< Il Conte Rosso < Prologo
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Squillo di trombe. Entrano i Conti di Pembrock, d'Arundel e d'Honiton, coll'Araldo d'Inghilterra e Scudieri. Detti.

Il Re
Benvenuti
Nel nostro campo, messeri. Edoardo
Ci fa guerra, non voi, che non potreste
Esserci amici senza fellonia.
A voi, stretti d'assedio, della cara
Patria voce non giunge, onde ci è grato
Darvene nuova a guisa di saluto
Tal che quasi vi paia in ascoltarci
Udir della remota Anglia l'accento.
Pembrocche, il tuo fratello oggi si noma
Capitan generale del naviglio
D'Inghilterra. Arundello, il venerato
Tuo zio fu assunto al seggio episcopale
Di Canterbùri, e d'Honiton la figlia,
Onor della pinifera contea,
Va fidanzata a Glocester.
Pembrock
Di tutte
Liete novelle, la migliore è questa:
Che siam del Re di Francia nel cospetto.
Amedeo

al Re.

Sire, anzi l'arme, interrogar ti piaccia
Questi prodi campioni acciò la strana
Impresa che ciascun reca dichiari.
Il Re
Strana invero, messeri, e tal da farci
Attoniti noi pur col ben amato
Nostro cugino di Savoia. In petto
Non vi splende dei vostri avi l'impresa
A noi ben nota, ma bizzarro segno
Di singolare elezion, tormento
Degli araldi. Pembrock, se non lo vieta
Amorosa ragione di segreto,
Dinne primo che intenda l'abbrunata
Donna che aspra di gemme in petto rechi.
Pembrock
Sire di Francia, la donna abbrunata
Che aspra di gemme mi scintilla in petto,
Immagin rende di madonna mia
Che pianse un dì l'anglo valor perduto.
In virtù del suo pianto, io le giurai
Tante in arme condur gagliarde imprese
Da infiorarne le insolite novelle
Dei favoleggiatori. All'arduo intento
Scelsi terren la Francia, ove maggiore
Periglio il serto del valor circonda.
Il Re
Arundello, la tua spada sfavilla
Nuda e senza guaina, e porti in campo
Azzurro un cavalier che con dimessa
Fronte una spada al par nuda trascina.
Se lo concede la discreta cura
Di tua donna, chiariscine l'enigma
Di tanta impresa.
Arundel
Questa spada è dono
Della mia donna, e otterrà di sua mano
Tempestata di gemme una guaina
Il dì che condurrò nel suo cospetto
Sei prigioni di nobile lignaggio.
Vuoto l'arcion, trascinerà ciascuno
La spada nuda, e griderà con voce
Di pianto: «Io son valletto d'Arundello.»
Amedeo
Solo valletto? E nulla più? Sei troppo
Discreto cavaliere.
Il Re
Honiton, veggo
Trapunti sul tuo giaco due colombi
Reggenti una catena, e a questa pende
Un anello gemmato: ultimo parla,
E se giuro d'amor non te lo vieta,
Di tal segno dichiara il senso arcano.
Honiton
Ebbi l'anel dalla mia donna a patto
Che mio sarebbe se, anzi l'anno, in lizza
Dieci campioni avrò tratti di sella.
E s'altri mi scavalchi, abbiasi il pegno
E l'amor di madonna. In nove scontri
Uscii vincente, e al decimo m'appresto
Con tanta sicurtà che altero in petto
Reco delle compiute armi il trofeo.
Amedeo

inoltrandosi con impeto.

La tua arma, sir d'Honiton?
Honiton
La lancia.
Amedeo
La tua, Arundello?
Arundel
La spada.
Amedeo
La tua, Pembrock?
Pembrock
La mazza.
Amedeo
Io, Conte di Savoia,
Duca d'Aosta e del Chiablese, principe
Di Piemonte, marchese d'Italia
E di Susa, signore del Vallese,
D'Ivrea, di Bressa e Tarantasia e d'altre
Terre che franche d'osservanza tengo
Per diritto di spada e pergamena,
Col buon voler del Re di Francia, sfido
I conti di Pembrocche, d'Arundello
E d'Honiton, con lancia, mazza e spada,
A singolar tenzone; e Dio m'assista,
Come giuro fiaccar l'oltracotante
Albagìa di costoro.
Il Re
I miei baroni
Bastano a ciò.
Amedeo
Vi basto anch'io.
Il Re
Di regio
Sangue tu sei, non essi.
Amedeo
Che la mia
Spada li tocchi, e son miei pari: ad essi
Del grave onor dolersi.
Il Re
Alla tua vita
Pendono i tuoi soggetti.
Amedeo
I miei soggetti,
Com'io la pongo, la porrebber tutti,
Pria di patir tanta alterigia.
Il Re
A noi
Il tuo braccio abbisogna.
Amedeo
E per serbarlo,
Sire, lo disonori?
Il Re
Assai risplende
Sul tuo nome d'onor.
Amedeo
L'ebbi dal caso,
Non dal mio proprio braccio.
Il Re
In util giostra
Al tuo lustro provvedi.
Amedeo
Utile è darsi
Per forte ed esser tale.
Il Re
E tal ti estima
Senza prova ciascun.
Amedeo
Dopo la prova
Più assai mi estimerebbe.
Il Re
Orben, decida
Il giudizio dei duchi.
Amedeo
Lo ricuso.
A' miei pari non cedo. All'ombra io sono
De' tuoi gigli, e sei Re: qui mi sommetto
Al tuo regio voler.

Agl'Inglesi.

Messeri, al piede
De' miei monti vi attendo: ivi la giostra
Avrà delle nevose Alpi corona,
E andrà l'eco dei colpi ripercossa
Pei burroni così come giuliva
Canzon di bocca in bocca.
Il Re
Impetuoso
E testardo! Sei sangue di Savoia.
Al tuo desir più non disdico.
Amedeo

all'Araldo di Savoia.

Araldo!...
Araldo di Savoia
Nel nome del mio nobile e possente
Signore, il conte Amedeo di Savoia,
Io vi richiedo, o conti d'Inghilterra,
Se teniate la sfida.
Pembrock
Io tengo.
Arundel
Io tengo.
Honiton
Chiedo esser primo all'armi.
Il Re
Al più cortese
La maggior cortesia. S'abbia Pembrocche
L'onor del primo assalto, indi Arundello,
E da sezzo il sir d'Honiton.
Scudiero

entrando.

La lizza
È presta.
Il Re
Io vi precedo. Cavalieri,
Siate forti e leali, e Dio protegga
I valorosi.

È sollevata la cortina che nasconde la loggia reale. Il Re, i Duchi ed i Baroni vi prendono posto. Gli Inglesi escono tutti di dove entrarono.

Amedeo
A me Savoia.

I Gentiluomini savoiardi lo circondano.

Il nostro
Grido, Buona novella, è del ritorno,
Non del partirsi. Addio, messeri. Quando
Squilleran gli olifanti, e sul fremente
Collo del mio destrier darò la briglia,
Pensate allora: «Il nostro sire è lieto
Come chi a nozze sospirate muova».

Esce col seguito.

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