Questo testo è stato riletto e controllato.
Questo testo fa parte della raccolta Poesie inedite (Pellico)


I SECOLI.





Militia est vita hominis super terram.

(Job. 7).



Vidi un’età delle sue forze altera,
     E questa rifulgea dal greco lido:
     Superava i famosi
     Secoli che brillàr per altre sponde;
     5Ed oltre ad immortal virtù guerriera,
     Sparsa per Asia d’Alessandro al grido,
     La irruzïon de’ ladri generosi
     Impromettea alle genti fremebonde
     Sotto a’ vincenti brandi
     10Novi di civiltà raggi ammirandi.

Voce per ogni parte era d’Achivi:
     « Noi chiama Giove a illuminar la terra!
     Al nostro Omer, ch’è luce
     Prima alle menti, succedean tai vati,
     15Onde a fiotti emanàr del bello i rivi;
     E, perchè il sommo Bel tutti rinserra
     Sensi gentili e sapïenza adduce,
     Gli Apelle e i Fidia in queste aure son nati,
     E Plato e gli altri mille,
     20Che poste ne’ misteri han le pupille ».

                             ................

Gloria, sì, coronò le Achee pendici;
     Ma del grande Alessandro il trono cadde,
     E le barbare genti
     Contro il superbo eroe mosse a disdegno,
     25Dell’alto crollo si stimàr felici;
     Poi d’arti e di saver Grecia decadde,
     Sì ch’alle scuole sue contraddicenti
     Chi recava di lumi avido ingegno,
     Sol v’imparava come
     30Darsi del ver possa a menzogna il nome.

Vidi un’età delle sue forze altera,
     E sfavillava questa in Campidoglio;
     Scherniva i preceduti
     Secoli, che dall’uom sommi fur detti.
     35Tutto cedeva all’aquila guerriera
     Che ad ogni eccelsa meta ergea l’orgoglio.
     Sul Tebro convenìan co’ lor tributi
     Della terra i più splendidi intelletti,
     Ogni altro core umano
     40Dovea spezzarsi o diventar Romano.

                             ................

Latina voce in tutte aure s’udìa:
     « Noi siam chiamati a spegner l’ignoranza
     Che dagli antichi tempi
     Le varie schiatte de’ parlanti regge;
     45Noi soli alzar possiam tal monarchia
     Che abbracci il mondo e il forzi a fratellanza,
     Che per ogni contrada atterri gli empi,
     Che in loco di furor ponga la legge;
     Filosofia fanciulla
     50Vagì sinor, noi la traggiam di culla ».

Gloria brillò sul Tebro incomparata;
     Ma i gagliardi imperanti all’universo
     D’onor si dispogliaro,
     E dier lo scettro a destre parricide:
     55La immensa monarchia fu lacerata,
     E da’ suoi prodi eserciti converso
     Contro agli Augusti suoi venne l’acciaro,
     E più stolto di pria l’orbe si vide:
     Gara di colti e rozzi
     60Furon morte, perfidia e gaudii sozzi.

                             ................

Vidi un’età delle sue forze altera,
     E dava di sè mostra in varie sedi:
     I popoli che oppressi
     Avea di Roma il gigantesco ardire,
     65Veggendo vacillar l’alta guerriera,
     Di sue virtù si dissero gli eredi:
     Fiato alle trombe in venti regni diessi,
     E tutti ardendo di terribili ire
     Giuràr pei nobili avi
     70Che a Roma guasta non sarìano schiavi.

Voce sonò di barbare coorti:
     « Noi chiama il cielo a restaurar giustizia,
     Chè ne mentì il Romano
     Impromettendo civiltà e diritti;
     75De’ mortali tradite eran le sorti
     Per satollar di pochi l’avarizia;
     Tutti scettri afferrar non de’ una mano;
     Tutti i popoli denno essere invitti!
     Oggi infiacchisce Roma,
     80Si punisca, a lei spetta oggi esser doma! »

                             ................

Gloria sorrise a’ Vandali ed a’ Goti,
     Ma fu gloria di spirti usi a furore:
     Distrussero un Impero
     Che ad un sol giogo i popoli astringea,
     85E ferrei gioghi imposero a’ nepoti:
     De’ vizi inorridirono al fetore,
     Onde il Tebro appestava il mondo intero;
     Ma gentilezza insiem credetter rea,
     E contro a lei pugnando
     90Disonoràr l’insuperato brando.

Vidi un’età delle sue forze altera,
     E diè prima in Sïonne il maggior raggio:
     Fu virtù combattuta
     Sotto Romani e Barbari, e s’estese,
     95Non per astuzia o gagliardìa guerriera,
     Ma per novo in patir, santo coraggio.
     Fra dileggi e patiboli cresciuta,
     Perdonando a’ carnefici, li prese:
     Scandalezzava in pria,
     100Poi volgari ed eccelse alme rapìa.

                             ................

Voce allor di Cristiani empì le terre:
     « Noi Dio sospinge a debellar gli errori!
     Finor saggezza umana
     Tentò regger le sorti, e fu delirio:
     105L’uom dalle colpe è dissennato, e scerre
     Non può di verità gli alti splendori,
     Se da superbia il cor non allontana,
     Se nol consacra ad umiltà e martirio.
     Or che la Croce splende,
     110A vera civiltà l’uomo trascende ».

Gloria inaudita a’ battezzati fulse,
     E perocchè d’Iddio quest’era l’opra,
     Se fidi al suo Vangelo
     Fosser vissuti i popoli redenti,
     115State sarian tutte ingiustizie espulse.
     Sàtana accinto a volger sottossopra
     La indestruttibil via che guida al ciclo,
     Seminò scismi ed odio infra i credenti;
     Onta il fellon ne colse,
     120Ma pure in novi lutti il mondo avvolse.

                             ................

Vidi un’età delle sue forze altera:
     Il successor di Piero e Carlo Magno
     Destra si dier fraterna,
     Come agli antichi di Mosè ed Aronne,
     125Sì che il Monarca a sua virtù guerriera
     Visibilmente avesse Iddio compagno:
     Così doppiata la possanza alterna,
     Frenaro il vizio e umanità esultonne:
     Parea che mai contesa
     130Più nascer non potrìa fra Trono e Chiesa.

Voce allor si levò d’Itali e Franchi:
     « L’atterrata da’ barbari è risorta
     Imperïal tutela,
     Ed or che dagli altari è benedetta,
     135Fia che i mortali a civiltà n’affranchi.
     Or ogni studio a sapïenza è scorta,
     Tutti or nobilitar la legge anela,
     Bandire anela schiavitù e vendetta:
     La prima volta è questa
     140Che il trionfo del ver più non s’arresta! »

                             ................

Gloria abbellì di Carlo Magno i fatti,
     Ma sceso nel sepolcro, ebbe seguaci
     Di men gagliardo ingegno:
     Trono e Chiesa s’urtàr, si combattero,
     145E da scandalo uscìr follie e misfatti:
     Nocquero a verità studi fallaci,
     Città e castella fur nemiche al regno;
     Libero sir divenne il masnadiero;
     E, franti i gioghi spesso,
     150Piansene il popol da licenza oppresso.

Vidi un’età delle sue forze altera,
     Allorchè il Saracin recò dispregi
     Su tutti d’Asia i liti,
     E destò in Occidente ira e temenza.
     155Ecco tacer le gare, ecco guerriera
     Fraternità fra i battezzati Regi:
     Ecco d’Europa i volghi rïuniti:
     Ecco mille poteri una potenza
     Scuote, strascina, incanta:
     160Tutti soldati son di Roma santa.

                             ................

Voce s’alzò di folte osti crociate:
     « Ciò che saputo oprar non avean gli avi,
     Compiere è dato a noi!
     L’alme cristiane da concordia alfine
     165A magnanima impresa suscitate
     Più ludibrio non son d’affetti pravi.
     Cristo ne scelse per campioni suoi,
     E rimerto n’avrem palme divine:
     Da noi frattanto il mondo
     170D’ogni impulso a giustizia andrà giocondo ».

Gloria i pro’ cavalieri ebber traendo
     La tomba del Signor da giogo infame,
     E grazie a’ loro acciari
     Non invase anch’Europa il Mussulmano;
     175Ma in vile obblìo religïon ponendo,
     Aprìro il core ad esecrande brame,
     In rapina emulàr gli Arabi avari:
     Volsero a lacerarsi invida mano:
     Colpì i Crociati Iddio,
     180E in Asia lor possente orma sparìo.

                             ................

Vidi un’età delle sue forze altera,
     E nell’Italo suol fulse più bella:
     Non già poter di brandi
     Sorse a magnificar la sua fortuna,
     185Sebbene ovunque ardesse ira guerriera:
     Fu suo splendido pregio una novella
     Ambizïon di studii venerandi:
     Parve Italia con Dante uscir di cuna,
     Indi Petrarca venne,
     190E la corona in Campidoglio ottenne.

Voce di qua dall’Alpe inclita alzossi:
     « Di civiltà sepolta era la luce;
     Ed or novellamente
     Sulla terra la spargono le Muse:
     195L’idioma oggi vivo affratellossi
     Agl’idïomi antichi, e si fa duce
     Anco agl’infimi spiriti possente,
     Sì ch’al ver tutte vie sono dischiuse;
     Gli studii più non regge
     200Idolatrìa, ma del Vangel la legge ».

                             ................

Gloria il novo Parnaso ornò stupenda,
     Nè più tutta disparve a’ dì futuri;
     Ma non per ciò le vie
     Da’ sommi ingegni al ver furono aperte:
     205In cor del volgo non oprossi ammenda;
     Spirti v’ebbe più colti e più spergiuri:
     Sul Parnaso salite anco le arpìe
     Spesso di plauso e fiori andàr coverte,
     E con immonda cetra
     210D’influssi rei contaminaron l’etra.

Vidi un’età delle sue forze altera,
     E fra le sue venture una fu tale
     Che nulla mai sì grande
     Non pareva la terra aver lucrato,
     215Sebben non per real possa guerriera:
     Tre savi industri (ond’un con infernale
     Patto a scienze occulte, abbominande,
     Esser dicea la turba inizïato)
     L’arte inventaron, donde
     220Ratto il pensier si stampa e si diffonde.

                             ................

Voce sonò per l’Europee contrade:
     « Incivilir mai non potean le genti
     Finchè sì nobil arte
     Non rapivano al cielo od all’inferno
     225I tre veggenti della nostra etade:
     Or moltiplici fien tutti eccellenti
     Frutti di verità, sì ch’ogni parte
     Prosperi della terra, al cibo eterno;
     Chè, s’error nasce ancora,
     230Tosto convien che vilipeso mora ».

Gloria sorrise all'immortal portento,
     Onde crebbe ogni scritto a mille a mille;
     Non più temuto danno
     Fu il perir de' giovanti, aurei volumi:
     235Ma con sacre faville indi incremento
     Trasser tante malefiche faville,
     Che se qui il ver, là incensi ebbe l’inganno.
     E fur cäosse ancor tenebre e lumi:
     Dei tre veggenti forse
     240All’ombre irate il fatal don rimorse.

                             ................

Vidi un’età delle sue forze altera,
     E l’uom che in lei saldissim’ orma impresse,
     Fu il Ligure che volse
     Su novello emisfer l'armi e la frode
     245Dell’ingorda europea stirpe guerriera:
     Chiese ad Italia che colà il träesse
     Promettendole un mondo, e spregi colse;
     Mosse ad Ispania, e prore ottenne e lode;
     Trovò i promessi regni,
     250E n’ebbe in guiderdon vincoli indegni.

Voce sublime alzàr d’Europa i liti:
     « Questo fra tutti eventi è il benedetto,
     Onde ignoranza cessa
     Nella sparsa d’Adam grande famiglia!
     255Ambo emisferi dal battesmo uniti
     Scola esser denno a incivilir perfetto:
     Chè se per or la nova gente è oppressa
     Dall’invasor che a dirozzarla piglia,
     Succederà al conflitto
     260Il trionfo dell’ara e del diritto ».

                             ................

Gloria brillò sugli arbitri dell’acque;
     Ma l’assalita rozza gente, invece
     D’aver tutela amata
     Negli ospiti arricchiti in quel terreno,
     265Parte ad orrenda tirannia soggiacque,
     Parte in pugne e miserie si disfece:
     Invidi per la terra conquistata
     I vincitori si squarciaro il seno:
     Il novo mondo e il vecchio
     270Fur di colpe e sciagure alterno specchio.

Vidi un’età delle sue forze altera,
     E il decimo Leon ne andò festoso,
     Intorno ad esso egregi
     Cotanti fur di civiltà i cultori.
     275Oltremonti ferveano ira guerriera
     E furibondo zel religïoso,
     Sì che Roma schernìan popoli e regi;
     Ma ad onta delle guerre e degli errori,
     Di belle arti reìna
     280Anzi al mondo brillò Roma divina.

                             ................

Voce tonò fra i nobili intelletti;
     « Questo è il secol fecondo, in cui gagliarde
     E fantasìa e ragione
     Le lor potenze spiegano a vicenda;
     285Destano, è ver, gli spirti maledetti
     Nuove eresìe, ma vieppiù fervid’arde
     Zelo di verità nella tenzone,
     E fìa che pel Concilio indi più splenda:
     Per queste grandi lutte
     290Le insorte larve sperderansi tutte ».

Gloria su quell’età fulse immortale;
     Ma nè per la gentil magìa de’ carmi,
     Nè pei dipinti insigni,
     Nè per più gravi studi, e nè pel forte
     295Dato da’ santi di virtù segnale,
     Non s’antepose caritade all’armi,
     Non s’ambiron costumi alti e benigni;
     Chè di superbia sempre le ritorte
     Scevràr dai pochi buoni
     300La turba degli stolti e de’ ladroni.

                             ................

Vidi un’età delle sue forze altera,
     Che di filosofia luce si disse:
     Garrì coi re, coll’are,
     Supplizi eresse, e libertate offrìo;
     305Indi men rea si fece, e più guerriera,
     Ed adorò il mortal che più l’afflisse;
     Poi veggendo crollato il Luminare,
     A somme altre fortune alzò il desìo;
     Sempre mutava insegna,
     310Giurando inalberar la più condegna.

Voce sonava in gallica favella,
     E le favelle tutte eco le fero:
     « Squarciato il velo abbiamo,
     Che per gran tempo de’ cristiani al ciglio
     315Celò del ver la salutar facella!
     Ripigliam de’ pagani il bel sentiero;
     Forza, piacere, astuzia idolatriamo;
     Sia vilipeso di pietà il consiglio;
     Così l’umana polve
     320Sostien suoi dritti, e da viltà si svolve ».

                             ................

Gloria di brandi e di scïenze e d’arti
     Cinse allor la fatal razza europea,
     Ma non s’udì che i petti
     Fosser men crudi che all’età trascorse:
     325Vivi lampi emanàr da tutte parti,
     E folta nebbia pur vi si mescea;
     E spesso i furti eccelse opre fur detti,
     E il parricida a mieter laudi sorse;
     E senza amici il giusto
     330Vivea schernito, e di calunnie onusto.

Io vidi i tempi, e mesto allor sorrisi
     Dell’uman replicato, allegro vanto,
     Che ai posteri s’appresti
     Carco minor di guerra e di perfidia:
     335Dacchè del sangue del fratello intrisi
     I passi di Cäin furo e di pianto,
     La famiglia mortal sempre funesti
     Nutre germogli di fraterna invidia:
     Mutan le usanze, e ognora
     340Convien che Abel gema, perdoni e mora.

                             ................

Orrenda è storia, e sarà sempre orrenda
     Questa milizia della umana vita,
     Tal che lo stesso Iddio
     Fattosi a noi fratel, fu strazïato!
     345Inorridiam, ma non viltà ci prenda:
     Possente è umanità, benchè punita;
     La regge quel Divin che a lei s’unìo!
     Il figlio della creta è al duol dannato,
     Ma la terribil prova,
     350S’egli ambisce il trionfo, a dargliel giova.

Non qui, non qui il trionfo inter! — ma pure
     Qui già comincia lo splendor de’ giusti!
     Patiscon danni e morte,
     E il maligno sprezzarli indi s’infinge.
     355Ei chiama lor virtù volgari e scure;
     Vorrìa che i rei fosser di laudi onusti;
     Ma tutte coscïenze un grido forte
     Son costrette ad alzar (Dio le costringe):
     « Falsa è, Cäin, tua gloria,
     360Il grande è Abel, d’Abello è la vittoria! »


Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.