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SALMO LXXIX.
1 De le genti, o Dio, son le turbe entrate
Nel tuo retaggio caro:
E quivi profanato
Il sacro Tempio di tua Maestate:
E di Salem le mura traboccate
Monti fer di ruine.
De la carne de’ tuoi servi e fedeli,
Fatti strazi crudeli,
La dier’ a le ferine
D’uccei voraci e di belve rapine.
2 Correr, come acqua, a Solima d’intorno
Di lor sangue i ruscelli:
E giacer fuor d’avelli
I corpi esangui fer e notte e giorno.
Siamo a’ vicini in grande obbrobrio e scorno
Ed a’ prossimi in giuoco.
Saran di te, Signor, accese l’ire
Per giammai non finire?
N’unque fie scemo o fioco
Il divorante tuo geloso foco?
3 Spandi i furori tuoi sopra le genti,
Che non han di te lume:
E ’l cruccio tuo consume
Que’ regni, i cui malvagi petti e menti
Non sono ad invocar tuo Nome intenti.
Che pasto sanguinoso
Del buon Iacob dilacerato han fatto:
Ed hanno arso e disfatto
L’albergo avventuroso,
Ch’ebbe da te per suo dolce riposo.
4 Non rimembrarti, nè tener ragione
Contra noi de’ peccati
De’ padri ed antenati.
Vengaci incontro tua compassione,
Che siamo, lassi, in grave afflizione.
O nostro Redentore,
Per far scoppiar de la tua gloria il lampo,
Danne soccorso e scampo.
Di te pel sol amore,
Purga la macchia d’ogni nostro errore.
5 Perchè le genti audaci e trionfanti
Direbber, con insulto,
Ov’è il lor Dio sepulto?
Del sangue sparso de’ tuoi servi e santi
Chiara vendetta omai fanne davanti.
Salgan in tua presenza
Que’ che’ prigioni dan amari stridi:
E porgi aiuti fidi,
Col tuo braccio e potenza,
A que’ che già di morte han la sentenza.
6 Ed a’ nostri vicini rendi in seno,
De l’onta e vitupero,
Ch’a te protervi fero,
A sette doppi il merto colmo e pieno.
Allor noi, greggia del tuo pasco ameno,
E tua gente devota,
Ti canteremo sempiterne lodi:
E con festivi modi
Farem tua gloria nota,
Mentre degli anni girerà la ruota.