è in errore; vi sono ancora alcuni musici eruditi che ottimamente leggono la musica scritta in tutti questi sistemi di notazione. F. NOTIZIE VARIE. — Nel trattenimento musicale che la mattina di domenica scorsa si diede nelle sale del nostro Ricordi, si distinse il rinomato concertista d’arpa sig. Parisli-Alvars, il quale eseguì mirabilmente una molto brillante fantasia sul Mosè. - Ogni qualvolta ci accadrà di far cenno di qualche privata accademia, anteporremo menzionare con lode la buona esecuzione dei pezzi stromentali, perchè ne sembra che duri ormai troppo a lungo nel nostro pubblico l indifierenza per la musica di questo genere, e ciò con non poco danno delfarte. — Jj operoso e benemerito Editore di musica Ricordi ha testé pubblicato un pregevole opuscolo intitolato: Mozart e le. sue creazioni. E questo dovuto alla dotta penna del dottor Lichtenthal tanto lodato quale eruditissimo ed instancabile bibliografo. Parleremo quanto prima e con particolare amore di questa importante pubblicazione. Intanto facciamo voti perchè si offrano spesso al pubblico desideroso cT istruirsi delle opere di critica e di storia musicale. Questo genere di studii è al tutto trascurato in Italia, ove sono ben rari i maestri e professori di musica i quali della loro arte sappiano più in là di quanto è strettamente necessario ad esercitarla. Non crediamo opportuno domandare se ciò basti. Diamo alcune notizie musicali quali ci vengono trasmesse dalla Germania col mezzo di particolare carteggio. — Sivori, di ritorno dalla Russia, viaggia nelle contrade del Reno e del Meno. Diede quattro Accademie a Francoforte, in teatro, e solo a cagione della stagione troppo calda non riuscirono brillanti al pari di quelle di altri celebri artisti, avendo egli piaciuto moltissimo. Possiede un maneggio pieno di franchezza, diremmo quasi, di audacia. icl suo suonare domina sempre uno squisito sentir musicale, c per quanto è delle difficoltà, ci pare se ne rida. Avuto riguardo alla giovine età dell’artista, alla sua modestia, al suo amore dell’arte e alla sua nobile ambizione, vi ha luogo a concepire le più belle speranze del suo avvenire. Ultimamente al teatro di Francoforte si riprodusse il capolavoro di Cherubini Les dèux Journées. Questa musica sparsa di fresche melodie, malgrado i suoi quaranti anni, robusta di elette armonie e piena di effetto nella stromentazione, eccitò l’entusiasmo del pubblico e degli intelligenti (1). In questa medesima città la Fi Ile dii Bcgiment di Donizetti venne accolta con favore. Delle piccole feste musicali, delle diverse società di canto c d’altre simili solennità filarmoniche deve tener conto chi voglia formarsi idea quanto sia vivo in Germania l’amore della musica e in ispecie della musica concertata, e come ella sia tra le passioni più profonde del popolo tedesco. Di così fatte solennità musicali se ne danno in piccole città il cui nome a mala pena è noto, eppure le sono tali che farebbero invidia peli’accordo perfetto, per la buona scelta, e per la supcriore esecuzione stromentalc, alle pompose accademie di alcuni leatri che sono pur vantati primari nel mondo. Neustadt, a eagioii d’esempio, ebbe ultimamente la sua festa musicale, e fra le altre elette composizioni, vi si eseguì il Giuda Macabeo di Haendel. A Friedberg alcune centinaie di cantanti si sono radunati per eseguire il Te Deum di Neukman. (E qui aggiugne il nostro corrispondente) «Vi parlo di musiche delle quali voi altri filarmonici italiani non avete mai udito neppure il nome; eppure vi assicuro che le sono tali che se sapeste udirle per apprezzarle, vi farebbero gran senso. Ma bisognerebbe che rinunziaste a sentire dei inotivetti e delle frasi solleticanti, c dei graziosi scherzi di gola! Nelle città di primaria importanza non vi ha occasione di qualche straordinaria solennità in cui la musica non rappresenti la parte principale. A Magonza ove i naturalisti tedeschi devono radunarsbquest’anno, si attende già alle prove pel grandioso concerto clic ivi deve essere dato in codesta circostanza. — Listz, così l’or citato giornale, è tornato a Parigi dopo essere stato decorato a Liegi c coronato a Brusseìles.» Nel passaporto di Listz, aggiugne, si legge come marca del latore il seguente motto: Celebritate sua sat nolus. — Abbiamo già accennalo in questa Gazzetta che dietro proposta del ministro dell’interno il consiglio municipale della città di Parigi ha deliberato che il nome di Cherubini venisse dato a una nuova Contrada. È noto che l’onore medesimo venne accordalo a Boieldieu, ma prima che il nome del compositore venisse legalmente iscritto, il nome glorioso di Navarino aveva occupato ii posto a quello destinato. — Il celebre violinista francese Alessandro Batta fu invitato a prender parte alle feste che donno darsi a Salisburgo in onore di Mozart, le quali saranno dirette da Meyerbcer, da Spohr, e da Lacbner. — A Vienna nel corso del passato inverno si diedero 1*20 Accademie, la maggior parte di musica stromentalc. — Gli Statuti della tanto rinomata Accademia della Musica Antica a Londra, proibiscono l’esecuzione delle opere de’maestri viventi, epperò quell’accademia si af(1) Dappoiché la morte rapì Cherubini al mondo musicale, in Inghilterra, in Francia, in Germania, si notò un grande fervore nel volerne riprodurre e applaudire le più elette composizioni. Nella sola Italia, la patria del grande artista, neppur una delle sue Opere, fu tolta a qucWobblio ore da sì lungo tempo si giacciono le più classiche musiche. Assumerebbe un grave incarico e sarebbe chiamato a dire delle poco gradite verità chi pigliar volesse a spiegare le cause di questo fattó. frettò questo passato inverno ad eseguire la Grande Messa in re minore di Cherubini per addimostrare quale interesse a lei ispirava il celebre compositore italiano recentemente rapito all’arte e a’suoi moltissimi «mici e ammiratori. — Leggiamo nella Gaiette Musicale di Parigi «La Messa di Requiem eseguita il tre agosto a Nótrc-Dame sotto la direzione de’signori Poulct e Danjou, addetto alla Metropolitana, era stala ridotta a quattro parti dal secondo dei due valenti artisti or nominati. Essa fu cantata da trecento voci scelte, accompagnale dall’organo e da sedici contrabbassi. -- Néfla Messa funebre celebrata a Bade per le esequie del Duca d’Orleans si eseguì dai cantanti dell’Opera il famoso Requiem di Mozart. — Nel Festival che si darà a Norvick nel prossimo settembre si produrrà un nuovo Oratorio di Sphor La caduta di Babilonia. -- L’Opera di Mozart «Così fan tutte» venne eseguita a Londra da Lablache, Rubini, mad. Persiani e Moltini, con molto successo. Gli artisti, dice un foglio francese, si elevarono all’altezza delle ispirazioni del maestro de’maestri. I Giornali inglesi aggiungono: «Di tutte le partizioni che da gran pezza si udirono al nostro rcal teatro italiano questa è quella che udimmo eseguita con miglior accordo e finitezza. In quest’Opera si discoprono novelle bellezze ad ogni volta che la si ascolta. Grande Mozart!» — Gli Ugonotti di Meyerbcer si udirono di nuovo al Grand’Opéra di Parigi con moltissima soddisfazione. «1 veri intelligenti, non già i frivoli così detti buon-gustai (così un foglio parigino) nè gli amatori delle frascherie, e delle arie di accademia, hanno nuovamente ammirata la profonda ispirazione che fa sì piena di colore e di anima questa musica del gran genere». — Ultimamente deve essersi eseguito a Bordeaux Io Stabat di Rossini, diretto da Labarre, colle signore Mainville-Fodor, Labarre, e coi signori Inchiodi e Dupont. — La società Elvetica di musica a Losanna ha dato nella vasta cattedrale uno di quei grandi festivals che lasciano incancellabile memoria. Lo Stabat di Rossini vi fu eseguilo da settecento cantanti con un perfetto accordo. Erasi prima eseguita una Sinfonia di Beethoven. La seconda parte fu tutta occupata dnH’esecuzione del Paulus di Mcndclssohn. Questa bella partizione destò la meraviglia dell’uditorio; il N. 7 specialmente produsse una profonda impressione, e il finale della sacra composizione coronò l’opera tra la commozione generale. — Leggiamo nel Monde Musicale «Alcuni giornali fecero correre voce che Mcyerbeer ricusava di consegnare la partizione della nuova sua Opera il Profeta, per non essere persuaso del inerito di madama Stoltz. Questo fatto è pienamente falso. L’illustre compositore apprezza in ispecial modo i talenti drammatici; ora, a questo titolo, non si potrà negare il primo posto a madama Stoltz. Il signor Meverbeer non ha peranco udito questa cantante, ma noi sappiamo da buon canale che è dispostissimo ad affidarle la parte che le è dovuta nel suo Profeta. Non è dunque punto vero che si trattò di scritturare la signora Lówe. — In rettificazione delle varie notizie inesatte pubblicate dai giornali, il comitato per l’erezione del Monumento di Mozart a Salisburgo pubblicò un avviso in data del 11 corr. agosto, nel quale rende noto che l’inaugùrazionc di quel monumento avrà luogo definitivamente il forilo 4 settembre p. v. e le feste musicali incomincicranno il 29 agosto. — Si asserisce che il sig. Stunz, primo maestro di Cappella della Corte bavarese, comporrà e dirigerà la musica in occasione dell’inaugurazione della Walfialla nel prossimo autunno (1). (1 ) La Walhalla è un Tempio della Gloria, due leghe distante da Ratisbona, fondato da S. M. il Re di Baviera, ove sono collocati i busti di più centinaja di illustri alemanni. DELL I. R. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG. Di GIOVANNI RICORDI. MOZART E LE SUE CREAZIONI INIBIVI OBI A Scritta In occasione dell’Inaugurazione «lei suo monumento a Salisburgo in settembre ilei 1 Si? DEL DOTTORE PIETRO LICHTENTHAL Fr. I 50. iOTfliili® A quattro foci <li donne sole od uomini soli COMPOSTO DA Fr. 50. blOVAWl RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Hall’I. R, Stabilimento Stazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di (ÌIOVAWI RICORSI. Contraila dogli Omenoni IV. 1720. Si pò danno i classica lume i appositi TUUH.i

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