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SALMO XI.
1 De l’alta viva speme,
Che mi rinfranca l’alma,
Nel gran Signor lo stelo è fisso e fermo.
In lui, s’afflitta geme,
Poso la grave salma.
Come, per pronto in vista e fido schermo,
Mi dite, Ratto a l’ermo
Poggio sia il vostro scampo:
Qual uccel vola snello?
Che gli empi l’arco fello
Teso, e le quadrella accoccate in campo
Han, per ferir il puro
Diritto cor, in luogo occulto e scuro.
2 Se, smossi i fondamenti
D’ogni ragion, lo stato
Inchinato, minaccia alta ruina:
Son pur di colpa esenti
I pii, cui il danno è dato.
S’ogni sostegno lor manca e dichina,
Resta, ch’a la divina
Mercede abbian ricorso.
Il Signor ne la sede
Del santo Tempio siede,
Ch’egli fermò del ciel su’l ratto corso.
Con le palpebre prova,
E vede ciò che l’uom nel cor si cova.
3 Del giusto, in doglie e pene,
Ben fa saggi severi.
Ma, ne l’alma spietati odi e rancori,
Contra gli empi ritiene,
Di cor atroci e fieri.
Piover di solfo fetidi vapori,
Vampe, faville, ardori,
Farà su la ribella
Degli empi altera banda.
Mescerà lor bevanda,
Nel nappo del furor, turbo e procella.
Perchè il giusto Signore
Al dritto e a la ragion porta favore.