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SALMO LXXXIV.
1 Quanti divini ineffabili amori
Hanno le vaghe tende,
Ove, fra sacri onori,
Tua Maestà risplende,
Cinta d’alate schiere,
O Signor glorioso, alto guerriere!
2 Arde bramosa, e viensi ardendo manco,
Dietro al tuo bel Cortile
L’alma mia, qual istanco
Agnello fuor d’ovile.
Te la carne smarrita,
Te chiama il lasso cor fonte di vita.
3 Presso agli altari tuoi ricetto fido
Passer solingo trova:
E rondinella nido,
U’ figli posa e cova.
O Dio mio, o Rege eterno,
De l’Angelico stuol Duce superno.
4 Ben a ragion puossi vantar felice,
Cui nel sagrato tetto
Di far dimora lice,
Ch’a me, lasso, è disdetto:
E di tue grazie nuove
Con giubilo a laudarti ognor si muove.
5 Ma pur beato è chi da te lontano,
Per fede s’avvalora
In tua potente mano,
Per adorarti ancora
In solenne stagione,
Ed ha le strade al cor di tua Magione.
6 Tal del popol zelante il bel drappello
A frequentar le feste,
Varca, voglioso e snello,
Valli orride e foreste
Di gelsi, ove l’arsura
Con onda schietta temperar procura.
7 Or del terreno umor apre le vene,
Or pioggia in pozzi accoglie:
E fra sudori e pene
Fresco vigor ricoglie:
Nè la franchezza allenta,
Fin che ’n Sion a te non si presenta.
8 O sommo Dio de le celesti squadre,
Al mio gridar attendi:
Di Iacob almo padre,
L’orecchio inchina e ’ntendi.
Scudo nostro e difesa
Volgi a l’Unto tuo Re la faccia accesa.
9 Perchè appo te le sante alme un dì solo,
Più fa liete e tranquille
Che nel profano suolo,
Non fanno giorni mille:
E di star a tua soglia,
Più che d’empi in palazzi il cor m’invoglia.
10 Tu schermo, tu ripar, tu sole vivo,
Farai, con gloria e grazia,
All’uom di frode schivo
D’ogni ben l’alma sazia.
Signor di stuoli armati,
Que’ che sperano in te son pur beati!