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Questo testo fa parte della raccolta Alcuni scritti del dottor Carlo Cattaneo, volume I


IL GOETZ DI BERLICHINGEN


Già da lungo tempo andiamo ripetendo che l'Italia ha stringente1 bisogno di tradurre i capolavori letterarii di tutti i tempi e di tutte le nazioni; e andiamo confortando a questa non meno bella e più sicura meta tutti quelli che non possono aver fiducia di conseguire con òpere proprie un altìssimo grado nell'arte. - Mediocribus esse poetis ... con quel che segue.
Monti, - e chi, vivente Monti, si sarebbe paragonato a quel colosso d'autorità letteraria? - Monti medesimo non sarà forse noto ai nostri pòsteri se non per il suo Omero. E per verità chi ama Dante, vorrà piuttosto vederlo collo schietto suo viso nella Divina Commedia, che non entro lo specchio della Basviliana. Non per questo noi vorremmo aprire il varco delle Alpi al sulfureo torrente, e condurre le streghe di Macbeth a funestar l'ombre dei felici oliveti. Ma non è ben certo che senza i Provenzali avremmo le canzoni d'amore; e che senza le fiabe d'Ar turo e del Cid e di Re Carlo avremmo l'Ariosto; e questa cavallerìa d'occidente si congiunse pure cogli ideali greci nella Gerusalemme. E nel sècolo scorso, quando Metastasio e Goldoni e Alfieri ci tràssero fuori dalla letteratura barocca, ci fùrono per qualche cosa anche Racine e Molière. nè prima di Walter Scott ad alcuno in Italia era caduto in mente, che si potesse lèggere una prosa italiana a tutta l'Europa, narrando, non il ritorno d'Ulisse, nè la partenza di Colombo, ma il viaggio d'un pòvero filatore che scampa dalle forche per le brughiere di Gera d'Adda.

Avanti adunque colle traduzioni delle illustri òpere d'ogni lingua e d'ogni paese! E sia ben venuto il signor Riccardo Ceroni, e il savio suo pensamento di fecondare di nuove sementi la terra nativa, col porre inanzi alla nostra nazione in buona e semplice lingua uno dei più celebrati lavori di Goethe.

Goethe, benchè sia morto da pochi anni, aveva visto nàscere la letteratura tedesca, contemporanea alla terza fioritura dell'impassìbile làuro italiano. Prima di quel tempo la Germania aveva avuto municipii senza consorzio civile, corti senza eleganza, libri senza letteratura. L'invenzione della stampa era stata inùtile al pòpolo che ne aveva l'onore; la poesia nazionale dormiva coi Nibelungi nella pòlvere delloblìo; e le università vivèvano beate nella speranza di rinvenir la pietra filosofale e nel privilegio di spiegare in tutti i modi possìbili l'apocalisse.

Nella prima metà dello scorso sècolo un torrente elèttrico penetrò dall'occidente nel quartier di Federico. Bacone e Shakespear avèvano creato la filosofia e la letteratura inglese. I Parigini avèvano seguito Bacone, ma non avèvano potuto intèndere Shakespear; Berlino si uniformò a Parigi, e fu paga del filosofo; ma Weimar volle anche il poeta; e ad un medèsimo tempo tutto il suolo della Germanica brulicò di versi e di filosofie.

Ciò che di più singolare ha la letteratura germànica si è che la crìtica, una crìtica vasta, precorse alle òpere e le guidò; onde l'imitazione potè comprèndere e unificare una doviziosa molteplicità di modelli, e il martello dell'ìmproba fatica fece balzar fuori la scintilla dell'originalità. La stessa letteratura inglese, manifesta madre della letteratura tedesca, in questi ùltimi tempi tratto s'imaginò d'èsserne figlia; e Byron credè davvero d'aver preso oltre Reno il suo Manfredo. La fonte da cui sgorga la forza della letteratura tedesca è lo studio paziente di tutte le lingue e la faticosa conoscenza di tutte le letterature. I soli tedeschi lèggono le poesìe spagnole; e i grammàtici, che in Italia studierèbbero i testi di lingua e le inùtili aggiunte da farsi alla inùtile Crusca, colà con più senno e più lode, benchè con poco maggior fatica, rècano in dono alla patria i poemi àrabi e le canzoni persiane.

Goethe era dotto d'ogni cosa; mente singolarmente àgile e flessìbile, capace d'investigare negli schèletri di tutti gli animali e nei fiori di tutte le piante il pensiero secreto della universa creazione; capace di frammèttere a queste profonde meditazioni una canzoncina sul folletto e un romanzuolo d'amore. Goethe era dotto, e nel suo Fàusto metteva in dubio tutta l'umana dottrina; era onesto, e in Mefistòfele denigrava lo stesso diàvolo; aveva fatto parer dolce il suicidio alla gioventù, e amava la vita, e si godeva negli agi una vecchiezza lunga e serena.

Nel Goetz di Berlichingen egli volle rappresentare, con semplicità, e quasi in basso rilievo, l'ùltimo di quei cavalieri del medio evo che avèndosi fatto della casa una fortezza, e dello squàllido podere un regno, ponèvano la privata loro volontà ben disopra alla legge. Persuasi d'èssere tanto più fedeli e obedienti all'imperatore quanto meno obedìvano agli indòcili suoi legati, essi èrano in guerra coi prìncipi e coi vassalli, coi vèscovi e colle città - Ma un altro sècolo sopraviene; il cannonne atterra le rocche; i soldati stanziali assicùrano le strade; la violenza privata non conduce alla potenza, ma al patìbolo; le sedi elettorali si rassòdano in troni vicini e poderosi; le sette religiose sommòvono a nuovi pensieri la plebe. Intorno a Goetz tutto si muta; Fra Martino vuol prender moglie; i figli dei selvàtici castellani vanno scolari a Bologna; i tribunali protèggono i mercant, e umìliano i baroni; un nuovo mondo s'inoltra e si leva come una vasta inondazione, sulla quale l'uomo antico galleggia stupefatto e smarrito. Goetz, fervoroso amico, trova un amico ìnvido e traditore; il suo figlio è un codardo; la sua sorella è una pòvera tradita; il pòpolo incendia le castella; i servi fedeli sono uccisi; il vecchio imperatore è morto; e un giòvine di nuovi pensamenti guiderà la nave dell'antico imperio.

Il cavaliere allora perde ogni speranza e ogni amor della vita: «Le mie radici sono tronche», egli dice; «io sono l'ùltimo de' miei. Muori Goetz; tu hai sopravissuto ai generosi. Chiudete i vostri cuori più che le vostre porte; i tempi dell'inganno vèngono, e regneranno; gli iniqui regneranno colla frode, e il generoso darà nelle loro reti».

L'estrema delle sventure di Goetz è l'indifferenza del suo poeta. Il vecchio derelitto, che lutta solo contro il nuovo sècolo, non ha il furore tràgico del re Lear, nè la vena còmica di Don Chisciotte; non sa far piàngere, e non sa far rìdere. - Il Messìa di Klopstock e il Guglielmo Tell di SchillerSchiller sono l'espressione fedele d'ànime ardenti e veraci. L'ànima di Goethe è come una bella notte d'inverno, stellata e fredda.

  1. A certuno che si dice Acadèmico Tassoniano e che non si ricorda il

    «sembiante
    D'uomo cui altra cura stringa o morda»

    dimanderemo qual differenza sia qui tra cura o bisogno, e perchè sia vietato il participio dove è lecito il verbo.
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