< I Salmi di David (Diodati)
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SALMO LVIII SALMO LX

SALMO LIX.

1          O Dio, che sol adoro,
     Dal fier nemico assalto
     Dammi scampo e ristoro:
     Vogli levarmi ad alto
     Di mezzo a que’ guerrieri,
     Che ’n me sorgon altieri.
     Da gente peccatrice,
     Di sangue spargitrice,
     Riscuotimi e m’aita,
     E mi sostien in vita.
2          Ecco, posti han agguati
     A l’alma mia dolente:
     Possenti uomini armati,
     Incontra me innocente
     Si raunaro a schiere,
     Correndo a più potere.
     Nè fu torto od offesa
     Cagion di lor impresa.
     Ma tu, Signor, ti desta,
     E a m’incontrar t’appresta.
3          O Dio d’eterei stuoli,
     O Signor d’Israelle,
     Degli occhi i chiari soli
     Fisa su le ribelle
     Genti, nè far mercede
     A’ mancator di fede.
     Per la cittade attorno
     Vanno, al mancar del giorno,
     Ringhiando come cani,
     In bruti modi insani.

4          Ecco, parole audaci
     Sgorgan da foce fella:
     Le lor labbra mordaci
     Rassembran a coltella.
     Ed osano ben dire,
     Chi mai potranne udire?
     Ma tu, dal ciel superno,
     Farai di loro scherno:
     Ed ogni altra empia gente
     Befferai similmente.
5          Da la lor possa fiera
     A te mi vo’ ricorre.
     Tu mi se’ Rocca altera,
     Tu se’ ricetto e torre.
     Dio mi verrà davanti
     Co’ suo’ favori santi:
     E le mie luci paghe,
     Ne le bramate piaghe
     E ruine infelici,
     Farà de’ miei nemici.
6          Non dar però lor morte,
     Ch’unque del popol mio
     Le ricordanze corte
     No ’l mettan in oblio.
     Anzi in eterno bando
     Fagli, o Dio, gir vagando,
     Ed in terra cadere
     Per l’alto tuo potere:
     O saldo scudo e schermo
     Del popol tuo infermo.
7          Per lo parlar atroce,
     Che contra te sboccaro:
     E lor bocca feroce,
     Ch’a bestemmiar sfrenaro.
     Sien, per le lor rampogne
     Ed infami menzogne,

     Nel tuo furor distrutti.
     Sì che conoscan tutti,
     Che tu, che Jacob reggi,
     Nel mondo signoreggi.
8          Vadano pur insani,
     A l’imbrunir del giorno,
     Ringhiando come cani,
     A la cittade attorno:
     Vili cibi meschini
     Accattando tapini,
     Per appagar le brame
     Di lor rabbiosa fame:
     Pur senza cibi alcuni
     Pernotteran digiuni.
9          Ma de’ tuoi fatti prodi
     E benigni favori
     Risonerò le lodi,
     Del giorno a’ primi albori.
     Perchè ’n angosce estreme
     Rocca mi fusti e speme:
     Tu virtù mia provata
     Da me sarai cantata.
     Ch’alto ripar, o Dio,
     Mi se’ di grazia pio.

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