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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 39 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
A questo numero si unisce il Pensiero
funebre ed elegiaco in morte del duca d Orleans,
composto per pianoforte da G. Battista
Cramer, il qual pezzo è il terzo di
quelli che l’Editore-proprietàrio della Gazzetta
musicale si propose donare a benevoli
Associati come da manifesto 23 giugno.
Quanto prima si darà il N. 8 dell’Antologia
Classica.
ESTETICA MUSICALE.
E>a musica considerata indipendentemente
dalla Poesia.
(Fedi i fogli 19,
3, 24, 26, 28, 34, 36 e 37/
1 alle riflessioni fatte, mentre
schiara apparisce la potenza
^espressiva che è nella musica
i per la relazione che essa ha colla
" v’,a’ si scorge pur anche essere
qu ^ta espressione affatto generica, né potersi
individuare i sentimenti dalla medesima
rappresentati, se non col soccorso della
parola articolata. In fatti, spoglia la musica
di questo soccorso, vi dipingerà sì al vivo
una vitalità gettata, a così dire, nel pelago
delle umane vicende, combattuta o favorita
dalle circostanti potenze: vi farà bensì conoscere
e la natura degli urti, e il piacere
0 dolor che ne prova, e la forza che è in
essa o non è, di reagire; ma non potrà dire
1 nomi con cui noi possiamo intendere e
il personaggio di cui si tratta, e la passione
clic lo agita e le circostanze che gli
danno favore o gli s’attraversano. Ed ecco
il vero, per non dire il solo motivo, per cui
agli stromenti più caratteristici ed espressivi
si preferisce la voce umana, motivo
che dovrebbe bastare a persuadere i cantanti,
siccome la chiara e ben distinta pronuncia
della parola è per essi principalissimo
dovere.
Ma se ella è così la cosa dovremo noi
rinunciare alla musica istromentale per ciò
solo che la sua espressione non può essere
individuata? Mai no; chè anzi l’esperienza
ne dimostra prendersi grandissima parte a
questo linguaggio, e per poco che vi siamo
avvezzi ecì educati ritrarre anzi piacere da
quel vago e indeterminato che lo distingue,
forse perchè ne lascia di poterlo interpretare
secondo noi stessi, forse perchè ne
desta reminiscenze di affetti da noi provati,
e più verisimilmente perchè la vaghezza
nulla toglie alla verità.
XLI. Se però riflettasi che il linguaggio
musicale, oltre all’essere così generico
e indeterminato, è poi anche sommamente
fugace non sarà difficile persuadersi
non bastare al vero bello la chiarezza
e verità di espressione, ma essere necessarie
a quest’arte più che ad ogni altra
l’unità, la varietà, la ordinata disposizione
o condotta, e la più squisita esecuzione.
Delle quali cose, dovendo ora discorrere
il faremo dando insieme un’occhiata di
confronto alle arti sorelle, affinchè da ciò
che hanno fra loro di comune o differente
più chiare emergano alcune verità principali.
L’uomo è il tipo primitivo, ed insieme
lo scopo essenziale cui mirar debbono
le arti belle, epperciò qualunque sia
il mezzo materiale di ciascuna, esse debbono
convenire in alcuni punti, la cogniziou
dei quali non può che tornar utile
all’artista. Oltre a ciò se è vero (come non
può dubitarsi) che le arti giovansi a vicenda
e ravvivasi il genio dell una alle ispirazioni
dell’altra, gioverà sempre lo intenderne
l’intima natura ed il particolare linguaggio,
il che non sapremmo inai troppo
raccomandare ai giovani artisti d’ogni genere.
XLII. Ciò che costituisce la principal
differenza fra le arti, anziché nei mezzi
materiali o nel senso su cui agiscono, già il
dicemmo, consiste nella mobilità o immobilità
di cui sono dotate, e nell’influenza
che esercitar possono sulla vita.
Arti mobili sono la Poesia oratoria, la
Musica e la Mimica, arti immobili sono le
Plastiche e l’Architettura.
LaPoesia, l’Oratoria e l’Architettura hanno
un’influenza immediata sulla vita, le prime
colla potenza di persuadere le altrui volontà
a tali più che a tali altre azioni, opinioni
e credenze: l’altra perchè, non all’immagine
di un oggetto rappresentato,
ma all’oggetto reale dà forma conveniente
a palesarne l’intimo scopo e natura.
Quindi è che questa ritrae il suo bello
dalle nozioni che tutti abbiamo intorno
alla proporzione delle forze materiali, ed
all’equilibrio dei gravi, e da quelle analoghe
allo scopo dei monumenti che erige.
La vastità, eleganza e ricchezza di un
tempio non solo vi parlano della maestà,
dell’essere a cui è consacrato; ma eziandio
della pietà e grandezza di chi lo volle
eretto. La magnificenza dell’Arco della
Pace in Milano (il più bello che esista) è
monumento che attesta e la grandezza degli
esseri che n’erano gli arbitri, e quella del
popolo cui fu recata, e il desiderio che
era in esso della medesima.
Le arti plastiche sono immobili, ma la
Pittura, benché non possa rappresentare
che un punto unico nel tempo di un fatto,
di un affetto, ha un vantaggio sulla statuaria
nelfuso dei colori, delle molte figure,
e della scena, per lo chè il campo
del pittore è assai più vasto. Nella statuaria
se disdice il colore, ben più disdice
la molliplicità delle figure (se non trattasi
di rilievi) a meno si possano riunire in
un sol gruppo, come non ammette scena,
e vi sono inesprimibili le circostanze del
tempo. Le quali cose obbligano lo scultore
ad una somma semplicità di concetto, e
rendono disdicevoli alla statua tutte quelle
vesti che, inutili al carattere, o nascondendo
troppo le forme naturali, ne toglierebbero
il linguaggio delle modificazioni
dei muscoli.
Per le quali cose se non siano ammissibili
(nè sempre lo sono) alcuni segni simbolici
a servire di quasi nome al soggetto,
il linguaggio della statua è generico quanto
quello dei suoni inarticolati.
Massima dillicoltà e dovere precipuo
delle arti immobili si è il dar vita e un
quasi moto ai soggetti rappresentati, i
quali perciò debbono essere immaginati o
còlti nel miglior punto di azione, clie sarà
sempre quello in cui l’affetto può meglio
manifestarsi, servata la ragion della grazia.
Mirabile fu in ciò l’arte del Sanzio e spiccò
massimamente nel dipinto rappresentante
1 incendio di Roma, nel quale, a far
conoscere l’impeto del vento che le fiamme
dilatava, espresse una donna quasi corrente
le di cui chiome e vesti, invece di sventolare
all indietro come al solito, le si raggruppano
sul davanti. Nè meno valente fu
il Canova. Osservatene l’Ebe. Vedendola
in profilo sembra veramente ch’ella debba
muovere il passo, tanto la persona è sporgente
oltre la linea d’equilibrio, e se ponete
mente all’aderire che fanno le vesti sul
davanti mentre svolazzano all’indietro, vi accorgerete
come essa indubitatamente corre
fendendo 1 aere.
Bellissima del pari è la mossa con cui
Monti di Ravenna atteggiò la statua monumentale
di Parini, e vi rappresentò il
poeta che sta cercando un’acconcia parola,
la quale dal sorriso di cui brillagli il volto,
accorgerete già balenargli nel pensiero, e
pare perciò ch’egli stia ad un punto di
muovere il braccio sospeso a segnarla sulla
tavola che sostiene colla sinistra.
XLIII. Per l’opposto nelle arti mobili
l’artista ha da studiarsi di arrestarne
quasi la fugacità e renderne tanto più profonde
quanto meno durevoli sono le impressioni.
A questo fine conviene che l’artista
(Oratore, Poeta, o Musico cii’ei sia)
scelta un’idea principale, in modo s’adoll
1
■ ili
I i!;! il peri che la medesima rimanga sempre presente
al pensiero, nel che consiste propriamente
la tanto raccomandata unità.
Siccome però il non intrattenere la mente
che in una unica idea produrrebbe monotonia
e noja, qualora non si presentasse la
medesima con sempre nuove forme e associata
a idee secondarie che le diano rilievo,
e tengano desta l’attenzione, così si
scorge non dovere 1 unità escludere la varietà,
come vedesi in che questa propriamente
consista. Tale è strada segnalaci dai
più grandi in ogni genere d’arti.
Leggete il Furioso del divino Ariosto e
vedrete come tutte le immense fila di quella
gran tela concorrano allo scopo eli ei si è
prefisso, l’esaltazione dell’eroismo cavalleresco
e quello della Casa d Este, per mezzo
della geneologia, o per meglio dire 1 eccitamento
a nobili imprese della medesima
famiglia per mezzo dell’emulazione degli
avi. Leggete il Goffredo di Tasso e vi troverete
un’immensa varietà nell’unità di
scopo, e fra i moderni leggete i Promessi
Sposi del nostro Manzoni, e lo troverete
seguace de’ grandi esempi.
L’unità e la varietà convengono non
meno alle arti immobili, poiché se la varietà
desta interesse e attrae l’attenzione,
l’unità la raccoglie, e fa che più facilmente
s’intenda e più profondamente si risenta
l’idea dell’artista. L’unione di questi due
principj è poi ciò che forma l’armonia nel
suo più ampio senso, non meno che nel
senso particolare con cui l’intendiamo nell’arte
nostra, la quale armonia non si può
meglio definire che per la perfetta concorrenza
della parti a far intendere un tutto.
Se in un paesaggio rappresentante un sito
umido e paludoso avrà il pittore fatto scelta
di un cielo ingombro di nubi, e sparsovi
le muffe, i giunchi, e le piante analoghe
con una certa squallidezza nelle macchiette,
avrà ottenuto l’armonia.
Ma se è facile al pittore o statuario, al
poeta od oratore lo accorgersi se esista
nella sua opera l’unità, non così lo è pel
musico scrittore e lo vediamo tutto dì nei
primi saggi dei compositori novelli.
Crediamo pertanto non inutile il determinare
a quale degli elementi di quest’arte
misteriosa più si addica il conservare l’unità,
o l’introdurre varietà.
XL1V. Prendiamo a considerare le opere
dei buoni maestri, massimamente nel genere
ìstromentale o nella musica sacra,
e non dureremo fatica ad accorgerci siccome
alla melodia ed al ritmo affidarono
l’unità traendo la varietà dalla modulazione
e dal contrappunto. E ciò perchè la melodia
e il ritmo sono gli elementi che più
si distinguono, e si attraggono l’attenzione,
come quelli di cui si forma l’argomento
del discorso musicale che noi diciamo motivo.
E sebbene questo motivo ritragga non
poca parte del suo carattere dal tono, tuttavia
vediamo col fatto che non si tarda
a riconoscerlo fra i ravvolgimenti della modulazione,
comechè traslatato a toni di diversa
natura.
Nè senza ragione l’idea principale di un
musicale componimento fu detto motivo,
prendendo da questa le mosse lutto il discorso:
chè anzi dal medesimo usarono i
grandi maestri desumerne tutto il tessuto,
spezzandolo, in frasi, in gruppi ritmici, e
componendo con tali frazioni nuovi canti,
passi d’arte, ed episodii ed accompagnamenti
(6) tale artifizio usalo con gusto e
senza impronta di stento riesce sempre di
buon effetto, e tenendo ferma nella mente
la ricordanza della prima impressione, le
dà sviluppo ed estensione, mantien vivo
l’interesse, e viene a costituire il dramma
di un all’etto, di una passione.
Ed ogni pezzo di musica debh’essere
appunto un vero dramma per riuscire interessante,-
cioè deve preparare un affetto,
seguirlo nelle sue modificazioni, svilupparne
la catastrofe, e toccare gli affetti secondarii
da quello cagionali e valevoli a farlo meglio
risentire (nel die consiste il vero episodio).
XLV. Non si creda però che con questa
legge dell’unità si voglia inceppare
sovverchiamente il genio astringendolo a
troppo angusti confini. All’unità deve accoppiarsi
la varietà ed in quel modo islesso
che al poeta non disdice abbandonarsi talvolta
al dominio della propria immaginazione,
non disdice neppure al musico spiegare
ardito volo, e trasportare l’uditore a
respirare altre aure sotto |iiù caldo Cielo.
Queste sono anzi bellezze di primo ordine
che però non è dato all" artista di
creare che in quei momenti di entusiasmo
in cui, piena la mente e il cuore del suo
soggetto, esiste intieramente in quello, insensibile
all’influenza delle realtà che lo
circondano. In quei beatissimi momenti
ogni fibra è commossa por lo affetto: chi
oserà richiamarlo da quell’estasi? Chi dettar
leggi al fe rvido immaginare? Che il più
religioso silenzio regni intorno a lui... Egli
pon mano all’opera, egli esprime la piena
del suo cuore, qual meraviglia s’ei poggia
sublime:
■ E muove col pensier l’empireo tutto».
E allor che dir puossi: Est Deus in nobis, e che la miglior filosofia è quella di
abbandonarvisi intieramente.
Ma oltre al non potere l’artista sempre
ch’ei vuole riscardarsi a tal segno, questi
momenti durano di rado quanto basta
ad un intiero lavoro-, die è il bisogno istesso
di afferrare l’idea che passa, il tempo sempre
troppo lungo di fissarla colla matita o
colla penna, richiamano l’artista dall’estasi-,
nè è poi sempre facile il riaccendersi al
medesimo grado nel medesimo affetto. Che
fare allora? Conviene chiamar l’arte in
proprio soccorso, e coi dettami di questa
sviluppare quelle poche idee che il genio
dettò, disporle, condurle, farne un tutto.
Talvolta anche accade che, mentre si
medita su di un’idea, se ne scoprono
meglio le bellezze, e il partito che se ne
può trarre, e la mente concentrata in quella
meditazione a poco a poco si riscalda di
un fuoco, che se non giunge all’entusiasmo
è per compenso più durevole. Allora allo
scrittore, se fu educato a buona scuola,
se ha bene studiato i buoni modelli, se ha
fatto veramente sua l’arte, la filosofia sarà
soccorrevole, trarrà l’ottimo partito delle
sue idee, e sentirà con giustezza i limiti
entro cui lo ristringe quel memorando precetto.
li e quid nimis, limiti che il solo buon
senso può additare, e che perciò sì facile
è oltrepassare.
XLVI. Egli è qui da osservare una distinzione
necessaria fra i diversi generi
di musica a proposito appunto dell’unità,
poiché se è vero che questa conviene a
tutti i generi, è vero altresì che deve intendersi
in diverso grado secondo lo scopo
di ciascuno.
Si è detto l’unità arrestare in qualche
modo la somma fugacità delle impressioni,
e facilitare la classificazione dei sentimenti
dalla musica espressi. Ognun vede dunque
di leggeri doversi applicare con diversa
proporzione nella musicale composizione,
secondo che trattasi di soli istromenti, o
di musica vocale, e questa ancora doversi
distinguere nei due generi sacro e drammatico.
La musica Ìstromentale non ha parola
che la dichiari, ogni pezzo deve dunque
proporsi un unico affetto, un tema unico.
Ogni salmo, ogni inno, ogni preghiera
della Liturgia non contiene per lo più che
un solo sentimento o la contemplazione di
un dato mistero. Oltre a ciò la lingua ne
è molto men generalmente intesa. Questi
due generi richiedono dunque maggior
unità e intrinseca potenza musicale che il
genere drammatico il quale, oltreché dichiarato
da una lingua più nota, giovasi
ancora e della scena, e della personificazione
dei soggetti, ed ha poi per primo e principal
dovere di seguire le modificazioni e
il passaggio dall’uno all’altro all’etto che la
progressione del dramma presenta.
L’unità del dramma, per quanto riguarda
la musica, deve consistere in una certa uniformità
di stile, che intiero Io abbracci, e
nel carattere particolare di ciascun personaggio
che il musico deve al pari del poeta
conservare anziché nel ritorno dei medesimi
motivi. Ciò che diciamo del dramma cantato
s’intende del pari del dramma mimico,
sebbene il linguaggio dei segni sia men
chiaro (7>. Abbiamo infatti esempi bellissimi
(specialmente del celebre Mayr) di
opere in cui ben pochi motivi sono ripetuti,
nè il sono che quei pochi i quali cadendo
sui punti principali dell’azione e di
più risentito affetto, era ragionevole di fermarvi
l’attenzione dell’uditore. In tutti gli
altri generi le idee principali debbono ritornare
e ripetersi, altrimenti l’esperienza
ne dimostra che il loro effetto è pressoché
perduto. R. Bouchei on.
DELL’ISTROMENTAZIOXE.
ARTICOLO Vili.
(Fedi i fogli 5, 8, 10, 19, 21, 25, 26, 27, 32 e 38;.
Rossini nella caccia dell’atto secondo del
Guglielmo Teli, ha avuto l’idea di far eseguire
un tratto diatonico a quattro corni
in mi bemolle all’unisono. Ciò torna molto
originale. Quando si vogliono così riunire
i quattro corni, sia sopra un canto sostenuto,
sia sopra una rapida frase che richiegga
indispensabilmente fuso de’chiusi
suoni e degli aperti, meglio è senza comparazione
(fuor solamente se si tratti d’uria
idea derivante dalla differenza medesima
e disuguaglianza di questi suoni) mettere
i corni ili tuoni differenti-, le aperte note
degli uni, compensando così la poca sonorità
delle chiuse che a quelle corrispondono
presso le altre, ristabiliscono l’equilibrio, e
danno all’intera scala de’ quattro corni una
tal quale omogenea convenienza ed unione.
Così mentre che il corno do dà il mi bemolle
(chiuso), se il corno in mi bemolle
dà il do (aperto), il corno in fa il si bemolle
(aperto), e un corno in si bemolle
basso il fa (meno aperto), da questi quattro
differenti timbri risulta un quadruplo
mi bemolle di ottima sonorità; e si vede
che quasi altrettanto è per essere delle altre
note. Un vantaggioso trovato per l’uso
di un corno, del che un solo esempio io
conosco, consiste nel fare che tre o quattro
corni in differenti tuoni si succedono
nell’esecuzione di un solo cantabile. Ciascuno
d essi pigliando così nella frase quelle
note che corrispondono a’suoi aperti suoni, se n’ha, posto che gl incisi melodici sieno
avvedutamente tracciati e connessi, un canto
che pare eseguito da un corrilo solo, le cui
note sono tutte eguali ed aperte.
Ilo detto nel principio di questo articolo
che il corno è uno stromento nobile e melanconico,
che assai di frequenti si citino
i lieti ed inviti suoni della caccia. Per
verità il lnio di questi suoni di caccia
per lo più risulta dalle qualità melodiche
speciali del motivo meglio che dal
timbro dei corni. Veramente le chiamale
da cacciatori sono propriamente festevoli
se sono suonate dalle trombe, stromento
poco musicale, e che manda lungi il suo
stridulo suono che punto non ha che fare
colla casta e nobile voce del corno. Sforzando
in certo modo l’emissione dell’aria
entro il tubo del corno, si perviene a renderlo
rassomigliante alla tromba; lo che
toscanamente potrebbe appellarsi lo smagliare
de suoni. Ciò può alcuna volta
portare ottimo effetto eziandio sopra note
chiuse. Se si tratta di sforzare note aperte,
i compositori richiedono, per dare al suono
ogni possibile forte stridore, che i suonatori
levino la campana dallo stromento;
essi indicano ciò scrivendo: senza campana.
Bello esempio dell uso di questo
trovato si ha nella esplosione finale del
duetto de[’Enfi osine et Co raditi, di Ideimi:
«Guardez vous de la jalousie!»
Tuttavia sotto l’impressione del grido orribile
de’ corni, G retry rispose un giorno
ad alcuno che ne lo richiedea della sua
opinione sopra quel fulminante duetto:
«C’est à ouvrir la voûte du théâtre avec
le crâne des auditeurs!»
Il Conno a chiavi o a pompe, il quale
per mezzo del suo particolar meccanismo
può fare aperte tutte le note, renderà certo
in avvenire grandi servigi alla istromentazione;
ma io tengo per fermo, che esso
non sarà mai considerato come un perfezionamento
del corno, dal quale differisce
per la qualità del suo timbro. Bisognerà
trattarlo come un nuovo stromento a parte,
atto spezialmente a fornire buoni bassi vibrati
ed energici, i quali però tanto non
hanno di forza quanto i gravi suoni del
trombone a’quali molto si avvicina. Il modo
di fabbricare i corni a chiavi non è stato
ancora sufficientemente studiato per togliere
di mezzo lo sconcio e l’incertezza di molti
suoi suoni; questo stato d’imperfezione riuscì
d’inciampo alla più parte de’ maestri per
farne discreto uso. Sono in oltre i maestri
avversi al corno a chiavi, perchè dopo che
e’ fu introdotto nelle orchestre, certi suonatori,
divertendosi ad eseguire con esso
corno la parte scritta pel corno ordinario,
tornava lor comodo di rendere in suoni
aperti per mezzo delle chiavi le note chiuse
scritte non senza fine dal compositore. Possono
nondimeno i corni a chiavi dare i
suoni chiusi; ma dappoiché il loro meccanismo
non ha altro scopo che quello di
aprite tutti i suoni, egli è meglio lasciarli
al loro officio e richiedere l’effetto de’ suoni
chiusi solamente dai corni ordinarli.
(Suri continuato).
E. Berlioz.
Feritone di C. Mattini.
CARTEGGIO.
Al coltissimo signore ed amico,»«bile Don Alessandro Caucaso, milanese,
domiciliato a Roma.
Ringraziandolo di cuore del gentil dono
fattomi del pregevole Suo recentissimo opuscolo,
intitolato: Cons idetazioni sulla musica
antica, debbo confessarle che la nota
a pag. 13 mi ha sorpreso non poco. In
essa leggesi fra le altre cose: ulti.su/tada
«storici documenti, che l’onore di qtte“
sto celebre. Requiem non appartiene che
«in piccola parte a Mozart, essendo lati.
vot o in complesso di un suo allievo, del
u rinomalo maestro Siissmayer, che lo
n portò a compimento dopo hi morte del
tt suo egregio precettore 55.
Egli è ben possibile che fra tante favole
stampate da 1111 mezzo secolo in qua su questo
famigerato Requiem, vi sia anco questa
grossa e madornale, che sia lavoro in complesso
di Sùssmayer. Ma Ella, stimatissimo
amico, sa il tedesco altrettanto bene quanto
me. Le citerò quindi i documenti storici
dai fonti più limpidi, comprovanti affatto
il contrario.
Comincio collo stesso Sùssmayer, che
conobbi di persona. iNella sua famosa lettera
a ciò relativa, pubblicata nella Gazzetta
Universale Musicale di Lipsia, Anno
1801, N. 1, egli principia col dire: a II
tt componimento di Mozart ( cioè il Rett
quiem) è cosi unico, e ardisco dire, petti
La massima parte de’ maestri viventi,
tt cosi sovrano (unerreichbar), che chi voti
lesse imitarlo se ne caverebbe peggio di
tt quel corvo, il qu de si ornava dipeline
a di pavone, ecc. r>. Prosegue col dire,
che Mozart, vivente ancora, gli parlava sovente
del piantalo di questa sua composizione;
sorpreso dalla morte, egli (Sùssmayer)
aggiunse qua e là la mancante islromentazione
in alcuni pezzi, componendo
espressamente gli ultimi tre, cioè il S111ctus,
Benediclus e Agnus Dei, e aggiungendovi
la fuga del Kyrie.
Già questa sola lettera di Sùssmayer
prova che fra i dodici pezzi di cui si compone
il Requiem i primi nove, e principali,
conseguentemente Ire quarte parti,
sono di Mozart.
Ma IL R. Cons. di Corte e primo custode
della Biblioteca Imperiale viennese,
nobile di Mosel, pubblicando a _ Vienna
nel 1831) un opuscolo intitolato: Uber die
Originai-Parttlur des Requiem voti IV. A.
Mozart, dimostrò pur chiaramente la falsità
delle asserzioni di Sùssmayer. lnsomma
la partitura autografa mozartiana del Requiem
in discorso, tanto misterioso per un
mezzo secolo, trovasi ora alla summentovata
I. R. Biblioteca, la quale ne fece acquisto,
tre anni sono, da una persona che la
custodì quale sacra reliquia avuta dagli
eredi del primo committente, conte Walse8&-
r.
A Lei, carissimo amico, tanto amante
della verità, bastino questi due documenti
per rettificare 1 asserto di quella Nota in
qualche riputato foglio periodico di Roma,
ove per l’appunto, 11011 ha guari, venne
eseguito con tanta pompa e solennità quel
Requiem dall’inclita Congregazione ed Accademia
di Santa Cecilia, della quale ho
l’onore di essere membro.
Sono con verace stima
l’affezionato amico e servo
Dottor Lichtenthal
Milano 22 settembre -1842.
AOTA
STILA HTSICA A FIRENZE.
— Fra le città italiane Firenze occupa
il primo rango pel giusto e spregiudicato
amore che ivi si ha alla bell’arte e
per 1 amichevole unione tra i professori
ed i dilettanti, da cui ne risulta che gli
uni agli altri spessissimo accompagnatisi
per interpretare le classiche opere musicali
de compositori i più rinomati. In quale
altra città della nostra invidiata penisola
si eseguì la Creazione di Haydn e lo Stabat
Maler di Rossini con un sì sterminato
numero di parti? - In Milano che conta
circa cinquantamila abitanti più di Firenze
dove per singolare combinazione non esiste
alcuna società filarmonica in piena attività,
difficilmente si potrà credere che nella capitale
della 1 oscana sianvi per lo meno
cinque società musicali le quali a prefìssi
intervalli diano delle scelte accàdenne e si
esercitino nella musica. Per provarlo basterà
indicare 1." la grande Società filarmonica
aperta nel 1800 e composta da 270
socj ordinarti e 58 detti aggregati, lodevole
istituzione che deve il maggior suo
splendore allo zelo de principi Pornatowski
e quasi ogni mese olire accademie in cui le
ispirazioni di Ilaydn, Mozart, Beethcven,
Marcello, Pergolesi, Ciinarosa, ecc., sono
con raro giudizio frammischiate alle creazioni
delle moderne scuole; 2." la Conversazione
musicale per l’esclusiva esecuzione de’componimenti
prodotti dall’epoca di Generali
indietro presieduta da eludici eie più elisimi!
maestri della città; 3.° l’Euterpiana
nel palazzo Mulini; 4.” la Società del buon
umore pe suonatori el istromenli eia fiato
e da percossa, capo della quale è il noto
concertista di trombone Bimboni; 5.° inline
1 I. R. Collegio musicale unito alla
Società dell adorazione perpetua, cui scopo
si è I annuale grandiosa esecuzione eli due
messe 1 una eia Requiem e l’altra solenne
pel giorno eli S. Cecilia espressamente composte
da due maestri addetti al collegio. In
commemorazione della morte dell illustre
Clierul lini questa stessa società pochi mesi
sono lece sentire il secondo Requiem elei
compianto maestro limitino. - La munificenza
del Gran Duca mantiene una Cappella
che ogni domenica e solennità eli precetto
eseguisce quell’eletto genere di musica da
chiesa che a torto l’etis scrisse in Italia ora
esser totalmente obbliato, ed una Scuola eli
musica addetta all’I. R. Accademia delle belle
arti nella quale s insegna da un Nencini
il contrappunto, da un Ceccherini il canto,
da un Giorgetti il violino, e eia Palafuti
1 organo e il pianoforte. - La letteratura musicale
a Firenze conta valenti campioni e
fra essi basti nominare i maestri Picchiatiti,
Picchi, Giorgetti, non che l’avvocato Casamorata.
ls. C
BIBLIOGRAFIA 3IIJSICALE.
MISCELLANEA DI OPERE VARIE.
Lezioni di armonia di Domenico Quadri.
Terza edizione. Roma dai tipi
di Angiolo Ajani.
L’armonia è non solo un bisogno di tutti gli Stati e
di tutti i popoli, ina la conoscenza di questa base dcll’universo, ridotta in precetti di arte, è di assoluta necessità
per chiunque applicasi alla composizione od esecuzione
musicale. Cosi opina uno scrittore francese, al
cui sentimento consuona anche il nostro. Tali precetti
erano una volta da’ dottori delia scienza gelosamente
serbati per loro, e ben di rado accadeva che li svelassero
a qualche discepolo. Ora, mercé i lumi del
progresso, le cose mutarono aspetto, più non esistono
misteriosi segreti, e la scienza degli accordi si è, se non
resa popolare, almeno abbastanza diffusa nel mondo musicale.
Fra i maestri italiani che di recente consacrarono le
loro fatiche a questa indispensabile parte dell’arte, uno
de’più fortunati si è Domenico Quadri, vicentino, il
quale nel 1832 pubblicò a Napoli le sue Lezioni di Armonia,
trattato breve, chiaro, preciso ed accessibile all’inlelligenza
degli amatori e ben anco dei ragazzi. L’opera
del Quadri, riconosciuta di non dubbia utilità, a Koma nel 1835 venne stampata per la seconda volta, poscia in
poco tempo essendo state esaurite le due edizioni, l’autore
l’anno scorso pensò di farne una terza col titolo:
Lezioni (l’armonia, scritte da Domenico Quadri per
facilitare lo studio del Contrappunto, corredate da varie
riforme e precedute da una breve teoria de’ principj
elementari di musica. Questo trattato venne eziandio
tradotto in inglese per opera del professore Book.
Presso molti la tripla ristampa e la traduzione di un
libro didascalico servirebbero da sé sole ad accreditare il
lavoro del Quadri; ma questo instancabile propagatore dei
precetti della bell’arte, nel favorevole suffragio di alcune
notabilità artistiche di Bologna, Roma, Napoli, Firenze,
città in cui le Lezioni di armonia sono da molti adottate,
e nel lusinghiero voto di non pochi giornali ebbe
inoltre un meritato guiderdone dei suo zelo e della sua
valentia. Fra gli attestali a stampa che più onorano l’autore
delle Lezioni di armonia avvi quello del massimo
dei maestri, Rossini, e l’altro del maestro Picchi quale
nel N. 15 - 1842 - della Rivista musicale di Firenze pubblicò
un ponderato articolo in cui l’opera del Quadri viene
in ogni sua parte esaminata ed ove notasi il seguente
squarcio che riportiamo affinchè i nostri lettori colle parole
di un giudice competente vengano informati dei pregi
delle Lezioni d’armonia. «La chiarezza e precisione
«di esse non possono apprezzarsi che da chi le abbia
• esaminate senza pregiudizi. Comparirà allora aperta«mente quanto sia la perizia del nostro autore in fatto» di armonia; giacche ognun sa clic lo scrivere bene un
«libro elementare non è dato che a chi possegga in
• grado eminente la scienza. Abbiasi lode adunque ij
«mentissimo signor Professore che con tanto zelo si
«è dedicato all’istruzione di questo ramo di musicale
«sapere, o per meglio dire ha dato opera a rifondare
«le basi su cui si erige tutto F edifizio musicale. Egli
• ha senza dubbio ripieno un vuoto che nell’arte esisteva
«giacché Finora eravamo mancanti di un libro, che in
«brevi e chiari termini esponesse tutto intero il sistema,
«dell’armonia, spogliandolo del pedantismo della vecchia
«scuola. Egli ha fatto questo libro: egli ha sempliciz«zato, facilitato questo sistema, avendo dimostrato evi•
dentemente che tutta quanta l’armonica scienza si ri•
duce a ti c accordi, cioè accordo perfetto, accordo sen«sibile e accordo dissonante. Raccomando pertanto
- questo metodo a chiunque brami veramente iniziarsi
«in breve tempo e con precisione nello studio dell’ar«molliche teorie».
Tri® concerta Bit ii»ur pianoforte, violo»
et violoncello par Sphob. II»,
Luigi Sphor celebre autore del Fausto, della Jessonda
e di una folla di pezzi concertati per stromenti d’arco,
interamente dedicasi al culto della musica seria, di quel
genere pur troppo a’ nostri giorni oppresso dal |torrente
di futili capricci e d’insulse fantasie che strabocchevolmente
invadono e deturpano il bello musicale, e che, se
presto non portassi riparo, finiranno per rendere la bell’arte
un confuso miscuglio più meccanico che ideale.
Chi dubiterà esservi maggior ingegno nel più semplice
andante di Mozart, di Beethoven, di Rossini, che nello
sterminato ammasso de’moderni pot-pourristromcntali?
- In musica come in qualunque altra cosa vuoisi far distinzione
dalla qualità colla quantità: vai sempre meglio
poco ma bene.
L’illustre maestro alemanno nel 1841 fece pubblicare
alcuni duetti per pianoforte o arpa e violino o violoncello
o flauto i quali aggradirono agli intelligenti per la
magistrale condotta e pel sapiente intreccio nelle parli
armoniche, ciò che serviva a far sorpassare una certa
qual povertà d’invenzione e monotonia di effetti. Nel
Trio da noi oro annunciato ammiransi gli stessi attributi
scientifici delle citate composizioni, congiunti a bei
pensieri espressivi ne’quali non avvi difetto di calore e
di forza, massime nel finale vivace in mi minore, che
potrebbe sostenere il confronto con quello del famoso
quintetto in do minore, op. 53. Nel trio di Sphor tutti
gli stromenti figurano nella medesima guisa e sono l’uno
all’altro sì stupendamente identificati da sembrare un solo.
Regola agli organisti pei* accompagnare
il ca»lQ fermo, ilei padre
Martini,
Questo più erudito maestro del secolo XVIII, e
benemerito capo della Scuola musicale di Bologna,
che continuò florida sotto Mattci, e che ora acquistò
nuovo lustro da Rossini, oltre la grande Storia della
musica, il Saggio pratico di Contrappunto ed innumerevoli
dissertazioni e note riguardanti cose musicali,
compose varj piccoli trattati ad uso de’suoi allievi fra
cui la Regola agli organisti edita in Bologna verso il
1770 e che oggidì era quasi impossibile trovare in commercio;
motivo per cui il nostro Ricordi pensò di farne
un’accurata nuova edizione col nuovo procedimento di
tipografia musicale, riuscito tanto bene da far desiderare
che cogli stessi tipi possansi avere le altre più importanti
opere del Martini. Nelle nove pagine della sua
Regola agli organisti per accompagnare il canto fermo
colla maggior concisione egli indicò le intonazioni dei
salmi ne’ varj toni regolari ed irregolari, i versetti per
l’organo, ed i modi di accompagnare le sequenze, il
Te Deum, le messe e gli inni. Il nome dell’autore ci
dispensa da qualunque elogio all’opera di lui.
Rezzi varj pei* piafliotorte sol®.
Primo ci si presenta l’egregio Dòblcr con una Tarantella
piena di brio c d’incanto, con una breve Canzone senza
parole e con una Ballata, la quale se non ha i pregi
delle magnifiche di Chopin, è però sempre un componimento
assai grazioso e che verrà da tutti apprezzato.
- Quindi il coscienzioso LickJ nel Divertimento sopra
un coro di Scaramelli dimostra la non ordinaria sua
capacità; e Cramer, il rinomato Nestore del pianoforte,
con quattro auree pagine in morte di S. A. il Duca di
Orleans accresce la somma della sua riputazione, obbligando
ogni anima sensibile ad ammirare i ben modulati
suoi lamenti. Dir si dovrebbe del Secondo Capriccio
del Golinclli (superiore al primo), ma di questo eccellente
pianista-compositore riserbiamo far parola allorché
verrà pubblicata la sua nuova Fantasia sulla Lucrezia
Borgia, che ora sta sotto i torchj.
Fantasie pei* Pianoforte sopra varj
motivi «lei ilfifttieco, composte «la
OiovAvvi Battista Cboff.
Gli imponenti e in un semplici concetti con cui Verdi
infiorò il suo Nabucco anche prima che lo spartito venisse
fatto di pubblica ragione, avevano stimolato il
maestro Croff, distinto allievo dell’I. R. Conservatorio,
a combinare due brillanti e non diffìcili fantasie per
pianoforte, di cui una a quattro mani, le quali a non
ingannarci ponno stare al pari di molte che ci vengono
da Vienna ed i cui autori hanno una fama ben superiore
al modesto ed abile nostro compatriotta che ben
anco tien in portafoglio una grande opera melodrammatica.
Ilue Fantasie sullo Stnbat per Pfte
solo «li Ralhbbewmer e Wolff; «lue
Ruettini (IìBgriot e Labarrk sullo
Stnbat per Pfte e Fiolino; eStnbnt
rì«lotto a qua Uro mani «la Czervv.
Se non è da farsi meraviglia che Io Stabat, dalle incantevoli
melodie, abbia servito di soggetto alle fantasie
(!!!) de’ moderni compositori istromentisti, chè il
bello si scerne là dove sta, è però da stupirsi che autori
della celebrità di un Ivalkbrenner, di un Bériot, ecc.,
abbiano trattato l’opera del Cigno di Pesaro tanto leggermente
da farne de’meschini pot-pourri ove all’alterato
carattere de’ temi Rossiniani trovatisi aggiunti dei
passi privi d’ogni elegante espressione e sostenutezza
religiosa. Czerny si accontentò di una pura riduzione,
nel suo genere assai commendevole ed a cui possono
ricorrere i nostri amatori di pianoforte colla certezza di
ritrarne singoiar diletto.
Divertissement poui* Piano seul et à
quatreinaiiBS sui* la Xtiidrrrli €*/«*#utotoit^
pai* CitOTKK, - Utomiino
pour piano sur la WAsstlu pai* Siti iva.
Opere il cui smercio è assicurato dall’interesse che generalmente
si attacca alla novità dello spartito di Donizetti.
Notturni»® a 4 voci sole «li «fionne o
«li immini soli composto sulle parole: che O tasseti Insta «lei
maestro Matv» anici.
Fra il fervore delle pubblicazioni della Linda e del
Nabucco senza la menoma pretensione comparve questo
Notturnino che, con assieme e colorito eseguilo al
chiarore di luna sopra un placido lago, potrebbe rendere
umide le ciglia di non poche appassionale ninfe.
In questi giorni il nome di Mandanici risuona più che
mai riverito sul labbro de’ cultori della bell’arte per la
sua dotta Messa: che vide la luce presso l’editore Lucca,
non che pe’ nuovi suoi Focalizzi edili dal Canti.
Pubblicazioni «li Opere classiche.
Compiremo questa miscellanea bibliografica coll’annunziare
agli apprezzatoli della buona musica che è
quanto dire, di quella di tutti i tempi, la ditta Ferdinando
Lorenzi di Firenze aver intrapreso la periodica pubblicazione
in piena partitura delle più rinomate creazioni
musicali, specialmente del genere sacro, ad un prezzo
abbastanza limitato. Nel novero delle opere già pubblicate
rimarcansi alcune Messe di llaydn, Mozart, Krommer,
quattro Graduali di Michele llaydn, un O/fertorio di
Gatti, ecc., fra quelle in corso di stampa sonvi i Salmi di
Marcello, la Pratica d’accompagnamento e di contrappunto
di Mattei, le Fughe di Leo, Scarlatti, l’Opera V
di Gorelli, e i terzetti e duetti da camera di Durante,
di Haendel, Clari, ecc. Non sarà mai abbastanza lodato
chi contribuisce a promovere l’utile dell’arte, divulgando
i più rari modelli delle musicali composizioni. Is. C.
NB. Le opere qui sopra annunziate, e che non portano
il nome dell’editore, sono tutte pubblicate presso
Ricordi.
IVOT1ZLE VARIE.
— Milano. I. R. Teatro alla Scala (21 settembre)-Riproduzione
del Corrado di Allamura del maestro Federico
Ricci - Applausi parziali a molti pezzi, generali
a quattro o cinque. - Musica, che segna notevoli progressi
nel suo autore, pecca di esagerazione drammatica
e quand’anche qua e là alquanto rumorosa, è non di
rado di un risultato commovente ed energico, specialmente
nell’interessantissimo terzo atto. - La simpatica
Abbadia, l’eroina della festa, è una cantante dotata di
una organizzazione musicale c di un sentimento veramente
invidiabili, il suo zelo per rendersi vieppiù accetta
al pubblico non ha limiti; se in qualche punto la forte
emissione della sua voce alle orecchie degli spettatori
sembra più grido che canto, essa sola non devesi incolpare—
Giovevole riuscirebbe all’Abbadia moderare di
quando in quando la eccessiva foga da cui lasciasi trasportare;
troppo preme che nella pienezza de’ suoi mezzi
possa continuare ad esser la delizia de’ suoi ammiratori.
- Dall’abile tenore Guasco taluno si aspettava di più,
negli adagi però cantò con penetrante spontaneità ed
espressione e fecesi molto onore; egli dovrebbe curarsi
di animare la sua azione e di prender il fiato in modo
che la sua respirazione non si risenta dell’asmatico difetto
pur troppo all’ordine del giorno in molti cantanti
della moderna scuola. Parve la voc.e di Ferlotti aver acquistato
in forza e vibrazione, e quella della Bcndini
aver invece diminuito. - Qualche prova di più avrebbe
reso più soddisfacente l’effetto del complesso.
— Accademia del violinista Saint-Leon. - Due alti del
malmenato Giuramento, due sinfonie, ed uno sfarzoso e
variato ballo come al solito lungo ma più del consueto dilettevole,
servirono d intermezzo a’quattro pezzi eseguiti dal
ballerino-violinista Arturo Sainl-Lcon, che è da riputarsi
un essere privilegiato dalla natura, sapendo
danzare meglio di molti e suonare il violino con singolare
abilita. Noi qui non lo considereremo che nella
qualità di esecutore sul violino, sebbene nelle sue composizioni
istromentali non manchi mai l’effetto. Egli con
un garbo lutto a lui particolare alterna gli scherzi ed i
capricci i più diffìcili co’ più gravi concenti e la varietà
de ’ suoni che ne proviene è tale che a chiuder gli occhi
si potrebbe supporre derivare da più stromenti. Non
avvi alcuno che possa metter in dubbio la sicurezza e
precisione di lui nel maneggiar l’arco. Alla Scala SaintLeon
interpretò la melodia del delizioso duo del Guglielmo
Teli colla soavità la più appassionata e special
mente nelle variazioni del terzo pezzo c nel Carnovale
di Venezia, composizione che si vuole attribuire all’unico
Paganini, sorprese per la bravura e facilità nel superare
i picheitali, gli staccati ed i veloci accordi. Compiuto
incontro ottenne, e gli scarsi uditori l’obbligarono alla
replica del bizzarro Carnovale di Venezia. Per mostrare
la nostra imparzialità consiglieremo Saiht-Leon quando
suona a non dondolare sulla persona; questo è un difetto
a cui presto si può rimediare.
— Cremona. Siam lieti d’annunciare ai lettori della
Gazzetta musicale, che il nobile Ruggero Manna, il quale
da parecchi anni aveva abbandonata la musica melodrammatica
per dedicarsi al comporre ecclesiastico, data or
tregua a siffatti lavori, in cui acquistossi bastevole riputazione
per essere benemerito a’suoi concittadini ed alF
Italia, ha rivòlto l’ingegno alla carriera teatrale ponendo
mano ad armonizzare un nuovo melodramma di Giacomo
Sacchéro intitolalo: Il profeta velato.
Gli studiosi della straniera letteratura conoscono il bel
poema di Tomaso Moore, d’onde venne tratto il soggetto;
e nemmeno può essere ignoto ai leggitori italiani,
dacché già due volte ricomparve tra noi rivestito di
spoglie nostrali: una prima, son già più anni, con un
volgarizzamento in prosa che per vero non ha saputo
meritarsi nè fama, nè popolarità: la seconda, piuttosto
fortunatamente con una traduzione poetica di recente
pubblicazione fatta in Piemonte. L’argomento, ove il
poeta abbia come crediamo usato del suo ingegno, non
ricscirà certamente senza interesse perchè pieno d’avvenimenti
e di passioni. Così il teatro melodrammatico
vedrà fra non molto far bella mostra di sé due Profeti,
uno velato; l’altro senza velo. Chi ci legge non ha dimenticato,
che noi abbiam già annunciata la prossima
produzione di una nuova opera di Meyerbeer che pure
s’intitola: Il Profeta. Ver quanto è a nostra cognizione
per altro trattasi di soggetti assai tra loro differenti che
non potranno confondersi, sebbene per un certo fare robusto
e grandioso lo stile dei compositori abbia appunto
qualche omogeneità. Facciam voti perchè l’opera del
bravo nostro concittadino sia presto compiuta; e ricordandoci
de’molti pregi che fan bello il suo primo teatrale
esperimento, VJacopo di Valenza, si felicemente rappresentato
nel 1832 al teatro di Trieste, ci promettiamo una
nuova composizione che onorerà certamente l’arte musicale
Italiana.
— Genova. II celebre violinista Camiilo Sivori ritornò
dalla sua trionfale gita artistica nelle capitali del nord:
dipesi che nel prossimo inverno si porterà a Parigi ove
la sua fama non mancherà di venir consolidata.
— Lcccv. Ad onta della difficoltà di esecuzione, il Gulielmo
Teli, l’opera delle opere, ottenne distinto successo.
Verrà tempo in cui questo colossale spartito sarà
F àncora di salute di ogni teatro italiano e tedesco, come
ora lo è di quelli di Francia.
— Pesth 4 settembre. La sig. Schobcrlechner cantò
già quattro volte su i nostri teatri. Una volta nell’intera
opera del Giuramento, di Mcrcadanle, e le altre volte soltanto
negli atti o pezzi singoli di opere differenti. Ha de’
suoni tuttora grati, e nella sua esecuzione ed azione palesa
una valentissima cantante drammatica. La sua mezza
voce, il suo portamento, il suo trillo,i suoi adornamenti
mostrano grand’arte, e le fruttano grandissimo applauso.
La sua allieva, madamigella Laroche di Vienna, ha una
voce forte, estesa, buon metodo di canto, c fa sperar molto.
— Londra. Il noto Padre Mathcw, fondatore dell’unione
della temperanza in Irlanda, invitò il famoso prussiano
Mainzer, istruttore de’canti popolari a Londra, a venire
in Irlanda, onde adoperarsi al miglioramento de’costumi
mercè la propagazione del canto popolare.
— Parigi. Sono stati recentemente nominali professori
al Conservatorio di musica: Herz Enrico e Farrens
di pianoforte: Duprcz ed Emanuele Garcia di canto, e
Gallay di corno. Il direttore Auber occupasi colla più
grande attività ed intelligenza delle riforme ora mai divenute
indispensabili in quello stabilimento, che si
sta riparando onde renderlo più commodo e più decente.
— Brusselles. Il Roberto Devreux tradotto in Francese
da Monnier acquistò nuovi proseliti al maestro Donizetti.
L’ideo de’ teatri di quella città diede un lungo
articolo assai onorevole pel fecondo compositore lombardo,
che ora sarà giunto a Parigi. Vi si loda specialmente
la sinfonia di una fattura nuova e sublime. In
Italia finora non si ebbe l’avvedutezza di eseguire questo
pezzo istromentale, che vuoisi uno de’più belli dell’odierno
repertorio musico-drammatico.
— Thalberg che nello scorso mese trovavasi a Brusselles
ha composto un nuovo duetto per pianoforte e
violino insieme a Bcriot. Parlasi con molto favore di
una grande sonata a quattro mani di stile alemanno,
che dall’islesso pianista devesi presto pubblicare.
GIOVANNI RICORRI
EDITORE-PROPRIETARIO.
Hall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato
«li Calcografia, Copisteria e Tipografia musicale «li GIOVANNI RICORRI
Contrada degli Omenoni N 1720.