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Lacrymae rerum Vezzo
Questo testo fa parte della raccolta XIV. Da 'Iside'

IV

GRILLO

monologo

Non habet arcta domus; per prata virentia circum spargimur et nuctu nigris cantoribus adstant rorantes coeli .

Son piccin, cornuto e bruno;
me ne sto fra l’erbe e i fior:
sotto un giunco o sotto un pruno
la mia casa è da signor.
5Non ò d’oro e non d’argento,
ma ritonda e fonda eli’è:
terra è il tetto e il pavimento,
e vi albergo come un re.
Se il fanciul col suo fuscello
10fuor mi trae dal mio manier,
in un picciolo castello
io divento il suo piacer.
Canto all’alba e canto a sera
in quell’atrio o al mio covil;
15monachello in veste nera
rodo l’erbe e canto april.

So che il cantico d’un grillo
è una gocciola nel mar;
ma son mesto, s’io non trillo:
20deh! lasciatemi cantar.
So che, al par dell’altra gente,
se il destin morir mi fa,
un fratello od un parente
sepoltura a me non dá.
25Pur, negletta e fredda spoglia,
se nel prato io morirò,
lá sull’orlo alla mia soglia
anche morto un re sarò.
Il re bruno, il re piccino,
30fiori ed erbe avrá per vel,
ed avrá per baldacchino
sulla testa il roseo ciel.

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