Questo testo è incompleto. |
◄ | N. 39 | N. 41 | ► |
GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 40 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
ESTETICA MUSICALE.
Precetti Artistici
applicati alla musica.
ARTICOLO I.
(Fedi i fogli 19, 22, S3, 24, 16, 28, 34, 36, 37 «89/
Itre all’unità e varietà,già dicemmo
essere precetti obisogni dell’arti
tutte l’invenzione, la diiposizione,e
l’esecuzione. Senza
dilungarci di troppo riguardo all’ultima
che in musica è affidata ad una classe
particolare di artisti, discorreremo delle
prime, e siccome l’arte nostra più a quella
della parola che ad ogni altra per propria
natura s’accosta, restringeremo fra queste
il confronto, aggiungendovi ciò che può
esservi di particolare.
XL’VÌI. Nell’una e nell’altra l’invenzione
riguarda l’affetto che si vuole destare e lo
sviluppo di cui è capace, ossia la verità
che si vuol dimostrare e le ragioni su cui
si appoggia, nel che consiste l’idea o argomento.
Perciò l’Oratore ed il Poeta
prendono le mosse da un fatto che si
narra, o da una verità che si prova, mentre
il Musico prende le mosse da una situazione
d’animo o ideata da sè o fornitagli
dal Poeta, spesso ancora da un’idea melodica,
da un pensiero musicale, dettato da
un indefinibile impulso; ma sempre relativo
ad un qualche affetto provato o immaginato.
XLVIII. La disposizione è ciò che più
comunemente per noi dicesi condotta, e
consiste nell’arte di disporre le idee principali
e le accessorie in modo che le une
preparino le altre, ed appariscano, non già
capricciosamente o a stento, ma per lo naturale
sviluppo dell’affetto necessariamente
succedersi.
La buona condotta dà ai lavori dell’arte
quel carattere di spontaneità per cui volgarmente
li diciamo di getto, parendo in
fatti che quel lavoro sia sortito dalla mente
dell’artista con quella facilità con cui una
statua od altro oggetto qualunque esce in
ogni sua parte compiuta dalla forma in cui
fu versata liquida la sostanza di che è composta.
L’arte di disporre le idee e ben condurle
è di sì alta importanza, che senza di
essa nulla valgono e le più felici ispirazioni,
e la scienza tutta del contrappunto.
Persuasi di tale verità ci studieremo di
darne qui le norme per quanto è possibile
migliori, non tralasciando di avvertire
la necessità di osservare le òpere dei gran
maestri onde perfezionare il proprio accorgimento
e il sentire squisito di tal genere
di artifizio.
XLIX. Nella musica, come nell’oratoria
o poesia, importa moltissimo il ben incominciare,
di cui vi sono due principali
maniere, coll ’esordio cioè e coll’exabrnpto
che, a dirla musicalmente, sono l’introduzione
o preludio, o l’assoluto motivo principale.
Primo scopo dell’introduzione o preludio
è il destare l’attenzione e l’interesse
dell’uditore, togliendolo a poco a poco
dalle realtà che io circondano per trasportarlo
a quel genere di vita che si è prefisso
l’Artista. Questa sola riflessione basta
a far conoscere quanto importi il dare all’introduzione
un carattere interessante ed
ora analogo all’idea principale, talvolta
anche totalmente diverso (a principio) secondo
l’affetto cui si ha in mira di condursi
a trattare.
Egli è perciò die nei buoni scrittori troviamo
talora l’introduzione contenere quasi
l’embrione del motivo principale, o di
qualche altra idea fra le più salienti del
corpo totale; talora esserne affatto diversa
e per idee melodiche e per ritmo.
Semprechè la natura dell’affetto che si
vuole trattare non consigli quest’ultimo
partito, non cesseremo di consigliare l’uso
della prima maniera, massimamente nella
musica Sacra o solamente istromentale, che
come già accennammo, richiede maggior
unità.
Con tale pratica infatti l’esordio musicale
viene ad essere tessuto appuntò come
debb’esserlo l’oratorio in cui (eccettuato
il caso che l’oratore prenda a parlare di
sè) si debbe discendere da un’idea generica
all’idea particolare costituente l’argomento
del discorso.
Che se riguardar si voglia la cosa solamente
dal lato musicale, non è a dirsi il
miglior effetto che produce un motivo, o
per meglio dire un canto, quando se ne
sono udite prima alcune parti in un ordine
non ben chiaro e definibile. Quel motivo
è allora per l’uditore un raggio di luce
che gli dichiara il genere di vita in cui si
vuole trasportarlo e gli rende facile il conoscere
e misurare la natura delle potenze
che gli stanno a fronte.
Nell’uno e nell’altro genere di introduzione
l’arte di ben condursi al motivo
principale e far sì che egli giunga opportuno
sta tutta nell’armonia e nell’evitare
le cadenze finite sino al punto dell’attacco.
L’artifizio medesimo alternato con opportune
sospensioni serve a condurne gli episodii
e rendere necessario il secondo ino
tivo quando vi si voglia introdurre.
Il principio exabrnpto, cioè senza introduzione
preparatoria, sembra esigere
una potenza materiale di suoni e di ritmo
capace di scuotere a un tratto l’udienza e
cattivarsene l’attenzione. In fatti in tal caso
non più si tratta di condurre poco a poco
l’uditore ad un nuovo genere di esistenza;
ma sì di trasportarvelo di peso. Cosi vediamo
per lo più praticare gli oratori e i
poeti.
Fin qui del principio, il quale di qualunque
genere e per quanto felice ei sia
non è che la metà dell’opera, ed è perduto
se il proseguimento non vi corrisponde
acquistando sempre maggior interesse;
onde il precetto oratorio: Cave ne
decrescat o rat io, e quell’altro detto: Motus
in fine velocior. E ciò dipende dalla condotta
e dalla buona disposizione delle idee,
arte che vuol essere qui considerata da un
punto di vista più alto, più morale clic non
nel solo maneggio dell’Armonia e delle
cadenze.
L. Ella è una verità di fatto che ogni
volta l’arte non giunge a togliere a sè
stesso chiunque viene a chiederle una commozione,
una modificazione della propria
esistenza, ben lunge dal raggi ugnerò il
punto in cui sta la bellezza, fallisce lo scopo
e cade. L’artista ha in vero una difficile
missione, se non che ei trova per lo più
una disposizione favorevole nell’animo del1
ascoltatore. Al Tempio, all’Accademia, al
Teatro sempre gli si richiedono commozioni,
affetti; sempre si è disposti a lasciarsi
da lui trasportare ove meglio gli aggrada.
Ma questa disposizione si cambia in ni’micizia,
se l’Artista non adempie a quanto
ha promesso, o se per ottener troppo dà
nel confuso e oltrepassa il limite della
bellezza.
L’Artista che osa affrontare il pubblico
ha già fatto una ben importante promessa;
misuri adunque le proprie forze prima di
farne una seconda più della prima impegnosa,
esordiendo da troppo alto punto.
Cave ne decrescat oratio. Affinchè il discorso
musicale vada aumentando di interesse
e dignità conviene L° Esporre le idee
da principio colla massima semplicità riservando
alle successive ripetizioni quegli
artifizj che possono dare alle medesime
maggior risalto. 2." Disporre le melodie e
i passi caratteristici in modo che i più
espressivi succedano ai meno, e si passi
senza stento dall’una all’altra idea. o.° Evitare
le lungherie ritenendo essere assai
meglio il generar desiderio che sazietà. Nei’ grandiosi pezzi istromentali in cui
il genio del Compositore spazia con maggior
libertà solevano i grandi scrittori alquanto
anteriori a noi, lare due distinte
parti delle quali la prima tutta d’invenzione
è una semplice esposizione delle idee
melodiche, mentre la seconda si raggira
quasi totalmente sulle medesime, ma variamente
disposte ed elaborate con nuove
modulazioni e con vago cd elegante intreccio
delle une colle altre. Tale pratica
non per anco dimessa dai buoni compositori
stranieri è il miglior mezzo di aumentare
l’interesse dando all’intiero lavoro
musicale quell’unità e varietà che lo costituisce
un vero dramma.
Non cosi adoprano la più parte delle
moderne celebrità italiane. Troppo fidando
i nostri maestri nella bellezza delle loro
melodie, o troppo schivi dello studio che
un tal sistema richiede, altro non fanno
nella seconda parte che ripetere semplicemente
le idee esposte nella prima con egual
ordine e forma e senza variazione sensibile
nelle modulazioni e nei contrappunti.
Risulta da ciò che 1 interesse va diminuendo,
e si potrebbe tralasciare 1 una delle
parti se la ripetizione non fosse necessaria
siccome l’unico mezzo ad arrestare in qualche
modo la somma fugacità delle impressioni.
lì- Boucheron.
(Sarà continualo.’)
STORIA MODERA A DELIA MUSICA
Rivoluzione dell’orchestra.
Tutte quante le parti della musica soffersero
variazioni periodiche; ma del certo
alcuna di esse non andò tanto soggetta
a cambiamenti quanto la composizione
delle orchestre. Varie cagioni vi diedero
impulso: da una parte l’invenzione di
nuovi istromenti, la dimenticanza di alcuni
altri, e soprattutto l’aumento di capacità
negli esecutori, dall’altra gli stessi progressi
della musica, la necessità di cose
nuove, la varietà delle maniere semplici,
l’impero della moda: ecco una quantità di
cause più che bastevoli ad alterare le varie
costituzioni dell’orchestra ed a condurci
insensibilmente alla grandiosità dell’istro—
mentazione rossiniana.
Importa il tener dietro alle rivoluzioni
di una parte della musica che a’ nostri
giorni acquistò un carattere d’importanza
speciale. Esamineremo da poi lo stato attuale
delle proporzioni dell’orchestra, i
perfezionamenti possibili, e per ultimo la
seguente quistione: quali sono i limiti naturali
dei progressi dell’orchestra?
La quantità degli istromenti posseduti
all’epoca dei primi saggi della musica drammatica
non poteva dar luogo che ad orchestre
deboli e mute. Non vi erano che
viole di cinque, sette, o nove corde; tenori
di viola accordali una quinta più
bassa dei sopràhi di viola; bassi di viola
e viole di gamba W; e contrabassi di viola
con nove corde dell’altezza di nove piedi (2);
il violino inventato in Francia già cl’all’ora
esisteva, ma era ben poco usitato.
Il gravicemhalo, la chitarra, la tiorba, l’arpa
si univano sempre ai concerti di viole, e
(1) La viola ed i! tenore di viola si suonavano appoggiate
ai ginocchi coll’arco abbassato. Nel sedicesimo secolo
queste viole avevano il manico simile a quello della
chitarra. La viola di gamba si poneva fra le gambe e si
suonava coll’arco abbassato.
(2) Vedesi dipinto questo stromento nel quadro di
Paolo Veronese rappresentante le Nozze di Catta.
coll’organo si suppliva alla mancanza degli
istromenti da fiato. Questi ultimi erano
però già conosciuti. Eranvi flauti a becco,
traforati da sei, da nove, e da dodici buchi.
Alcuni di questi erano muniti di una
chiave, la quale stava sempre chiusa in un
bariletto traforato da molti buchi, onde lasciare
sfuggire il suono: i più piccoli di
questi flauti si chiamavano flagioletti. Il soprano
si appellava zampogna, ed il basso
di flauto làvidone. Con tutti questi istromenti
di varia grandezza poteansi formare
armonie complete che poi si chiamavano
concerti di flauti 6).
Quanto agl’istromenti di otlone, non
erano usati nel teatro che per esprimere
gli strepiti della guerra e della caccia. Numeravansi
in questi la tromba militare, simile
alla moderna tromba di cavalleria, la
tromba chiamata bombarda, traforata da
sette buchi con una chiave per turare il
settimo, il corno o cornelto a becco l2), il
quale era pur traforalo, da sette buchi,
uno de’quali veniva chiuso da una chiave:
l’imboccatura di tale istromento era simile
a quella della tromba; per ultimo il trombone,
che i Francesi chiamavano saguebute.
ed i tedeschi nposaune e che già si presentava
sotto quella forma stessa che ha
poi conservalo sino al dì d’oggi.
Al cominciare delXYI secolo già si usava
in Germania un grande oboe pastorale,
chiamato dalla forma ibum koni (corno
curvo). Questo istromento era traforalo da
sei buchi: se ne trovavano di varia grandezza
secondo le parli che con questo si
doveano sonare, o di primo e secondo soprano,
o di contralto, o di basso. Però sino
verso il secolo XVII nessuna specie di
oboe venne usata nelle orchestre elei teatri.
Il monumento più antico che a noi sia
pervenuto intorno alla composizione delle
orchestre si trae dall’opera 1 Orjeo di Monteveide
composta nel 1607. circa dieci anni
dopo il primo tentativo di musica drammatica
fatto in Firenze. Due edizioni vennero
eseguite di un tal lavoro, la prima
nel 1608, la seconda in Venezia nel 1615.
In fronte a questa si legge l’enumerazione
degl’istromenti che vi servirono d’accompagnamento.
Duoi gravicembani
Duoi contrabassi da viola
Dieci viole da lnazzo
Un’arpa doppia (3)
Duoi violini piccoli alla francese
Duoi ghitarroni
Duoi organi de-Iegno
Tre bassi de gamba
Quattro tromboni
Un regale
Due cornétti
Un flautino alla vigesima seconda
Un clarino con Ire trombe sordine
Questi istromenti non sonavano giammai
tutti quanti contemporaneamente.M011teverde
li dispose in modo che ciascun di
essi servisse quasi di linguaggio a quel tal
personaggio, cui era assegnato per accompagnamento
durante lutto il corso della
(1) Il flauto traverso, traforato da sei buchi senza
chiave a que’ tempi non era conosciuto che in Germania;
più tardi venne introdotto in Francia, in Italia e
in Inghilterra, ma prese il nome di flauto tedesco.
(2) Il corno o cornetto a becco aveva precisamente la
forma di un corno di bue; usavasi ancora verso il cominciare
del regno di Luigi XIV; solo alla fine del secolo
XVII vi si aggiunsero i ritorti. I corni da prima
non servivano che nelle cacce, epperò ne derivò loro il
nome di corni da caccia.
(3) L’arpa doppia aveva due ordini di corde destinate
ad accrescere il volume del suono: fu essa inventata
in Irlanda nel medio evo.
composizione: per il che i due gravicembani
suonavano 1 ritornelli, e l’accompaniento
del prologo cantato dalla musica
personificata: i due contrabassi di viola
eseguivano i ritornelli del recitativo cantato
da Euridice’: 1 arpa doppia serviva di
accompagnamento ad un coro di ninfe: la
Speranza veniva annunziata da un ritornello
dei due violini alla francese; il canto
di Caronte era accompagnato da due gbitarre;
i cori degli spiriti infernali dai due
organi: Proserpina da tre bassi di viola:
Plutone da quattro tromboni: Apollo da
un piccolo organo regale: ed il coro finale
dei pastori da un flagioletto, dai due cornetti,
e dal clarone colle tre trombe sordine.
Si può accusare di meschinità questa
suddivisione di tutti gl’istromenti; in
compenso ne sarà forse derivata una certa
varietà non disaggradevole. R.c M.®
[Il Jine in altro foglio).
NECROLOGIA.
HAIIiUOT.
L’arte musicale in Francia fece una grave
perdita. Una delle illustrazioni ivi più celebrate. il continuatore della scuola di
Viotti, l’autore dell "‘Arte del Violino. Pietro-Maria-Francesco
Baillot cessò di vivere
il 15 ora scorso settembre. Egli era nato
a Passy il 1 ottobre del -1771. All’età di
sette anni apprese i principj di violino dal
firenlino Polidori, a quella di dieci, condotto
al Concerto spirituale, ebbe la sorte
di udire Viotti, il principe de’violinisti di
quell’epoca, la cui meravigliosa esecuzione
nel giovanetto fece una tale impressione
che da quello istante Viotti divenne l’ideale
del suo pensiero ed il modello della perfezione
a cui aspirava e che più tardi raggiunse.
Baillot fu sempre trasportato di
ammirazione per lo stile sì semplice, sì
espressivo ed insieme tanto maestoso di
quel caposcuola, eli’ei compiacevasi chiamare
l’Agamennone del violino. - Morto
in Corsica suo padre ov’era stato nominato
sostituto al procuratore generale, da
Boucheporn sopraintendente di quell’isola
fu inviato a Roma, e ne’ tredici mesi che
ivi stanziò fece notevoli progressi sotto il
violinista Pollani, allievo del Nardini. il
qual maestro non si stancava d’inculcargli
in ogni lezione la necessità di spianar
l’arco, precetto che scrupolosamente dovrebbe
osservarsi dalle moderne scuole di
violino in Italia.
Nel 1791 Baillot ritornò a Parigi, coll’appoggio
di Viotti dando principio alla
sua carriera in qualità di violino nell’orchestra
del teatro Feydeau, posto da lui
abbandonato pochi mesi dopo per un impiego
al ministero delle Finanze, da cui
10 tolse la prima coscrizione. Nei dieci
anni che egli passò alle Finanze ed all’armata non trascurò di occuparsi del
prediletto suo istromento. anzi, per azzardo
conosciute le composizioni di Gorelli, di
Tartini, Geminiani, Locatelli, Bach, Ilaendel,
in esse scoperse tutta la storia del
violino, e ne ritrasse singoiar profitto.
Baillot per la prima volta si presentò al
pubblico parigino eseguendo il quattordicesimo
concerto di Viotti ed il luminoso
successo ch’egli ottenne gli cattivò la generale
attenzione e cominciò a render chiaro
11 suo nome.
All’epoca dell’apertura del Conservatorio
di musica fu ammesso nel novero dei
membri di quello stabilimento, nel quale, dal 22 dicembre 1795 fino alla sua morte,
con ogni lode disimpegno le funzioni di
maestro di violino. Baillot si associò a
Rode, Kreutzer e Cherubini, per la composizione
del famoso Metodo di violili?) destinato
al Conservatorio di Parigi. Venne
nominato capo dei secondi violini della
musica particolare del Primo Console e
nel 1805, ad esempio di Bolefdieu e di
Rode si decise di visitar la Russia, ma
mentre viaggiava, essendo sopravvenute
le turbolenze della guerra ha dovuto attraversare
l’Europa senza poter dare alcun
concerto come era suo divisamente. Giunto
non senza disagio a Mosca vi trovò ogni
sorta di onori, col violoncellista De-Lamare
si produsse in venti accademie pubbliche
ed in quella città contribuì specialmente
all’incremento della musica concertata da
camera, offrendovi i primi saggi di quanto
più tardi mise in opera a Parigi, ove pel
primo stabili delle regolari sedute pubbliche
dei quintetti e quartetti ad istromenti
di arco per far conoscere la progressione
degli stili, e le diverse trasformazioni imÌiresse
a quel severo genere di musica da un
Soccherini, antecessore di llaydn, da questi,
da Mozart, da Beethowen poi da Onslow,
da Sphor, ecc. La prima seduta di quartetti
e quintetti ebbe luogo 11 12 dicembre 1814",
e da quelf epoca in poi ogni inverno rie
dava un certo numero a cui accorrevano
molti di quelli che dell’arte musicale fanno
loro non futile diletto e non volgare professione.
Baillot, considerato come concertista,
meritava encomj per una certa qual
chiarezza semplice, brillante ed aflettuosa
tutta a lui propria, ma il più grande suo
pregio, oltre quello di eccellente precettore,
era di sapere ammirabilmente uniformare
i suoi modi di esecuzione alle produzioni
a più parti degli or citati autori,
con un tatto il più fino ed un sentimento
il più squisito investendosi del carattere a
ciascun di loro conveniente, di maniera
che in un tale ramo dell’arte esecutiva si
innalzò ad una meta che non sarà sì facilmente
e tanto presto da altri raggiunta.
Baillot disimpegno l’incarico di primo violino
e di violino solo al teatro dell Accademia
reale di musica, poi quello di primo
violino della cappella di Carlo X e perfino
fece parte della limitata musica particolare
di S. M. il re Luigi Filippo.
Nell’insegnamento, Baillot produsse degli
allievi che degnamente sostengono la gloria
del suo talento e che lo resero più che
mai benemerito all’arte. Citando il nome
di alcuni è un render omaggio al maestro:
Bériot, Habenek, Gerard, Dancla, Jupin,
Beauman e un gran numero di altri artisti
divenuti esecutori di primo ordine
o abili professori o eoscenziosi violini di
quartetto.
Fin qui lo abbiamo considerato nellequalità
di esecutore e maestro, ora passiamo
ad esaminare le opere di lui. Oltre la principale
collaborazione del già citato Metodo
adottato da quasi tutti i Conservatorj di
musica e che in Italia venne tradotto e pubblicato
sotto gli auspici dell’illustre nostro
Rolla, compose molti pezzi pel violino, fra
cui un’infinità di studj, di esercizj e di arie
variate, alcuni duetti, trio, quartetti, concerti,
e due sinfonie concertanti per due
violini, lavori di uno stile grave e appassionato
ma die non furono abbastanza apprezzati,
in essi non essendo fatta alcuna concessione
a’ capricci del gusto della giornata
Fu il redattore del metodo di violoncello
delfistesso Conservatorio e scrisse le
— 175
tizie sopra Gretry e Viotti e varie dissertazioni
concernenti cose musicali od in difesa
del Conservatorio di Parigi. L’opera
però che mise il colmo alla riputazione di
lui fu X Arte del violino, stupendo lavoro
didascalico in cui trovasi riunito tutto ciò
che concerne il violino. Tutte le parti dell’arte
vi sono trattate assai chiaramente e
giudiziosamente", gli esempj presentano una
gradazione di perfetta logica e le osservazioni
che li susseguono o li precedono vi
sono esposte colla maggior aggiustatezza.
j‘Arte del violino, giusta un biografo francese, è in pari tempo un metodo e una
storia che dovrebbe assolutamente conoscersi
da tutti quelli che vogliono utilmente
esercitarsi in questo stromento, e divenir
compositori, esecutori o professori.
La salma di Baillot senza fasto fu mestamente
accompagnata al cimitero di Montmartre
da’ professori ed allievi del Conservatorio,
da tutti i violinisti che trovavansi
in Parigi, e da una folla di notabilità
fra cui notavasi Sarrette fondatore del
Conservatorio, Auber direttore attuale, Halevv.
Zimmerman, Herz, Janin. Tre commoventi
discorsi furono ’pronunziati sulla
tomba del grande e modesto artista.:!
5 Is. C.......
YARIETA.
Il’EIìEMOSIXA I»’ I V ARTISTA.
Nel 1828 Adolfo Nourrit s’adoperava con
ardore a porre le basi della sua grand e
celebrità. Già ei splendeva tra le prime
illustrazioni della scena lirica francese, e
l’alta sua mente, la magia del suo organo,
l’energico e passionato suo porgere gli avevano
procacciata l’ammirazione del mondo
musicale. I più luminosi presagi sul suo
avvenire gli venivano fatti. Ma non solo
in Francia risuonava famoso il nome di
Adolfo Nourrit, in tutte le parti d’Europa
era esso già celebre ed ovunque godeva del
prestigio della popolarità. In una scorsa che
ebbe a fare in Inghilterra, al principiare del
1828, gli vennero da ogni parte prodigate
dimostrazioni di un fervido entusiasmo. Durante
il corso delle recite ch’ei diede a
Londra, non la sola aristocrazia, il fiore
della società, ma anche le masse popolari
gli fecero una vera ovazione.
Dopo aver lasciata la capitale della Gran
Brettagna, Nourrit percorse successivamente
le principali sue città, si fermò ora a Liverpool,
ora a Birmingham, ora a Manchester.
Al suo giugnere a Manchester il grande
artista trovò gli spiriti violentemente agitati.
Lo spaventevole flagello di cui al presente
la stampa inglese dipinge con tanta
energia i rapidi progressi e gli orrendi guasti,
il pauperismo, la miseria cominciavano a
quel tempo a Inveire sui distretti manufattorieri.
Certamente il male non aveva preso
ancora quel carattere di gravità e di universalità
che al presente è impossibile porre
in dubbio; non erasi esso per anco dilatato
come una schifosa lebbra su tutte le
parti dell’Impero Britannico; la sfera della
sua azione limitavasi ad alcune città industriali,
ma quivi erano orribili i patimenti
delle classi operaie; Manchester in ispecie
offriva uno spettacolo atto a commovere i
cuori meno accessibili alla pietà. Immaginatevi
migliaia di uomini, di donne, di
fanciulli privi di lavoro e di risorse, seminudi, componendo dei crocchii inquieti,
delle tumultuose ràunanze, dei meetings
sediziosi; l’irritazione, lo sdegno, la disperazione
si pingevano su tutti i volti.
Infrattanto l’aristocrazia, al cospetto di
mali cui ella non vedeva possihil rimedio,
continuava la sua vita di feste, di passatempi.
Le riunioni del gran mondo erano
sempre brillanti a un modo medesimo. Le
carrozze blasoniche si affollavano sempre
nella medesima quantità ai raouts, alle
feste da hallo, alle accademie.
Gli spettacoli, l’Opera, e in ispecie gli
artisti francesi, formavano particolarmente
le delizie della classe opulenta.
Il perchè la notizia dell’arrivo di Nourrit
cagionò iuta sensazione vivissima tra le
sommità della fashion: ben pochi tra i dilettanti
dell’alta società di Manchester potevano
vantarsi d’averlo udito. Ciascuno si
predisponeva a godere emozioni d’un nuovo
genere, e faceva pressa al direttore del
teatro onde scritturasse l’illustre cantante
per una serie di rappresentazioni.
La direzione teatrale di Manchester, la
quale trovavasi allora in una posizione
molto spinosa, pensò che il prestigio d’un
gran nome e la magia d’un superiore ingegno
avrebbero ristorate le sue sorti; fu
quindi sollecita a profittare dell’occasione
che le veniva offerta, e fece una proposizione
ad Adolfo Nourrit. Ecco la risposta
del celebre artista.
«Non potendo fermarmi che soli sei
giorni a Manchester sono a vostra disposizione
per sei rappresentazioni; ma non
canterò che alle seguenti condizioni: 1.° sarò
padrone assoluto delle Opere nelle quali
dovrò comparire. 2." riceverò per ogni rappresentazione
la somma di diecimila franchi,
totale sessantamila franchi. Se tutto
ciò può convenirvi informatemene enti’oggi: diversamente parto domani.
Il direttore rimase stupefatto. Ei non
sapeva che risolvere, e veramente il caso
era molto imbarazzante. Rifiutare era uno
stesso che esporsi al biasimo, alle mormorazioni,
ai segni di disapprovazione
d’un pubblico esigente e capriccioso. Accettare
era forse un rischiare una compiuta
rovina, o fors’anco era un farsi incontro
a una probabilità di salvezza. La riuscita
non premia forse spesse volte le più grandi
temerità, le più azzardose intraprese? Quet’ultima
considerazione fu di somma efficacia
sul suo spirito; tacquero le sue incertezze
e le proposte di Nourrit vennero
accettate.
All’indomani il cartello del teatro annunziava
la rappresentazione del Siége de
Co rio thè, uno de’capolavori di Rossini,
nel quale Nourrit rappresentar doveva la
parte principale. E noto che l’Inghilterra
possedeva una folla di àrdenti avvocati i
quali difendevano la causa degli Elleni nei
giornali, nei libri, nel parlamento, nei
cluhs, nei salons. L’istessa aristocrazia britannica
pigliava parte a queste dimostranze
d’interessamento a favore de’greci. Le Siége
de Corinthe era dunque lina scelta piena
della più palpitante attualità. La borghesia,
il mondo elegante accorsero in folla al
teatro, e malgrado i prezzi alti de’posti,
la sala rigurgitava di spettatori.
Pei cinque susseguenti giorni gli affissi
continuarono ad annunziare X Assedio di
Corinto, e sempre vifu in teatro grandissima
folla, poiché accorse gente da tutte le parti
dell’Inghilterra. Nourrit ebbe un immenso
successo. Non mai aveva egli spiegato maggiore
intelligenza, maggior sentimento,
estro e passione; non mai aveva sfoggiata
mm una voce più bella, più agile, più enerIntanto
la miseria delle classi industriali
s’accresceva sempre più: gli opifici rimanevano
sempre chiusi, le braccia continuavano
a starsene inattive. La situazione si rendeva
ognor più grave. La cosa che maggiormente
irritava le masse era lo spettacolo di tante
ovazioni tributate a un cantante, l’idea dell’oro
gettato a profusione da una folla brillante
e lieta, mentre nelle contrade, sulle
pubbliche piazze formicolavano migliaja di
infelici sfiniti dalla fame. Il malcontento
toccava l’estremo, e d’ogni parte s’alzavano
sorde e confuse mormorazioni annunziatrici
consuete di una sedizione.
Ma un bel dì ecco spegnersi tutta questa
collera, ecco come per incanto cessare tutti
codesti lamenti. Un raggio di gioja schiarì
d’improvviso tutti que’volti poco prima sì
cupi e lividastri... Gli è che una lieta novella
repente si divulgò pei diversi quartieri
della città. Una ingente somma dicevasi,
fu messa a disposizione degli sceriffi,
E e re h è venga divisa fra le 1800 famiglie
isognose di Manchester. Il fatto era vero
e la distribuzione si effettuò quel giorno
stesso.
Ma qual era la generosa mano che sparso
aveva tanto oro? Su tal proposito ognuno
perdevasi in conghietture. Gli sceriffi interrogati
su ciò si limitarono a dire che la
somma era stata ad essi consegnata da uno
straniero illustre, il quale aveva ingiunto
il più scrupoloso segreto.
E nondimeno il mistero finì per svelarsi,
grazie alla indiscrezione d’un impiegato
e si seppe con altrettanta ammirazione che
sorpresa che il dono considerabile era il
prodotto dei beneficj raccolti dal celebre
cantante Nourrit durante il suo soggiorno
a Manchester. Adolfo Nourrit, uomo di nobile
cuore e di animo generoso, era stato
profondamente commosso all’aspetto delle
miserie che a primo tratto avean colpito
il suo sguardo. Le sue alte pretese presso
la Direzione teatrale non avevano avuto
altro scopo che di procacciar modo ad accorrere
a sollievo di quelle. Egli aveva voluto
estorcere una limosina sulla classe
agiata a profitto del popolo sofferente.
Tosto che codeste particolarità furono
notorie, migliaia di operai si radunarono
e corsero all’abitazione di Nourrit. Nel delirio
della loro ammirazione, essi gli preparavano
il trionfo più splendido che mai
ricevesse o principe o guerriero conquistatore.
Ma Adolfo Nourrit già si era sottratto
con una precipitosa partenza alle attestazioni
della popolare riconoscenza. Egli avea
lasciato Manchester quel di stesso e già
riprendeva la strada di Parigi, lieto del
bene operato, e solo spiacente di non aver
potuto gettare che una limosina a lenire
tante e sì gravi angoscie. F. M.
Aieime osservazioni di Federico II
sulla I?I«tsica.
Si parlava del canone. «Molti musici,» disse il Re,
non ne sanno nulla, e quelli che se ne intendono bene,
10 credono una cosa tanto dotta, da sorpassare l’intelletto
di noi altri. Ma io mi rallegro sempre di trovare
che anche l’intelletto deve occuparsi della musica. Quando
una bella musica mi risuona pur dotta, mi riesce tanto
grata come se a tavola sento parlare sapientemente».
In un Adagio eseguito dal Re, occorreva due volte un
passo cifrato colla sesta maggiore, al cui posto il maestro
Fasch, che lo accompagnava al cembalo, prese un altro
intervallo. Prima di arrivare la seconda volta a quel
passo, il Re disse ad alta voce: «la sesta maggiore»
- «Come Y. M. comanda!» disse Fasch, e toccò fortemente
assai la sesta. Terminato il pezzo, il Re domandò:
credete voi che la sesta sia falsa? - Si Maestà. - E se
11 maestro lo vuol cosi? - Resta sempre falsa. - Ma il
— 476 —
maestro Quanz dice che la sesta può bene star qui. - II
maestro Quanz può aver ragione, ma io mi tengo alla
sesta, e questa è falsa. Bene, Bene, dissi il Re, non è
già una battaglia persa!
II suddetto maestro Fasch lodò un giorno moltissimo
l’oratorio di Graun: la morte di Gesù. «Si. disse il Re,
questo è il miglior suo componimento. Se avesse vissuto
più lungamente, F avrebbe fatto sempre meglio. Il suo
Te Deum mi piacque mai sempre assai quantunque
fra le altre cose ve ne sieno pure alcune allegre assai.
La stessa gioja deve in chiesa mantenere una gravità
analoga all9ente ‘più misterioso».
NOTIZIE VARIE.
— Milano. I. R. Teatro alla Scala. - Venerdì spassato
nella gran Sala del Ridotto si produsse il sig. flessane
suonando il Melofono, istromento che potrebbe
esser suscettibile di svariati ed attraenti effetti e dal
maestro Halevy fu giudicato non indegno di esser ammesso
nella sua opera Guido e Ginevra. L’anno scorso
La-Hausse a Parigi pubblicò un opuscolo col titolo:
Physiologic didactique du Melophon in cui vengono
indicati i pregi di questo portatile istromento e la maniera
di servirsene} il sullodato Lessane scrisse un
Metodo per Melofono e conta di stabilire a Vienna una
fabbrica di Melofoni e di aprirne quindi un deposito a
Milano. L’invenzione di questo istromento, che ha molta
affinità colP accordeon e colla fisarmonica, appartiene
a Ledere.
— Saint-Leon, il ballerino della grazia e il violinista
dello slancio e della bravura, diede lunedì sera la sua
terza accademia al teatro alla Scala, nella quale oltre
misura crebbe nel favore del nostro pubblico. Dire come
e quale musica questo singolare artista eseguisse, non
è nostro proposito, solo accenneremo che fra gli esecutori
sul violino da noi sentiti ha pochissimi pari o superiori, e che potrebbe averne meno ancora e forse sovrastare
a quasi tutti se si curasse di star in guardia
da una certa qual tendenza all’esecuzione piuttosto bizzarra,
da cui qualche volta è spinto ad esagerare nel
colorito, c ad azzardare passi non sempre del miglior
gusto. Nessun uomo può esser perfetto.
— Colonia. Il celebre Liszt è qui arrivalo per prender
parte al festival musicale il cui prodotto è destinato al
compimento della cattedrale. S. M. il re di Prussia,
appena fu informato dell’arrivo di Liszt, lo fece tosto
invitare a pranzo. Il gran pianista era seduto vicino a
Humboldt, alla medesima tavola ove trovavasi il Re
di Wurtemberg, il Re di Baviera, ed i principi di
Prussia.
L’onore dal Re di Prussia compartito a Liszt merita
particolare menzione. L’uomo generoso e benefico e
l’artista di sì immane talento non sarà mai abbastanza
distinto. (Dal Monde Musicale)
— Parigi. Il ministro ha deciso che per lo innanzi
vi abbiano ad essere due professori per ogni classe del
Conservatorio di musica. Adam, che in prima occupava
il posto di maestro di pianoforte, fu innalzato alle funzioni
d’ispettore delle classi di pianoforte. Era una ricompensa
che si doveva al rispettabile precettore che
consumò tutti i suoi giorni in vantaggio di quella scuola.
— Firenze. «Ben meritò appresso gli amatori dell’Arte
musicale Tertulliano Celoni, allievo di questa accademia
di Belle Arti col suo Compendio storico della musica
antica e moderna, esponendo in brevi tratti l’origine
della musica in generale, il suo oggetto, le sue vicissitudini,
i suoi effetti, gli usi diversi che ella ha avuto ed
ha nella vita civile degli uomini, dandoci con rapidi cenni
un’idea della Scuola italiana, tedesca e francese». Fin
qui la Rivista Musicale di Firenze. Questo Opuscolo è
pubblicato presso Giovanni Mazzoni in un modo assai
scorretto e pregiudizievole al debole lavoro del Celoni.
— Marsiglia. Boisselot, fabbricatore di pianoforti del
Re di Francia che alle esposizioni di varie città riportò
le medaglie d’oro ed ebbe i più favorevoli rapporti dell’Istituto,
mise in commercio varj istromcnti che per eleganza
e solidità, non meno che per sonorità e vibrazione,
di voce ponno sostenere il confronto di quelli della maggior
parte de’ fabbricatori di Parigi. I pianoforti a coda
di Boisselot hanno sopra molti altri il vantaggio di esser
più corti di più di un palmo, ciò che non poco contribuisce
a renderli più comodi ne’ privati appartamenti.
DELL I. r. stabilimento nazionale privileg.
di GIOVAMI RICORDI.
ISPIRAZIONI VIENISI
Raccolta di 5 Ariette e 2 Duetti italiani
Poesia ali Carlo Ciaii v
MUSICA DEL M.° CAV.
N. i. La Zingara..» 2. Non m’ami più.» 3. L’ora del ritrovo» £. Il sospiro...» 5. È morta!...» 6. Predestinazione.» 7. Che vuoi di più?
Completo...
2 50
1 25
2 25
LO STABAT MATÊ.R
DI ROSSINI
trascritto iter Pianoforte solo
Siili
Diviso in due parti, Fr. C cadauna.
Completo, Fr. 40.
DUO
arrangé stoar le Piano à 4 tnains
COMPOSE PAR
sgasa sa§> sa ss g.a ss»
Op. 14-Fr. 5.
lesiti si iii«transcrit itonr le Piano seni
PAH
<ga «sastiSiTï?
COMPOSÉ PAR
A. HENSEIT
Op. 14. - Fr. 4 50.
UUQ
Itonr Piano et Violoncelle
on t iotoii on Cor
COMPOSÉ PAR
Op. 14. - Fr. 0. 50.
LINDA DI CHAfVSOUNIX
Melodramma in 3 atti (li («. Rossi
MUSICA DEL M.° CAY.
BASTAIO D01TISSTTI
Sono pubblicati tutti i principali pezzi ridotti per
Canto con accompagnamento di Pianoforte e l’Opera
completa ridotta per Pianoforte solo.
Tutte l’altro riduzioni stanno sotto i torchj.
WMMite
Dramma lirico di Temistocle Colera
MUSICA DEL M.
Sono pubblicati tutti i principali pezzi ridotti tanto
per Canto con accompagnamento di Pianoforte che
per Pianoforte solo, ed in breve verrà pubblicata
l’Opera completa ridotta nei due indicali modi e
per il Pianoforte a quattro mani.
j>er il J® tattoforte a <t 9 taf tra inani
SOPRA DIVERSI MOTIVI DELL’OPERA
DEL MAESTRO
COMPOSTA DA
Ss
Fr. 5.
eiOVAMI RICORDI
EDITORE-PROPRIETARIO.
Dall’I. R. Stabilimento Stazionale Privilegiato
di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di (JIOV.l..I RICORDI
Contrada degli Omenoni!f. 1720.