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v. che avvenga dei brani delle rocce staccati
dagli agenti atmosferici
ossia della formazione del suolo vegetale.
143. Raccogliete da un campo, da un giardino, un pugno di terra, e osservatelo attentamente. Di che è formato? Pezzetti di rocce decomposte, grani di sabbia, particelle d’argilla, e qua e là sparse fibre vegetali; il tutt’insieme forma un terriccio che deve il color nero alla decomposizione d’ogni sorta di reliquie di vegetali e d’animali. Vogliamo ora sapere come quei materiali di così diversa natura si trovano così uniti a formare un tutto, che presenta dovunque un così enorme sviluppo.
144. Ricordiamo primieramente il fenomeno così universale della decomposizione della superficie del globo, che si indica coi nomi di degradazione, di erosione o simili. Benchè le rocce si scompongano in frantumi che l’acqua disperde, sicchè la mole delle montagne va diventando d’anno in anno più piccola, la superficie della terra non perde neppure un atomo della materia di cui è composta. Le rocce si decompongono, ma non si distruggono; cambiano condizioni e forma, ma non perdono sostanza. Che cosa avviene adunque di tutto quel materiale rapito dalle acque alle montagne che ci sorgono all’ingiro?
145. Ogni goccia di pioggia che cade sopra una regione, serve ad alterarne la superficie. Avete già tenuto dietro al processo di quell’azione chimica, per cui la pioggia lavora a sciogliere le rocce. Gli è appunto coll’insistere di questa azione solvente della pioggia, goccia per goccia, scroscio per scroscio, che, dopo tanti anni, dopo tanti secoli, le rocce vi appajono così logore e consunte. Ma, oltre la chimica, la pioggia esercita un’azione meccanica.
146. State a vedere che cosa avvenga quando le prime gocce di un acquazzone battono sopra un suolo sabbioso o polveroso, come può essere una pubblica via. Ogni goccia vi lascia un’impressione, una fossetta, respingendo da sè all’ingiro la sabbia o la polvere. È naturale, che al modo stesso le gocce, scorrendo e riunendosi a formare un rigagno, abbiano la forza di trascinare giù seco quelle stesse particelle di sabbia o di polvere, o le altre minuzie che incontrano per via. Questa azione è tutta meccanica, operando il trasporto deiFig. 9. — Impressioni lasciate da gocce di pioggia sulla sabbia e sul fango. materiali senza mutarne lo stato, mentre è chimica l’azione che scioglie, per esempio, nell’acqua lo zucchero o il sale. Ogni goccia d’acqua può esercitare o l’una o l’altra di tali azioni sulle rocce, od anche ambedue contemporaneamente, sciogliendo, per esempio, chimicamente il ferro contenuto in un grano di sabbia, cui trasporta via meccanicamente.
147. Ma voi forse desiderate maggior chiarezza in questo che si dice della potenza dell’acqua nello scomporre le rocce. Vi farò dunque riflettere che l’acqua, non solo decompone la roccia alla superficie fino ad una certa profondità, formandovi come una crosta di roccia molle, incoerente, o marcia, come suol dirsi, ma porta anche via la crosta formata; sicchè una seconda superficie di roccia sana si trova esposta all’azione immediata degli agenti descritti. Così è un continuo convertirsi di rocce sane e salde, in rocce marce e polverose, il cui materiale incoerente in parte va a deporsi nelle depressioni del suolo, o sui piani, o sui pendii, in parte è condotto fino ai fiumi e da essi trascinato in mare.
148. Il suolo vegetale non consta d’altro che di tritume di rocce, misto a tritume di piante e d’animali. Se vi hanno suoli di diversa natura, gli è perchè sono di diversa natura le rocce che hanno prestato il materiale primo a quello piuttosto che a questo. Se in un paese dominano le arenarie, ne risulterà un suolo sabbioso; calcareo invece o argilloso se vi dominano i calcari o le argille.
149. Senza la decomposizione delle rocce in suolo vegetale, la terra non potrebbe rivestire quel manto di verdura che l’adorna. Le nude rocce non permettono alle radici delle piante d’insinuarsi. Ma le stesse rocce, col decomporsi, forniscono un suolo ferace alle valli ed alle pianure; nè rimangono nude che le rupi e le scogliere, le quali siano così irte e scoscese che il terriccio non possa trovar luogo ove posarsi.
150. Siccome la degradazione delle rocce è continua, così continua è la formazione del suolo. Se così non fosse, se cioè, una volta formatosi uno strato di terriccio, questo rimanesse fermo, senza rinnovarsi, farebbero presto le piante ad appropriarsi quanto vi ha d’elementi vitali nel suolo, lasciandolo poi in uno stato di totale esaurimento. Ma invece una parte del suolo è continuamente portata via della pioggia, mentre nuove particelle di roccia, frescamente decomposte, vengono a sostituirsele, per la stessa ragione che la stessa roccia formante il sottosuolo, anch’essa, per decomposizione, si trasforma in suolo. Così i massi, i ciottoli sparsi nel suolo, si decompongono anch’essi e formano suolo. Insomma il suolo, lentamente sì, ma continuamente si rinnovella.
151. Anche le piante servono a formare e a rinnovare il suolo. Le radici e le barbe, penetrando tra grano e grano, insinuandosi nelle giunture, nelle crepature, poi gonfiandosi, mandano in pezzi la roccia. Intanto le parti vegetali che si decompongono, emettono una gran quantità di acido carbonico che intacca le rocce, e prestano al suolo la materia organica. Fino i vermicelli, che vi si mostrano vivi vangando la terra, rendono il loro servizio all’agricoltura, mescolando il suolo, e rimutandolo continuamente dal sotto in su.
152. Pensando a questo processo di formazione e di rimutamento del suolo, dobbiamo conchiudere che tutta la superficie della terra asciutta si muove da monte a valle, ed è tutta in viaggio verso il mare. Questo viaggio può costare ad una particella di roccia, che si stacca da montana cresta, centinaja e migliaia d’anni. Ogni grano di sabbia può rimanere per secoli sul pendio, per essere, chi sa quando, portato giù a far parte del suolo che ricopre il fondo alla valle: il fiume penserà a suo tempo a portarselo più in giù per abbandonarlo a giacere, per anni e secoli, in un letto d’alluvione. Al mare ci arriverà quando Dio vuole; ma ci arriverà.
153. Per formarsi un’idea della quantità del suolo vegetale di cui le acque alleggeriscono un paese, bisogna andare a vedere che cosa avvenga ad ogni diluviare di piogge. Ogni ruscello, ogni torrente, diventa giallo o nero per la quantità enorme di fango (che è poi suolo o roccia decomposta), la quale vien lavata giù, mediante la pioggia, dai circostanti pendii. La parte più fina del fango è tenuta dall’acqua in sospensione; la più grossa trascinata sul fondo; ma l’una e l’altra non sono che sfasciume di rocce, rapito alla terraferma ed in cammino verso il mare. Pensate che quest’affare cammina già da molti secoli, diciamo dal principio dei secoli, così; e ditemi se questo lavoro della pioggia, che può sembrare cosa da nulla, visto volta per volta, non debba finire col cambiare interamente la faccia di una regione, se pure non l’ha già fatto chi sa quante volte.