Questo testo è incompleto. |
◄ | N. 34 | N. 36 | ► |
GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 35 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
SCmZZI BIOGRAFICI.
ALESSANDRO SCARLATTI.
a storia della musica porge alla
savia considerazione del critico
generai successione di progresso
e una serie speciale di disg-*
verse epoche di decadimento alle
quali di tempo in tempo, per l’ingegno e virtù
di molti artisti eccellenti, è stato posto, per
mezzo di salutari e felici riforme, conveniente
rimedio. Non per altra via poteva
l’arte essere nobilitata a pervenire ad uno
stato fiorente se non per quella della sperienza
dei mali e pel guiderdone dell’encomio
dei dotti onde va retribuita l’opera
di que’ savii che si oppongono validamente
all’abuso. Dopo i primi saggi dei
famosi inventori del melodramma, Ri miccini,
Caccini e Peri ri), come si venne ingenerando
l’abuso del maraviglioso ne’ favolosi
soggetti e nelle sceniche decorazioni,
cosi la musica incominciò a trascorrere in
soverchia estensione di scienza, e tutti quegli
argomenti onde può quest’arte meglio
mostrarsi ingegnosa e materiale di quello
che semplice, ispirata e spontanea, come
sono i canoni, le fughe, i ricercaci, le imitazioni
continuate, ecc., furono introdotti
nel melodramma. Ora, dappoiché Alessandro
Scarlatti fu il primo che validamente
si facesse incontro a questo abuso assumendo
uno stile semplice e piano, ottimamente
(secondo che portava lo stato e la
condizione dell’arte al suo tempo) proporzionandolo
e temperandolo alla espressione
de’ sentimenti poetici e alla ragion drammatica
del fatto, ebbe da’ suoi contemporanei
ammiratori nome di compositor prodigioso
ed insuperabile, e fu eziandio da
quelli che vennero appresso venerato e
stimato assai. Noi che dopo due secoli di
cotanto progresso dell’arte veniamo a parlare
di lui, intendiamo rendergli il merito
singolare dell’iniziata riforma, la giusta lode
che meritano le sue composizioni rispetto
al tempo in che visse, e del pari non preterire
quel savio avvedimento onde elle
vogliono essere comparativamente giudicate
oggidì. Non sempre la celebrità e il nomo
dell’artefice corrispondono alla verace eccellenza
delle òpere; ma in cose di belle arti,
spesso i gran nomi primitivi e i grandi
inventori che operarono nell’infanzia dell’arte
cedono, per lo paragone de’ pratici
saggi, ai mediocri successori e agli imita(1)
Veggansi gli articoli sulla Invenzione del melodramma
dati in questa stessa Gazzella.
tori più remoli che operarono ne’ tempi
più fiorenti. Per la qual cosa strano errore
è di molli presumere di entrare in
siffatte materie senza la continua e fedele
scorta della critica dei tempi. A lei sola è
dato mettere in chiaro quelle tante discrepanze
di giudizii che altro non sono che
un mistero alla mente de’ più; a lei sola
rifornire alla storia quei lumi filosofici onde
gli avvenimenti si possono dalle loro cause
ed origini descrivere con intelligenza di
tutti e con frutto di universale ammaestramento.
Nacque Alessandro in Napoli l’anno 1050;
e poiché fatto grandicello mostrava facoltà
di buona voce ed ingegno inchinato alla
musica, studiò in patria il canto, e in una
delle migliori scuole che allora fossero in
Napoli attese ai [trincipii dell’armonia e
della composizione. Ma perciocché egli in
sua gioventù fu ancora eccellente suonatore
di arpa, e divenne poscia dopo continuati
studii grande compositore secondo
il suo tempo, noi vogliamo osservare che
l’arte di suonare l’arpa o l’organo o il cembalo
è sempre stata ed è tuttavia la miniera
onde derivano i grandi maestri: e
come fu detto, rispetto alla pittura, che
l’arte dell’orafo è sempre stata il seminario
dal quale sono usciti i grandi artefici,
così quanto alla musica, la pratica de’ suddetti
slromenti (siccome quelli che meglio
d’ognt altro datino idea della ragione armonica
e del complesso di più parti) raro
è che non sia la prima occupazione di coloro
che nella composizione divengono
eccellenti. Sentendo adunque Alessandro
quanto a quei dì fosse celebrato il nome
di Jacopo Carissimi maestro della Cappella
Pontificia, ed avendo avuto opportunità
di udire alcune composizioni di
quel maestro cbe gli parvero prodigiose,
specialmente per l’effetto delle dissonanze,
(delle quali il Carissimi, dietro a Claudio
Monteverde, che primo le aveva nella composizione
introdotte si compiacque farne discreto
uso) deliberò di andarne a Roma
per avere ivi agio di imparare quella maniera
acconciandosi presso il Carissimi in
qualità di alunno della Cappella.
Veggendo Jacopo, con quanto amore
il giovane attendeva agli studii e come
mostrasse un ingegno elevato e molto desideroso
di tentar cose nuove, gli pose singolare
affezione e con grande amore lo ammaestrava:
tanto che in pochi anni lo tirò
innanzi nell’arte e lo condusse a termine
di poter fare da sé. Aveva Alessandro, per
cagione degli studii fatti, e per la virtù
del suo ingegno, che in lui mirabilmente
operava, potuto vedere come l’arte si sarebbe
agevolmente resa migliore dando alla
melodia più cospicue forme e tentando
nuovi armonici effetti, lo cbe ardito non
aveva peranco maestro nessuno: tal cbe,
se prima le composizioni del suo maestro
gli erano sembrate prodigi, comparandole
poscia colle recenti idee da lui concepite,
gli tornavano puerili e meschine. Per la
qual cosa, l’alto animo, incominciò a far
sentire in pubblico le cose sue, ed avendone
molto plauso ottenuto, e destatane
l’invidia degli altri maestri cbe allora erano
in Roma, conobbe di potersi liberamente
commettere al suo genio con isperanza di
buon successo.
(Sarà continuato).
DELLE PRESENTI CONDIZIONI
DELLA MUSICA IN ITALIA
SECONDA REPLICA AL SIG. NIELLIMI (1).
(Vedi il foglio IV. 33.)
Le ragioni da me recate in prova dell’odierno
decadimento della musica voi le
riportaste in parte, in parte le taceste: io
le ripeterò tutte perchè è dal loro complesso
cbe emerge la verità. La musica,
dissi, è decaduta, perchè la grandezza delle
arti non si misura dal nome de1 molti artisti
viventi o vissuti, ma dal valore e dal
numero sempre crescente delle vere opere
grandi. Ella è decaduta perchè da vent’anni
in poi il ceppo della musica italiana
non ha dato più verun rampollo che sia
da porsi a fronte di quelli che germogliarono
vent’anni avanti. Ella è decaduta
perchè col debito rispetto di tutti, i compositori
cresciuti in quest’ultimo tempo
(I) No giova ripetere quanto abbiamo gii detto altra
volta, elio cioè se insistiamo nel confutare a lungo c
per minuto l’opinione del sig. Mcllinìin riguardo al tanto
da lui vantato attuale stato di prosperili della musica
italiana, sì il facciamo perchè Siam persuasi essere in
essa opinione formolato il modo di sentire, in fatto di
cose musicali, di una gran parte di coloro che si occupano
di simili disquisizioni. E con tanto maggior impegno
poi combattiamo gli erronei giudizii di eia vorrebbe
a tutta forza dipingerci i giorni presenti come un’invidiabile
età dell’oro della musica italiana, dacché siatn
persuasi clic nulla vi ha che maggiormente ritardi il
vero incremento dell’arte quanto il venir predicando incautamente
ch’cssa è al sommo de’ suoi progressi e addormentarla
quindi in questa felice ma ingannevole opinione.
L’amore al proprio paese non si prova già con
vuote millanterie o col farsi adulatori smaccati delle
patrie mediocrità, c ingiusti c beffardi derisori del inerito
degli stranieri, ma bensì col proclamare arditamente
il vero anche allorquando la manifestazione di esso
riesca tutl’altro che lusinghevole alle vanità cittadine.
Se i giornali lcttcrarii cd artistici non si dedicano a questo
difficile, scabroso ma utile ufficio, a quale miglior
prò vorremo farli servire?
Z’JEsIen».
Ili non hanno nulla creato che sia destinato
ad arricchire il tesoro delle nostre armonie.
È decaduta perché dacché per il teatro italiano
si tacquero Rossini e Bellini, nessuno
denovelli campioni ha dato segno d’aver
ereditato la vena inesauribilmente feconda
dell’uno, e l’anima ed il senno, profondamente
sentimentale dell’altro. E decaduta
perchè Mercadante, Donizetti, Vaccaj e Pacini,
che si adducono come veri onori dell’arte,
e che onori son veramente, si debbono
riguardare come spettanti ad altra
epoca in cui la floridezza della loro mente
produsse i più ispirali loro capolavori.
Già da parecchi anni son essi nati e cresciuti
alla scuola d’Italia. Aneli’essi poco
più, poco meno, son figli del periodo fortunato
che produsse un Rossini, un Bellini,
e noi parlando del decadimento dell’arte vogliamo alludere a que’ maestri
che dopo di loro comparvero sull’orizzonte
teatrale.
Fra queste ragioni avvene una che vale
da sé sola per tutte. Basterebbe dire:
la musica è decaduta, perchè Bellini è
morto e Rossini non crea più opere, e sarebbe
senza dubbio valente chi sapesse
sostenere il contrario. Nè a combattere questo
argomento varrebbe il fare ( come faceste
nel vostro articolo) resuscitato Bellini
e cangiato lo Siabat Mater in un melodramma,
chè a chi usa simili armi per
sostenere il proprio assunto fa uno stesso
che darsi vinto all’inlutto.
Bensì verrò parlando delle altre molte
forme di ragionamento con che voi propugnate
la causa vostra. Avéndo voi affermato
che la musica è oggidì al colmo del
suo fiorire, obbiettate alla prima delle mie
proposizioni con dire che i nomi che reputate
appartenere all’epoca nostra sono
quelli di un Rossini, di un Bellini, di un
Mercadante, di un Donizetti, d uri Pacini,
d’un Ricci, d’un Persiani, d’un Coppola;
e le opere che reputate appartenere alV
epoca nostra sono un Guglielmo Teli,
uno Stabat Mater, una Norma, una Sonnambula,
una Beatrice, un Giuramento, una
Vestale, un Anna Bolena, zz/z Elisir d’Amore,
una Saffo, una Chiara di Rosemberg,
un’Ines di Castro, una Pazza per
Amore. I quali maestri ed opere, soggiungete,
non so se potessero senza onta al
liuon senso ed alla verità chiamarsi ragguai
devóli pei’ numero piuttosto che per
celebrità meritata e per vera bontà di arte
e di magistero melodrammatico.
In primo luogo vi osserverò che qui avvi
una mischianza di cose, la quale non può
tollerarsi da chi non è guari amante del disordine.
Colle prove alla mano io potrei sostenervi
che, con tutta la stima che vuoisi
portare ai loro compositori, Xlnes di Castro,
la Pazza per amore, la Chiara di Rosemberg,
sono troppo onorate dell’essere poste
a drappello col Guglielmo Teli, colla
Norma, col Giuramento, colla Rolena,
colla Saffo, ecc. E per esempio, per trattar
di una sola ed anche della più famosa, la
Chiara di Rosemberg (il M. Luigi Ricci me
lo perdoni) non è tale opera che possa
dirsi di prima bellezza: è delle buone tra
quelle di seconda sfera. Tanto io credo
asserire, senza far onta al buon senso e
alla verità, prima perchè il suo carattere
semiserio la rende di un genere ibrido,
d’ufi genere neutro, e quindi meno peri
fetto perchè meno assoluto: è una creatura
che non è nè uòmo, nè donna. SeS
condo, perchè di esteticamente bello la
) Chiara non ha che il terzetto ed il duetto
de’bassi. Il resto, valutato dal punto dell’eccellenza
musicale di cui noi favelliamo,
è poco più che mediocre. Il M. Luigi Ricci
ha poco gusto, ha poco genio per il serio,
il suo spartito migliore, se non m’inganno,
è l’opera buffa Un’avventura di Scaramuccia,
che tutta è gaja dal principio alla
fine. Non adoperando, quasi come se non
fosse, l’armonia-, e non avendo per lo più
che brevissime melodie, le quali troppo
sovente si risentono della cantilena napoletana,
egli non può grandeggiare nel serio
che si compiace di larghezza di idee e di
magnificenza istromentale. Il suo genere
tutto melodico appare men difettoso nel
buffo, ma è sconveniente e censurabile nel
serio, ne’cui confini riguardata la musica
della Chiara, non è musica che per metà.
Meditate gli ultimi lavori di Mercadante,
di che tanto apprezzate la maniera grave,
declamata, originale, dottissima e vedrete
di quanta differenza d’impasto siano i pezzi
serj della Chiara: parlo col linguaggio del
popolo. 11 M.° Luigi Ricci è divenuto famoso
per il duetto così detto della pistola; il
quale, sebben cominci con una frase sbagliata,
non pertanto ha due o tre idee
melodiche che sono di buonissimo effetto.
Così, come le Opere colle Opere, non
denno egualmente affastellarsi i nomi coi
nomi. L’accomunare, verbigrazia, il maestro
Coppola con Rossini, con Pacini, con
Donizetti, è un comparare uno che ben
incomincia con chi ha trionfalmente terminato.
Aggiungete che il maestro Coppola
non fece veramente bene che la Nina pazza,
e che in progresso non seppe reggersi alla
linea del primo esperimento, e vedrete se
sia una mescolanza tollerabile quella di porlo
in famiglia con chi vide applauditi cinquanta
spartiti. 11 maestro Coppola è un
compositore benemerito e degno di stima,
ma un francese direbbe chacun à sa place.
Oltredichè, come ho già notato, la sua
Nina non è opera che possa stare coi capolavori:
aneli’essa è di secondo rango.
Tuttoché più leggiadra e ragionata nelle
cantilene che la Chiara, non può collocarsi
tra i capolavori, perchè essa pure
è povera d’armonia, e troppo sente 1 imitazione
del tipo melodico belliniano, senza
averne l’originalità.
Simili distinzioni intendo preporre onde
vediate quanto opportunamente venisse corredata
d’una postilla dell’estensore della
Gazzetta quella vostra parentesi, ove troppo
sicuramente sentenziate che questi spartiti
sono riconosciuti eccellenti di tutta l’Europa
e tali da oscurare nell’opinione dei
popoli ogni piecedente esemplare di musica
di genere drammatico. Questa eccellenza
di tutti non è da tutti ravvisata egualmente.
Non mi riesce inaudito che chi
vuol esaltare l’odierna superiorità musicale,
vanti le mediocrità come monumenti
d’immortale rinomanza; ma i giudizj son
diversi secondo i gusti e gl’intendimenti
degli uomini, e in questo vostro son certo
che non rinverreste gran numero d’intelligenti.
Tolto così dall’essere sesto fra cotanto
senno chi non può esserlo, riprendendo
l’argomentazione vi chiederò in secondo
luogo, signor Meliini, qual nuova legge di
logica può insegnare a sostenere che la
musica è ora al colmo del suo fiorire adducendo
a prova che le Opere che appartengono
all’epoca nostra, cioè al tempo
che corre presentemente, perchè cangiando
l’espressione si cangiano le cose, sono il
Guglielmo Teli, la Nonna, la Sonnambula,
la Beatrice, X Anna Bolena, l’Elisir,
ecc. tre delle quali appartengono ad
autore morto dieci anni addietro? Per Volgere
la nave a seconda de’vostri venti avete
bensì procurato di cangiar la questione
cangiando le parole; ma concedete ch’io
vi ricordi che quando stampaste che la
musica era al sommo di sua floridezza non
diceste, come ora dite, all’epoca nostra;
ma sibbene ora, oggi, oggidì che è quanto
dire, se non erro, nell’anno di nostra salute
-1842. Che se mutando l’espressione
intendeste far risalire il ragionamento a
dieci o quindici anni innanzi per comprendervi
il vero miglior tempo dell’arto, io
dirò che a niun fine possono riescire i vostri
mutamenti, dacché il vostro primo articolo
non aveva raccolto in un solo ’periodo
l’era musicale di Rossini, quella di
Bellini, con quella di tutti i maestri venuti
dopo; ma l una e l’altra e l’altra
aveva benissimo diviso con segni caratteristici:
della prima poco dicendo di bene,
della seconda facendone il miglior tempo,
della terza ora facendone l’età degl’indizi
di decadenza, ora del colmo del fiorire
dell’arte. Che se per fine fu vostro intendimento
di confondere tutti questi tempi
in un solo per crearne la gl and’epoca melodrammatica,
permetterete allora ch’io vi
dica che foste storico di assai poca perspicacia
nel non ravvisare quanta inferiorità
di frutti distinguesse il periodo del -1840
da quello del 1830, e quanta differenza
corresse dall’epoca di Bellini e di Rossini
a quella de’ loro successori. Voi medesimo
fornite una prova di questa disparità avvalorando
la vostra lesi con esempi che
risalgono per la più parte a dieci o dodici
anni di vita, nella qual cosa, senz’avvedervi,
convenite che da parecchi anni la
musica è decaduta. Ove si potesse affermare
che la musica è oggi in fiore, sorreggendo
l’affermativa con Opere di dodici
anni fa si potrebbe egualmente sostenere
che oggidì è lo stesso che dodici anni sono.
Se una differenza di dodici anni è cosa di
sì lieve momento che si possano confondere
in un unum-et-idem, una fanciulla da
ventènni sarebbe lo stesso che un’altra da
trentadue. Ma non credo che molti sarebbero
di quest’avviso. La musica era a grand’auge
quando Bellini dettava la Dorma,
Rossini il Guglielmo Teli, Mercadante i
Normanni, Donizetti XAnna Bolena. Da
quell’epoca oltre non furono più udite musiche
eli tanto pregio: da quell’epoca adunque
la musica è decaduta. No: non è strano
presumere l’asserire che Bellini, Rossini,
Mercadante e Donizetti appartengono ad
al Ir’epoca musicale anteriore alla nostra.
Due non iscrivono più, gli altri son sul
finire. Quando anch’essi avranno cessato, il
che non può essere lontano, nessuno, per
ciò che pare oggigiorno, saprà occuparne
il vuoto. E siccome dopo di loro è venuta
una nuova generazione, la quale è ornai
adulta, e siccome da questa nuova generazione
uscì una schiera di novelli scrittori,
de’ quali niuno seppe uguagliare nè dar segno
di volerli uguagliare, così nulla di più
consentaneo al vero, nulla di più naturale,
nulla di più logico, che il dedurne il decadimento
dell’arte. Non direbbe dunque
male, signor Meliini, chi asserisse essere
assurdo e temerario il proclamare il contrario
anziché una tale conclusione. Rossini
e Bellini fecero salir la musica; Bellini
e Rossini la fecero discendere: questa
è una verità che non può essere contraddetta
senza dare in assurdità. - Del resto non so tacervi che mi trasse al buon
umore quel vostro escandere perchè si ardisce
asserire il decadimento dell arte ni
faccia ai benemeriti ed operosi ingegni che
sono stati gli autori del suo stato fiorente,
e che tuttavia si adoperano a, mantenerla
in onore. Pensate che Rossini si sentirà
mortificato perchè v’è chi protesta che la
musica venne meno dacch’egli non iscrive
più drammi?
Che cosa voless’io dire quando dichiarai
che parlando del decadimento dell’arte
m intesi alludere a qite’ maestri che dopo
Rossini e Bellini comparvero su l’orizzonte
teatrale, già ve l’ho spiegato. M’intesi dire
che nessuno di quei tanti che nominate
come glorie presenti, e ch’io non rinominerò
per non offendere il loro amor proprio,
nessuno ha finora mostralo di saperci tener
compenso della perdita di Rossini e Reilini.
Se voi opinate altrimenti, ed il vero
non giugne a disingannarvi, io non so altro
che farvi. Aggradite 1 augurio di Don Alonso
e fatelo di ricambio anche a me che ve ne
sarò obbligalo. Non lascierò del resto di
ricordarvi che arrampicate sugli specchj
quando interrogate voi stesso s io pretenda
che (/negli astri novelli che si affacciano
pur ora appena all’orizzonte debbano di
subito oscurare e vincere que tanti soli che
risplendono a pien meriggio. Mentre volete
far credere che coloro che sostengono
il decadimento della musica patiscono difetto
di critica ragionata perchè è intempestivo, ingiusto ed assurdo proclamare la
musica scaduta in Italia perchè fra i novelli
maestri che sono sorti da cinque o
sei anni, ninno è che abbia oscuralo quei
grandi che pur vivono e fioriscono tra noi,
voi porgete una prova tale di presenza di
spirito che quasi quasi fa trasecolare. E per
che modo venite parlando di critica ragionata
e d’ordine di tempi, voi che a carpire
il trionfo della contesa asserite che
il maestro Ricci, il maestro Coppola, ecc.
sono sorti al teatro da cinque o sei anni?
Son eglino proprio astri cosi novelli che
si possano dire jeri appena comparsi sull’orizzonte
teatrale? Quanti anni sono che la
Chiara va facendo l’eroina tra le fighe?
E la fina Pazza non conta già dieci buoni
anni di fortuna? E l’Ines di Castro è forse
stata generata jeri l’altro? Dove sono i
Guglielmo Teli, le forme, i Giuramenti,
le Bolene, che vennero dopo questi fortunati
cominciamenti ad illustrare ed inigantire
il nome musicale italiano? Chi
egli altri maestri ha fatto quello che
non fecero questi primi? Quasi tutti, invece
di andare in su, vennero, comparvero,
ed andarono in giù. Le più Delle
Opere di Ricci sono tra le prime: alcune
delle sue ultime sono meschinità al giudizio
della scienza. Coppola parli dal nido
colle ali di un’aquila e vi tornò con quelle
di una rondine. Nini fece la sua Maréscialla
e poi... e poi... Dei tanti che nominate
il solo Verdi ha dato argomento di
progresso col suo Babucodonosor: degli
altri li speriamo ancora. G. Vitali.
STORIA DELLA MUSICA.
©zsscìsse
( V. i f. 53 e 54 di questa Gazzetta).
La scala chequi disegniamo contiene le
note essenziali degli otto modi. Bisogna
por mente che ne’ graduali ed antifonarii
romani non si mettono che quattro linee
nella nota, e solamente due chiavi si adoperano
chiamate chiavi di fa pel basso e
chiave di do pel tenore. Il tuono di do e
i suoi due relativi fa e sol sono i soli tuoni
maggiori} la. mi e re i soli minori. In questi
libri di coro si trovano solamente due
figure di note, la quadrata, e quella fatta
a mandorla} la prima serve per le sillabe
lunghe e la seconda per le brevi. Però le
note brevi non erano in uso al tempo di
san Gregorio. I francesi, in alcuno de’loro
graduali e de’ loro antifonarii moderni, aggiungono
una linea o una gamba alla nota
uadrata, lo che serve a prolungare la sua
urata.
Limiti degli otto tuoni del canto fermo.
1.0 o 2.° 3.0 -c. 4.0
autentico plofale autentico piagala
Difficile è poter determinare precisamente
l’epoca onde la musica istromentale fu introdotta
nel ministero divino. E però presumibile,
e cosi la pensa il dott. Burney,
che prima del regno di Costantino, la religion
cristiana essendo perseguitata, e i
suoi novelli credenti sovente turbati nell’esercizio
de’ loro atti di divozione, gli
stromenti di musica non potessero essere
in uso. Certo solamente dopo il fermo stabilimento
del cristianesimo in lutto l’impero
romano s’incominciò a servirsi di stromenti
nelle grandi cirimonie, ad imitazione
degli Ebrei, e ancora de’popoli pagani,
che in lutti i tempi avevano accompagnato
i loro inni e i loro canti religiosi cogli
stromenti.
L’opinion generale attribuisce a papa
Vitaliano l’introduzione dell’organo nella
Chiesa romana verso l’anno 070, quantunque
alcuni autori suppongano che questo
stroiuento vi fosse in uso anche prima di
questo tempo. Il dott. Burney cita un epigramma
di Giuliano il filosofo o l’apostata
verso il 300, e copiato dall’Antologia di
Du Cange, come una prova che da lungo
tempo esisteva.
Crede Ammonio che non si adoperasse
l’organo ne’divini uffici prima dell’anno 840,
sotto il regno di Luigi il Pio. Bingbam (0
afferma che ciò non fu prima del tempo
di San Tommaso d’Aquino, ed egli attribuisce
l ouox’e dell’essere stato l’organo introdotto
nella Chiesa a Marino Sanuto,
l’anno 1290. Questo autore soggiugne: «la
nostra Chiesa non usa gli stromenti di musica
come sono l’arpa e il salterio per celebrare
le lodi di Dio. a fine di non imitare
i Giudei «. Nondimeno, per l’attestazione
di Gervasio, monaco di Canterbury,
gli organi erano in uso più di cent’anni
avanti l’epoca ond’egli scriveva, cioè verso
la fine del dodicesimo secolo o in sull incominciare
del tredicesimo, e par certo che
l’ammissione dell’organo nelle Chiese precedesse
di molto quest’epoca. 11 greco imperatore
Costantino Copronimo mandò un
orbano in presente a Pipino re di Francia,
verso il 755, e nel 812 se ne costrusse uno
a Aix-la-Chapelie perCarlomagno. Seconda
(1) Ve’]e sue Origines sacrae.
D. Bedos di Celles, benedettino, questo fu
il primo organo che avesse i mantici in
luogo di andare ad acqua ù). Nel 82C, Giorgio,
sacerdote veneziano, visitò la Corte
di Luigi il Clemente e costrusse un organo
idraulico ad Aix-la-Chapelle.
Ilawkins, nella sua istoria della musica
dà la figura d un antichissimo monumento
di Roma ricordato da Mersenne, sul quale
si vede un organo. Però 1 antichità di questo
monumento è messa in quislione da
Mason nel suo Saggio sopra la musica di
Chiesa. Cassiodoro, che era nato a Squillaci
nel 481 e che morì verso il 57i, ha
descritto gli organi a mantici del suo tempo
nella maniera che segue: «l’organo è uno
strumento composto di varie canne, che
formano una specie di torricella le quali
per mezzo del vento prodotto dai mantici,
rendono un suono forte e prolungato ed
a fine di produrre gradevoli effetti, v’hanno
dai lati certi congegni di legno che attratti
e respinti dal suonatore, fanno sentire giuochi
variati e piacevoli >•>. Vitruvio che fioriva
un secolo avanti l’era cristiana dà anch’egli
la descrizione dell’organo, e san Girolamo
parla di due di questi istromenti}
uno che aveva dodici paia di mantici e che
era udito alla distanza di quasi un miglio, e
1 altro a Gerusalemme che poteva sentirsi
dal monte Oliveto. L’autenticità del passo
attribuito a san Girolamo nel quale è fatto
menzione di questi due stromenti è messa
in dubbio da Marsenne.
Riassumendo tutto ciò che abbiam detto, non si può dubitare che gli organi
sieno stati portati a una certa perfezione
verso il sesto o settimo secolo, senza avere
però posseduto allora quella varietà d’armonia,
quella potenza di suono e il perfetto
meccanismo che orna (nielli che veggiamo
oggidì nelle nostre Chiese. Verso
la fine del settimo secolo i tedeschi conoscevano
gli organi} eglino sapevano suonarli
e costruirne} ma non si sa come questa
cognizione fosse loro pervenuta. All’epoca
onde l’organo fu nelle Chiese introdotto,
il canto gregoriano o canto fermo
cominciò ad essere adattato alle voci nella
maniera che fu in seguito chiamata discantus,
Io che nell infanzia del contrappunto
significava doppio canto. Questo metodo
di canto fu in prima solamente praticato
coll’organo} ma fu tosto consecrato senza
più all’esecuzione vocale, e da due voci,
fu esteso poscia a tre, a quattro, ecc.} e i
termini triplo, quadruplo, moletto, e quinto
cominciarono ad essere applicati alle composizioni
musicali.
Nella vita di Swithiuus, scritta da Wolstan,
monaco benedettino di Winchester,
troviamo la descrizione d uri organo eretto
nella cattedrale di questa città dal vescovo
Elfeg, nel 951. Egli narra che quest’organo
aveva dodici mantici in alto e dodici in
basso, e che vi bisognavano settanta uomini
per metterlo in movimento. Era suonato
da due organisti ed avea dieci tasti,
e quaranta canne per ciascun tasto (2). Questo
era forse il maggiore organo a quel
tempo, e mentre nel continente questo
stromenlo era appena conosciuto, aveva già
in Inghilterra toccato un alto grado di perfezione
(3).
Non meno che la musica sembra avere
la danza fatto parte de’ riti religiosi dei
I (-{) Yedi l’ftrt du facteur d’orgues, t. 2.
(2) victa Sanctorum, ord. S. Benedici.5 pubblicati da
| Mabillon, t. Vili, pag. 6J7.! (3) Si vede qui la prevenzione inglese a favore di tulio, ciò che appartiene al suolo dell’Inghilterra, prevenzione
j assai mal fondata in ciò che riguarda la musica. F. primi cristiani. Questo si vede in uno dei
sermoni di sant’Agostino: a Meglio è, dice
egli, vangare e lavorare il giorno di festa
che ballare. In luogo di cantar salmi sulla
lira o in sul salterio, come era costume
delle vergini e delle matrone, le nostre
donne perdono il loro tempo a ballare, ed
anche ricorrono a’ maestri di cpiest’arte.»
Il P. Menestrier nota che il nome di coro
che si applica ancora a quella parte delle
nostre cattedrali ove i canonici e i preti
cantano e uffiziano è originariamente derivato
dal greco vocabolo X1/30;, che significa
danza, o compagnia di danzatori.
Dopo san Gregorio, ebbero luogo molti
cangiamenti nella notazione del canto ecclesiastico,
senza che però il suo sistema
subisse la minima alterazione. Punti, accenti
e diversi altri segni furono adottati
per indicare l’elevazione o l’abbassamento
della voce, e nel decimo secolo si incominciò
a fare uso delle linee o righi 0).
Ye n’erano otto o nove e le sillabe erano
scritte negli spazii secondo la nota alla
quale ciascuna sillaba corrispondeva. Il loro
posto sulla linea era indicato con una lettera
dell’alfabeto posta in capo a ciascuna:
lettere maiuscole per le più gravi e minuscole
per le acute. Alcuna volta le note
erano scritte sopra le parole e congiunte
a quelle con tratti o legature. Tutte queste
differenti notazioni si trovavano negli
antichi libri di coro dal sesto sino al decimo
secolo, e sarebbe altrettanto difficile
lo spiegarle quanto il leggere una lingua
della quale non si conoscessero nè i caratteri,
nè la grammatica <2>.
Il sistema di musica sacra adottato a
Roma prevalse tosto in pressoché tutti i
paesi ove la religione cristiana s’era stabilita;
ma lo scisma che scoppiò nel nono
secolo fra la Chiesa greca e la latina impedì
alla prima di adottare i cangiamenti
che furono dopo quest’epoca fatti nel rituale
romano, e l’antica notazione fu continuata
nella Chiesa greca sino al punto
in cui fu del tutto cangiata da san Giovanni
Damasceno, che a quella sostituì un’altra
di un genere tutto particolare che tuttavia
è in uso nelle Chiese greche. Questi caratteri
non esprimevano semplicemente dei
suoni, ma tutti gli intervalli usati nel canto,
come i semi tuoni, i tuoni, le terze maggiori,
le terze minori, ecc., i tratti ascendenti
e discendenti, colle loro differenti durate,
e del pari le intere frasi.
Quanto qui si è detto è tutto ciò che
abbiamo potuto raccorre di più positivo
sull introduzione della musica nel servigio
divino. Dopo la riforma fatta da san Gregorio,
la musica ecclesiastica rimase stazionaria
per molti secoli, finché fu nelle Chiese
introdotta la musica moderna.
(t) Qui pare vi sia contraddizione con quanto l’autore
ha detto precedentemente.
(3) Il sig. Slattarci è in errore; vi sono ancora alcuni
musici eruditi che ottimamente leggono la musica scritta
in tutti questi sistemi di notazione. F.
NOTIZIE VARIE.
— Nel trattenimento musicale che la
mattina di domenica scorsa si diede nelle
sale del nostro Ricordi, si distinse il rinomato
concertista d’arpa sig. Parisli-Alvars,
il quale eseguì mirabilmente una molto
brillante fantasia sul Mosè. - Ogni qualvolta
ci accadrà di far cenno di qualche
privata accademia, anteporremo menzionare
con lode la buona esecuzione dei
pezzi stromentali, perchè ne sembra che
duri ormai troppo a lungo nel nostro pubblico
l indifierenza per la musica di questo
genere, e ciò con non poco danno delfarte.
— Jj operoso e benemerito Editore di
musica Ricordi ha testé pubblicato un pregevole
opuscolo intitolato: Mozart e le. sue
creazioni. E questo dovuto alla dotta penna
del dottor Lichtenthal tanto lodato quale
eruditissimo ed instancabile bibliografo. Parleremo
quanto prima e con particolare
amore di questa importante pubblicazione.
Intanto facciamo voti perchè si offrano
spesso al pubblico desideroso cT istruirsi
delle opere di critica e di storia musicale.
Questo genere di studii è al tutto trascurato
in Italia, ove sono ben rari i maestri
e professori di musica i quali della
loro arte sappiano più in là di quanto è
strettamente necessario ad esercitarla. Non
crediamo opportuno domandare se ciò basti.
Diamo alcune notizie musicali quali ci vengono trasmesse
dalla Germania col mezzo di particolare carteggio.
— Sivori, di ritorno dalla Russia, viaggia nelle contrade
del Reno e del Meno. Diede quattro Accademie a Francoforte,
in teatro, e solo a cagione della stagione troppo
calda non riuscirono brillanti al pari di quelle di altri celebri
artisti, avendo egli piaciuto moltissimo. Possiede
un maneggio pieno di franchezza, diremmo quasi, di
audacia. icl suo suonare domina sempre uno squisito
sentir musicale, c per quanto è delle difficoltà, ci pare
se ne rida. Avuto riguardo alla giovine età dell’artista,
alla sua modestia, al suo amore dell’arte e alla sua nobile
ambizione, vi ha luogo a concepire le più belle
speranze del suo avvenire.
Ultimamente al teatro di Francoforte si riprodusse il
capolavoro di Cherubini Les dèux Journées. Questa musica
sparsa di fresche melodie, malgrado i suoi quaranti
anni, robusta di elette armonie e piena di effetto nella
stromentazione, eccitò l’entusiasmo del pubblico e degli
intelligenti (1).
In questa medesima città la Fi Ile dii Bcgiment di
Donizetti venne accolta con favore.
Delle piccole feste musicali, delle diverse società di
canto c d’altre simili solennità filarmoniche deve tener
conto chi voglia formarsi idea quanto sia vivo in Germania
l’amore della musica e in ispecie della musica
concertata, e come ella sia tra le passioni più profonde
del popolo tedesco. Di così fatte solennità musicali se
ne danno in piccole città il cui nome a mala pena è noto,
eppure le sono tali che farebbero invidia peli’accordo
perfetto, per la buona scelta, e per la supcriore esecuzione
stromentalc, alle pompose accademie di alcuni leatri
che sono pur vantati primari nel mondo. Neustadt, a
eagioii d’esempio, ebbe ultimamente la sua festa musicale,
e fra le altre elette composizioni, vi si eseguì il
Giuda Macabeo di Haendel. A Friedberg alcune centinaie
di cantanti si sono radunati per eseguire il Te
Deum di Neukman. (E qui aggiugne il nostro corrispondente)
«Vi parlo di musiche delle quali voi altri
filarmonici italiani non avete mai udito neppure il nome;
eppure vi assicuro che le sono tali che se sapeste
udirle per apprezzarle, vi farebbero gran senso. Ma bisognerebbe
che rinunziaste a sentire dei inotivetti e delle
frasi solleticanti, c dei graziosi scherzi di gola! Nelle
città di primaria importanza non vi ha occasione
di qualche straordinaria solennità in cui la musica
non rappresenti la parte principale. A Magonza ove i naturalisti
tedeschi devono radunarsbquest’anno, si attende
già alle prove pel grandioso concerto clic ivi deve essere
dato in codesta circostanza.
— Listz, così l’or citato giornale, è tornato a Parigi
dopo essere stato decorato a Liegi c coronato a Brusseìles.» Nel passaporto di Listz, aggiugne, si legge come
marca del latore il seguente motto: Celebritate sua sat
nolus.
— Abbiamo già accennalo in questa Gazzetta che
dietro proposta del ministro dell’interno il consiglio
municipale della città di Parigi ha deliberato che il
nome di Cherubini venisse dato a una nuova Contrada.
È noto che l’onore medesimo venne accordalo a
Boieldieu, ma prima che il nome del compositore venisse
legalmente iscritto, il nome glorioso di Navarino
aveva occupato ii posto a quello destinato.
— Il celebre violinista francese Alessandro Batta fu
invitato a prender parte alle feste che donno darsi a
Salisburgo in onore di Mozart, le quali saranno dirette
da Meyerbcer, da Spohr, e da Lacbner.
— A Vienna nel corso del passato inverno si diedero
1*20 Accademie, la maggior parte di musica stromentalc.
— Gli Statuti della tanto rinomata Accademia della
Musica Antica a Londra, proibiscono l’esecuzione delle
opere de’maestri viventi, epperò quell’accademia si af(1)
Dappoiché la morte rapì Cherubini al mondo
musicale, in Inghilterra, in Francia, in Germania,
si notò un grande fervore nel volerne riprodurre e applaudire
le più elette composizioni. Nella sola Italia,
la patria del grande artista, neppur una delle sue
Opere, fu tolta a qucWobblio ore da sì lungo tempo
si giacciono le più classiche musiche. Assumerebbe un
grave incarico e sarebbe chiamato a dire delle poco
gradite verità chi pigliar volesse a spiegare le cause
di questo fattó.
frettò questo passato inverno ad eseguire la Grande
Messa in re minore di Cherubini per addimostrare quale
interesse a lei ispirava il celebre compositore italiano
recentemente rapito all’arte e a’suoi moltissimi «mici
e ammiratori.
— Leggiamo nella Gaiette Musicale di Parigi «La
Messa di Requiem eseguita il tre agosto a Nótrc-Dame
sotto la direzione de’signori Poulct e Danjou, addetto
alla Metropolitana, era stala ridotta a quattro parti dal
secondo dei due valenti artisti or nominati. Essa fu
cantata da trecento voci scelte, accompagnale dall’organo
e da sedici contrabbassi.
-- Néfla Messa funebre celebrata a Bade per le esequie
del Duca d’Orleans si eseguì dai cantanti dell’Opera il famoso Requiem di Mozart.
— Nel Festival che si darà a Norvick nel prossimo
settembre si produrrà un nuovo Oratorio di Sphor La
caduta di Babilonia.
-- L’Opera di Mozart «Così fan tutte» venne eseguita
a Londra da Lablache, Rubini, mad. Persiani e
Moltini, con molto successo. Gli artisti, dice un foglio
francese, si elevarono all’altezza delle ispirazioni
del maestro de’maestri. I Giornali inglesi aggiungono:
«Di tutte le partizioni che da gran pezza si udirono
al nostro rcal teatro italiano questa è quella che udimmo
eseguita con miglior accordo e finitezza. In quest’Opera
si discoprono novelle bellezze ad ogni volta che la si
ascolta. Grande Mozart!»
— Gli Ugonotti di Meyerbcer si udirono di nuovo al
Grand’Opéra di Parigi con moltissima soddisfazione.
«1 veri intelligenti, non già i frivoli così detti buon-gustai
(così un foglio parigino) nè gli amatori delle frascherie,
e delle arie di accademia, hanno nuovamente ammirata
la profonda ispirazione che fa sì piena di colore
e di anima questa musica del gran genere».
— Ultimamente deve essersi eseguito a Bordeaux Io
Stabat di Rossini, diretto da Labarre, colle signore
Mainville-Fodor, Labarre, e coi signori Inchiodi e Dupont.
— La società Elvetica di musica a Losanna ha dato
nella vasta cattedrale uno di quei grandi festivals che
lasciano incancellabile memoria. Lo Stabat di Rossini
vi fu eseguilo da settecento cantanti con un perfetto
accordo. Erasi prima eseguita una Sinfonia di Beethoven.
La seconda parte fu tutta occupata dnH’esecuzione
del Paulus di Mcndclssohn. Questa bella partizione
destò la meraviglia dell’uditorio; il N. 7 specialmente
produsse una profonda impressione, e il finale della sacra
composizione coronò l’opera tra la commozione generale.
— Leggiamo nel Monde Musicale «Alcuni giornali
fecero correre voce che Mcyerbeer ricusava di consegnare
la partizione della nuova sua Opera il Profeta,
per non essere persuaso del inerito di madama Stoltz.
Questo fatto è pienamente falso. L’illustre compositore
apprezza in ispecial modo i talenti drammatici; ora, a
questo titolo, non si potrà negare il primo posto a madama
Stoltz. Il signor Meverbeer non ha peranco udito
questa cantante, ma noi sappiamo da buon canale che
è dispostissimo ad affidarle la parte che le è dovuta nel
suo Profeta. Non è dunque punto vero che si trattò
di scritturare la signora Lówe.
— In rettificazione delle varie notizie inesatte pubblicate
dai giornali, il comitato per l’erezione del Monumento
di Mozart a Salisburgo pubblicò un avviso in
data del 11 corr. agosto, nel quale rende noto che l’inaugùrazionc
di quel monumento avrà luogo definitivamente
il forilo 4 settembre p. v. e le feste musicali incomincicranno
il 29 agosto.
— Si asserisce che il sig. Stunz, primo maestro di
Cappella della Corte bavarese, comporrà e dirigerà la
musica in occasione dell’inaugurazione della Walfialla
nel prossimo autunno (1).
(1 ) La Walhalla è un Tempio della Gloria, due
leghe distante da Ratisbona, fondato da S. M. il Re
di Baviera, ove sono collocati i busti di più centinaja
di illustri alemanni.
DELL I. R. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG.
Di GIOVANNI RICORDI.
MOZART E LE SUE CREAZIONI
INIBIVI OBI A
Scritta In occasione dell’Inaugurazione
«lei suo monumento a Salisburgo
in settembre ilei 1 Si?
DEL DOTTORE
PIETRO LICHTENTHAL
Fr. I 50.
iOTfliili®
A quattro foci <li donne sole
od uomini soli
COMPOSTO DA
Fr. 50.
blOVAWl RICORDI
EDITORE-PROPRIETARIO.
Hall’I. R, Stabilimento Stazionale Privilegiato
di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di (ÌIOVAWI RICORSI.
Contraila dogli Omenoni IV. 1720.
Si pò
danno i
classica
lume i
appositi
TUUH.i