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SALMO LXXXIII.
1 O Dio, più non tacer nè far dimore,
Nè tua virtù rattieni.
Che’ tuo’ nemici corrono a furore,
Di rabbia e d’odio pieni.
E la testa superba alzan feroci
Dan di trionfo voci.
2 Un consiglio fra lor preser segreto,
Contra ’l tuo popol santo,
Che sott’a l’ombra tua ripara queto.
Disser, con folle vanto,
Di loro distruggiam la gente intera,
Sì che ’l suo nome pera.
3 Sonsi di forze e di consigli uniti,
Contra te gl’Idumei:
Le tende d’Ismael e’ Moabiti,
Gli Agareni e’ Ghiblei,
Ammon ed Amalec e’ Filistini,
Di Tiro i cittadini.
4 Assur ancor, con eserciti armati,
Fu conforto e sostegno
A que’ di Lot figliuoli congiurati.
Dà lor merto condegno,
Come di Madian a’ stuoli infesti
Anticamente festi.
5 Come Iabin e Sisera, conquisi
Fur al fiume Chisone:
E giacquer per letame in terra uccisi,
D’Endor ne la tenzone.
Lor prenzi fa perir come Zeebbe,
Salmunna, Zeba, Orebbe.
6 Perchè fra loro disser con baldanza,
Conquistianci di Dio
Il sacro Tempio e gloriosa stanza.
Raggiragli, o Dio mio,
Come una palla per piagge pendenti,
E qual fuscel a’ venti.
7 Come selve talor divampa il foco,
E fiamma strugge i monti,
Perseguangli così di loco in loco
I tuo’ turbini pronti:
Sì che s’arrendan al tuo Nome altero,
Con onta e vitupero.
8 Fagli confusi traboccar sossopra,
E perir infelici.
A fin che provin, per effetto ed opra,
Che sei quel che ti dici,
Il sol Eterno ed il sovran Signore,
E del mondo rettore.