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Avanzando ancora due giorni pel tempo fissato alla partenza dei Pickwickiani per Dingley Dell, il signor Weller si pose a sedere in una cameretta del Giorgio ed Avvoltoio, dopo aver fatto un po’ di spuntino, e incominciò a meditare sul miglior modo di impiegare il suo tempo. Era una bellissima giornata; e non ci avea pensato sopra più di dieci minuti, quando di botto fu preso da una scesa di affetto filiale; e così fortemente lo colpì il pensiero di dover fare una visita al suo signor padre e presentare i suoi omaggi alla signora matrigna, che si stupì molto della propria trascuraggine per non aver pensato prima a questo suo obbligo morale. Ansioso di riparare senza indugio a una così colpevole negligenza, ei salì subito in camera del padrone e domandò licenza per recare in atto il suo lodevole proposito.
— Certamente, Sam, certamente, — disse il signor Pickwick, i cui occhi brillarono di soddisfazione a questa manifestazione di sentimento gentile da parte del suo fedele domestico; — certamente, Sam.
Il signor Weller ringraziò con un inchino
— Sono molto lieto, Sam, che abbiate un sentimento così alto dei vostri doveri di figlio, — disse il signor Pickwick.
— L’ho sempre avuto, signore, — rispose il signor Weller.
— È una riflessione molto consolante, Sam, — disse il signor Pickwick approvando.
— Signor sì, — rispose il signor Weller: — sempre che ho avuto bisogno di qualche cosa da mio padre, gliel’ho chiesta con tutto il rispetto possibile. Se non me la dava, me la pigliavo da me, per paura che non avessi avuto a fare qualche brutta azione, a motivo di non averla avuta. Gli ho risparmiato così una quantità di dispiaceri.
— Non intendevo precisamente questo, Sam, — disse il signor Pickwick, crollando il capo con un leggiero sorriso.
— Tutto effetto di buon cuore, signore; le migliori intenzioni del mondo, come disse quel signore, quando piantò la moglie, perchè non la pareva contenta di star con lui, — rispose il signor Weller.
— Potete andare, Sam, potete andare
— Grazie, signore.
E fatto il migliore dei suoi inchini e indossati i suoi più sfarzosi vestiti, Sam montò sull’imperiale della diligenza di Arundel, e si avviò verso Dorking.
Il Marchese di Granby, a tempo della signora Weller, era un vero modello di osteria, di una capacità mezzana tra il comodo e l’aggraziato. Dall’altra parte della via si vedeva attaccato in cima ad un palo una larga tabella, rappresentante il capo e le spalle di un signore dall’aspetto apoplettico, in soprabito rosso con mostre turchine e una striscia dello stesso colore sul cappello a tre punte, a guisa di cielo. Più sopra ancora, un paio di bandiere, e sotto all’ultimo bottone un par di cannoni; e il complesso costituiva un espressivo e fedelissimo ritratto del Marchese di Granby di gloriosa memoria. La finestra della sala d’entrata sfoggiava una collezione di geranii e una fila bene spolverata di bottiglie di liquori. Le imposte aperte portavano una varietà di iscrizioni dorate, elogiative di buoni letti e di vini squisiti; ed un gruppo scelto di buoni letti e di mozzi di stalla, che si trattenevano a chiacchierare vicino alla stalla e alla mangiatoia dei cavalli, presentava una prova presuntiva della qualità sopraffina dell’acquavite e degli altri liquori che si vendevano nell’interno. Sam Weller si fermò, smontato che fu dalla diligenza, per osservare tutti questi piccoli indizi di prosperità e di buoni affari con l’occhio di un consumato viaggiatore; dopo di che si decise ad entrare, pienamente soddisfatto delle cose notate
— Ohe, dico, — gridò una voce stridente di femmina, nel punto che Sam metteva dentro il capo, — che volete qui, giovanotto?
Sam guardò verso la parte donde la voce veniva, e vide una signora dalla persona solida e fiorente, la quale seduta dietro il banco accanto al caminetto, soffiava il fuoco per far bollire il ramino del tè. Non era sola, perchè dall’altra parte del caminetto, in un seggiolone dalla spalliera ritta ed alta, sedeva un uomo vestito di nero con un busto non meno ritto ed alto della stessa spalliera e che attrasse alla bella prima la speciale attenzione di Sam.
Era un uomo dal viso butterato e dal naso rosso, con un viso lungo e magro e un certo occhio da serpente a sonagli, la cui espressione poteva forse essere astuta ma certamente era cattiva. Portava calzoni corti e calze di cotone nero, le quali come il resto dei suoi vestiti avevano dell’arrugginito. Il suo contegno era inamidato, ma la sua cravatta bianca non rassomigliava al contegno; e i due capi di essa flosci e gualciti gli pendevano sulla sottoveste abbottonata fina alla gola in un modo poco pittoresco e molto sciattato. Un paio di guanti di castoro vecchi e usati, un cappello a larghe tese, e un ombrello verde scolorito con un fascio di ossi di balena che sbucava dal basso come per compensare la mancanza del manico dalla parte di sopra stavano sopra una seggiola accanto a lui; e poichè erano disposti ed acconciati con molta cura dicevano chiaro che l’uomo dal naso rosso, chiunque egli fosse, non aveva alcuna intenzione di andar via così presto.
Per rendergli però giustizia a questo signore, bisogna dire ch’ei sarebbe stato tutt’altro che saggio se avesse allettato una qualunque idea di questo genere; poichè a giudicarne da tutte le apparenze, egli avrebbe dovuto avere un invidiabile circolo di conoscenze per aspettarsi di trovare altrove maggiori comodità. Il fuoco brillava e fiammeggiava allegramente sotto l’azione del soffietto, e il ramino cantava armoniosamente sotto l’azione dell’uno e dell’altro. Un piccolo servizio da tè era apparecchiato sulla tavola; un piatto di crostini imburrati se li stava a pigliare il caldo davanti al fuoco; e lo stesso signore dal naso rosso era tutto assorto in convertire una larga fetta di pane nel suddetto commestibile, servendosi di un forchettone destinato a quest’uso. Gli stava accanto un bicchiere di ponce con dentro una fettina di limone; ed ogni volta che l’uomo dal naso rosso si fermava per accostarsi all’occhio la fetta di pane e veder bene come la cosa andava, sorseggiava un tantino al bicchiere del ponce, e volgeva un sorriso alla signora solida che soffiava il fuoco.
Sam era rimasto così assorto nella contemplazione di questa scena gradevole, che non badò niente affatto alla prima domanda della signora. Non fu che dopo aversela sentita ripetere altre due volte, e sempre con voce più stridula, ch’ei si accorse della sua poca creanza.
— C’è il principale? — domandò Sam per tutta risposta a quella domanda.
— No, non c’è, — rispose la signora Weller, perchè appunto la signora ben pasciuta non era altri che la già vedova ed esecutrice testamentaria del defunto signor Clarke; — no, non c’è, e non lo aspetto nemmeno.
— Mi figuro che sarà andato con la diligenza oggi? — disse Sam.
— Forse sì e forse no, — rispose la signora Weller, spalmando di burro il crostino che l’uomo dal naso rosso avea terminato di abbrustolire; non lo so e non mi preme. Dite un Benedicite, signor Stiggins.
L’uomo dal naso rosso compiacque il desiderio della signora, e subito attaccò un crostino con feroce voracità.
L’aspetto dell’uomo dal naso rosso aveva indotto Sam, a prima vista, a sospettar forte ch’ei fosse per l’appunto quel cosiffatto vicepastore del quale il suo stimabile genitore gli aveva parlato. Quando lo vide mangiare, ogni sorta di dubbi si dileguò, ed ei capì subito che se voleva pigliare alloggio provvisorio dove si trovava, bisognava mettersi senza indugio sopra un buon piede. Incominciò dunque dal passare il braccio di sopra allo sportellino del banco, ne alzò con perfetta tranquillità il saliscendi, ed entrò con disinvoltura.
— Come si va, matrigna? — disse Sam.
— To’, gli è un Weller, mi pare, — esclamò la signora Weller, alzando gli occhi in viso a Sam con una espressione tutt’altro che compiaciuta
— Crederei di sì, — rispose l’imperturbabile Sam; — e spero che questo reverendo mi vorrà scusare se io dico che vorrei essere il Weller che vi possiede, matrigna mia.
Questo era un complimento a due tagli: da una parte veniva a dire che la signora Weller era una donna molto piacente, e dall’altra che il signor Stiggins aveva un aspetto clericale. Fece di botto un’impressione visibile; e Sam profittò subito del vantaggio dando un bacio alla matrigna.
— Scostatevi, via! — esclamò la signora Weller respingendolo.
— Vergogna, giovanotto! — disse il signore dal naso rosso.
— Niente di male, signore, niente di male, — rispose Sam; — del resto avete molta ragione, non sta mica bene far di queste cose, quando si hanno delle matrigne giovani e belloccie, non è così?
— Tutto è vanità, — disse il signor Stiggins.
— Ah, sicuro, avete ragione, — disse la signora Weller aggiustandosi la cuffia.
Sam pensò lo stesso, ma non fiatò.
Il vicepastore non parve niente affatto compiaciuto dell’arrivo di Sam; e quando la prima effervescenza delle affettuosità fu sbollita, si sarebbe giurato, a vederla, che anche la signora Weller avrebbe senza il minimo inconveniente fatto a meno del figliastro. Nondimeno, egli era lì; e siccome non si poteva onestamente mandarlo via, si posero tutti e tre a prendere il tè.
— E come va il genitore? — domandò Sam.
A questa domanda, la signora Weller alzò le mani e voltò gli occhi in su, come se la sola allusione a quel soggetto la ferisse acerbamente.
Il signor Stiggins mise un gemito.
— O che gli piglia mo a questo signore? — domandò Sam.
— Ei s’affligge della condotta di vostro padre, — rispose la signora Weller.
— Oh, oh, davvero? — fece Sam.
— E con troppa ragione anche, — aggiunse gravemente la signora Weller.
Il signor Stiggins prese un altro crostino e mise un gemito più profondo.
— È un reprobo da far paura, — disse la signora Weller.
— Un vaso di perdizione! — esclamò il signor Stiggins. E staccò dal crostino un gran pezzo semicircolare, tornando a gemere sempre più forte.
Sam si sentì un fiero prurito di far gemere il reverendo Stiggins per qualche cosa; si contenne però, limitandosi a domandare:
— O che fa adesso il vecchio, sentiamo un po’?
— Che fa, che fa! — esclamò la signora Weller. — Se sapeste che anima di cane che gli è! Non passa sera che quest’uomo eccellente... no, signor Stiggins, è inutile che mi facciate la cera, io lo voglio dire che siete un uomo eccellente... non passa sera che non venga qui e non se ne stia a sedere per tante e tante ore di fila, e questo, figuratevi, non gli fa a lui il menomo effetto.
— Questa sì che non la capisco, — disse Sam; — a me invece me ne farebbe e di molto, ve l’assicuro.
— Il fatto è, mio giovane amico, — disse solennemente il signor Stiggins, — che egli ha un cuore indurito. Oh, mio giovane amico, e a chi altri sarebbe bastato l’animo di resistere alle esortazioni di sedici delle nostre più belle sorelle, e di respingere le loro preghiere di sottoscrivere alla nostra nobile società per provvedere i fanciulli negri delle Indie Orientali di giacchette di flanella e fazzoletti morali?
— Che cosa sono cotesti fazzoletti morali? — domandò Sam; — non ho mai visto un articolo di questo genere.
— Sono quelli che uniscono l’istruzione al diletto, mio giovane amico, — rispose il signor Stiggins, — recando dei racconti scelti ed illustrati con incisioni in legno.
— Ah, ho inteso, — disse Sam, — quei che stanno appesi nei negozi di biancheria, e che portano stampati versetti e petizioni dei poveri e giaculatorie e altre diavolerie?
Il signor Stiggins attaccò un terzo crostino e accennò di sì col capo.
— E non si lasciò smuovere dalle signore, eh? — domandò Sam.
— Se ne stette a sedere e a fumar la sua pipa, — rispose la signora Weller, — e disse che i fanciulli negri erano... che cosa disse che erano i fanciulli negri?
— Dei burattini per chiamar la gente, — rispose con accento doloroso il signor Stiggins.
— Disse che i fanciulli negri erano dei burattini, — ripetette la signora Weller, gemendo in compagnia del vice pastore sull’atroce condotta del signor Weller seniore.
Moltissime altre iniquità della stessa natura sarebbero forse state svelate; se non che, essendo finiti i crostini e il tè divenuto debole e non dando Sam alcun segno di volere andar via, il signor Stiggins si ricordò ad un tratto di avere un appuntamento urgentissimo col pastore e si tolse senz’altro di là.
S’era appena tolto di mezzo il servizio del tè e spazzato il camminetto, quando la diligenza di Londra depositò alla porta il signor Weller seniore, le gambe lo portarono dietro il banco, e gli occhi gli fecero veder suo figlio.
— Ohe, Sam! — esclamò il padre.
— Che c’è, vecchio frustino? — disse il figlio.
E si strinsero cordialmente la mano.
— Proprio contento di vedervi, Sam, — riprese il signor Weller seniore, — benchè non mi fo capace come abbiate fatto a pigliare pel suo verso la vostra signora matrigna. Vorrei soltanto che me ne scriveste la ricetta, ecco
— Zitto! — disse Sam; — lo sapete che l’è in casa.
— Non può sentire, rispose il signor Weller; — dopo il tè, la va da basso a fare un diavoleto per un paio d’ore, sicchè, Sam, abbiamo giusto il tempo di darci una risciacquatina.
Così dicendo, il signor Weller empì due bicchieri di acqua e spirito, e tirò fuori un paio di pipe; e padre e figlio sedendo di faccia l’uno all’altro, Sam da un lato del camminetto nel seggiolone alto, e il signor Weller seniore dall’altro lato in una specie di poltrona, si disposero a godersela con tutta la debita gravità.
— C’è stato nessuno, Sam? — domandò secco secco il signor Weller seniore, dopo un lungo silenzio.
Sam fece un segno affermativo pieno di espressione.
— Il coso dal naso rosso?
Sam tornò ad accennar di sì.
— Un caro uomo quello lì, Sam, — disse il signor Weller fumando con violenza.
— Così pare, — osservò Sam.
— Bravo a far di conti, che non si crederebbe.
— Proprio?
— Si fa imprestare, mettiamo, diciotto pence il Lunedì mattina, e torna poi il Martedì a domandare un altro scellino per far giusto la mezza corona, torna da capo il Mercoledì per avere un’altra mezza corona e fare i cinque scellini, e via di questo passo, raddoppiando sempre, fino a che in meno di niente arriva ad un biglietto da cinque, come quelle gran somme nei libri d’aritmetica,. Sam, che si fanno a raddoppiar sempre i chiodi d’un ferro di cavallo.
Sam con un cenno del capo significò che si ricordava del problema cui il genitore faceva allusione.
— Sicchè non voleste sottoscrivere alle giacchette di flanella? — disse Sam, dopo aver fumato ancora un pezzo in silenzio.
— Fossi stato babbeo!— rispose il signor Weller; — a che gli possono servire ai piccoli negri coteste famose giacchette? Ma ve lo dirò io, Sam, come sta la cosa, — aggiunse il signor Weller, abbassando la voce e piegandosi verso il figlio, — gliela farei io una giacchetta a dovere a certa gente che sta qui in casa.
Espresso che ebbe questo suo sentimento, il signor Weller riprese la sua prima posizione ed ammiccò con profondo significato al suo primogenito.
— L’è davvero una curiosa idea quella di mandar dei fazzoletti a quelli che non sanno nemmeno a che possano servire, — osservò Sam.
— Non c’è giorno che non mettano su delle trappolerie di questa specie, Sam, — rispose il padre. — Domenica passata me n’andavo tranquillamente pei fatti miei, quando ad un tratto chi è che ti vedo sulla porta di una cappella, con un piattello turchino in mano, proprio lei la vostra signora matrigna! Ci saranno state per lo meno un par di corone tutte di spiccioli, Sam; e via via che la gente usciva, lasciava cader dentro la sua brava moneta, tanto che nessun piatto mortale avrebbe potuto sopportare il peso o la fatica. E di che si trattava, indovinate?
— Di un’altra refezione di tè, mi figuro, — disse Sam.
— Nemmeno per sogno, — rispose il padre, — era per la tassa d’acqua del pastore, Sam.
— La tassa d’acqua del pastore!
— Già, erano passati tre trimestri e il pastore non avea pagato la croce di un penny. Non è mica babbeo, lui. Poteva anche darsi che l’acqua non gli servisse di molto, perchè in effetto non ne fa sciupo il brav’uomo; tutt’altro; per sete, ne ha della sete, Sam, ma tutti i fiumi del mondo non gliela caverebbero. Comunque stesse la cosa, certo è che la tassa non la pagava da nove mesi, sicchè gli tagliano il condotto e niente più acqua. Lì per lì corre alla cappella, dà ad intendere di essere un santo perseguitato, e dice che spera di veder rammollito il cuore di chi gli ha chiuso il rubinetto e che la grazia lo illumini e via discorrendo ma che gli pare e non gli pare di vederlo destinato a un brutto quarto d’ora nell’altra vita. A questo, tutte le donne tengono una riunione, cantano un inno, fanno presidentessa la vostra signora matrigna, si accordano per una colletta da farsi la Domenica appresso, e passano ogni cosa, nelle mani del pastore. E se egli, Sam, non ha messo insieme tanti spiccioli da liberarsi dalla Società delle acque vita natural durante, — conchiuse il signor Weller, — io sono un Olandese, Sam, e voi ne siete un altro, ecco tutto.
Il signor Weller seguitò a fumare per qualche altro minuto, e poi riprese a dire:
— Il peggio malanno di questi pastori, figliuolo mio, gli è che fanno girar la testa a tutte le donne di qua, ragazze e maritate. Si figurano, Dio le benedica, che tutto sia a fin di bene, e non sanno nulla di nulla, poverine; ma sono tutte vittime della truffe, sono, così la penso io.
— Ed io pure, — disse Sam.
— Nient’altro che questo, — disse il signor Weller, crollando gravemente il capo. — E quel che mi accora, Sam, gli è di vedere a sprecar tempo e fatica per far dei vestiti alla gente color di rame che non sanno che cosa farsene, e non curarsi nè punto nè poco dei cristiani color di carne che ne hanno bisogno. Se potessi fare a modo mio, Sam, ne attaccherei qualcuno di cotesti pastori sotto una carretta carica e li farei andare su e giù tutto il giorno sopra una tavola larga quattordici pollici. Questo, se mai, sarebbe forse un buon rimedio per rimettergli un po’ il cervello in sesto.
Esposto che ebbe con grande enfasi questo delicato pensiero accompagnandolo con una infinità di cenni e contorsioni dell’occhio, il signor Weller vuotò d’un fiato il suo bicchiere e scosse le ceneri fuori della pipa con la sua naturale dignità.
Era ancora assorto in questa operazione, quando una voce stridente si fece udire nel corridoio
Ecco qua la vostra cara matrigna, Sam, — disse il signor Weller; e nel tempo stesso la signora Weller entrò di furia.
— Siete tornato, eh? — esclamò la signora Weller.
— Sì, cara, — rispose il signor Weller ricaricando la pipa.
— È tornato il signor Stiggins? — domandò la moglie.
— No, cara, non è tornato, — rispose il marito, accendendo la pipa con l’ingegnoso processo di tenervi sopra con le molle un pezzo di fuoco pigliato dal prossimo camminetto; — e quel ch’è più, anima mia, gli è ch’io cercherò di non morirne dal dolore, se mai non tornasse.
— Zitto là, cattivaccio! — esclamò la signora Weller.
— Grazie, amore, — rispose il signor Weller.
— Via, via, babbo, — disse Sam, — lasciamo stare coteste tenerezze davanti a’ forestieri. Ecco qua appunto il reverendo.
A questo annunzio, la signora Weller si asciugò in fretta le lagrime che avea cominciato a spremere, e il signor Weller si ritirò di malumore con la seggiola nell’angolo del camminetto.
Il signor Stiggins si lasciò molto facilmente svolgere, ed accettò un altro bicchiere di acqua e rum, e poi un secondo e poi un terzo, e poi consentì a ristorarsi con un po’ di cena. Si pose a sedere dalla stessa parte del signor Weller seniore; il quale, tutte le volte che gli veniva fatto, senza esser visto dalla moglie, manifestava al figlio le riposte emozioni del proprio seno scotendo il pugno sul capo del vicepastore, con ineffabile diletto e soddisfazione di Sam, tanto più che il signor Stiggins seguitava tranquillamente a sorseggiare il suo ponce, affatto ignaro di quel che accadeva.
La maggior parte della conversazione si limitò alla signora Weller e al reverendo Stiggins: e gli argomenti preferiti furono le virtù del pastore, la docilità del suo gregge, e i delitti e la mala condotta di tutti gli altri; le quali dissertazioni il signor Weller seniore interrompeva di tanto in tanto con allusioni a mezza voce ad un signore di nome Walker e con altri commentari maligni e derisori della stessa specie.
Alla fine il signor Stiggins, andò a vedere parecchi sintomi indiscutibili di avere ingollato tanto ponce quanto ne poteva capire, prese cappello e commiato; e Sam, subito dopo, fu menato dal padre in camera da letto. Il vecchio rispettabile gli strinse la mano con molto calore e pareva disposto a rivolgere al figlio alcune osservazioni, se non che, vedendo venire alla sua volta la signora Weller, mutò d’idea e gli diè secco secco la buona notte.
Sam si levò per tempo il giorno appresso, e rifocillatosi con un boccone, si preparò a tornare a Londra. Avea appena messo il piede fuori dell’uscio, quando si vide davanti il signor padre.
— Partenza, Sam? — domandò il signor Weller.
— Subito, — rispose Sam.
— Vorrei che poteste mettere la museruola a quel cosiffatto Stiggins e portarvelo con voi, — disse il signor Weller.
— Davvero, davvero, — disse Sam in tono di rimprovero, — mi vergogno di voi, vecchio papassone. Perchè mo, vorrei sapere, gli permettete di cacciare il suo naso rosso nel Marchese di Granby?
Il signor Weller seniore, fissando sul figliuolo uno sguardo profondo, rispose:
— Perchè io, Sam, sono un uomo ammogliato, ecco. Quando avrete moglie anche voi, Sam, capirete una quantità di cose che non capite adesso; che poi valga la pena di passar tanti guai per imparar così poco, come disse il ragazzo quando fu arrivato in fondo all’alfabeto, è questione di gusto, e io credo per me che non ne valga la pena niente affatto.
— Bè, — disse Sam, — addio.
— Addio, addio, Sam, — rispose il padre.
— Questo soltanto voglio dire, — disse Sam fermandosi di botto, — che se fossi io il proprietario del Marchese di Granby, e cotesto Stiggins se ne venisse a fare i suoi brindisi dietro il mio banco, io...
— Che cosa? — interruppe con grande ansietà il signor
— Gli avvelenerei il ponce, — disse Sam.
— Non parli mica sul serio! — esclamò il signor Weller, scuotendo la mano al figlio; — davvero che lo faresti, Sam, proprio?
— Altro che! — disse Sam. — Non aggraverei troppo la mano alla bella prima; gli darei per antipasto un piccolo tuffo nella vasca e ci metterei sopra il coperchio; se poi lo trovassi insensibile a questo trattamento delicato, proverei quell’altro mezzo di persuasione.
Il signor Weller seniore volse al figliuolo un’occhiata di profonda e ineffabile ammirazione, e strettagli un’altra volta la mano, si allontanò a lento passo, rimuginando in testa sua le numerose riflessioni cui quel consiglio faceva sorgere
Sam stette a guardargli dietro, fino a che non l’ebbe veduto svoltar la cantonata, e quindi si avviò per tornare a Londra. Andò sulle prime meditando alle conseguenze probabili del suo proprio consiglio, e alla maggiore o minore probabilità che il padre l’adottasse; ma di lì a poco lasciò andare lo spinoso argomento con la riflessione consolante che solo col tempo si potrebbe vedere; e questa è appunto la riflessione che noi vorremmo imprimere nell’animo del lettore.