< I Salmi di David (Diodati)
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SALMO LXXVII.
SALMO LXXVI SALMO LXXVIII

SALMO LXXVII.

1          L’alto mio grido sale
     Infin al cielo, a Dio:
     Di zelo acceso e pio,
     Le voci i’ porgo al Signor immortale:
     Perchè m’ascolti, con orecchia china,
     La sua mercè divina.
2          Nel dì de’ casi strani
     E dolorosi guai
     Il Signor ricercai,
     E tutta notte a lui sparsi le mani.
     Nè d’alcun volle l’alma travagliata
     Unque esser consolata.

3          Ma di Dio mi sovviene,
     A lui piango e ragiono,
     Di cor afflitto sono.
     Gli occhi dischiusi in vegghie mi ritiene,
     E sono omai tutto conquiso e stanco,
     Vengo del parlar manco.
4          Appo me rimembrando
     Vo quel tempo felice,
     Che con la sonatrice
     Cetra il Signor andava celebrando:
     Ed in segreto, ne le notturne ore,
     Così discorre il core:
5          Vuolmi il Signor avere
     In sempiterno a schivo?
     Nè più il riguardo divo
     In grazia volto verso me tenere?
     E ’l suo favor e sacra veritade,
     Mancata in ogni etade?
6          Have ei di far mercede
     Forse obliato l’uso?
     O tiengli l’ira chiuso
     Il petto, a chi pietade gli richiede?
     Lasso, i’ mi dolgo che ’l Signor sovrano
     Cangiò ver me la mano.
7          Poi mi riduco a mente
     L’opre meravigliose,
     E prove gloriose,
     Fatte da te, Signor, anticamente.
     E mentre i grandi tuoi fatti ravvolgo,
     Così la lingua sciolgo.
8          Ne’ sacri santuari
     È la gloria palese
     De le tue grandi imprese:
     N’alcun dio v’è ch’a te vantarsi pari
     Possa in grandezza o pur chi ti somiglie:
     Tu sol fai meraviglie.

9          In mezzo de le genti,
     Di quanto vali e puoti,
     Festi gli effetti noti.
     A Iacob e Iosef fiacchi e languenti,
     Del divin braccio tuo l’invitta possa
     Scampo diede e riscossa.
10          Allor del vasto mare
     I flutti tempestosi
     Ti vider paurosi.
     Dal fondo festi ancor gorghi tremare:
     E le nubi versar ondose piene
     Su le piagge terrene.
11          Per lo giro del cielo
     De’ tuo’ scoppianti tuoni
     Andaro attorno i suoni:
     E ’l balenar sgombrò di notte il velo:
     Ned al vibrar di tue sparse saette
     La terra immota stette.
12          E ti festi un sentiero
     Del mar per mezzo l’onde,
     Spartite in erte sponde.
     Disciolto poi l’acquoso mucchio altero,
     Non più di quella tua chiara passata
     Restò segno o pedata.
13          E la tua cara gente,
     Per le mani pietose
     D’Aaron e di Mose,
     Qual mandra tu guidasti pianamente:
     Fin che fermò le sue vaganti piante
     Ne le contrade sante.

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