Questo testo è incompleto.
Traduzione dal greco di Bartolomio Rositini, Pietro Rositini (1545)
414 a.C.
Questo testo fa parte della raccolta Commedie (Aristofane)


GLI UCELLI D’ARISTOFANE

COMEDIA. VII.

Persone de l’atto.


Evelpide, Un’altro servo Trochilo,
Servo d’Epope, Coro de gli ucelli,
Epope, Sacerdote,
Precone, Interprete de gli oracoli,
Poeta, Ispione,
Geometra, Un messo,
Legistratore, Un’altro precone,
Iride, Cinesia dithyrambico,
Ucciditore de’l padre, Prometheo,
Povero calonniatore, Tribalo
Nettuno, Servo di Pistetero,
Hercole, Mezzo coro,
Un altro messo, Un’altro mezzo coro.
Pistetero,


Eu.
Tu mi comandi, ch’io vada per la via di lungo: ove si vede un’arbore?
Pi.
Possa tu crepare. et questa di nuovo grida un’altra volta.
Eu.
Perche ò villano andiamo vaganti in su, in giu?
Pi.
S’andaremo à rovinare, se ne mettono inanzi un'altra
un'altra via. & questo io meschino hò creduto à la cornachia, passare per una via, piu di mille stadii larga.
Eu.
Et io infelice questo hò creduto a’l cornachione, à trarmi giu le unghie de li didi.
Pi.
Ma io non so anchora in che terra siamo piu.
Eu.
Di quì troverai tu una patria in altro luogo?
Pi.
Ne anche per Giove in qua Execestide.
Eu.
Oime.
Pi.
Tu ò compagno vieni su questa via.
Eu.
Certo gran dispiacere n’ha fatto l’adirato Filocrate da gli ucelli, venditor di scudelle, che ne hà detto di questi doi, che Tereo dica Epope, che é diventato ucello da gli ucelli. & à Tarrelide hà venduto il cornachione per un bagatino, e la cornachia per un quattrino, et questi niente altro fanno se non morsicare. & hora perche stai à guardare in su? tal volta per caso per le pietre anchora ne menarai, per ciò che non è quivi via alcuna.
Pi.
Ne anche per Giove, qui per modo alcuno è una via.
Eu.
Ne la cornachia dice niente de la via.
Pi.
Nò, ella grida una cosa medesima, & hora, & à l’hora.
Eu.
Hor che dice ella de la via?
Pi.
Che altro dice’lla, se non morsicando di mangiarmi giu le dita?
Eu.
Non n’è dunque discommodo, che havendo bisogno vegniamo à i corvi, & ben apparecchiati, poi non poter trovar la via? per cio che noi ò huomini che sete quì a ragionare siamo infermi d’una infermità contraria a’l saca. costui che non è citadino, costretto, et noi honorati d’una tribu, d’una liga, & d’una generatione, citadini con citadini, niuno scacciandone, voliamo da la patria con tutti doi i piedi. non havendo però in odio quella cità medesima, perche’lla non sia grande & aventurata, & à tutti commune da pagare i debiti & travaglij. queste cigale adunque un mese ò doi su i fighi cantano. & gli Atheniesi sempre ne i giudicij cantano per tutta la sua vita. per questo faciamo questo viagio havemo il canestro, & l’olla, et i mirti, & andiamo smattiando, & cerchiamo un luogo di riposo, dove s’affermaremo & persisteremo. & l’essercito nostro e apresso di Tereo, et havremo di bisogno udire Epope da quello, se pur conosce si fatta cità, ove si vola.
Pi.
Costui.
Eu.
Che cosa gli è.
Pi.
La cornachia che cosa mi dice gia un pezzo, quì sopra?
Eu.
Et questo cornachione di sopra apre la bocca, come se mi volesse mostrar qualche cosa. et non è possibile che questi non siano ucelli. & tosto lo sapremo, se facciamo strepito. ma conoscitu che è quello che fa? con la gamba batti la pietra.
Pi.
Et tu con la testa, à ciò che’l fia dopio’l strepito;
Eu.
Et tu piglia la pietra e batti.
Pi.
Fortemente, si mi pare.
Eu.
Putto, putto.
Pi.
Che ditu? tu putto chiamitu Epope? questo non bisognava ad Epope chiamare per il figliuolo?
Eu.
Ad Epope.
Ser.
Che mi farai tu battere anchora un’altra volta?
Eu.
Ad Epope.
Ser.
Che sono costoro? chi chiama’l patrone?
Eu.
Apolline rovinator de mali per lo aprir de la bocca.
Ser.
Oime disgraziato, questi sono ucellatori.
Eu.
Così è grave cosa. ne migliore da dire.
Ser.
Andate in mal’hora.
Eu.
Ma non siamo huomini?
Ser.
Ch’è poi?
Eu.
Temo io ucello di Libia.
Ser.
Tu non dì niente.
Eu.
Et nulla dimeno domandagli le cose d’i piedi.
Ser.
Et questa quale ucella è gia? no’l diraitu?
Pi.
Io un’ucello fasianico che apre la bocca.
Eu.
Ma tu che bestia seitu mai, per i dei?
Ser.
Io ucello servo.
Eu.
Da qual gallo sei stato vinto?
Ser.
Nò, ma quando’l patron diventò Epope, à l’hora mi pregò ch’io dimenticassi ucello, per haver un compagno compagno servidore.
Eu.
Un’ucello dunque ha bisogno di qualche servo?
Ser.
Sì, perche costui, penso, prima quando era huomo, à l’hora gli piaceva mangiar pescetti falerici. io corro là ove sono i pescetti, e ne piglio un cadino. gli venia voglia di polenta, vi bisogna l’olla, e la cazza da menestrar, corro à tuor la cazza.
Eu.
Questo trochilo ucello, so io adunque, che fai ò Trochilo? chiamane il patrone.
Tro.
Ma per Giove adesso dorme, et mangia non sò che mirti et serfi.
Eu.
Destalo pure.
Tro.
Sapiamo chiaramente ch’egli l’haverà per male, ma per amor vostro lo destarò.
Pi.
Postu romperti il collo, che m’hai fatto morire di paura.
Eu.
Oime sventurato, et il cornachione à me vien per paura.
Pi.
O spaurosissima bestia che sei, hai lasciato andare il cornachione per paura?
Eu.
Dimmi e tu non hai lasciato fugire la cornachia, cadendo giu?
Pi.
Non io per Giove.
Eu.
Mò ov’ello?
Pi.
E volato via.
Eu.
Non l’hai dunque mandato via castron, tu sei un bell’huomo. apri la selva, ch’io possa uscir hormai.
Eu.
O Hercole che bestia è questa mò? che penne? che fogia di tre creste?
Pi.
Che son quei che mi cercano?
Eu.
I dodeci dei verranno à darti de le botte.
Ep.
Che mi sbeffegiate à vedermi le penne? io era ben anchora io un’huomo, ò forestieri.
Eu.
Non ti sbeffegiamo.
Ep.
Mò che?
Eu.
Il tuo becco ne pare una cosa da ridere.
Ep.
In simile cosa anchor Sofocle mi offende ne le tragedie, facendomi esser Tereo.
Eu.
Sei forse tu Tereo? un’ucello, ò un pavone?
Ep.
Son io un’ucello.
Eu.
Et poi ove hai le penne?
Ep.
Sono mi cadute.
Eu.
Che, per qualche malatia?
Ep.
Non, ma d’inverno tutti gli ucelli ne le pelano, et di nuovo mandiamo su de le altre penne, ma ditemi, che sete voi due.
Eu.
Noi? huomini.
Ep.
D’onde per natione?
Eu.
D’onde sono le buone barche.
Ep.
Sete voi giudici?
Eu.
Non, ma d’un’altro costume, Misodici.
Ep.
Sì, che questo seme ivi si semina?
Eu.
Un poco cercandone, ne pigliarai da’l campo.
Ep.
Et di che cosa havendo bisogno quà sete venuti? Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/348 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/349 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/350 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/351 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/352 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/353 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/354 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/355 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/356 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/357 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/358 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/359 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/360 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/361 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/362 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/363 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/364 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/365 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/366 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/367 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/368 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/369 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/370 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/371 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/372 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/373 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/374 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/375 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/376 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/377 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/378 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/379 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/380 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/381 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/382 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/383 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/384 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/385 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/386 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/387 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/388 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/389 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/390 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/391 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/392 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/393 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/394 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/395 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/396 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/397 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/398 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/399 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/400 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/401 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/402 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/403 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/404 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/405 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/406 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/407 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/408 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/409 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/410

Altri progetti

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.