< I Salmi di David (Diodati)
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SALMO LXXI.
SALMO LXX SALMO LXXII

SALMO LXXI.

1          O Signor, in te spero,
     Non darmi in preda eterna
     Ad onta e vitupero.
     Porga la tua paterna
     Mercè scampo ed aita,
     A l’alma mia smarrita.
     A me l’orecchio inchina.
     Siimi castello e torre,
     U’ mi possa ricorre
     Da piena repentina.
2          Tu de la mia salvezza
     Festi l’alto decreto:
     Perchè sei mia fortezza,
     Mio ripar erto e queto.
     Riscuotimi, o Dio mio,
     De l’uom fellone e rio
     Da le mani spietate.
     Tu mi fusti speranza
     E salda confidanza,
     Da la mia prima etate.
3          Fui, da che nacqui al mondo,

     Ne le tue braccia accolto,
     Uscendo fuor del fondo
     De l’alvo ov’era involto:
     Tu men traesti fuora.
     Per te ho cantato ognora,
     Con gioia e con diletto.
     Sono a molti odioso,
     Qual mostro spaventoso,
     Ma tu se ’l mio ricetto.
4          Di tua lode ed onore
     Sie la mia bocca piena:
     Sgorghine, a tutte l’ore,
     La traboccante vena.
     Ora, che l’orlo estremo
     Degli anni calco e premo,
     Ad or ad or mancando:
     E che ’n me tutta langue
     La mia virtute esangue,
     Da te non darmi bando.
5          Perch’e’ nemici miei
     Hanno contra me presi
     Molti consigli rei,
     A farmi agguati intesi.
     Dio l’have disarmato
     Del suo favor usato.
     Or si persegua e prenda,
     Dicon, scampar non puote,
     Che nissun il riscote,
     Nè v’è chi lo difenda.
6          O Dio, non star lontano,
     Dio mio, che ’n fede adoro,
     Tosto spiega la mano
     A mio scampo e ristoro.
     Sien confusi e distrutti
     I mie’ nemici tutti.
     E chi crudel procaccia

     Oltraggi farmi e danni,
     La vergogna gli appanni
     La scellerata faccia.
7          Ma per me senza fine
     La spene in te vo’ porre,
     E altre lodi divine
     A quelle antiche apporre:
     Vantando i pregi augusti
     De’ tuoi gran fatti giusti:
     E de la tua salute
     L’ammirande maniere,
     Che d’ogni mio savere
     Trapassan la virtute.
8          Del Signor le prodezze
     A lodar voglio entrare,
     E le sovrane altezze
     De le giustizie chiare
     Di te, c’hai sol oprato.
     Tu dottor mi sei stato
     Da l’età giovenile:
     Ed io, di voglie pronte,
     Tue meraviglie conte
     Ebbi di far lo stile.
9          Dunque non ritrarre ora
     Da me canuto e stanco,
     La man che m’avvalora,
     E mi sostiene il fianco.
     Fin ch’a l’età presente
     Fatti abbia chiaramente
     Gli alti tuoi gesti noti:
     E data conoscenza
     De la tua gran potenza
     A’ lor figli e nipoti.
10          Fin’ a l’eteree spere
     La tua giustizia sale:
     Tu festi prove altere.

     Chi può vantarsi uguale
     A te, ch’afflitto m’hai
     Di tante angosce e guai?
     E poscia ritraesti
     La gravosa mia salma
     In luce vital alma,
     Dagli abissi funesti?
11          Il mio poter e regno
     Accrescesti di molto.
     Di nuova gioia il segno
     M’ergesti a me rivolto.
     Ond’io lodar ti chero,
     Con cetra e con saltero.
     E la tua fè costante,
     O Santo d’Israelle,
     Alzar fin a le stelle
     Con inni e note sante.
12          Le mie labbra in accenti
     Festivi scoppieranno,
     Co’ suoni de’ strumenti
     Che ti salmeggeranno.
     E l’alma riscattata,
     E la lingua snodata,
     Ognor la tua drittura
     Canteran, che’ nemici
     Son periti infelici,
     Involti d’onta scura.

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