Questo testo è incompleto. |
◄ | N. 45 | N. 47 | ► |
GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 46 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
STI ÌLI biografici
GIOVASSI WOI.FASGO MOZART
ARTICOLO IV.
Fedi i N. 37. 38, 43 e 41 di questa Gazzetta.
’if i ritorno a Vienna al principiare
■>del 1788 Mozart ripigliò i suoi
Jlavori di composizione stromen>
tale e vocale, dedicandovisi con
• mirabile attività. Ei fu intorno
a questo tempo ch’ei sentì i primi sintomi
d’una malattia di petto complicata
con un’affezione nervosa, che lo gettava
spesso in accessi di cupa melanconia. In
simili circostanze il lavoro era il solo suo
conforto nei tristi pensieri, sebbene gravasse
il suo male. Egli scriveva con incredibile
rapidità, e pareva che improvvisasse
anziché comporre; e tuttavolta le
sue opere recano l’impronta della perfezione,
tanto dal lato dell’arte di scrivere,
come da quello dell’ispirazione. Ei fu in
quest’anno che fra molte altre composizioni,
scrisse le sue ultime tre grandi sinfonie
e la sua partitura teatrale Così fan
tutte, leggiadra operetta che ebbe a Vienna
un brillante successo (•). Il male ond’era
afflitto rendeasi ogni dì più grave e minaccioso,
nò guari andò che il timore della
morte si impossessò del suo spirito e lo
tormentò lino agli estremi istanti. Un pensiero
fra gli altri lo preoccupava incessantemente;
ei dubitava di non aver fatto abbastanza
per la sua gloria, e questo pensiero
Io spronava ad attendere più ostinato
al lavoro, il che consumava le ultime
sue forze. Indarno gli amici suoi si provavano
a distrarlo; continuando indefesso
nel lavoro e contornato da essi appena ei li
udiva, nè rispondeva alle loro interrogazioni
altrimenti che con monosillabi. Talvolta
era egli sorpreso da tale smarrimento
di forze, che faceva mestieri trasportarlo
sur un sofà. Se conducevasi a diporto in
carrozza nulla ei vedeva, rimaneva assorto
in tristi pensieri, e manifestava tale impazienza
che bisognava ricondurlo a casa ove
si affrettava a rimettersi al lavoro che lo
uccideva.
Era egli in questo misero stato alloracliè
a richiesta del Direttore di un teatro
di Vienna, prese a comporre il Flauto
magico, opera d’un genere al tutto diffe«àj
rente dalle altre di Mozart, e nella quale
spicca una freschezza, un vezzo che non
yjf (i ) Vedi F’ctis. Dizionario degli Artisti musicali, la
biografìa di G. W. Mozart.
di leggeri sariasi creduto poter riscontrare
nelle ispirazioni di un moribondo. Mentre
componeva, non voleva essere interrotto
nè durante il giorno, nè pel sopravvenir
della notte.
Soventi volte el cadeva in un prostramento
totale, ed era colpito da svenimenti
che duravano parecchi minuti, ma nè le
preghiere di sua moglie, nè quelle de’ suoi
amici poterono mai ottenere ch’ei sospendesse
la composizione del Flauto magico,
alla quale pose fine nel mese di luglio
del 1791, sicché potè rappresentarsi nel
susseguente mese con un successo inaudito
a Vienna, perocché vi fu dato per
venti sere consecutive. Mozart non potè
assistere che alle prime dieci; in seguito
troppo malato per poter recarsi al teatro,
poneva l’orologio sulla tavola, e seguiva
coll’occhio il movimento dell’indice per
sapere qual pezzo esegui vasi in quel momento.
In preda a questo tristo piacere
l’idea che fra breve lutto sarebbe finito pellai,
lo assaliva, ed era quindi colpito _ da
profonda prostrazione. In uno di questi sì
tristi momenti ei se ne stava seduto dinanzi
alla sua tavola assorto in lugubri meditazioni
allorquando una carrozza si fermò alla
porta della sua casa; tosto poi gli è annunziato
uno straniero. Un uomo di mezzana
età e di signorili sembianze, sconosciuto
a lui e a sua moglie, entra con aria
imponente: «Sono a voi mandato, gli
dice, da parte di un personaggio d alto
riguardo...» - «Chi è egli codesto personaggio?
risponde Mozart interrompendolo.
- Vuol rimanere ignoto. - Che cosa desidera
egli da me? - Taluno, oggetto del suo
più tenero amore, calò nella tomba; egli
non saprà mai dimenticarne la memoria,
e vorrebbe rendergli omaggio facendo celebrare
a suo onore un ufficio funebre ogni
anno, epperò sono incaricato di chiedervi
un Rec/uiem di vostra composizione.» Colpito
da questa domanda, fattagli in un
tempo in cui ei stesso reputavasi vicino al
dì delle sue esequie, Mozart assentì incontanente
a quanto gli veniva chiesto dallo
straniero. Il quale soggiunse: «Non è posta
misura al tempo necessario al vostro lavoro;
perù si vorrebbe sapere l’epoca in
cui potrete darlo terminato. - Entro un
mese, rispose Mozart. - Qual somma domandale
pel vostro compenso? - Cento
ducati. - Eccoveli. - Lo straniero depose la
somma sulla tavola, e scomparve. Assorto
in cupi pensieri, Mozart non udì le osservazioni
di sua moglie intorno a questa
singolare avventura. Già egli era tutto
preoccupato dalla composizione del domandatogli
Requiem: immediatamente si accinse
al lavoro e vi si adoperò con tanta
attività che bastato avrebbe ad esaurire le
residue sue forze, se un altro importante
oggetto non fosse occorso a distrarlo da
una sì triste occupazione. Ricorreva l’epoca
dell’incoronazione dell’Imperatore
Leopoldo qual re di Boemia. L’Amministrazione
del teatro di Praga non pensò clic
agli ultimi momenti a far scrivere un’Opera
nuova per questa circostanza, e si rivolse
a Mozart nei primi giorni di agosto, annunciandogli
che gli stati generali della
Boemia aveano scelto per tema la Clemenza
di Tito di Metastasio. Lusingato dalla preferenza
che gli si accordava, accettò Mozart
le proposte quali vennergli fatte; sebbene
il termine assegnatogli fosse sì breve
che gli fu giuocolorza ridurre l’opera in
due atti, non musicare che i pezzi principali
e far comporre i recitativi da un
suo allievo. Si trasferì a Praga e nel decorso
di dieciotto giorni ebbe posto fine
alla sua partizione della quale consegnava i
fogli al copista mano mano li componeva.
E tuttavia non vi ha un solo pezzoscadente
in questa bell’opera che fu rappresentala
il 5 settembre del 1791. Tutte le arie, i
duetti, il finale del primo atto e il terzetto
del secondo sono di una bellezza finita
Questo nuovo eccesso di lavoro e l’esaltazione
che avea in lui eccitata pareva dovessero
annichilire le sue forze, tuttavolta le distrazioni
che gli vennero pòrte a Praga riaccesero
il suo coraggio e restituirono al suo
umore parte della prima ilarità. Al suo ritorno
a Vienna pareva migliorata la sua salute,
ma non fu che l’estremo barlume di una
esistenza prossima a spegnersi. Si rimise
alla composizione del Requiem, ma appena
aveva ricominciato il lavoro quand ecco
di nuovo farsegli innanzi lo sconosciuto.
«Non potei mantenere la data parola, gli
disse Mozart - Lo so; avete fatto bene a
non attenervi strettamente alla promessa
che mi deste; ma pure, qual nuovo termine
prefiggete al vostro lavoro? - Un altro
mese; quest’opera mi interessa grandemente
e voglio dedicarmivici eolia maggior
possibile attenzione - Basta cosi: se
non che i nuovi vostri sforzi meritano
una novella testimonianza della mia gratitudine.
Eccovi altri cento ducali.»
La signora Mozart fece tener dietro
all’incognito; ma il domestico incaricato
di ciò lo perdè di vista nella folla, e Mozart
finì per persuadersi che quello era un |
avvertimento del cielo e che scrivendo Tal-!
logalogli Requiem non faceva che comporre j
(1) Vedi V Opera citata. ( il suo inno di morie. Nulla valse a distrarlo
dalla funesta sua idea che fini per esaurire
le estreme sue forze. Alfultimo fu costretto
a porsi e letto e spirò il 5 settembre
1791 prima di aver tocco il trentesimosesto
suo anno. Così tristamente si spense
la vita di quest’uomo, la cui infanzia era
stata contornata da prestigi e da lusinghe,
ma che giunto alfelà virile, solo conforto
trovar seppe nel lavoro. Con queste parole
il sig. Fétis nella Biografia già citata chiude
la narrazione della vita dell’esimio artista.
Prosegue quindi ad enumerare la mirabile
quantità di opere sia teatrali, sia stromentali
che dal 1784 fino al 1791 venne producendo
la instancabile sua fantasia. In tutte
l’attento occhio dell’intelligente ravvisa l’impronta
di una superiore creazione, in tutte
la scienza più elevata si collega alla gastigatezza
dello stile, senza che mai traspaja
lo stento dello studio o l’affettazione della
dottrina. In Mozart, come negli altri grandi
compositori della scuola tedesca, la parte
matematica dell’arte, o a dirlo volgarmente,
le combinazioni contrappuntistiche, per
quanto ingegnose, per quanto ricercate appajano,
non sono mai usate colla sciocca
mira di far pompa di scolastico magistero
o colla vana ambizione di far inarcare le
ciglia dei pedanti barbassori, i quali sogliono
apprezzare il pregio di una partitura
in ragione della quantità degli astrusi accordi
e delle armoniche difficoltà cercate a
bello studio e con dotta e improba fatica
di mente superate.
Nelle grandi e splendide loro composizioni
la dottrina dei numeri, per quanto
superiormente usata, non lo è mai come
scopo ma sempre quale mezzo dell arte.
L’espressione,il calore, l’evidenza delle idee,
l’ordinato loro sviluppo, il succedersi, l’intrecciarsi
spontaneo di esse, in guisa che
le diverse parti della locuzione musicale
sieno l’une alle altre così felicemente legate
e assorellate che ne risulti un tutto
omogeneo-, la varietà nell’unità, la vivezza
del colorito e l’eleganza delle concertazioni
stromentali sempre combinate colla
chiarezza e colla semplicitàecco a quali
risultamenti è sempre indirizzato lo studio
scientifico che si ammira nel comporre dei
sommi maestri di una scuola che un falso
pregiudizio fa credere al volgo de’ nostri sedicenti
musicofili, non essere per altra cosa
stimata ed acclamata che per la sua superiorità
nelle lambiccature e nelle astrusaggini
del contrappunto! Ma a chi spassionato
osservi con fino gusto, e retto e
nobile sentire le belle produzioni del genio
degli Handel, degli Hasse, dei Gluck,
dei Beethoven, dei Mozart, ben altro verrà
veduto che non questi al tutto secondarii
e materiali pregi del grande stile musicale.
Ispirazione, sentimento, grandezza e originalità
di pensieri, chiarezza, ordine logico,
euritmia nel tutto e nelle singole parti,
questi sono i vanti (per nostro particolar
conto non lo ripeteremo mai abbastanza)
dei capolavori, a’quali noi siamo forse accusati
di prestare un cullo troppo esaltato
e pretenzioso. Senonchè, volendo anche ammettere
che la nostra ammirazione per i
più vantati capolavori della scuola musicale
tedesca sappia alcun po’di entusiasmo
non sarebbe egli da perdonarsi questa colpa
di eccesso a noi che, essendoci proposto il
difficile assunto di additare, colla scorta
delle migliori dottrine, la via più retta che
deve percorrere l’arte, la vediamo da tanti
e tanti trascinata per l’opposto sentiero,
per quel sentiero, cioè che, a nostro giudizio, non mancherà di guidarla alla sua
rovina, se non avrà forza di far argine al
corrotto gusto della turba appunto la voce
dei pochi cui le verità che noi proclamiamo,
senza vani riguardi alle pregiudicate esclusive
opinioni, paiono tutt’altro che da porsi in
dubbio? À quale diverso scopo vorrebbero
dirsi dedicati questi nostri studii biografici
sui più grandi e stimali compositori troppo
presto fra noi dimenticati, se non a questo, di opporre la verace e incontrastata
splendidezza della loro gloria immortale ai
vani e ingannevoli bagliori di tante illustrazioni
musicali della giornata che si credono
certe di valere molto più di quegli
illustri, solo perchè dalla voce adulatrice
degli inscienti si odono susurrare ad ogni
tratto all’orecchio che la musica degli antichi
è musica da papaveri e perciò solo
degna di starsene sepolta nell’obblio, e la
loro invece più gradevole, più popolare,
più animata, a tutto buon dritto galoppa
trionfalmente pei teatri della Penisola, e
mette in orgasmo gli appaltatori, gli agenti
teatrali, le platee, i giornali....?
Potrebbe essere tema di un’apposita
serie d’articoli il venire indagando per
quali cagioni è sì diversa la sorte dei due
affatto opposti generi di musica, l’antica
classica, cioè, e quella che si compone
oggidì, la prima dimenticata e tenuta poco
meno che in ispregio dagli impresarii, dai
cantanti e dal pubblico, l’altra esaltata oltre
ogni giusta misura;, e forse si vedrebbe che
molte di esse cagioni derivano appunto
dalle condizioni tutt’alti’o che felici in che
si trova al presente l’arte musicale in Italia;,
e dall’attento esame delle medesime
risulterebbe più chiara all’occhio degli imparziali
la necessità di ridestare la stima
e l’amore ai capolavori classici, e far nascere
quindi la voglia di vederli richiamati
all’onor della scena, onde servendo di
quadro di raffronto alle tante produzioni
melodrammatiche che vediamo a’ dì nostri
comparire e scomparire come fantasmi o fuochi
fatui, giovassero ad un tempo quale mezzo
di educazione alle platee, servissero di vivo
modello e di eccitamento al far meglio ai
giovani compositori dotati di vero talento,
(e grazie alla inesauribile potenza del genio
italiano ve ne ha non pochi di questi)
e fossero sgomento e vergogna ad alcuni
pochi impudenti profanatori dell’arte, i
quali per avere imparato a raccozzare alla
peggio dei pensieri qua e là rubati a casaccio
e a man salva, e trovato modo a
cucirli insieme a foggia di cavatine, di
duetti, e di pasticci, cui si dà nome di
pezzi concertati, si credono maestri laureati,
e non arrossiscono di sorridere in
viso con aria beffarda a chi li consiglia a
vegliare le loro notti sui grandi capolavori
degli antichi, e per tutta risposta a così savie
parole si accontentano di rispondere:
«genio ci vuole, genio e non pedantesca
dottrina!» Ma di qual genio essi intendano
parlare in verità non sappiamo:
quello che veramente sappiamo si è che il
vero genio non disprezza la dottrina, ma
la stima e ardentemente la desidera quale
potente aiutatrice delle sue migliori ispirazioni.
Così sempre pensarono i sommi
artisti che aspirar vollero a incontestata celebrità-,
così sempre pensò Mozart. All esame
dell’indole e delle somme bellezze delle sue
più acclamate composizioni consacreremo
quanto prima un’altro articolo.
E.
ESTETICA MUSICALE
SOPRA li’USO DE’ SExlIimi
PENSIERI E PRECETTI III REE CANTO («),
METTERÀ
Al nobile ed ’egregio sig. Giovanni
Colleoni da Rerganio.
E che potrò io aggiungere di più alla
di lei difesa de’passi cromatici applicati
alle parole di doloree d’affanno? Ella ha
giudicato in conformità delle sensazioni
che producono in lei, ed è ben cosa certa
che il sentimento s’inganna assai meno nei
suoi giudizi, che non è l’intelletto. - Ella
è appoggiata sulla sentenza d’uno scrittore
filosofico estetico, che a motivo delle persecuzioni
cui ha dovuto soffrire in Francia
può ben dirsi il martire della musica
italiana (f) - e ne ha dimostrata la pratica
nelle opere di un compositore moderno, il
quale agognava più che altri mai all’espressione
imitativa delle passioni, e la di cui
perdita immatura piangerà l’Italia per lunga
stagione (2). Che vuoisi dunque di più?...
La di lei opinione è adottata da tutti
i teoretici e pratici d’ogni nazione occidentale,
e il voler negarla sembra lo stesso
che sostenere: a mezzodì non è giorno
ancora.
Sulzer, Arteaga, Lichtentbal, ecc., e tutti
gli estetici che ragionano intorno alle differenti
qualità de’suoni e de’caratteri dei
tuoni, convengono che le scale minori sono
le più atte ad esprìmere la tristezza, la
melanconia ecc. ecc., e perchè ciò? appunto
perdi’ esse sono delle maggiori più ricche
di semitoni - mentre i passi semitonati
furono mai sempre usati dagli esecutori
più sensati, e da tutti i compositori
antichi e moderni, e trovansene ne’madrigali
del 700 - nelle cantate dell’800 - e
nelle opere del giorno d’oggi.
Ed essi sono pure retaggio della musica
stromentale, quando essa si prefigge a dipingere
ed esprimere un affetto di tristezza
od un fatto a cui debba adattarsi
una musica lugubre (come la morte cl’un
artista, d un eroe, ecc.) inteso sempre che
non si parli di quelle interminabili scale
semitonate, per cinque e più ottave, le
quali odonsi a sazietà in ogni paio di variazioni,
e non servono ad alcuna espressi
Il suonatore (li viola del quale i nostri lettori
avranno accolto con piacere ed interesse i savii pensieri
e le erudite riflessioni su Palestrina, volle favorirci di
quest’allro suo scritto che ci affrettiamo a inserire in
questi fogli. Esso c dettato colla assennata dottrina che
attesta di molta ed alta esperienza nelle più nobili discipline
dell’arte; accenna di volo a tante verità che
forse saranno udite con dispettoso orecchio dalla presontuosa
mediocrità del virtuosismo moderno, ma che
pure non sono meno incontrastabili per quanto amare.
- A non pocbi nascerà voglia di sapere chi sia questo
suonatore di viola da Bergamo, che sì addentro si addimostra
versato nella critica estetica musicale, c noi,
rispettando il velo sotto il quale si nasconde, diremo solo
ch’egli va illustre tra i pochi veri ristoratori della melodrammatica
moderna, e reca un nome venerabile per
quanti ricordano i giorni delle belle e incontrastate sue
glorie teatrali. Non chiuderemo questa nota senza aggiugnere
una parola di vivo e profondo rammarico consecrata
alla memoria del defunto egregio cultore delle lettere
cui è indirizzato lo scritto del vecchio suonator di
viola. Il nobile Giovanni Colleoni, che noi pure onorava
della preziosa sua amicizia, venne da poco tempo rapito
ai vivi nel fiore dell’olà, e quando già si avveravano le
belle speranze date dall’eletto suo ingegno. Col vigore
(ii un animo sensibile ed entusiasta del bello egli amava
le arti, e fra (preste principalmente la musica. Particolari
rapporti di intimità lo legavano all’illustre anonimo che
a lui indirizzava io scritto qui offerto, e nel privato suo
carteggio furono trovate diverse lettere confidenziali di
Bellini le quali attestano quanta simpatia gli professasse
il sommo autore della Norma e dei Puritani.
L’Estensore.
(1 ) Rousseau.
(2) Bellini. sione, ma soltanto per far mostra di saper
sorvolare come vento tutti i tasti a doppj
ed anche triplici suoni cromatici.
Benché il sistema di Batteux, che voleva
ridurre tutte le belle arti ad una sola base
(cioè all’imitazione pretta della natura), sia
stato combattuto con ragione, perchè assegnava
loro troppo stretti conlini volendo
per esempio pretendere che per ogni passione
non vi fosse che un certo dato suono
naturale, nullameno sembra che fra la lingua,
gli accenti delle passioni e la musica havvi
una tal analogia, che si possa dire che la
scelta de’ suoni deve in qualche modo somigliare
a quelli che l’uomo pronuncia
allorché l’animo suo è dominato dalle passioni,
e che questi suoni, allorché sono trascelti
a proposito, producono consimili affetti
in quei che l’odono. Il grido d un animale
che soffre scuote i nervi d un altro
che non soffre, e desta nondimeno in esso
un consimile senso simpatico che si dice
con-passione.
11 poeta sceglie pure le parole ed il metro
atto ad esprimere i suoni degli oggetti
sonori della natura, come il muggito
del tuono, il mormorio del ruscello, e le
voci ed i moti degli animali, come il koag
delle rane di O/nero, o il quadrupedante
del cavallo di Virgilio; ed i versi di Anacreonte
dipingono i palpiti d’amore, come
que’ di Dante l’orrore dell’inferno.
Ed ancor più tenterà il compositore musicale
di esprimere co’ suoni più possibilmente
somiglianti il gemito del dolore, i
flebili accenti del pianto, i sospiri e singhiozzi
delfangoscia e le grida della disperazione.
E di quali suoni si servirà egli per ottenere
il fine che deve ognora proporsi,
cioè, di destare consimili sensazioni nell’animo
altrui? de’suoni brillanti, forti,
concisi, delle scale maggiori, degli accordi
ognor consonanti non già, perchè questi
sono i ministri della gioia - ma bensì dei
suoni cromatici, degli intervalli minori, degli
accordi diminuiti od eccedenti, co’ quali
gli detterà l’anima sua, immedesimata colla
situazione e colla poesia, quelle melodie
ch’esprimono or gli Inni di Geremia ed or
la disperazione della Didone abbandonata.
Droz, nel suo Tr attato del bello nelle belle
arti, dice: i suoni lugubri adattati ad idee
tristi conservano mai sempre la loro analogia
con queste.
Ma questi semitoni vogliono però essere
modificati a seconda de’ differenti affetti;
e quindi egli impiegherà anche varie
figure di note, varii movimenti e ritmi, differenti
progressioni nelle melodie ed accordi
variali - caugierà accompagnamento,
e gl’istromenti che accompagnano; e tenterà
a dipingere il nascere, il crescere, il
diminuire, non che gli estremi gradi della
passione. Egli osserverà che la melancojia
muovesi a lenti passi, che la tristezza è
concentrata e quasi nulla; che altro sono
le lagrime che spreme un’interna angoscia,
ed altre quelle che scorrono a torrenti nello
staccarsi dall’oggetto adorato; e quanti gradi
percorre la disperazione finché giunga alla
demenza! In somma l’artista dev essere osservatore
della natura dell’uomo, e parlar
deve tutti i dialetti delle passioni.
Ma quasi non meno del compositore deve
il vero esecutore studiare gli accenti e l’indole
degli affetti. Prima di tutto poi non
deve prefiggersi soltanto per primario oggetto
di far brillare la sua meccanica abilità,
la quale non lascia che la momentanea
impressione d’una fredda ammirazione,
che svapora dall’animo dell’uditore al pari
del fuggevole suono. Egli è un assiomà
estetico che non tutto ciò che l’arte può,
dev’essa far apparire sempre ed ovunque.
Quindi prescindendo dall’esatta lettura delle
note e dalla distinta e retta pronuncia delle
parole, l’esecutore deve mettervi del suo,
deve abbellire con quegli accenti che possono
ispirargli il possesso dell’arte, il suo
dilicato sentire, e Io squisito suo gusto.
Così veggendo egli le tarde note della tristezza
tenterà di sostenerle con messa e
portamento di voci - non azzarderà pei sentimenti
lugubri alcun abbellimento con note
acute, percliè questi amano le voci profonde
-non molta agilità, ma userà dolci appoggiature,
trilli lenti e molli - ondeggiamenti
leggeri - portamenti per gradi quasi insensibili
da un tono all altro, ossia lo strisciamento
ma non troppo ripetuto - qualche
volatina breve con semituoni piuttosto in
giù che in sù. - Nell’espressione dell’ambascia
si prevalerà de’ passi sincopati, del
tempo rubato, di note celeri, di passaggi
interrotti anche da sospiri (ma non caricati),
di frequenti cangiamenti di accenti forti e
deboli. - In quella della disperazione userà
slanci, salti, volate ed anche semitonate,
strazianti, ascendenti, esclamazioni ed attacchi
di suoni forti, purché non eccedano in
grida o strilli, ed alterino la giusta intonazione
- ma depressa discenda talvolta
quasi all’estinzione della voce e sbalzi di
nuovo a suoni acuti e penetranti. In oltre
saprà egli ben discernere che gli stessi
abbellimenti non posson convenire a tutte
le sorta di composizioni, ed a’ caratteri varj
de’ pezzi di musica, i quali assumendo variato
nome, come romanza e aria di carattere^
ecc., ecc., chiedono anche differente
trattamento; ed avrà persino riguardo
di modificarli a seconda delle circostanze,
dell’accompagnamento, dell’orchestra, del
locale e dell uditorio stesso.
Ed in tale guisa la composizione si presenterà
come una vera poesia del suono, e
l’esecutore comparirà qual declamatore, i
di cui animati accenti risuonano poi qual
poesia dell’anima, che imprimesi in altrui
con tutta forza. Nelfa prima si scorge un
Pimmalione, che scolpi la statua, e nell’esecutore
la Madie d’amore, che ispira
in essa la vita.
A ragione aggiugner potrebbersi due parole
intorno all’abuso che si fa a’ di nostri
dalla maggior parte de’ virtuosi, delle
scale cromatiche di ogni sorta e del tiillo
che talvolta non merita tal nome - delle
pretese messe di voce molto mal messe degli
ondeggiamenti (per occultare talvolta
la "voce naturale tremolante) che guastano
la fermezza ed il portamento delia voce del
ribattimento di una nota appena un
po’ più accentuata - dell’abuso d<£falsetti
a danno delle corde di petto, e quindi confusione
di voci naturali e disgustosi distacchi
dei registri - dello sforzar la voce a
grida, strilli e stuonature insopportabili della
mala applicazione e della monotonia
degli stereotipi ornamenti - dell’uso di cucir
insieme in una sol aria i pensieri di
diversi autori senza discernimento ed a
controsenso - dell’arbitrio di trasportare le
arie da un tono in un altro e storpiarle
sul letto di Procuste, con alterazioni d’accompagnamenti
e di stronienli - della spezzatura
d’una frase musicale: la metà in
suoni acuti e l’altra metà in profondi - delle
frequenti alterazioni de’ tempi, degli accenti,
de’ ritmi - delle insulse ripetizioni e
morire col si e no - (ed or non finisce o non
ripetesi mai una cabaletta senza l’affettata
aspirazione ah!!! ) - degl’inserimenti di
parole non scritte nelle partiture - dei chicherichì
persino nelle esclamazioni di dolore
e di meraviglia - degl’innumerabili passaggi
sopra le più viete vocali dell’alfabeto
- e tanti e tanti altri riprovevoli vizii della
moderna arte del così detto bel canto, che
pur troppo dovrebbesi dire brutto canto,
ecc., ecc.
E tutto ciò per causa di cieca mal’intesa
imitazione - per ambiziosa smania di uguagliare
altrui - per poco discernimento e
gusto barocco - per lo traviamento dei
sciocchi ammiratori - per gl’inopportuni
applausi mercanti o compri della moltitudine
che non apprezza che lo strano e bizzarro
e non conosce il vero bello - per
mancanza di buone scuole di canto - pel
poco amore dell’arte, e per la intemperante
avidità del presto guadagno - per
l’inesprimibile presunzione d’una gonfia e
sprezzatrice orgogliosa gioventù - e persino
per causa di alcuni compositori negligenti,
che troppo compiacenti a’ capricci degli
attori, introducono appunto quelle tante
scale semitonate, quelle catene di trilli,
que’passaggi stromentali, quelle voci sopracute
e que’ sbalzi grotteschi onde malamente
imitare ciò ch e straniero, distruggendo
così il vero bel canto d’Italia e della
natura.
Ma per trattare di tutto ciò vi vorrebbe
una dissertazione ben lunga, e forse altrettanto
nojosa, la quale per quante verità
contenesse sarebbe una predica a’pesci, i
quali dopo il sermone di S. Antonio si tuffarono
nell’acqua, e divoraronsi fra di loro
come prima (*).
Il vecchio suonatore di viola
DA BeIIGAMO.
(1) Abbiamo lusinga di poter rifarci quanto prima a
svolgere più partitamentc i temi in questo articolo sol
di volo accennati, e additare con severa critica ad uno
ad uno i molti vizii delie moderne scuole di canto, o
porre in chiaro come, nella folla de’tanti nostri maestri di
quest’arte che tutti dal più al meno si credono possessori
del miglior metodo, ben pochi e forse nessuno possiede
il vero, che è quello di assecondare e favorire, non isforzare
i migliori doni della natura, e di dare al teatro pochi
e perfetti allievi, non molti e ignoranti c presuntuosi
guastamestieri.
L’Estensore.
NOTIZIE VARIE
— Fu detto in alcuni giornali che il celebre poeta
tedesco Thieck era stato colpito di paralisia in conseguenza
di una congestione cerebrale. Al presente l’illustre
autore di Shakespeare e i suoi contemporanei è
pienamente ristabilito. S. M. il re di Prussia Io ha di
fresco nominato direttore della scena del gran teatro
dell’Opera a Berlino. Così la Gazelte Musicale de Paris.
Noi per conto nostro osserviamo che la scelta di
persona tanto stimata per altezza di ingegno e dottrina
a presiedere al lustro e al savio andamento d’un teatro
regio, dimostra quale e quanta importanza debbo darsi
a un simile ufficio che non può essere lasciato in mani
mercenarie e inscienti se non con grave danno dei buoni
progressi e del decoro deH’artc.
— A Berlino alcune distinte persone hanno concepito
il progetto di fondare un teatro specialmente destinato
a rappresentare dei componimenti storici e in ordine
cronologico. Per tanto si darebbe principio coi primi
grandi avvenimenti narrati dalla Genesi per scendere
fino all’era contemporanea. Decorazioni,’ macchinismo;,
vestiario, ogni cosa sarebbe nella più stretta esattezza
di costume storico. Autori drammatici di un merito conosciuto,
come Raupach ed altri, avrebbero l’incarico di
scrivere delle azioni sceniche nelle quali la verità storica
dovrebbe col più sottile scrupolo osservarsi. Se questo
progetto, ottenuta che abbia l’approvazione del governo,
riuscirà, come si spera, non potrà non offrire al popolo
la miglior scuola per imparare dilettevolmente la storia.
Ogni componimento dovrà essere rappresentato con tante
repliche che bastino a dar campo ai dotti e agli amatori
degli studii storici di vederne la rappresentazione
almeno una o due volle. Nelle tele o scenarii dovrà essere
con tale esattezza osservata la verità del tempo c
della località, che si possa conoscere I’ architettura c il
paesaggio delle diverse contrade del globo. Per quanto sia
splendido e utile questo progetto, c’e a temere che l’esecuzione
abbia a incontrare perora molte difficoltà; sebbene si osi sperare che la fermezza e la perseveranza lede&
sca, veramente singolare allorachè si tratta di opere gioii
vevoli al sano progresso, sappiano trionfare d’ogni ostala
colo. A Milano un progetto si bello e si nobile potrebbe
almeno in qualche parte venir applicato alla grande scena
□ della Scala, nelle azioni coreografiche: sarebbe codesto
Ì il miglior modo di dare qualche importanza a questo
genere di spettacolo, ai di nostri, per un complesso di
sventurate circostanze, caduto in tanto scredito. Potrà
essere fonte di non breve discorso questo tema che forse
ci faremo a svolgere seriamente in altri fogli allorachè
i miglioramenti di redazione ideati per questa Gazzetta,
ci permetteranno di entrare anche in cosiffatte discussioni.
— In Francia il gusto per la musica sembra vada
propagandosi ogni di più; opperò ivi è sempre maggiormente
sentita la necessità di moltiplicare le opere elementari
didascaliche destinate ad agevolare lo studio
dell’arte col metterlo alla portata di tutte le intelligenze
e di tutte le condizioni. Con questo scopo il sig. Laboureau
pubblicò a Parigi sotto il titolo di Teoria della
lettura musicale, un piccolo libro redatto con forma di
domanda e risposta, nel quale i principii della musica
sono esposti c spiegati in modo chiaro e succinto.
Consigliamo a qualche nostro intraprendente Editore
di procacciarne la versione di questa operetta istruttiva
ad uso del nostro popolo. Poiché è troppo raro il caso
che inostri maestri italiani si occupino a pubblicare scritti
dedicati all’insegnamento musicale, è pur giuocoforza
ricorrere agli stranieri, per quanto possa spiacere che la
nazione stimata a buon dritto sovrana nella musica debba
piegarsi a imparare dalle altre i migliori precetti che guidano
a bene studiarla.
— Leggiamo in un giornale di Vienna in data 25 settembre:
La direzione del teatro imperiale e reale dell’Opera-tedesca
della nostra Capitale, ha composto e fissato
il repertorio della prossima stagione d’inverno: vi
si notano cinque Opere francesi che già da5 vent’anni
più non si rappresentano in Francia e sono La Medée
c le Deux Journées di Cherubini, La Pestale di Spontini,
Joseph di Mchul, e le Petit Chaperon rouge di
Boieldieu. - Ci crediamo in diritto di osservare che sebbene
la Medea e le due Giornate sicno spartiti scritti
su poesia francese e nel genere dell’Opera-francese, pure
sono capolavori dovuti al genio di due italiani.
— Leggiamo con piacere nella France musicale: «Le
prove della Linda di Chamounix di Donizetti procedono
con molto zelo tanto per parte dei cori come per quella
de’ principali cantanti. Si dicono le più belle cose di
questa nuova partitura dell’autor della Lucia. Noi ne
giudicheremo alla prima rappresentazione che avrà luogo
verso la metà di novembre. Lablache vi rappresenterà
una parte importantissima».
— Il suddetto giornale reca quanto segue: “ II signor
professor Rossi di Torino trovasi a Parigi 3 egli ci fece
udire alcuni frammenti di una graziosa opera di sua
composizione rappresentata con successo in Italia, e diversi
pezzi di 1111 bellissimo Requiem. Lo stile di queste
composizioni, piene di scienza, di armonia e di grazia,
sentono l’alta scuola italiana. Noi speriamo che cedendo
all’invito dei suoi amici, il signor Rossi ci farà quanto
prima udire tutt’intera qualche sua opera,,. - Abbiamo
riprodotte con particolare soddisfazione queste parole, e
ciò per due ragioni: la prima, perchè coll’egregio maestro
Rossi ci lega una relazione che potrà, speriamo,
diventar utile a questa Gazzetta; l’altra, perchè ci gode
l’animo ogni qualvolta ci si olire l’occasione di riprodurre
giudizii di giornali stranieri, e massime francesi,
onorevoli ai maestri ed artisti italiani. Ciò però avviene
più di rado di quanto vorremmo.
— Giorni fa venne Ietta al Comitato dell’Opera-Comique
di Parigi una nuova composizione drammatica di
Scribc, la cui musica dev’essere di Auber. Questa sarà
forse la prima grande Opera musicale che si produrrà
sulle scene del detto teatro.
— Il giornale parigino La Melodie afferma che Meyerbeer
offrì a madama Stoltz la parte protagonista della
nuova sua Opera L’Africaine. Nello stesso giornale
leggiamo: 11 teatro Italiano spiega quest’anno una insolita
attività. Oltre l’Opera di Donizetti scritta di fresco,
c le prove di Linda, abbastanza inoltrate per poter
giustificare nel giudizio degli artisti il gran successo ottenuto
da quest’Opera a Vienna, si parla di porre in
iscena il Nabucodonosor, spartito del giovine Verdi, il
quale di primo lancio si è messo nella schiera dei migliori
compositori italiani. „
— Il Signor Berlioz, lusingato degnamente dei grandi
onori ricevuti a Urusselles, si dispone a recarsi a "Francoforte,
ove è aspettato a far udire le grandiose sue composizioni
stromentali.
— Leggiamo nel Menestrel: «La riproduzione della
Favorite si effettuò nel più splendido modo; già da un
pezzo questa opera di distinto merito era desiderata, e
l’amministrazione coll’offrirla dì nuovo a’ suoi abbonati
ha dafo prova di buon gusto c di intelligenza. La Sala
del teatro dell’Opera Francese era zeppa. Levasseur,
Duprez, Baroilhet c mad. Stoltz furono ammirabili. Col
favore di questa magnifica esecuzione, il maestro Donizetti
non mancò di cogliere la porzione d’entusiasmo
del pubblico dovuta al grande suo merito quale compositore».
— Tutti i giornali annunziano ufficialmente che Meyerbecr
ha destinata la parte protagonista dell’A fricaine
a madama Stoltz, ma ciò che essi tacciono e che diremo
noi (così il Menestrel) quale notizia ben più vera e fresca,
si è che il Prophète sarà dato prima dcV A fricaine
e che anche in quest’altra nuova opera di Meyerbecr
madama Stoltz avrà pure una delle parti principali,
perfettamente acconcia al suo talento drammatico. Questa
è cosa stabilita tra l’illustre autoredi Roberto il Diavolo,
e il signor Pellet. Benché l’amministrazione del
Grand’Opéra siasi appuntino intesa su questo punto col
signor Meyerbecr, il Prothéte non si darà alle prove se
non nella prossima primavera.
— Nella seduta di venerdì 28 ottobre la Commissione
speciale dei teatri reali di Parigi decise negativamente
sul punto discusso per ordine della superiorità, se si
dovesse procedere alla fondazione di un terzo teatro musicale
a spese del Governo.
— Scrivono da Dresda in data 21 ottobre: “ La prima
rappresentazione del Rienzi, grand’opera in cinque atti,
parole e musica di Riccardo Wagner, ebbe luogo jeri
al teatro della Corte, ed ottenne un successo sì clamoroso
che sarà notato nei fasti della nostra scena lirica.
Non mai l’entusiasmo del nostro pubblico, d’ordinario sì
calmo, si manifestò con più strepitosi applausi. L’esecuzione
fu perfetta. L’Amministrazione sfoggiò un lusso
straordinario per la messa in iscena di quest’opera rimarchevole
sotto tutti gli aspetti. Le parti principali
affidate ad artisti di primo ordine, come madama Schroedcr-Devricnt
e il signor Tichatschck vennero rappresentate
e cantale col raro talento che li distingue.,,
— La centesima rappresentazione del Freyschiitz ebbe
luogo ultimamente a Dresda; la serata fu delle più brillanti
che si vedessero da un pezzo. Madama SchroederDevricnt
sorpassò se stessa. 1 capolavori della scuola tedesca
non ponno essere degnamente apprezzati se i cantanti
non vi spiegano tutti la potenza di un distinto ingegno
artistico; guai se si accontentano di far effetto coi
soli passi di sortita, e non si curano della generale economia
drammatica e musicale ond’è costituito il sostanziai
merito di quelle opere dettate con vigore di poetica
fantasia!
Alla solenne rappresentazione del Freyschiitz ora accennata
assistevano la vedova e i figli di Weber.
— Scrivono da Copenaghen in data 10 ottobre. - L’arte
musicale ha ora fatta una grande perdita per la morte
del celebre compositore Weysc, mancato ai vivi in età
di 68 anni. Le sue Opere ed Oratorii gli assicurano un
posto distinto fra i compositori».
— Prima rappresentazione nella Festa Musicale di
Norwich del recentissimo Oratorio del maestro Spohr,
intitolalo: lì caduta di babilonia. — Se questa festa
musicale, datasi a Norwich nella seconda metà dell’or
scorso settembre, fu una delle più brillanti ch’ebbero
luogo in Inghilterra, convien dire che il maggior suo
splendore fu l’eccellente esecuzione del sumcntovato Oratorio,
appositamente a tal uopo composto dallo Spohr.
Sgraziatamente egli non potè dirigerla in persona. Pertanto
il signor Taylor, affezionatissimo del celebrato maestro
alemanno, fece del tutto, onde la esecuzione riuscisse
ottima in ogni verso; e siccome la sala ove fu fatta, non
poteva accogliere le migliaia di persone accorse a sentirla,
ad onta del prezzo d’ingresso di una mezza ghinea, così il
signor Taylor promise di ripetere l’Oratorio ne’giorni
susseguenti.
Gli esecutori cantanti furono: le signore Corradori,
Rainfort e Ilawes; i signori Balfe, Hobbs, Philipps,
Young e Walter. II maestro ha saputo dipingere le situazioni
ed i caratteri particolari di questo suo nuovo
Oratorio con una tale finitezza, che i diversi variati quadri
compongono un magico tutto, ch’eccitò l’ammirazione
degli uditori. I giornali inglesi combinano ne’ grandi
elogi su questo nuovo componimento del sig. Spohr,
il quale gode pur grande rinomanza nel loro paese.
(Dalla G. U. M. di Lipsia).
SCOTE PUBBLICAZIONI MUSICALI
dell’i. r. stabilimento nazionale privileg.0
di GIOVANNI RICORDI.
RIMEMBRASSE
DEM,’ OPERA LUCREZIA BORGIA
jyer Pianoforte
DI
-15752 Op. 10. Fr. 4 75.
ESERCIZI GIORNALIERI
®i sm
BASATI SULL’ESPERIENZA 1)1 MOLTI ANNI
DI
Min Man
13913 Fr. 9.
MOTI HITOM
Diviso in tre parti
DI
mutisco nomo
12605 Parte I, contenente le Teorie preliminari,
le Scale, Lezioni ed Esercizj su gl’intervalli,
e diversi Solfeggi Fr. 12
13097 Parte II, che tratta delle Scale volate,
Esercizj sulle medesime, dell’Appoggiatura,
dell’Acciaccatura del Gruppetto c Mordente,
delle Noteslaccate, del Trillo e delle Scale
cromatiche, coi relativi Esercizj e Solfeggi» 12
La parte III verrà pubblicata in seguito.
Melodramma in £ atti «li Felice Romani
MUSICA DEL 31.°
ALBERTO MAZZUCATO
L’Opera completa per Canto con accomp.
di Pianofòrte Fr. 50.
Vendesi anche in pezzi separati.
«ÈRE MUSICALE
MELODIES FAVORITES
transcrites yoar le Piano
dans an style brillant
Op. 97.
14231 N. 1 La Romanesca, Rondeau.. Fr. 1 75
14235» 2 Andante final de Lucia di Lammermoor
de Donizetti, varié.» 1 75
XZtigntelle potu* le JPiano
SUR UN 3IOTIF DE
-1587o
i. wmm
Op. 50, Fr. i 75.
DlVBimSMMIMT
EN forme de rolero
t>aar le Piano
Op. 09. - N. -i.
■15879 Fr. 2 25.
DIVERTISSEMENT
EX FORME DE FANTAISIE
Itour le Piano
PAH
IDs WOIFP
■15880 Op. 09. - N. 2. Fr. 2 50.
GIOVANNI RICORDI
EDITORE-PROPRIETARIO.
Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato
di Calcografìa, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVANNI RICORDI
Contrada deyli Omonimi N 4750.