< I Salmi di David (Diodati)
Questo testo è stato riletto e controllato.
SALMO XC SALMO XCII

SALMO XCI.

1          Chi, del mondo in disparte,
     Sceglie presso al Sovran stanza romita,
     Per riposto e sicur porto di vita,
     N’unque da lui si parte:
     L’Onnipotente, con l’ombra de l’ale,
     Gli è ripar d’ogni male.
2          Di quest’eterno vero
     L’alma mia consolata il frutto coglie:
     E con accesa fè la lingua scioglie
     Al Signor: In te spero,
     O mio Dio, o mia Rocca e schermo fido,
     In te lieto m’affido.
3          E per te mi risponde
     Santo pensier, in spirital quiete,
     Egli ti scampa da l’infida rete,
     Ch’uccellator asconde:
     E da quelle che fa stragi funeste
     Dipopolante peste.
4          Qual co’ distesi vanni
     Augel a’ figli fa cauta difesa,
     Egli ti copre di mortal offesa
     E di gravosi danni:
     Ed a l’aspre ferite il lato ignudo
     Cinge di forte scudo.
5          Nè notturno terrore,
     Nè volante nel dì snella saetta,

     N’aura di morbo pestilente infetta,
     Ch’al vespro di pallore
     Dipinta scorra, o diserti al merigge,
     Di tema il cor t’affligge.
6          E con tranquillo volto
     Mille vedrai caderne al destro fianco,
     E di migliaia le decine al stanco,
     E ’l mal da te rivolto:
     E qual agli empi infin dira mercede
     Non aspettata riede.
7          Di tal franca baldanza
     La fè t’avviva il generoso petto,
     Ch’appo l’Eccelso prendi erto ricetto,
     E riposata stanza:
     Nè t’assal improviso scempio fello,
     Non piaga il queto ostello.
8          Che ’n provida balìa
     Egli ti diede a’ suoi Angeli santi,
     Da farti scorta ovunque l’orme pianti:
     E perchè ne la via
     Sasso d’intoppo non t’ingombri il piano,
     Ti leveranno in mano.
9          Sopra l’ispide terga
     De’ leon premerai pianta sicura:
     Su’ draghi ed aspi, nè ti punga cura
     Ch’alcun contra te s’erga:
     E schernirai la scannatrice foce
     Di leoncel feroce.
10          Perchè, dice il Signore,
     Egli m’adora con pietoso affetto:
     Porrollo in salvo ed in sublime tetto,
     D’ogni distretta fuore:
     Che la virtù del mio gran Nome save,
     E ’n riverenza l’have.
11          Qualor con prece ardente
     Fatte m’avrà del cor le doglie conte,

     Risposte gli darò benigne e pronte:
     E da mia man presente,
     In gravi affanni avrà scampo e vittoria
     E coronata gloria.
12          Di largo corso d’anni
     Farallo mia mercè pago e contento:
     E del partir al lucido momento
     Di questi ombrosi panni,
     Gli sie di mia salute eterna scorto
     Il disiato porto.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.