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L’oggetto che si presentò agli occhi dello stupito scrivano fu un ragazzo — un ragazzo mirabilmente adiposo, vestito da lacchè, ritto sulla stuoia, e con gli occhi chiusi come se dormisse. Un ragazzo di così vaste proporzioni Lowten non avea visto mai; il che aggiunto alla calma suprema del suo aspetto, tanto diversa da quanto era ragionevole figurarsi nell’autore di quel fiero martellare, lo colpì di profonda maraviglia.
— Che c’è? — domandò Lowten.
Lo straordinario ragazzo non rispose verbo, ma chinò un poco il capo, e parve a Lowten che leggermente russasse.
— Chi vi manda? — domandò lo scrivano.
Il ragazzo non fece alcun segno. Respirava faticosamente, ma per ogni altro verso era immobile.
Lo scrivano ripetette per tre volte la domanda, e non avendone la risposta, stava per richiuder la porta, quando il ragazzo aprì gli occhi ad un tratto, battè più volte le palpebre, starnutì, ed alzò la mano come per ripigliare il martello. Trovando però la porta aperta, si guardò intorno tutto stupito, e fissò gli occhi finalmente in viso al signor Lowten.
— Che diavolo avete da bussare a cotesto modo? — domandò stizzito lo scrivano.
— Che modo? — disse il ragazzo con voce tarda e assonnata.
— Come quaranta fiaccherai, perbacco!
— Perchè il padrone m’ha detto di non smettere fino a che non aprivano la porta, per paura che avessi a pigliar sonno.
— Bè, e che imbasciata avete portata?
— È giù.
— Chi?
— Il padrone. Vuol sapere se siete a casa.
Il signor Lowten pensò bene a questo punto di guardar dalla finestra. Vedendo una carrozza aperta con dentro un vecchio signore dalla faccia chiara ed allegra, che guardava in su con ansia, gli fece cenno che salisse; al che il vecchio signore balzò subito in terra.
— Quello lì in carrozza è il vostro padrone, suppongo? — domandò Lowten.
Il ragazzò accennò di sì col capo.
Ogni altra domanda fu troncata dalla comparsa del vecchio Wardle, il quale correndo su per le scale e riconosciuto Lowten, passò difilato in camera di Perker.
— Pickwick! — esclamò, — qua la mano, bambino mio. Come si fa che soltanto ier l’altro ho saputo che v’eravate fatto mettere in gattabuia? e voi, Perker, perchè l’avete lasciato fare a modo suo?
— Non c’era rimedio, mio caro signore, — rispose Perker con un sorriso ed una presa di tabacco; — voi sapete la sua ostinazione!
— Sicuro, sicuro, — rispose il vecchio signore. — Ad ogni modo, contentissimo di vederlo. Non lo perderò mica di vista così presto.
Con queste parole, Wardle strinse di nuovo la mano del signor Pickwick, e fatto lo stesso con Perker si sdraiò in una poltrona con una faccia raggiante di salute e di allegria.
— Ebbene, — disse Wardle, — c’è di belle novità... una presa del vostro tabacco, Perker... che tempi, che tempi, eh?
— Che intendete dire? — domandò il signor Pickwick.
— Che intendo dire! Intendo che tutte le ragazze ammattiscono; voi direte che non è mica una novità, ma ciò non toglie che sia vera.
— E avete scelto proprio Londra per venirci a dir questo, mio caro signore? — domandò Perker.
— No, precisamente no, benchè sia stato questo il motivo principale della mia venuta. Come sta Arabella?
— Benissimo, — rispose il signor Pickwick, — e sarà certo contentissima di vedervi.
— Furba bricconcella! Avevo una mezza idea di sposarmela io, uno di questi giorni. Ma in tutti i modi, la cosa mi fa piacere, molto piacere.
— Com’è che l’avete saputo? — domandò il signor Pickwick.
— Oh, lo seppero prima le bambine, naturalmente. Arabella scrisse ieri l’altro per dire che avea fatto un matrimonio clandestino senza il consenso del padre dello sposo, e che voi eravate andato per ottenerlo, quando un rifiuto non potea più impedire le nozze, eccetera eccetera. Io pensai subito che l’occasione era buona per parlare un po’ sul serio alle bambine, sicchè dissi che era una cosa orribile per le ragazze, questo maritarsi senza il consenso dei genitori, e via discorrendo; ma, benedetti voi, non mi sembrò di aver fatto una grande impressione sull’animo loro. Pareva loro tanto più orribile l’aver fatto un matrimonio senza le damigelle d’onore, che tanto valeva per me se avessi predicato a Joe.
Qui il vecchio Wardle si fermò per ridere; e quando ebbe riso a posta sua, riprese a dire:
— Ma questo è nulla. Questa è appena la metà di tutti gli intrighi e gli amori che covavano. Abbiamo camminato sulle mine in questi ultimi sei mesi, ed alla fine sono scoppiate.
— Che cosa intendete dire? — esclamò facendosi pallido il signor Pickwick; — nessun altro matrimonio segreto, spero?
— No, no, meno di questo.
— E che cosa dunque? Ci sono interessato io?
— Debbo rispondere a questa domanda, Perker?
— Se non c’è compromissione per voi, mio caro signore.
— Ebbene dunque, ci siete, caro Pickwick.
— Come? in che modo?
— Davvero, siete così accensibile voi che ho quasi paura di dirvelo; ma, ad ogni modo, se Perker si metterà a sedere in mezzo a noi per impedire un guaio, mi azzarderò.
Chiuso l’uscio della camera e fortificatosi con un’altra presa del tabacco di Perker, il vecchio Wardle venne con queste parole a fare la sua grande rivelazione:
— Il fatto è che mia figlia Bella... Bella che sposò Trundle, sapete.
— Sicuro, sicuro, sappiamo, — disse il signor Pickwick impaziente.
— Non mi spaventate al bel principio. Mia figlia Bella, essendo Emilia andata a letto con un gran mal di capo dopo avermi fatto sentire la lettera di Arabella, mi si pose l’altra sera a sedere accanto e incominciò a parlarmi di questo affare del matrimonio. "Ebbene, papà — dice — che ne dite voi?" — "Dico, bambina mia, che tutto va d’incanto; tutto per lo meglio, speriamo." Risposi così, perchè stavo seduto davanti il fuoco, sorbendo il mio ponce, e sapevo bene che col gettar di tanto in tanto una parola indecisa l’avrei indotta a continuare. Tutte e due le mie bambine sono il ritratto della madre, e via via che mi faccio vecchio mi piace di starmene in compagnia loro; perchè la voce e gli occhi loro mi fanno tornare indietro all’epoca più felice della mia vita e mi ringiovaniscono, capite, almeno pel momento. "È un matrimonio tutto d’amore, papà" — dice Bella dopo un breve silenzio. — "Sì cara — dico io — ma questa sorta di matrimonii non riescono sempre i più felici."
— Cotesto non l’ammetto, badate, — esclamò con calore il signor Pickwick.
— Benissimo, — rispose Wardle, — negate tutto quel che vi piace quando tocca a voi a parlare, ma non m’interrompete.
— Perdonate.
— Perdono. "Mi dispiace — dice Bella facendosi un po’ rossa — che voi papà, siate contrario ai matrimoni di amore." — "Ho sbagliato; non l’avrei nemmeno dovuto dire, perchè — e così dicendo le accarezzai la guancia con quella miglior grazia che seppi — perchè il matrimonio di vostra madre fu appunto un matrimonio di amore, e anche il vostro." — "Non volevo dir questo papà — mi risponde Bella. — Il fatto è, papà, che vi volevo parlare di Emilia."
Il signor Pickwick trasalì.
— Che c’è di nuovo adesso? — domandò Wardle.
— Niente, niente, — rispose il signor Pickwick. — Proseguite, prego.
— Non m’è riuscito mai di mettere insieme una storia, — disse Wardle di botto. — Prima o dopo la cosa ha da venir fuori, ed è tanto di risparmiato. La sostanza del discorso è questa, che Bella alla fine pigliò coraggio per dirmi che Emilia era infelice; che fin dallo scorso Natale c’era stata tra lei e il vostro amico Snodgrass una corrispondenza segreta; ch’ella avea proprio deciso di fuggirsene con lui, imitando il lodevole esempio della sua antica amica e compagna di scuola; ma che, avendo certi suoi scrupoli, in quanto che io m’ero sempre mostrato molto ben disposto verso tutti e due, aveano meglio pensato di rivolgersi a me come primo passo per farmi l’onore di domandarmi se mai avessi avuto difficoltà a farli sposare alla buona come usano tutti. Prego, signor Pickwick, se vi riesce, di rimpicciolire i vostri occhi alla loro grandezza ordinaria e di dirmi, in che modo, secondo voi, dovremmo regolarci adesso, vi sarò obbligatissimo.
Il modo brusco con cui il vecchio Wardle avea detto queste ultime parole non era affatto ingiustificato; perchè il viso del signor Pickwick aveva assunto una espressione molto curiosa a vedere di profondo stupore e di perplessità.
— Snodgrass! fin dallo scorso Natale! — furono le prime parole tronche che uscirono dalle sue labbra.
— Fin dallo scorso Natale, — rispose Wardle; — mi par chiaro abbastanza, caro mio, e per non essercene accorti, bisogna dire che gli occhiali nostri non son buoni a nulla.
— Io non capisco, — disse ruminando il signor Pickwick; — io davvero non capisco.
— Eppure è facilissimo di capire, — rispose il vecchio collerico. — Se foste stato più giovane, avreste da un pezzo indovinato il segreto; e inoltre — aggiunse Wardle dopo avere esitato un momento — il vero è, che non sapendo nulla della cosa, io ho fatto una certa insistenza con Emilia perchè accogliesse favorevolmente, se le piaceva, le premure di un giovane signore del vicinato. Io non dubito punto, che, da ragazza qual’è, per rendersi più preziosa e accendere più forte il signor Snodgrass, ella avrà dipinta la cosa coi colori più vivaci, e che insieme saranno arrivati alla conclusione di essere i due esseri più infelici e perseguitati di questo mondo e di non avere altra risorsa che un matrimonio clandestino o un braciere di carboni. Ora la questione è: Che cosa s’ha da fare?
— Che cosa avete fatto voi? — domandò il signor Pickwick.
— Io!
— Voglio dire che faceste quando vostra figlia vi disse questo?
— Oh, feci il diavolo a quattro, naturalmente.
— Benissimo, — venne su Perker, che avea accompagnato questo dialogo con molte strappate alla catena dell’orologio, rabbiose strofinate di naso, ed altri sintomi d’impazienza. — Niente di più naturale; ma in che modo?
— Montai in una furia terribile e spaventai tanto mia madre da farle venire una convulsione.
— Giudiziosissimo, e poi, mio caro signore?
— Sbuffai e tempestai tutto il giorno appresso e misi a rumore tutta la casa. Finalmente mi seccai di rendermi così noioso e di fare infelice tanta gente; sicchè presi una carrozza a Muggleton, e attaccativi i miei propri cavalli, venni su in città, col pretesto di condurre Emilia a vedere Arabella.
— Sicchè la signorina Wardle è con voi? — domandò il signor Pickwick.
— Si sa benissimo, — rispose Wardle. — Si trova per adesso all’albergo di Osborne nell’Adelphi, a meno che il vostro intraprendente amico non se l’abbia rapita da stamani in qua.
— Siete dunque riconciliati? — disse Perker.
— Nemmeno per sogno, — rispose Wardle; — non ha fatto che piangere e lamentarsi da allora in poi, meno iersera tra il tè e la cena, che si mise a scrivere una gran lettera, mentre io faceva le viste di non accorgermi di nulla.
— Mi figuro che vogliate il mio avviso in questa faccenda? — disse Perker, guardando dalla faccia pensosa del signor Pickwick a quella ansiosa di Wardle, e annasando varie prese consecutive del suo stimolante favorito.
— Credo di sì, — disse Wardle guardando al signor Pickwick.
— Certamente, — rispose questi.
— Ebbene, — disse Perker alzandosi e spingendo indietro la seggiola, — il mio avviso è che tutti e due ve ne andiate subito o a piedi o a cavallo o in carrozza o come vi piacerà meglio, perchè mi avete rotto le tasche, e ne discorriate un po’ tra di voi. Se non avrete tutto aggiustato per la prossima volta che ci vedremo, allora vi dirò quel che c’è da fare.
— Questo è soddisfacente, — disse Wardle, non sapendo bene se dovesse sorridere o offendersi.
— Via, via, mio caro signore, — ribattè Perker, — io vi conosco tutti e due meglio assai di quel che vi conosciate voi stessi. Voi avete già aggiustato ogni cosa e minutamente.
Così parlando, il piccolo avvocato diè un colpo con la sua scatola di tabacco prima in petto al signor Pickwick, poi sulla pancia del signor Wardle, al che tutti e tre dettero in una gran risata, ma specialmente i due ultimi, i quali tornarono a darsi e a stringersi forte la mano, senza alcuna ragione visibile.
— State a pranzo con me oggi? — disse Wardle a Perker mentre questi li riconduceva.
— Non ve lo prometto, mio caro signore, non ve lo prometto. In tutti i modi verrò un momentino stasera.
— Vi aspetterò fino alle cinque, — disse Wardle. — Ehi, Joe!
Joe fu scosso e svegliato, e i due amici se n’andarono nella carrozza del signor Wardle, la quale per ragione di umanità portava dietro un seggiolino chiuso destinato al ragazzo grasso, che se invece avesse dovuto tenersi ritto sopra una predellina sarebbe rotolato giù e morto schiacciato al primo sonno.
Giungendo al Giorgio ed Avvoltoio, trovarono che Arabella e la sua cameriera aveano mandato a prendere una vettura di piazza non appena ricevuto un bigliettino da Emilia che annunziava il suo arrivo in città e l’alloggio preso all’Adelphi. Siccome Wardle avea degli affari da sbrigare nella City, mandarono la carrozza e il ragazzo grasso all’albergo con l’avviso che egli e il signor Pickwick sarebbero insieme tornati pel desinare alle cinque precise.
Incaricato di questo messaggio, il ragazzo grasso se n’andò sempre dormendo saporitamente nel suo seggiolino, che balzava sulle lastre della via, come se dormisse sopra un soffice materasso. Per un inesplicabile miracolo si destò da sè al fermarsi della carrozza, e dandosi una buona scossa per mettere in moto le sue facoltà, andò su per eseguire la commissione.
Ora, sia che la scossa avesse imbrogliato le facoltà del ragazzo grasso invece di rimetterle in ordine, sia che gli avesse fatto sorgere dentro una tale quantità di nuove idee da fargli dimenticare le forme e le convenienze usate, sia che fosse stata insufficiente ad impedire ch’ei ripigliasse sonno nel salir le scale, — è un fatto indubitato ch’egli entrò nel salotto senza prima bussare all’uscio, e così vide un signore con un braccio intorno alla vita della sua padroncina, seduto amorevolmente con lei sul canapè, mentre Arabella e la sua graziosa cameriera, all’altra estremità della camera, fingevano essere assorte a guardar fuori della finestra. Alla vista di questo fenomeno, il ragazzo grasso mandò un’esclamazione, le signore mandarono un grido e il signore una parola energica di dispetto quasi nel punto stesso.
— Che volete qui, disgraziata creatura? — disse il signore, che era, come subito s’è capito, il signor Snodgrass.
A questo il ragazzo grasso, preso da un gran terrore, brevemente rispose:
— La padrona.
— Che volete da me? — domandò Emilia, voltando il capo in là. — Stupida creatura!
— Il padrone e il signor Pickwick vengono a desinare qui alle cinque, — rispose il ragazzo grasso.
— Uscite, — disse il signor Snodgrass, gettando fuoco dagli occhi.
— No, no, no, — pregò Emilia. — Bella, cara, consigliatemi.
A questo, Emilia, il signor Snodgrass, Arabella e Maria si aggrupparono in un angolo e bisbigliarono con calore per varii minuti, durante i quali il ragazzo s’andò assopendo.
— Joe, — disse alla fine Arabella, voltandosi col più aggraziato dei suoi sorrisi, — come state, Joe?
— Joe, — disse Emilia, — voi siete un bravissimo ragazzo; io non mi scorderò di voi, Joe.
— Joe, — disse il signor Snodgrass avanzandosi verso lo stupefatto ragazzo e pigliandolo per mano, — io non vi conosceva prima. Ecco qua cinque scellini per voi, Joe.
— Ed io, Joe, ve ne darò altri cinque, — disse Arabella con un altro sorriso, — perchè siamo vecchi amici.
Essendo il ragazzo grasso di tardo intendimento, parve sulle prime assai stordito a questo subito favore e si guardò con tanto d’occhi intorno. Finalmente il suo faccione cominciò a mostrar sintomi di un sorriso di sproporzionate dimensioni; e quindi, cacciandosi le due monete nelle due tasche di qua e di là e, dietro le monete, le mani ed i polsi, scoppiò in una rauca risata: primo ed unico esempio nella sua vita.
— Vedo che ha capito, — disse Arabella.
— Sarebbe bene che gli dessero subito da mangiare qualche cosa, — suggerì Emilia.
A queste parole poco mancò che il ragazzo grasso non tornasse a ridere. Maria dopo aver confabulato ancora un poco, si spiccò dal gruppo e disse:
— Oggi, Joe, voglio proprio desinar con voi, se non vi dispiace.
— Di qua, — rispose subito Joe. — C’è un amore di pasticcio di carne!
Con queste parole il ragazzo grasso andò avanti seguito da Maria che, via facendo, non mancò di far la vezzosa con tutti i camerieri e di tormentare tutte le cameriere.
Il pasticcio di carne, del quale con tanto calore avea parlato il ragazzo, stava al suo posto; e c’erano anche un pezzo d’arrosto, un piatto di patate e una brocca di birra.
— Sedete, — disse Joe. — Oh che bellezza! Ho tanta di quella fame.
Dopo cinque o sei esclamazioni non meno voluttuose, Joe si mise a sedere da un lato della piccola tavola è Maria occupò il posto di faccia.
— Volete un po’ di questo? — domandò il ragazzo grasso, immergendo nel pasticcio fino al manico il coltello e la forchetta.
— Un pochino, sì, — rispose Maria.
Joe ne servì una porzioncina a Maria e una grossa fetta a sè stesso, e stava già per cominciare, quando ad un tratto piegandosi avanti e lasciandosi cader le mani armate di coltello e forchetta sulle ginocchia, disse con lentezza:
— Dico, come siete bellina!
Il tono era ammirativo, e fino ad un certo punto, lusinghiero; ma c’era sempre negli occhi di Joe un certo che di cannibalismo da rendere dubbio il complimento.
— Gesummio, Joe, — disse Maria, facendo le viste di arrossire, — che volete dire?
Il ragazzo grasso, ripigliando a poco a poco la sua prima posizione, rispose con un profondo sospiro, e rimasto per qualche momento tutto pensoso, abboccò la brocca e bevve a lungo. Ciò fatto, tornò a sospirare e attaccò vigorosamente il pasticcio.
— Che bella signorina è quella signorina Emilia! — disse Maria dopo un lungo silenzio.
Il ragazzo grasso aveva a questo punto finito il suo pasticcio. Fissò gli occhi sopra Maria e rispose:
— Ne so un’altra più bellina.
— Davvero! — fece Maria.
— Sì, davvero, — rispose Joe con insolita vivacità.
— E come si chiama?
— Come vi chiamate voi?
— Maria.
— E così si chiama lei. E lei siete voi.
Joe fece una smorfia che voleva essere un sorriso, e strabuzzò gli occhi intendendo di fare una strizzatina.
— Non dovete parlarmi a cotesto modo, — disse Maria; — voi non pensate mica quel che dite.
— No? vi pare? Io dico...
— Ebbene?
— Verrete qui tutti i giorni?
— No. Me ne vado stasera. Perchè?
— Oh! come saremmo stati allegri a desinare, se ci foste stata anche voi!
— Potrei forse venir qualche volta, per vedervi, — disse Maria lisciando con le due dita la tovaglia, — se però voleste farmi un favore.
Il ragazzo grasso guardò dal pasticcio al pezzo di carne, come se un qualunque favore, secondo lui, dovesse collegarsi in certo modo con qualche cosa da mangiare. Cavò poi di tasca una delle sue monete e se la guardò con una specie di agitazione nervosa.
— Non mi capite? — domandò Maria con un’occhiata piena di malizia.
Ei tornò a guardar la moneta e rispose:
— No.
— Le signore vogliono che non diciate nulla al padrone che quel signore è venuto su; ed io pure lo desidero, Joe.
— Questo è tutto? — esclamò Joe ricacciandosi in tasca la moneta. — Si capisce che non dirò nulla.
— Il signor Snodgrass, vedete, vuol molto bene alla signorina Emilia, e la signorina Emilia vuol molto bene a lui, e se voi dite qualche cosa, il padrone vi porterebbe tutti quanti lontano lontano in campagna, e allora non vedreste più nessuno.
— No, no, non dirò nulla.
— Bravo, così vi voglio. E adesso ho da andar su a vestir la signorina pel desinare.
— No, non ve n’andate ancora.
— Non posso far di meno, — rispose Maria. — Addio per ora.
Joe, con una gentilezza da elefante, protese le braccia per carpire un bacio; ma siccome per sfuggirgli non ci voleva una grande agilità, la sua bella crudele era sparita prima che egli le richiudesse; al che l’apatica creatura si mangiò una buona mezza libbra di carne con una fisonomia sentimentale, e profondamente si addormentò.
C’era tanto da dire e tanti piani da concertare di fuga e di matrimonio pel caso che il vecchio Wardle si avesse ad ostinare nella sua opposizione, che ci voleva soltanto mezz’ora per andare a pranzo quando il signor Snodgrass prese il suo commiato definitivo. Le signore corsero per vestirsi in camera di Emilia, e l’innamorato, preso il cappello, uscì. Aveva appena varcata la soglia, che udì la voce di Wardle che parlava forte; e guardando di sopra alla ringhiera delle scale, vide proprio lui che veniva su difilato, seguito da alcuni altri signori. Non essendo pratico della casa, il signor Snodgrass nella sua confusione tornò subito indietro fin nella stanza da cui era uscito e passando di là in un’altra camera (proprio la camera da letto del signor Wardle), ne chiuse l’uscio con precauzione, nel punto stesso che i nuovi arrivati mettevano piede nel salotto. Erano questi il signor Wardle e il signor Pickwick, il signor Nataniele Winkle e il signor Beniamino Allen, ch’ei riconobbe senza molta fatica dalle voci.
— Buon per me che ho avuto la presenza di spirito di evitare l’incontro, — pensò il signor Snodgrass con un sorriso e dirigendosi in punta di piedi verso un altro uscio vicino al letto; — questo qui apre nello stesso corridoio, sicchè me la posso svignare a tutto mio comodo.
Un solo ostacolo c’era a questo, cioè che l’uscio era chiuso e che la chiave non c’era.
— Ci darete del miglior vino che ci avete, cameriere, — disse il vecchio Wardle fregandosi le mani.
— Ne avrete del prelibato, signore, — rispose il cameriere.
— Dite alle signore che siamo tornati.
— Signor sì.
Desiderava con tutto l’ardore dell’anima il signor Snodgrass che le signore sapessero ch’egli era tornato dentro. Si azzardò un tratto a bisbigliare: Cameriere! pel buco della toppa; ma temendo da una parte che avesse a venire un cameriere per un altro, e ricordandosi dall’altra di un signore sorpreso nella sua medesima situazione in un albergo vicino (ne avea letto una relazione nel giornale del mattino sotto la rubrica Pulizia), cadde a sedere sopra una valigia e tremò in tutta la persona.
— Non l’aspetteremo nemmeno un minuto, Perker, — disse Wardle, guardando all’orologio; — è sempre puntualissimo. Se vuol venire, si troverà a tempo; se no, è inutile aspettare. Ah! Arabella.
— Sorella mia! — esclamò Ben Allen, stringendola in un romantico abbraccio.
— Oh, caro Ben, come puzzate di tabacco! — disse Arabella, un po’ sopraffatta da questa effusione affettuosa.
— Davvero? davvero, Bella? Ebbene sì, è probabile.
Era probabilissimo, avendo egli lasciato in quel punto una piacevole conversazione fumatoria di dodici colleghi in una stanzetta riscaldata da un gran fuoco.
— Ma son lieto di rivedervi, cara Arabella mia.
— Basta, basta! — rispose Arabella dandogli un bacio, — non mi afferrar più, caro Ben; mi sbatti e mi sciupi tutta!
A questo punto della riconciliazione, Ben Allen, lasciandosi vincere dai suoi sentimenti, dai sigari e dalla birra, girò intorno uno sguardo pietoso di dietro agli occhiali umidi.
— E a me non si dice nulla? — gridò Wardle con le braccia aperte.
— Molto anzi, — disse Arabella a mezza voce nel ricevere le carezze e i mirallegro del bravo vecchio. — Voi siete un mostro crudele, insensibile, senza cuore!
— E voi una piccola ribelle, — rispose Wardle nello stesso tono; — e io ho paura che vi dovrò proibire di mettere il piede in casa mia. Le personcine come voi, che si vanno maritando in barba di tutti, non bisogna lasciarle libere in mezzo alla società civile. Ma via, — soggiunse il vecchio ad alta voce, — ecco qua il pranzo; e voi vi starete a sedere vicino a me. Joe! corpo di bacco, Joe non dorme!
Con grandissimo stupore del suo padrone, il ragazzo grasso era in effetto in uno stato di singolare vigilanza, tenendo gli occhi spalancati e dando a vedere di non volerli per nulla al mondo richiudere. C’era anche nei modi di lui una insolita alacrità. Poi, tutte le volte che gli capitava d’incrociar gli occhi con quelli di Emilia o di Arabella, faceva dei visacci spaventevoli; e ci fu un momento in cui Wardle avrebbe giurato di averlo visto che strizzava l’occhio destro.
Questa alterazione nella condotta di Joe pigliava origine nella coscienza della propria importanza e della dignità acquistata per essere stato ammesso nella confidenza delle signorine; e i visacci e le strizzatine erano in somma tante assicurazioni che si poteva riposare sulla fedeltà sua. Ma siccome questi segni erano fatti assai più per destare i sospetti che per allontanarli, ed erano anche non poco imbarazzanti, più d’una volta facevano sì che Arabella vi rispondesse con un cipiglio o con un movimento del capo, che il ragazzo grasso, interpretando per altrettanti avvisi di star bene in guardia, mostrava di aver capiti facendo più strani visacci e più frequenti strizzate d’occhio.
— Joe, — disse il signor Wardle dopo una ricerca inutile per tutte le tasche, — è sul canapè la mia scatola di tabacco?
— Nossignore, — rispose il ragazzo grasso.
— Ah sì, ora mi rammento; l’ho lasciata stamane in camera da letto sulla tavoletta dello specchio. Andate subito a pigliarmela.
Il ragazzo andò nella camera contigua, e dopo un minuto di assenza, tornò con la scatola di tabacco e col viso pallido come un cencio di bucato.
— Che diamine ha questo ragazzo? — esclamò Wardle.
— Non ho nulla io, — rispose Joe tutto nervoso.
— Avete veduto gli spiriti? — domandò il vecchio.
— O bevuto i medesimi? — suggerì Ben Allen.
— Credo che abbiate ragione, — disse Wardle a mezza voce. — Scommetterei che è ubbriaco.
Ben Allen rispose che avrebbe scommesso del pari; e siccome dell’infermità in questione aveva veduto e curato molti casi, Wardle ebbe a confermarsi nel sospetto che gli era balenato da circa mezz’ora e concluse recisamente che Joe era ubbriaco fradicio.
— Tenetelo d’occhio per qualche momento, — bisbigliò Wardle. — Ne vedremo subito il netto.
Lo sciagurato ragazzo avea soltanto barattato una dozzina di parole col signor Snodgrass, il quale lo avea scongiurato che segretamente facesse appello a qualche amico perchè venisse a liberarlo e poi lo avea spinto fuori con la scatola di tabacco, temendo che un’assenza troppo prolungata potesse menare ad una scoperta.
Joe stette un poco a ruminare con una faccia disturbatissima ed uscì ad un tratto in cerca di Maria.
Maria però se n’era andata dopo aver vestita la padroncina, e Joe se ne tornò molto più disturbato di prima.
Wardle e Ben Allen si scambiarono un’occhiata.
— Joe! — disse Wardle.
— Sissignore.
— Perchè siete andato via?
Il ragazzo grasso volse intorno un’occhiata disperata e balbettò che non lo sapeva.
— Oh, oh! — fece Wardle, — non lo sapete? Passate questo formaggio al signor Pickwick.
Ora, il signor Pickwick trovandosi nelle migliori disposizioni di questo mondo, era stato allegrissimo per tutto il desinare ed erasi ora impegnato in una brillante e calorosa conversazione con Emilia e il signor Winkle, piegando gentilmente il capo secondo l’enfasi del discorso, muovendo la mano sinistra per dar forza alle sue osservazioni e tutto splendente di placidi sorrisi. Prese dal piatto un pezzettino di formaggio, e stava per voltarsi e riappiccare la conversazione, quando il ragazzo grasso, chinandosi in modo da avvicinar la bocca all’orecchio di lui, accennò col pollice di sopra alla spalla e fece la faccia più orribile e spaventevole che in una pantomima di pagliacci si sia mai veduta.
— Dio mio! — esclamò trasalendo il signor Pickwick, — che cosa veramente... eh?
Si fermò, perchè il ragazzo grasso s’era raddrizzato ed era o fingeva di essere profondamente addormentato.
— Che c’è? — domandò Wardle.
— Questo vostro ragazzo è così singolare, — rispose il signor Pickwick, guardando tutto pieno di apprensione a Joe. — Pare una cosa strana a dirsi, ma in parola mia trovo che in certi momenti egli soffra un po’ colla testa.
— Oh! signor Pickwick, ve ne prego, non dite così! — esclamarono ad una voce Emilia ed Arabella.
— Non ne son sicuro, naturalmente, — disse i1 signor Picwick in mezzo ad un profondo silenzio e ad un generale sbigottimento; — ma il suo contegno verso di me è stato or ora molto singolare. Ahi! — gridò il signor Pickwick, balzando in piedi come spinto da una molla. — Domando scusa alle signorine, ma proprio in questo momento ei m’ha ficcato qualche strumento puntuto nel polpaccio. Io ve lo dico sul serio, il ragazzo non è sicuro.
— È ubbriaco, — ruggì con furia il vecchio Wardle. — Suonate il campanello, chiamate i camerieri! È ubbriaco.
— No, no, — disse Joe cadendo in ginocchio mentre il padrone lo pigliava pel collo; — non sono ubbriaco.
— Allora siete matto, il che è peggio. Chiamate subito i camerieri.
— Non sono matto, no! — rispose Joe incominciando a piangere.
— E allora perchè diamine ficcate degli strumenti puntuti nelle gambe del signor Pickwick? — domandò con rabbia Wardle.
— Non mi voleva guardare, — rispose il ragazzo. — Io gli volevo dire qualche cosa.
— E che cosa gli volevate dire? — domandarono a coro una mezza dozzina di voci.
Il ragazzo grasso affannò, diè un’occhiata verso la camera da letto, tornò ad affannare, e si asciugò due lagrime con le nocche delle dita.
— Che cosa gli volevate dire? — domandò Wardle scotendolo tutto.
— Un momento, — disse il signor Pickwick, — permettete. Che volete comunicarmi, mio povero ragazzo?
— Voglio dirvi una cosa all’orecchio, — rispose i1 ragazzo.
— Gli volete mordere l’orecchio, mi figuro, — disse Wardle. — Non vi accostate, è pericoloso; suonate il campanello e fatelo portar giù.
Nel punto stesso che il signor Winkle afferrava il cordone del campanello, un grido generale di stupore lo arrestò: l’innamorato prigioniero, tutto acceso in volto dalla confusione, emerse improvvisamente dalla camera da letto e fece alla brigata un inchino complessivo.
— Ohe! — esclamò Wardle lasciando libero Joe e indietreggiando. — Che vuol dir ciò?
— Sono nascosto in quella camera lì dal momento che siete tornato, — rispose il signor Snodgrass.
— Emilia, figliuola mia, — disse Wardle in tono di rimprovero. — Io non posso vedere la bassezza o l’inganno; tutto ciò è indelicato e ingiustificabile al massimo grado. Io non me lo meritavo questo da voi, Emilia.
— Caro papà, — disse Emilia, — Arabella sa tutto... tutti lo sanno... Joe lo sa... che io non ci ho nessuna colpa, proprio nessuna Augusto, per amor del cielo, spiegatevi.
Il signor Snodgrass, che aspettava soltanto gli dessero agio di parlare, narrò minutamente in che modo si fosse trovato in quella sua spinosissima situazione; come la paura di accendere delle discordie domestiche lo avesse persuaso ad evitare il primo incontro del signor Wardle; e come intendeva solo uscirne per un’altra porta, la quale avendo trovato chiusa, era stato costretto mal suo grado a rimanere. Era senza dubbio una penosa situazione; ma ora tanto meno egli se ne doleva, in quanto che gli veniva offerta una opportunità di confessare davanti a tutti gli amici ch’egli amava profondamente e sinceramente la figlia del signor Wardle, che era superbo di saper corrisposto questo suo sentimento, e che se da migliaia di miglia fossero divisi o dai flutti di tutti gli oceani, ei non avrebbe mai per un solo istante dimenticato quei giorni felici quando per la prima volta — eccetera, eccetera.
Pronunciato così il suo discorso, il signor Snodgrass tornò ad inchinarsi, guardò nel fondo del proprio cappello e si avviò verso la porta.
— Un momento! — gridò Wardle. — Perchè mo, in nome di tutto ciò che è...
— Infiammabile, — suggerì con dolcezza il signor Pickwick, che temeva di qualche brutta parola.
— E sia pure... infiammabile, — riprese Wardle, — non potevate dirmi tutto fin dal primo momento?
— O confidare in me? — aggiunse il signor Pickwick.
— Via, via, — disse Arabella sorgendo a pigliar le difese del reo, — a che serve ora domandar tante cose, sapendo poi benissimo che la vostra cupidigia vi avea fatto metter gli occhi sopra un genero più ricco, e che siete anche così burbero e selvaggio, che tutti hanno paura di voi, meno io? Orsù, dategli la mano, e ordinate per amor del cielo che gli diano subito da mangiare, perchè mi ha tutta l’aria che stia lì per morir di fame; e fatemi anche il piacere di ordinare il vostro vino, perchè allora soltanto sarete sopportabile quando ve n’avrete bevuto almeno due bottiglie.
Il degno vecchio tirò un po’ l’orecchio ad Arabella, la baciò senza il menomo scrupolo, baciò anche con grande affetto la figlia, e diè al signor Snodgrass una calorosa stretta di mano.
— Ad ogni modo, sopra un punto ha ragione di sicuro, — disse poi allegramente. — Fate venire il vino.
Venne il vino e nel punto stesso arrivò Perker. Il signor Snodgrass ebbe il suo desinare sopra un tavolino di lato, e quando ebbe finito di mangiare si tirò con la seggiola vicino ed Emilia senza la menoma opposizione da parte del vecchio.
La serata fu eccellente. Il piccolo signor Perker se la cavò a maraviglia, narrò varie storielle graziose, e cantò una romanza seria che quasi fece ridere quanto le storielle. Arabella fu incantevole, il signor Wardle giovialissimo, il signor Pickwick armonioso, il signor Ben Allen chiassone, gli innamorati silenziosi e tutti dal primo all’ultimo felicissimi.