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vi. — origine dei torrenti e dei fiumi.
154. Qui bisogna richiamare ciò che si è appreso precedentemente (§ 108) riguardo a ciò che avviene dell’acqua pluviale. Voi ricordate come una porzione di essa si addentra sotto il suolo, e l’avete veduta, per entro le viscere della terra, scoprire la via del ritorno alla superficie. Un’altra porzione intanto voi la vedeste scorrere sulla stessa superficie pei diversi sentieri dei torrenti e dei fiumi.
155. Nulla può istruirvi in proposito meglio di una via, leggermente inclinata, quando è inondata da un acquazzone. Supponete di percorrere detta via in tale circostanza, facendovi delle soste là dove è più ripida la discesa. Vedete anzitutto come ciascuno dei goccioloni, coi quali comincia d’ordinario un rovescio di pioggia, scava in mezzo alla polvere una di quelle fossette superiormente descritte (§ 146). Col crescere della pioggia, quelle impronte scompajono, e tutta la via si trasforma quasi in scorrevole pantano. Guardate come l’acqua si volge all’ingiù.
156. Osservando più partitamente, troverete che la via è tutta seminata di piccole asprezze. Qui un lungo solco; là un sasso che sporge; e così via, via, tante irregolarità che l’acqua mette in evidenza, mentre difficilmente l’occhio le avrebbe scoperte sulla strada quand’era asciutta. Ogni più piccola depressione, come ogni più piccolo rilievo, hanno una speciale influenza sul corso dell’acqua. Così dove si apre un solco, le goccie d’acque, insieme fluendo, formano un ruscelletto, mentre le pietruzze sporgenti lo fanno rifluire, e lo costringono a gettarsi, serpeggiando, ora a destra e ora a sinistra.
157. Presso la sommità del pendìo della strada non si vedono che alcuni piccoli rigagni; ma più in giù crescono di numero e di potenza. Al tempo stesso confluiscono gli uni cogli altri, finchè, al piede della discesa, ruscelli e gore abbastanza considerevoli scorrono, abbondantemente nutriti dagli scolatizî che continuano a discendere dalla parte della via più elevata.
158. Questa via inclinata, colle sue ramificazioni di ruscelli di pioggia, confluenti in più larghe correnti al piede della discesa, rappresenta benissimo i grandi piani inclinati dei paesi e dei continenti, a cui rivolgiamo di nuovo la nostra attenzione.
159. Perchè l’acqua scorre sul pendio di una strada? Perchè scorrono i fiumi? Perchè si muovono continuamente nella stessa direzione? Per la stessa ragione, rispondo, per cui discende sul suolo un sasso, abbandonato a sè stesso; perchè, voglio dire, l’acqua al pari del sasso è soggetta a quella forza di attrazione verso il centro della terra, a cui sappiamo che si dà nome di gravità (Prime nozioni di Fisica, § 4). È per questa forza che le gocce di pioggia cadono sul terreno. Cadute che siano, non sono uscite dal suo dominio, e continuano a discendere pei facili canali che loro si presentano aperti. La loro caduta dalle nubi sulla terra è diretta e rapida, ma la loro discesa dalle montagne al mare, in forma di fiume, è talora assai lenta e morbida: nell’uno e nell’altro caso però la ragione del movimento è la stessa. Il lento serpeggiare del fiume, il correre vorticoso del torrente, il precipitarsi della cascata, dimostrano come imperi sulle acque del globo la legge sovrana della gravità.
160. In balia per tal modo della forza di gravità, ogni goccia di pioggia che cade sulla terra è costretta a discendere sul pendio, e correr sempre, finchè non vi sia un ostacolo che l’arresti. Sulla superficie del globo vi sono anzitutto quelle cavità, dette laghi, le quali arrestano una certa porzione delle acque scorrenti, come fanno quei pozzetti che trovansi sovente sulle vie riempiti dalla pioggia. Ma i laghi d’ordinario lasciano sfuggire a valle l’acqua che raccolgono a monte, non permettendole che una sosta più o meno lunga, dopo la quale essa è costretta a riprendere il suo cammino verso il mare. Qui soltanto, in questa immane cisterna, trovano pace tutte le acque circolanti sulla superfice del globo, finchè non ritornino di nuovo, fatte vapore, in seno alle nubi, per ricominciare daccapo la loro peregrinazione.
161. Se la superficie di un paese fosse un rilievo a due pioventi, tutto eguale, come il tetto d’una casa, la pioggia scorrerebbe giù rapidamente pei due versanti al mare. Ma questo non è punto il carattere generale delle diverse contrade, dove invece le montagne, i colli, le valli, le gole, i laghi, formano un rilievo vario ed irregolare. Oltre queste grandi ineguaglianze della superficie terrestre, che colpiscono l’occhio di chicchessia, anche i paesi apparentemente più piani presentano delle pendenze e delle piccole disuguaglianze di livello (precisamente come avete visto la via sparsa di asprezze) le quali non si rimarcano che quando la via stessa è inondata dalla pioggia. L’acqua è un livello delicatissimo, che mette in evidenza anche le più piccole irregolarità della superficie di un paese. Essa infatti non vorrà mai ascendere un pendio, per quanto minimo, ma tenderà sempre a discendere verso quel punto, dove la superficie del suolo è più depressa.
162. È chiaro adunque che la pioggia, benchè cada nella stessa quantità su tutta la superficie di un paese, non può esservi con pari uguaglianza distribuita; poichè, essendo il terreno irregolare, ci saranno rilievi che sono prontamente posti all’asciutto, e depressioni dove l’acqua si aduna scorrendo e stagnando. È per questa irregolare disposizione del terreno che l’acqua si raccoglie e scorre, formando torrenti e fiumi.
163. I torrenti e i fiumi sono i condotti naturali per cui l’acqua, uscita dal mare per via di evaporazione, al mare ritorna, salvo quella parte che è bevuta dal suolo e discende nelle viscere della terra, per dar quindi, col suo ritorno alla superficie, origine alle sorgenti. Se noi consideriamo la grande quantità di pioggia che cade, e il gran numero di torrenti che si formano nelle parti più montuose di una regione, sembra a prima vista impossibile che tutta quell’acqua possa giungere al mare senza innondare i sottoposti piani. Ma ciò non avviene, perchè se due correnti confluiscono in una, questa non ha bisogno di occupare uno spazio doppio di quello che occupava ciascun confluente. Talvolta la confluenza ha luogo di maniera che il fiume risultante è più stretto dell’uno o dell’altro dei confluenti; soltanto, esso fiume è più veloce e più profondo. Così cento fiumicelli, insieme confluendo nella discesa, si riducono ad occupare uno spazio sempre relativamente più piccolo, finchè tutto lo scolo, anche di una regione vastissima, è versato in mare da un sol fiume.
164. Torniamo al nostro paragone della strada innondata. Ascendendo dal piede del pendio, voi vedete i ruscelli di pioggia farsi mano mano più piccoli, finchè, quando si arriva alla sommità, scompaiono affatto. Se da quell’altura la via discende nel verso opposto, vedrete probabilmente da quella parte nascere e discendere, ingrossandosi, altri ruscelli. In quella sommità adunque la pioggia si divide, e una metà scende da una parte, l’altra metà dalla parte opposta.
165. Al modo stesso, se voi partendo dalla foce marina di un fiume, lo rimontate; internandovi nel paese, vedrete che esso si va sempre più impiccolendo, e al tempo stesso ramificando ne’ suoi tributarî, per suddividersi più in alto in un numero infinito di torrenti. Ma, andando più in su, i torrenti si suddividono in torrentelli; questi ruscelli, i quali vi guidano ben presto alle rispettive sorgenti, oltre le quali, sempre ascendendo, tutto è asciutto, salvo quando ci piove. Se, raggiunte le supreme creste delle montagne, oltrepassate la linea oltre la quale il terreno comincia di nuovo a discendere dalla parte opposta, troverete, discendendo, altre sorgenti, poi ruscelli, torrentelli, torrenti, fiumi, che insieme confluendo, ne formano gradatamente uno più grosso che porta la sua foce in mare. Quella linea che separa i due pioventi, e separa due sistemi di fiumi, che scendono in senso opposto l’uno dall’altro, si chiama spartiacque. Nell’Italia peninsulare, per esempio, la catena degli Appennini determina due opposti sistemi di fiumi, i quali discendono da una parte all’Adriatico, dall’altra al Tirreno. La linea suprema da cui si dipartono per opposta via i ruscelli, che dan vita a quei due sistemi di fiumi, è lo spartiacque dell’Italia peninsulare.
166. Ma vi è un punto in cui il nostro paragone della via piovosa ci vien meno. I ruscelli su quella via non si vedono che quando piove, o quando appena la pioggia è caduta. Cessata questa, l’acqua fa presto a scendere al basso, e non va molto che la via è asciutta e polverosa com’era prima. Invece i fiumi ed i torrenti continuano a scorrere, senza accorgersi che è venuto il bel tempo. Ma adagio! nell’estate, quando sta tanto tempo senza piovere, i fiumi patiscono la magra, cioè continuano a scorrere, ma assai più stretti e meno profondi che d’inverno, quando piove assai. Anzi i fiumi si disseccherebbero intieramente, come fanno difatti molti torrenti, se non vi fossero le sorgenti che, in questo caso, suppliscono alla pioggia.
167. Benchè il cielo si mantenga sereno, le sorgenti continuano a pagare ai fiumi un tributo di acque. Ma al sopravvivere d’una lunga siccità, molte sorgenti, quelle anzi tutto che vengono da poca profondità, si esauriscono, e i fiumi, che ne traevano alimento, si impiccioliscono od anche si asciugano. Questo avviene principalmente nei paesi, dove i fiumi sono relativamente poveri di acque. I grandi fiumi, come il Mississipì, che ricevono lo scolo da vaste contrade, non si risentono gran fatto nè delle pioggie, nè delle siccità che possono aver luogo in una o in altra porzione del loro vasto recipiente.
168. In diverse parti del globo però, i fiumi sono più gonfi nell’estate e nell’autunno, che d’inverno e di primavera. Il Reno, per esempio, e il Po, crescono a preferenza col cominciare del caldo estivo, mentre presentano d’inverno le massime magre. La ragione sta nelle nevi che ricoprono le Alpi dove hanno le loro sorgenti. Le nevi si squagliano rapidamente d’estate e l’acqua che ne è prodotta discende a gonfiare i torrenti e i fiumi. Nell’inverno invece le nevi tengono duro; l’umidità sulle Alpi si condensa in neve, e il freddo è tale che i torrenti stessi talvolta si coprono di ghiaccio. Perciò povere escono le sorgenti e i fiumi si dimagrano.
169. Sommario. — Le notizie acquistate nel presente capitolo riguardano la circolazione delle acque. — Dalle regioni più elevate l’acqua discende sempre verso il mare. Però essa non si dilaga sopra tutta la superficie dei paesi, ma si raccoglie, formando i fiumi, che serpeggiando discendono sempre, fino a che si versano in mare. Dal mare si solleva continuamente il vapore acqueo, il quale si condensa in seno all’atmosfera e ricade sulla terra sotto forma di pioggia o di neve, che alimenta i fiumi, i quali l’acque ritornano al mare. Questa circolazione è perpetua.