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DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
GLI ARTISTI
MELODRAMMATICI
ARTICOLO n. (a)
nei medesimi che ad onta d’ogni
Dlogico ragionamento esaltano ìl’epoca nostra come la migliore gj delle età musicali, gridano non P^sussistere ciò che questa nostra Gazzetta vien dimostrando, che gran colpa dell’attuale deterioramento dell’arte vuol attribuirsi all’ineducazione, all’insufficienza dei cantanti, la cui maggior parte è incapace di comprendere perfin gli elementi del suo mestiere. All’incontro non si stancano di vociferare quello che noi già raccontammo, che gli scrittori della Gazzetta musicale camminano per una via la quale non si sa a qual meta potrà condurli: videbimus infra. All udirli costoro cosi nelle parole come negli scritti, questo nostro mondo, si pieno d’imperfezioni e di miserie, in fatto di musica non sarebbe ridondante che di perfezioni e di meraviglie. Ad ogni riapertura di teatro, ad ogni mutar di stagione, ogni settimana, ogni giorno, ogni sera, ecco apparire un nuovo prodigio, una nuova stella, un nuovo incoronato. Le prime donne assolute e le non assolute, i primi tenori di cartello e quelli senza cartello, i primi bassi serj e i primi bassi comici snidatisi fuori dalle quinte come le allodolette alla primavera. Chi è di mente sì disgraziata che possa niegare all’epoca nostra la supremazia dell’arte melodrammatica? Il teatro non fu mai tanto ricco di eccellenti artisti, come il mondo non fu mai tanto popolato di teatri!... Tizio ha una voce di tenore di cui la più cara non fu mai udita. Il suo canto, oh il suo canto è un’espressione soprannaturale, è una favella sconosciuta, è una rivelazione del cielo. La sua persona, dicono alla classica, è bella come quella di un Apollo, o per lo meno come quella d’un Adone. Egli è il sospiro di tutti i cuori cedevoli alle attrattive del bello; è l’invidia di tutti coloro che vorrebbero avere una bella voce e una bella persona per susurrare un accento d’amore ad un orecchio vagheggiato che loro non sapesse resistere. Tizio è un essere privilegiato disceso tra gli uomini per essere la delizia, la tenerezza, l’ammirazione di tutti. Di simili cose i giudici auricolari, i giudici di moltitudine riempiono le sale dei caffè, le aule delle conversazioni, i salons delle soirées musicali; e gli articolisti a buon mercato, (a) Vedi il foglio N. -43-44 di questa Gazzetta. i gazzettieri teatrali, i trombettieri della fama ne rimpinzano le colonne delle loro cronache e delle loro [gazzette. Che importa poi se, meno il prestigio della voce e le forme turgidamente contornate dalla felicità, etrli non ha altro pregio morale che 10 raccomandi? H) Che importa se la sua intelligenza è quasi nulla, se ogni buon principio dell’arte gli è sconosciuto, se canta e si move il più delle volte a controssenso, se arresta la melodia quando appunto dovrebbe procedere, e l’incalza allora appunto che dovrebbe allentarla, se affila ed ammorza la voce quando dovrebbe vibrarla in tutta la sua gagliardia, se accelera e ritarda i metri in maniera che l’idea originale del compositore sia interamente svisata? Che vale infine s’egli non arriva al termine della stagione teatrale senza divenire 11 fastidio e la noja di tutta quella parte di pubblico eli’è dotata di senso comune? II teatro non fu mai così ricco di virtù melodrammatiche! Cajo fu gettato nel mondo da una stella di sventura. Nato nel popolo ed educato nel popolo, egli aveva corsa la carriera per cui suo padre l’aveva incamminato. Suo padre era artista di gastronomia ed egli pure erasi fatto artista gastronomo. Un bel giorno per altro s’accorge che la sua voce era suonante e che il suo petto era robusto. Le sue gambe eran diritte e le sue spalle erano ben formate. Non potrei io cangiar di mestiere? dice^allora fra sé. Di pasticci e pasticcieri ve n’-è dovizia in tutte le arti, colla sola differenza che in alcune i pasticciatori fanno fortuna, in questa mia non si acquista nulla di meglio che di finire abbrustolati. Tenterei io una cosa impossibile? Polche i sapienti sostengono che il tentare non nuoce, aneli’ io tenterò. E all’indomani il fabbricatore degl’intingoli, ritto davanti a un gravicembalo si gonfia di compiacenza sentendo come la sua voce discenda fino al mi sotto le linee e sale fino al fa sopra le linee. Egli vagheggia cogli occhi della mente uno stato ìli prosperità favoloso, poiché il maestro che gli ha provata la voce gli ha premesso trenta mila franchi all’anno dopo due anni di scuola. E dopo due anni di scuola, mercé il progresso maraviglioso del secolo e la prodigiosa diffusione dei lumi, egli è in grado di fare la sua prima comparsa in un teatro di provincia. 1 provinciali non sono (1) Crediamo opportuno protestare che nessuna benché lontana allusione abbiamo inteso di fare nè in questo nè in altro passo del presente articolo. Le pitture clic in esso si riscontrano,Jse pur hanno qualche evidetwa poetica, sono tolte interamente daU’imuiaginaiione. mai nè tanto raffinati nè tanto schifiltosi; egli piacerà dunque come piacciono tutti. E il novello cultore della più soave delle arti incomincia la sua carriera sostenendo la parte del Furioso. Per verità egli è di carattere furioso niente affatto; è impacciato in tutti i movimenti suoi; non comprende nò può comprendere che sia simulare un personaggio; stuona il più delle volte; canta col sentimento drammatico d’un pappagallo; si perde nei pezzi concertati; mala sua voce è forte, è limpida, è metallica; ella si può udire chiarissima fin nel vestibolo del teatro come quella di Galli, come quella di Lablache, come quella di Remolini. - 11 teatro non fu mai così ricco di virtù melodrammatiche! Donatilla è una leggiadra creatura comparsa nel mondo non si sa se dall’alto o dal basso, se dalla creta o dalle nubi. In un tempo in cui la virtù delle gambe vale per tutte quelle dell’intelletto e del cuore, Donatilla fu di buon’ora avviata nell’arte sublime delle Taglioni, delle Essler, delle Cerrito; ma la natura che I’ ebbe favorita di tutte le grazie di Venere terrestre, le niegò il genio di Tersicore, ed ella non potè uscir mai dall’oscura condizione delle seconde ballerine. Alfiiicontro le aveva prodigato non solo il dono della bellezza, ma quello ben anco di una discreta voce che iioteva essere formata al canto. Se non che l’arte del canto non s’apprende senza uno studio spendioso; ed una povera fanciulla priva d’ogni ricchezza come può sostenere il dispendio gravissimo di un maestro, provvedere un pianoforte, acquistare sempre nuova musica, se in suo sussidio non scende la protezione di qualcuno? Per ventura la bellezza in bisogno è la sola che quaggiù non manchi di protezione. II protettore cade d’improvviso dal cielo; e la povera ragazza abbandona l’arte a cui non aveva vocazione per darsi ad un’altra assai meno faticosa senz’essere meno lusinghiera. L’opera pietosa non si stanca così tosto; essa trova un compenso nella sua stessa virtù; e dopo alcun anno, mercè le attente replicate lezioni d’ogni giorno, ella si produce al teatro per essere una prima donua melodrammatica. Lo stare in iscena non è per lei un gran fatto, perchè da più anni è usa ad atteggiarsi graziosamente davanti a mille occhi intenti a riguardarla. Ella ha dunque una difficoltà di meno da superare; e il patrocinatore, che non intende lasciare a mezzo la sua intrapresa, non solo la sostiene in ogni sua necessità, ma le procaccia eziandio una buona scrittura, buona, vale a dire, non per dovizia di lucro, perchè gli esordienti non lucrano mai, e spesse volte all’opposto ci perdono, ma per l’onore che può recarle un teatro di chiara rinomanza. Ella fé’ il suo debutto, e la riescita fu quale poteva essere quella di un’anima che non possiede in alcun modo l’istinto delle arti belle. L’uditorio la trovò meschina, troppo inferiore al posto a cui fu sollevata; avrebbe voluto darle manifesti segni di disapprovazione, ma, più clemente, 1 ha compatita perchè non sa mai essere crudele colla bellezza. Basta in questi casi il compatimento. E la mano protettrice che non si stanca di sostenerla, stende, correnti calamo, un articolo che manda al giornalista teatrale, nel quale è significato al pubblico che l’esimia esordiente ha fatto trasecolare gli spettatori colla soavità della sua voce, colla maestria del suo canto, colla piacevolezza del suo portamento, coi mille suoi pregi che promettono in lei una gloria all’arte musicale. È vero che coloro che conoscono la cosa s’indispettiscono leggendo stampate cosiffatte menzogne e si scandolezzano della venalità dei novellisti teatrali; ma intanto i vantatori del nostro tempo hanno un’occasione di più per ripetere ancora che il teatro non fu mai così ricco di virtù melodrammatiche. Con simili campioni, i fautori delle presenti grandezze musicali vengono combattendo contro chi sostiene il decadimento dell’arte. A noi pare che nessun tempo sia più perduto che quello di confutare siffatte vanterie. Chi si ricorda che il moderno teatro italiano si è gloriato dei nomi d’una Banti, d’una Balsami, d’una Fodor, d’una Pesaroni, d’una Belloc, d’una Morandi, d’una Bassi-Manna, e d’altre simili brave donne, vede cogli occhi proprj come l’età presente non sia pareggiabile alle passate. Senz’altro ragionare delle attuali mediocrità, basta il dire che Giuditta Pasta ha abbandonato il teatro e che Maria Malibran è morta. Crediamo che ogni gente di criterio sarà concorde nel convenire che gli astri di queste artiste stanno là inecclissati dagli splendori delle viventi celebrità. In egual modo, parlando degli uomini, risplendono soli, benché ornai ai crepuscoli dell’occaso, gli astri di Rubini, di Lablache, di Tamburini. Nessuno ancora ha compensata la scena della perdita di Filippo Galli. Dopo queste verità e dopo questi nomi, sostenga chi vuole che l’arte musicale è oggidì in grand’auge. Certo, a prestar fede ai giornali, i trionfi, i fanatismi, gli entusiasmi, le ovazioni, le incoronazioni sono all’ordine del giorno. Ma chi non ignora come coteste cose si ottengono con mezzi ignobili anziché col vero merito, non ha ragione a stupire che della buonanimità e della malizia degli uomini. I cantanti si fanno lodare retribuendo una mercede più o men generosa secondo il rango del lodatore. Associatevi ai giornali, dicono i provetti ai novizj, e state certi che il giornalismo non vi maltratterà. All’incontro non avrete che a lagnarvi di voi se penserete di poter farne di meno. I pregi vostri passeranno inosservati, e non si parlerà di voi ciie per mettere in bella mostra le vostre magagne. Non costa dunque gran prezzo il farsi portare in Campidoglio dalla stampa; nè tanto meno occorre di spargere grandi sudori. 11 sentiero della gloria in virtù dei miglioramenti del secolo è divenuto, come tutti gli altri, egregiamente praticabile. Alle 202 — officiosità del giornalismo, tengono dietro altri molti mezzi facili, tutti di moderna invenzione per agevolare ed appianare la via del teatro musicale. Un tempo i cantanti, che non si chiamavano artisti, ma semplicemente virtuosi, passavano dall’una all’altra città, dali’una all’altra provincia, non d’altro sostenuti che dalla coscienza del proprio sapere, dal lustro e dalla propria riputazione; ora viaggiano con altri sussidj. Non avendo valentia sufficiente per reggersi da sé, s’appoggiano ai mezzi ajutatori dell’industria, provvedendo i loro convogli di una scorta più che posson maggiore di commendatizie; e purché si riesca, ogni spediente è buono. Così non è infrequente che le giovani prime donne rechino lettere di raccomandazione a giovani galanti, i quali mettono sossopra tutta la città per giovare alle loro raccomandate. Un lione solo basta per avere il partito di tutta la lioneria. Le raccomandazioni poi s’estendono alle dame, ai cavalieri, ai negozianti, ai mercadanti, ai merciajuoli, e tutti, coni’ è ben naturale, per gentilezza e per educazione non possono ricusare l’ajuto del loro suffragio e della loro protezione. All’ultimo de’casi accordano la tolleranza. Ciò che serve alle prime donne serve ai tenori, serve ai baritoni, serve ai bassi cantanti e ai bulli comici; e la corrispondenza di favore è messa all’ordine del giorno come i fanatismi e gli entusiasmi. l)i qui vengono i sonetti degli ammiratori, le odi degl’imparziali, le pioggie di fiori, le offerte dei bìjotix, i tributi degli allori; e vengono pure di qui le illuminazioni a giorno. E sola una pianta che dà una moltitudine di frutti. L ignoranza sublima la meschinità; le mene e gli intrighi cangiano e sommergono il voto pubblico; la stampa mette l’ultimo suggello all’inganno. Ed intanto l’arte che avria bisogno dell’ingegno, dello studio e dell educazione per sorgere rigogliosa e feconda, langue isterilita perchè caduta in mano d una specie di gente che non sa nè può concepirla, e d una più colpevole stirpe mercenaria che adopera ogni mezzo per farla perire. G. V. Ili ROBERTO ìli OlAYOÌiO di IlEYEnBEEn, in Italia. La Gazzetta Musicale di Parigi pubblica un Carteggio particolare, in data di Italia, che noi crediamo conveniente riprodurre, onde i nostri lettori ci facciano intorno le riflessioni più naturali.» La grande notizia del giorno (sono queste le precise «parole della lettera che citiamo) è l’immenso effetto ■ che produce dovunque lioberto il Diavolo, Opera che «al presente fa il giro d’Italia dopo avere per cosi dire «fatto precedentemente il Giro del mondo, perocché
- essa fu rappresentata de Vilna e dal fondo della Nor■
vegia, Duo al Brasile, tino ali’ Isola Maurizio e al Ca■ licut! (1) ■ Or fa due anni all’incirca, Firenze, mercè il celebre
- Impresario Lanari, prese l’iniziativa di far udire agli
«italiani questa musica tanto in contrasto con tutto «quello cha per loro si compone e si canta tutti i giorni. «il successo dell’Opera andò crescendo nella propor«zione del numero delle rappresentazioni; alla decima «eravamo al furore. Lo spartito di Meyeerbeer, schiac«ciò tutte le altre Opere rappresentate durante la sta«gione, e fu duopo ricorrere ripetutamente ad essa. ■ Bue artisti francesi ebbero la gloria di questa inter«prelazione gloriosa, il tenore Carlo Dumas, il quale. colse molta lode anche a Bordò, e Mila Sofia Mequil«lei, che al presente e tanto applaudita al grand’Opera
- di Parigi.
• L’anno susseguente Lanari diede di nuovo il Ro* berlo il Diavolo ai Firentini (2). Sucessivamente» quest’opera comparve su diversi teatri della Toscana
- e dappertutto con bell’esito, con esito sempre maggiore. a seconda del numero delle rappresentazioni, il che è
° facile a spiegarsi. E non dimeno si può ben scommettere (f) A Milano al grande teatro della Scala non fu ancor dato. (2) Lo scorso Carnevale si rappresentarono a Firenze anche gli Ugonotti, con grande esito. Ne fu parlato in questo foglio. • che i cantanti non Tran tali da sapere degnamente «concepire e interpretare questa elevata e maschia mu* sica. Epperò è tanto più grande la gloria dell’autore! “ Per ultimo, questo stesso anno un nuovojjlmpre“ sario intraprendente ed attivo, il signor Fabrizzi, volle “ esso purei mettere in iscena Roberto il Diavolo, onde “farlo apprezzare ad altre provincie italiane ove non “ erasi trasferita la compagnia cantante di Lanari. Trie“ ste fu la città trascelta pel nuovo tentativo. Di certo “ la Compagnia non era del valore di quella colla quale “ venne per la prima volta inaugurato a Firenze il mu<c sicale capolavoro. Perocché una sola cantante di vero “ merito vi fu scritturata. Questa prima donna, questo “ puntello, questa colonna della compagnia fu la signora “ Maria Corini, giovine e bella artista ecc. “ In breve, Roberto il Diavolo fece a! fine la sua “ comparsa a Trieste, e ristorò in singoiar modo gli af•£ fari dell’irnpresario.Fabrizzi (3), dissestati un pochino “ da altre Opere infelicemente sortite. La riuscita del“ l’opera Meyeerberiana data a Trieste fu sì grande che “ ogni sera cravi posto in teatro per la sola metà delle “ persone che accorrevano. Da Trieste la Compagnia “ passò a Padova ove teneasi I’ annuale radunanza dei “ dotti Europei (4). Anche in questa piazza Roberto il “ Diavolo destò all’entusiasmo la grave assemblea, e “ la Corini divise con madama Taglioni le glorie della “ fortunata stagione teatrale. Per ultimo, dalla città dei “ dotti, il Roberto il Diavolo fece passaggio a Venezia. “ Venezia, fra le italiane città la più schizzinosa in fatto “ di musica; Venezia per la quale Rossini, IDonizetti e “ Mercadante scrissero molti dei loro capolavori; Vene“ zia che formò e logorò la fama di non pochi grandi “ cantanti e|che rimpiange i passali suoi giorni teatrali, “ Venezia vide il [capolavoro musicale oltremontano “ invadere il suo teatro, e Venezia.... {applaudì. La prima sera, poco; tulta la festa fu per Maria Corini, peroc“ chè ella è cantante di tal merito che colpisce a primo " tratto. Le vennero gettati addietro dei brava in tanta “ profusione da non sapere ella più che |cosa farsene jl “ La seconda sera l’Opera guadagnò in favore; la terza “ ebbe del successo, la iquarta il termometro sali dal ’• grado temperato al caldo, poi al furore, poi jeri, al “ fanatismo. Chi sa che cosa sarà domani? „ “ Decisamente Venezia è una città piena di gusto: ella “ fischia spesso. Il suo teatro pèr quanto vasto, c troppo “ piccolo al bisogno. La Taglioni però non è fischiata certo: “ non si parla che di Roberto il Diavolo e della Co" rini. Ecco a qual punto sono le cose! „ (5) (3) Il Roberto il Diavolo ottenne a Trìesleun brillan te esito malgrado le molte alterazioni cui venne sogge ttata la partitura nella sua parte jmusicale, indipen dentementc dai mutamenti fatti nel dramma, i quali furono richiesti dalle speciali convenienze deljlcat.ro. Di questi nessun carico era a darsi alla direzione dello spettacolo; delle alterazioni musicali, dettate o da poca dottrina o da falso gusto, tutta la colpa voleva attribuirsi a chi osò pigliarsene il riprovevole arbitrio. (4) Il Congresso scientifico tenuto a Padova, non che gli altri dai quali fu preceduto negli antecedenti anni, si compose per la più parte di scienziati italiani. (5) L’aver dato questo cenno della varia fortuna ottenuta finora sulle scene italiane dalla più grande Opera della scuola tedesca moderna ci fa stimar conveniente il riprodurre la bella analisi che di questa filosofica musica offerse nell’appendice della Veneta Gazzetta il signor A. Reni. In essa sono molto vivamente e con non volgare dottrina e gusto accennati i pregi di uno spartito cui la sola ignoranza presuntuosa può osar di ricusare il vanto di sublime per non concedergli che il pregio dell astrusa scienza. Veggasi ora l’articolo del signor Berli, e si osservi quanto nelle generali massime di critica musicale esso concordi coi principi e colle vedute della nostra Gazzetta. L’ESTENSORE. CRITICA TEATRALE. SlMil MUSICA di Boberto il Biavolo. Giudicare del Robeito il Diavolo sulle norme della jmusica italiana, come sentii da molti, è falso consiglio: in ogni opera d’arte e’fa d’uopo tener conto delle influenze che i luoghi, i tempi e le costumanze vi esercitano; poi, se si voglia, scendere ad un giudizio comparativo. Noi, usi a pezzi musicali in cui tutto è ordine e misura prestabiliti; ove all’andante tiene dietro 1 adagio, a questo la stretta^ e i periodi si svolgono, sto per dire, con una magniloquenza ciceroniana, e c’è prima e seconda parte che si rispondono, e cadenze che s’indovinano; a noi, usi a sentirci molcere l’orecchio e muovere il cuore con cantilene facili, semplici, che a prima giunta s’apprendono e si ripetono, a noi, dico, tornano strani ed inconcepibili que’modi musicali rotti, quelle frasi concise, quelle forme involute, che di rado si spiegano in un canto piano ed aperto. Ma chi mette in cima ad ogni amore di parte la verità, dee confessare che quella musica non è sì barbara, come altri suppone, e contiene anzi somme bellezze. Non voglio adesso entrare in questione quale delle due si meriti la preferenza-, io starei certo per quella che intesi fanciullo, a cui si stanno congiunte le mie più soavi rimembranze, musica che armonizza colla bellezza del nostro cielo, col tepore delle nostre notti d’estate, colla nostra anima poeticamente passionata, che avida di forti e lunghe sensazioni non si contenta di sfiorare il piacere, e rifugge inorridita dal notomizzarlo scientificamente, ma vuole fruirlo pieno, intero, fino all ebbrietà. Però, non è raro che in quella nostra lussureggiante ricchezza d immaginazione, la parola che la musica drammatica si assume infine di comentare, venga o mal intesa, o spiegata a capriccio, spesso per inesperienza od intolleranza di chi scrive; ma alcuna volta, bisogna confessarlo, per l’onnipotente necessità di servire ad una inveterata abitudine, e al bisogno, non so quanto generoso, di un plauso ottenuto prontamente e dalla universalità. Nel Roberto il Diavolo, che prendiamo adesso come tipo della musica settentrionale, il periodo procede rotto e a salti, ma l’apparente disordine è ordine perfettissimo, quella che sembra bizzarria e confusione è magistero pensato. Il Meyerbeer non versa un torrente di note su quattro parole, non bada che i versi sieuo disposti a quartine o a recitativo-, ma a seconda che le parole esprimono suoni materiali o concetti morali, che gli affetti sono lieti o melanconici, tenebrosi o sereni, miti o furiosi, che il dramma tende ad eccitare la meraviglia, il terrore, la compassione, la musica imita il suono, spiega l’idea, dà forza all affetto e serve potentemente alla situazione drammatica. Ora una musica di sì fatta specie può non piacere, non essere intesa, ma non merita che la si lasci inascoltata o derisa. Seguire fedelmente il senso della parola, acconciarsi a tutte le bizzarrie di questa sovrana del creato, farsi lieta con essa e mesta, e terribile, e supplichevole ed angosciosa, accelerare il cammino, rallentarlo, romperlo, ricominciarlo, non arrestarsi dinanzi agli ostacoli, e riposare quando meno se ne avrebbe di bisogno, è anch’esso un modo di raggiungere molto dignitosamente lo scopo dell’arte. Qui potrei citare a centinaia gli esempi. L’orgia che dà principio al dramma è lieta, pazza e romorosa, e il motivo è ripetuto sovente, perchè nel vivo Eiacere e nel profondo dolore gli uomini anno poche e solenni parole, ripetizione che i più attribuivano a povera fantasia; la ballata del contadino normanno ha la mesta semplicità del canto dei menestrelli; Roberto presenta ad Alice il diavolo, che sotto le spoglie del Beltrame crede suo amico, con una pastorale spirante ingenuità e fiducia, stupendo contrasto fra ciò che ignora l’attore e il pubblico sa,- nel giuoco dei dadi c’è un movimento dei violini, seguito da una volata dell’ottavino che imita perfettamente il suono del mescerli e l’atto del gettarli sopra la tavola. Non parliamo del walzer infernale; pochi pezzi mi paiono più magistralmente condotti. Sarà forse sottigliezza la mia, ma in quel canto del Diavolo, a cui gli spiriti d’Averno fanno l’accompagnamento con due note ripetute, a vicenda e’mi pare espresso il dominio da quell’ente malefico esercitato sopra di essi. Poi tace il frastuono e la musica si fa mite e serena: esce Alice, il genio del bene. Quanta sapienza in quel contrasto! Il bene ed il male scendono nella stessa arena a sfida mortale, e in quel dolce e carezzevole accompagnamento dei violoncelli, nel duetto fra Beltrame ed Alice, lo spettatore presente il trionfo dell’ultima. L’invocazione di Beltrame fra le rovine del monastero è qualche cosa di grande 5 cupa, rotta, in sulle prime, va facendosi sempre più piena di mano in mano che la voce del demonio ha potenza di penetrare gli avelli e sturbare i misteri terribili della morte, poi sul finire un prolungato squillo di trombe scende a destare i cadaveri; quasiché il Meyerbeei per conseguire un pieno effetto, volesse approfittarsi d’ogni popolare credenza. Così quando i fuochi fatui s’elevano e vanno quasi aliando sovra le tombe, la musica è lieve lieve, e sembra che ti accenni a cosa che vola. A me parve anche di sommo effetto quel ripetuto a solo di fagotti, eseguito nel tempo in cui i morti escono lentamente dagli scoperchiali sepolcri. Figuratevi un chiostro abbandonato da lunghi anni, divenuto asilo di gufi, coperto di rovine e di tombe, larve ravvolte nella sindone sepolcrale uscenti di sotto terra, traversanti la scena illuminata scarsamente da un pallido raggio di luna, e vedrete che nulla poteva meglio accordarsi con siffatta desolazione che il suono arido e monotono dei fagotti. E la musica che accompagna, per tutto il rimanente dell’atto, l’azione mimica delle risorte, avrebbe essa potuto in più degno modo sostituire la parola? Chi in quel lieto motivo, che succede al riapparir della luce, non sente la gioja della vita novella a cui quelle infelici si veggono evocate? Chi in quelle carezzevoli note della danza, allorché al sopravvenuto Roberto offrono il nappo della voluttà, non iscorge le lusinghe amabili e i molli vezzi con cui tentano sedurlo? Chi non si commuove a quei lamentevoli e prolungati suoni dei violoncelli, allorché lui rifuggente pregano di cogliere l’incantato ramo che sorge sulla tomba materna? Non parlo del canto di Isabella nel quarto atto: tutto il pubblico ne riconobbe l’alta bellezza col dirlo canto italiano. Anche l’atto quinto potrebbe essere fonte ricca di artistiche considerazioni; il coro dei solitarii cosi mestamente sereno, le preghiere sposate agli accordi dell’organo, le soavissime note elei tenore, e più che tutto il terzetto finale, sono pezzi in cui la novità dell’ispirazione va congiunta ad una profonda maestria d’istromentazione. Ma siccome di questi il pubblico più prontamente e più concordemente assentì la rara bellezza, così reputerei fatica gittata il parlarne. Dunque dai pochi cenni su questa grande ma astrusa creazione torna agevole il comprendere perchè lo spettacolo si avesse una fredda accoglienza, specialmente le sere prime, benché i cantanti ed i cori facessero del loro meglio a procacciarsi il favore del pubblico, e il bravo impresario signor Natale Fabrizzi lo avesse posto in scena con tanta ricchezza di scenario e di vesti e felicità di macchinismo, da emulare ciò che fu fatto nelle grandi capitali d’Europa. Padova 9 ottobre 1842. A. Berli. (t) Abbiamo qui troncato l’articolo, il quale continua facendo vivo rimprovero al giornale di Milano il Pirata per avere accennato alla rappresentazione del Roberto il Diavolo a Padova con parole non imparziali, ecc. Questa appendice polemica a noi parve inopportuna, epperò l’abbiamo ommessa.
NOTIZIE
VARIE. I.». TEATRO AULA SCALA. La sera di martedì ora scorso fu data Èer opera di ripiego la Gemma di Feriy. Ila è questa, dal più al meno, uno dei soliti zibaldoni da repertorio; cavatine, arie, duetti, finale a grande strepito d’orchestra e di banda; poi ancora duetti, arie e duetti, e tutta insomma la solita batteria di pezzi gli uni appiccicati in coda agli altri come meglio viene.... - Ma in questi pezzi, voi tosto mi ribatterete, in questi pezzi quante garbate cabalette, quanti graziosi motivi, che cari accompagnamenti, che belle frasi melodiche! In vero non sappiam negare che di simili pregi di seconda mano la Gemma del sig. Donizetti non sia ricca a sufficienza: e qual’è l’opera del celebre autore dell’Anna Bolena e della Linda di Chamounix che ne manchi al tutto? Qual’è l’opera di Donizetti, anche se la pigliate tra le tante sue di second’ordine, in cui la melodia non si spieghi più o meno gradevole e facile, e in cui lo stromentale non si lessa di amabili andamenti, e di intrecci ingegnosi? In questa Gemma la parte cantabile signoreggia sempre con simpatica eleganza; l’effetto teatrale, inteso al modo che lo intendono i meno schizzinosi, è più o men bene avuto sempre di mira e ottenuto!... Tutto questo vi concediamo... Ma e come vanno poi le cose in quanto a originalità di forme, di pensieri e di locuzioni, a unità caratteristica nel concetto generale della composizione, a giusta rispondenza del senso poetico delle diverse scene col significato musicale dei pezzi, a filosofia di stile nel vocale e nella stromentazione...? Qui, qui è dove troveremmo a fare non pochi appunti se avessimo voglia di sobbarcarci in una lunga dissertazione umoristico-estetico-critica. Ma vogliamo assolverci da questa briga e liberar voi dalla noja che vi cagionerebbe. - Saltiamo quindi di slancio all’esecuzione. La signora De Giulii ha cantato con singolare maestria l’adagio dell’aria del primo atto. Il passo di carattere dell’ultimo tempo fu detto con un po’più di esitazione e di fatica. Ma è sì comune, è sì scolorita l’orditura di quelle frasi, che in verità perdoniamo alla cantante di non aver saputo degnamente ispirarsi. Il finale dell’atto primo andò poco men che sossopra, almeno la prima sera, e noi poi osiamo affermare che, anche con un diverso complesso di parti principali cantanti, la signora De Giulii non avrebbe saputo uscir con onore da quel labirinto di modulazioni stiracchiate e di frasi a tessitura ostinatamente alta e forzata W. Questo preeiudicievole vizio invalso nello scrivere de’compositori italiani dell’epoca in cui prese voga e venne abusato il così detto genere tragico-lirico, è molto sentito nella Gemma, e più. che tutto nel secondo atto in cui, credendo di ubbidire alle violente situazioni drammatiche e di dipingere con vigore le passioni recale dal poeta a una specie di parossismo, il maestro non avvisò che suppliva alla povertà di vera e buona e moderata espressione tragica, con una dizione musicale tutta a sforzo di voci acute e per conseguenza fatta a bella ap(1) Osiamo aggiugnere che questo finale del primo atto della Gemma e ordito e concertato con molta negligenza e difetta di chiari sviluppi e di corretto disegno nelle parti e nel tutto. In alcuni momenti di alla importanza drammatica, l’istromentalc procede con movimenti saltellanti e poco men che del genere comico. posla per rompere lo stomaco della cantante cui è aflidata la parte protagonista e infiammarne la laringe. E in fatto noi lasciamo decidere agli imparziali apprezza za tòri del bello melodrammatico, se è possibile assistere a tutfintera la recita di quel second1 atto senza provar pena al vedere una cantante dotata di tanto sentimento e di sì rare qualità, com’è la signora De Giulii, posta a quella specie di tortura fisica e morale! Dopo tutto questo ci si chiederà se avremmo il talento di spiegare per quai singolare ragione venne scelta codesta Gemma come opera di ripiego, mentre tante altre sene potevano riprodurre in cui la valente artista avesse a far prova della pienezza del suo sapere e della potenza del suo sentire in un modo un po più ragionevole e conforme alle buone norme della musica scenica. A codesta domanda ci vedremmo costretti rispondere per la più spiccia che in verità non ne sappiamo nulla... E a quegli altri cui piacesse interrogarci se crediamo che questo vecchio spartito sia stato tirato fuor degli scaffali del Ricordi per far brillare il giovine tenore Severi nella parte di TamasCO, o il signor Ferlotti in quella del Conte di Yergj, o, ecc., saremmo obbligati a replicare non in altro modo che col porci un dito sulle labbra chiudendo 1 articolo con una mezza dozzina di puntini I puntini adoperati a tempo sono d1 un grand1 aiuto! B. (1) La parte di Tamas è, a nostro giudizio, la migliore dello spartito, almeno per quanto riguarda la pittura del carattere ardentemente passionato c cupo del feroce schiavo arabo. Ma a bene comprenderla c interpretarla ci vuole un attore provetto ed esercitato ai sobrii ma energici effetti drammatici. Sarà ben difficile clic un esordiente sappia e possa farsi carico di tutta l’importanza di questa parte, della quale è a darsi lode in parte al poeta che, colla scorta di Dumas, nel Carlo VII, seppe bene idearla, e in parte al compositore il cui estro musicale diede più vivo spicco al concetto drammatico. Leggiamo nel Monde Musical «Tra le Opere dei fratelli Ricci, quelle che ottengono maggior successo, quelle che compongono il repertorio dei teatri italiani sono: Chiara eli Kosemberg, Un’Avventura di Sca: ramuccia, Eran due or so’n tre, Chi dura vince. É noto che il teatro italiano di Parigi manca di Opérasbouffes. Qual cosa più facile per esso che far scelta tra le Opere comiche or nominate! Ma la direzione di questo teatro s’ò ben guardata dal far questo. Un’Avventura di Scaramuccia fu ben data in Francia, ma fu il teatro di Versailles che la rappresentò la prima volta. Finalmente una nuova Opera d’uno dei due fratelli Ricci ha ultimamente ottenuto un clamoroso successo, c per conseguenza fu giuocoforza che il teatro Italiano si decidesse, e promette ormai il Corrado d’Altamura 1 dopo la Linda di Chamounix. - Il poema, aggiugne lo stesso giornale, parlando del merito del libro del nostro Sacchéro, offre delle situazioni interessanti. Che cosa si vuole di più? Insomma Corrado d’Altamura è un’Opera che deve piacere in Francia». — Nello stesso giornale leggiamo - Lablache continua ad essere malato: alcuni giornali attribuir vollero questa malattia, che a dir loro sarebbe simulata, a qualche malcontento dell’artista verso la direzione - Per conto nostro possiamo dire che Lablache è malato davvero; per ciò che riguarda i malumori ch’ei può avere contro il suo teatro, non ne sappiamo nulla, ma non ne saremmo punto meravigliati. Si sa in fatto che a Lablache figlio era stata assegnata una sola parte, a Parigi, quella di Figaro nel Barbiere di Siviglia. Ora anche questa gli fu tolta da Tamburini, cantante che comparisce in tutte le Opere. Non si negherà almeno che dal lato di Tamburini, e astrazion fatta di tutti i diritti ch’ci potria avere su questa parte, non fu il suo un tratto da buon camerata». Abbiamo voluto riportar queste righe per dar argomento aùiostrillettori di persuadersi, se pur ne fossero in dubbio, che non solo presso i teatri d’Italia si agitano le piccole passioncelle artistiche tante volte indarno sferzate e derise, e che non i soli giornali teatrali della nostra penisola sono bravi nel fomentarle e nel pigliar parte in certi pettegolezzi da camerino, che dovrebbero stimarsi immeritevoli di essere comunicati al pubblico. Giustizia vuole però che riporci tiamo un passo d’un altro giornale ove il caso della indisposizione di Lablache è offerto sotto ben diverso aspetto. Ed ecco quanto leggiamo nella France musitJMA cale a proposito de! teatro italiano di Parigi. «Ci è grato di poter annunziare che la malattia di Lablache non è punto grave. Il grande artista rieomparirà quanto prima sulla scena della quale e’ sarà per un pezzo la più solida colonna. Coloro i quali ebbero a dire che Lablache era più indispettito che malato, non conoscono il carattere e la bell’anima di questo artista. Alia fine dello scorso mese, quando gli si presentò il mandato dei suoi assegni da firmare, egli ebbe a rispondere che non avendo cantato che una sol volta ei credeva dover rifiutar la somma che gli era dovuta in forza del suo contratto. Da questo tratto si può giudicare dei sentimenti di questo eccellente artista». — Il sig. Balfe, quel noto cantante inglese di nascita, ma educato alla scuola italiana, che i nostri filarmonici ricorderanno aver udito parecchi anni fa al Carcano. sta ora componendo uno spartito per l’Opéra-Comique di Parigi. Si dice anzi che sia già pressoché terminato. Il sig. Balfe si propone di fermar sua dimora in Parigi, ove darà delle lezioni di bel canto. — L’Accademia delle Belle Arti presso il R. Istituto di Parigi, in una delle sue ultime sedute ha deciso, dietro proposta della sezione di musica, che c’era necessità di nominare un professore di composizione da sostituirsi al defunto Cherubini. I compositori che si offrono candidati al nobile impiego, sono, al jdire deWEcho français, i signori Adam, Berlioz, Biondcau, Caraffa, Dourlen, Rigel, Thomas e Zimermann.; Nella prossima seduta l’Accademia chiuderà la lista de’ candidati ch’ella ammette al concorso, poi in un’altra seduta essa discuterà i titoli rispettivi prima di fissare il giorno deH’elezione. — Il ministro dell’interno (Parigi), avendo avuto notizia che il defunto celebre violinista Baillot lascia una vedova e una figlia senza altra risorsa che una pensione di 800 franchi, ha accordato alla signora vedova Baillot una indennità annua di franchi 42UO. — Al teatro reale dell’Opéra-Comique, a Parigi, s’è data giorni fa la prima rappresentazione d’una nuova Opéra-Comique di Scribe intitolata: Le Iiiosgue. A quanto se ne legge ne’ giornali parigini, non è lavoro di importanza. - La musicaci certo signor Mazas, è tal che, al dire, della Gaz. Mus. di Parigi, non metterà sossopra l’arte, essa non rinoverà punto le forme della melodia; essa non arricchirà certo di molto la scienza degli accordi di nuove combinazioni armoniche, e non aumenterà d’un filo le risorse della stromentazione d’altronde già sì ricca a’ nostri giorni; se non che il modesto autore di questo Kiosque non ha punto tutte queste pretese. La sua nuova composizione è ben del genere dell Opéra Comique, come la vogliono ancora molti amatori. Franco ne è lo stile, chiaro le idee, nè mai il canto procede imbarazzato dall’orchestra». — Una nuova Opera di Auber, il celebre autore della Muta di Portici, al presente direttore del R. Conservatorio di Parigi, si sta provando al teatro dell’OpéraComique. — Nel votare V aggiornamento della fondazione di un terzo teatro lirico, la Comissione speciale dei teatri regi di Parigi, si occupò di a migliorare al possibile la situazione de’ giovani compositori francesi che si lamentano di non poter far rappresentare i loro primi saggi al cospetto del pubblico. Essa emise il volo che delle rappresentazioni di nuove partiture teatrali abbiano ad aver luogo molte volte all’anno al reale Conservatorio di musica e di declamazione, e stabilì le basi di una combinazione che non potrà non riuscir utile all’arte e agli artisti senza pregiudicare in verun modo l’esercizio lucrativo dei teatri, il cui numero e la concorrenza inducono conseguenze sì funeste. — E ormai presso che certo che incelebre violinista Bériot sarà nominato al posto di professore di violino al R. Conservatorio di Parigi, in luogo del defunto Baillot. — Trovasi a Parigi il signor Rosenhain, celebre pianista; si assicura, così la Gaz. mus. di Parigi, ch’ei cederà quest’anno al desiderio manifestato sì spesso da diversi pianisti, inoltrati negli studii, di aprir loro un corso di insegnamento pratico, nel quale si eseguiranno specialmente dei pezzi concertati di tutti i grandi compositori di pianoforte, da Scarlatti e Bach fino a’nostri giorni. — Amsterdam. La decima sessione annuale della società dei Paesi-Bassi per l’incoraggiamento dell’arte musicale, venne presieduta ad Amsterdam, durante gli ultimi giorni d’agosto del 4841, dal signor I. De Vos YVoz. Il rapporto concernente i lavori delle varie sessioni, durante il decorso anno societario, ha messo in chiaro lo stato florido delle scuole e delle società di canto ed il progresso degli allievi che studiano l’arte a spese della Società, tanto a! Conservatorio dell’Aja quanto presso gli stranieri. Diversi giovani compositori hanno meritato il voto e gli incoraggiamenti della Società; la quale ebbe a deplorare la perdita di uno dei suoi membri emeriti più zelanti nella persona di Pacr, il celebre compositore italiano. — A Londra al Covent-Garden, ove la musica classica italiana è tenuta in grande venerazione, si sta ora studiando il Matrimonio Segreto di Cimarosa, e si ha lusinga che esso avrà piena riuscita, stante le cure che si pongono a che quest’aurea musica sia eseguita colla più squisita precisione. Il direttore del teatro e i principali cantanti sono persuasi che non deesi por mano ai capolavori dell’antica scuola italiana se non vi ha la certezza assoluta che abbiano ad essere interpretati con supcrior gusto ed intelligenza. A questo modo udite simili partizioni non riesce difficile agli intelligenti e alle persone colte il comprenderne le bellezze. — Atene 4 ottobre. - Il teatro della nostra Capitale, chiuso da più di dieci mesi sarà quanto prima riaperto, mercè le sollecitudini del Governo greco il quale ha dato di recente a questo stabilimento una nuova organizzazione. Ecco le disposizioni principali dell’ordinanza emanata a tale scapo. 1° Il teatro della città d* Atene è eretto in teatro nazionale. 2° sui fondi destinati alla pubblica utilità gli verrà assegnato un annuo sussidio maggiore o minore secondo le circostanze. 3° Si rappresenteranno su questo teatro la Tragedia, la Commedia, l’Opera in musica, il Ballo. 4° Tutti gli anni vi si rappresenterà, se è possibile, alcuno dei capolavori drammatici dell’antica Grecia che si trasmisero interi fino a noi. 5° La Direzione del teatro verrà posta sotto la sorveglianza di un comitato di sei membri i quali verranno nominati dal ministero. É inutile l’aggiungere che questo comitato verrà composto di persone stimale per alta coltura, squisito sentimento delle arti teatrali, e distinta posizione sociale. Lo spirito di speculazione c l’ignoranza non potranno in verun modo far deviare questa suprema comissione dirigente dalle norme che si è proposte, il cui scopo è favorire il progresso intellettuale e morale del popolo, non pascolare I a sua vana curiosità con frivoli e scipiti spettacoli, suggeriti dall’avido amor del guadagno. • — A queste notizie date riguardanti il teatro nazionale di Atene, aggiungasi quest’altra tratta da! Menestrel, che cioè quel teatro deve aprirsi colla tragedia di Sofocle P Antigone, coi cori musicati dal sig. MendelshonBartholdy. — Lunedì scorso, al teatro del grand’Optra di Parigi doveasi eseguire la grande Sinfonia trionfale e funebre di Berlioz dall’orchestra de teatro coll’aggiunta di altri settanta suonatori. — Un gentile anonimo ci avvertì di un errore incorso in uno de’ nostri articoli su Mozart. In esso articolo abbiamo detto che il gran compositore produsse il suo Mitridate sul teatro della Scala nel carnevale del 1771. Ora come poteva essere ciò, se il teatro della Scala non si aprì che nel 4778 coll’Opera di Salicri l’Europa riconosciuta? Lo sbaglio è grosso, c dobbiamo correggerlo coH’avvertire che non fu già al Teatro della Scala, ma si al Teatro Ducale ove si diede per la prima volta il Mitridate di Mozart. Però notiamo al sig. anonimo che nel nostro fallo non entra per niente il sig. Fétis, e la colpa di esso è tutta nostra, ed è da attribuire in parte al non essere noi abbastanza vecchi da poter ben precisare le date storiche riguardanti le nostre scene teatrali; il che per altro non è un gran male! NUOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI dei.l’i. r. stabilimento nazionale privileg.0 di giovawi kk oisim. IMPROMPTU BRILLANT fiotti’ le Piano sur l’opéha A A MASCHERA ED. WOLFF ’15878 Fr. 2 75. MUSICA DI gii® riti oli a iter Pianoforte nello stile facile DA LUIGI TRUZZÌ (Fascicolo 462 al 472 della Raccolta delle Opere sotto il titolo Souvenir des Opéras modèrnes) Zj Opera completa Fr. 44. Vendesi anche in fascicoli separati. ©EZ.MD DUO jpour JPtatto et Viotoncette SUR l’opera U CBEKIA BORCrIA be BOZZETTI PAR ED. WOLFF bt AL BÀTTA 13911 Fr. 5 50. GIOVASSI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Hall’I. R. StafeiUisBicrato Aaziosiaìe Driviiegiato ili Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVARVI RICORDI Contrada dajli Omenoni N. 17.0.