< I Salmi di David (Diodati)
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SALMO LXXXIX SALMO XCI

SALMO XC.

1          D’una in un’altra successiva etade
     A noi, tuo popol caro,
     Magion fusti, Signor, schermo e riparo,
     Mentre calcammo pellegrine strade.
     L’eccelsa tua Deitade,
     De’ monti innanzi che formassi i gioghi,
     O de la terra gli abitati luoghi,
     Ab eterno in eterno immota siede,
     Nè a corso o variar del tempo cede.
2          Qualor tu vuoi troncar l’umana vita,
     Repente si risolve
     L’egra salma carnal in trita polve.
     Se sentenza dal ciel tuona bandita,
     Or fate dipartita,
     Figli d’Adam, da la terrena loggia.
     Che mille anni ti son non d’altra foggia,
     Che la scorsa d’ier luce diurna,
     O la breve a varcar veglia notturna.
3          Ratto gl’involi, qual ondosa piena
     Preda i campi rapace:
     N’altro sembran ch’un van sogno fallace.
     Vaga verzura in molle piaggia amena,
     Se l’alba il dì rimena,
     Il mattutino lor fiorir pareggia.
     Quella di fresco umor pregna verdeggia:
     Ma langue al vespro di stagion estiva,
     O segata riman di vigor priva.
4          Così del cruccio tuo ne strugge il foco,
     E l’ira violenta
     Di trepido terror ange e sgomenta

     Quel che ’n petto ne batte spirto fioco.
     Se fuor d’occulto loco
     Le nostre sozze iniquitadi traggi,
     A lo splendor de’ tuoi divini raggi.
     E se, squarciando di segreto il velo,
     Quelle palesi al luminoso cielo.
5          Quindi veggiam di nostra vita lassa
     Precipitar la sera,
     Per la tua giusta indegnazion severa.
     Nè sì tosto parola in aria passa,
     Che quell’è spenta e cassa.
     Chiudon l’umana etade anni settanta,
     Ed in forze più salde al sommo ottanta.
     Anche n’è vano il fior e mero stento:
     Quell’è reciso e noi voliam al vento.
6          Ma chi de l’ira tua la forza intende?
     E a l’ugual del timore,
     Che t’è dovuto, save qual ardore
     Di cruccio in te il nostro peccar accende?
     Or, perchè i cori emende
     Saver divin, fanne a contar accorti
     I giorni nostri fuggitivi e corti.
     Volgiti omai, nè più star aspettando,
     A’ servi tuoi pacificato e blando.
7          E per ristoro de’ sofferti danni,
     Saziane ogni mattina
     De la Manna di tua grazia divina.
     A fin che, sciolti di gravosi affanni,
     Passiamo i giorni e gli anni
     Giubilando tuttor in canto e festa.
     Sacra fiamma di gioia in noi ridesta,
     De le stagioni faticose al pari,
     Che ne colmasti di cordogli amari.
8          Chiare dispiega a’ tuoi servi e devoti
     Di tua potente mano
     L’opre ammirande ed il valor sovrano.

     E di tua gloria a’ lor figli e nipoti
     Sieno gli effetti noti.
     Fa che ’l sereno tuo volto giocondo
     Soavemente ne lampeggi a tondo:
     Ed ogni impresa nostra, ogni consiglio
     Guida diritto con benigno ciglio.

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