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Traduzione dall'inglese di Teresa Carniani (1827)
1712

IL MESSIA




EGLOGA


di


ALESSANDRO POPE


volgarizzata






Alme Ninfe di Solima sorgete,
Sciogliete il canto! A celestiali carmi
Angelica si vuol voce del Cielo:
Alme Ninfe intuonate! Le muscose
5Fresche fontane, e l’ombre agresti, e i vani
Sogni di Pindo e delle Suore aonie
Or non più ne dilettano. Ah tu o Santo
Spirto deh vieni, e con la dia favilla
Che ad Isaia ’nformò labbro divino
10Tu incendi ’l petto mio. Ma tosto il Vate
Rapito nel futuro ecco prorompe:
Concepirà una Vergine, una Vergine
Partorirà. Alto germoglia un ramo,
La radice d’Iesse alto s’eleva,
15E di fragranze i sacrosanti fiori
Empiono l’äer. Già l’etereo fiato
In sulle frondi ecco aleggiando muove:
Poggia in vetta la mistica colomba.
  Ah voi o Cieli dal più puro grembo
20Il rugiadoso nèttare versate,
Ed in dolce silenzio più benigne
Pioggie spargete. Il debile e lo ’nfermo
La pianta salutifera conforta,
Protegge alla tempesta, al caldo adombra.
25Ratto all’odor de’ fecondati rami
Fugge il delitto, caggiono le frodi,
Ritorna la giustizia alto librando
L’aurea bilance, e già sul vasto mondo
Stende la pace il ramuscel d’oliva;
30Avvolta in bianca veste giù del Cielo
Scende innocenza, presti volan gli anni,
Ed albeggia l’aurora desïata.
Nasci, o fanciullo avventurato, ah nasci!
  Vedi Natura a te reca ghirlande
35Educate in soave primavera:
Vedi il superbo Libano che estolle
Alto la fronte: ve’ su colli aprici
Ondeggiar le foreste e muover danza:
Ve’ della valle di Saronne alzarsi
40Nubi folte d’aròmati e d’incensi:
Ve’ del Carmelo la fiorita vetta
Ir profumando i Cieli. Odi qual voce
La solitudin de’ deserti allegra:
Preparate la strada, un Dio, un Dio,
45Un Dio appare. Ed in favella umana
E valle, e monte un Dio, un Dio rimbomba,
Ed ogni rocca umanamente annunzia
L’approssimar di Dio. Dal Cielo inchino
La terra letiziando lo riceve.
  50V’ergete o valli, vi bassate o monti,
E voi curvando o cedri fate omaggio:
Ammollitevi o rupi, e voi o fiumi
Le rapid’onde aprite, e date via;
Il Salvatore incede! quel da vati
55Predetto! uditel voi o sordi, o ciechi
Miratelo: dal denso vel che cuopre
Il visivo raggiar della pupilla
Purgherà l’occhio e verseravvi il giorno;
E dentro delle chiuse vie del suono
60Ei grato introdurrà nuovo concento
A dilettare il disgombrato orecchio.
Il muto scioglierà la lingua al canto,
E obbliando lo zoppo il suo sostegno
Esulterà qual giovinetta damma
65Che allegra e sciolta in praticel saltella.
  Non più sospir, non più lamento o grido
Udran le genti, e d’ogni afflitta guancia
Il pianto ei tergerà. La morte avvinta
Gemerà tra catene d’adamante;
70Dentro lo ’nferno sentirà Satana
L’eternale ferita. E come regge
Il pastorello sua lanuta cura,
Va le agnelle smarrite rintracciando,
E a più dritto sentier le erranti sprona;
75Le vegghia il dì, le guarda e le difende
Dal malo influsso della buja notte;
In braccio accoglie il tenero agnellino,
Di propria man lo nutre al sen lo scalda,
Così del suo Signor la greggia umana
80L’affetto acquisterà. Padre amoroso
Tutti lo avranno i secoli futuri.
  Ah non più gente a gente opporran l’arme,
Non d’odio più scintillerà pupilla,
Nè acciar vedrassi balenante in campo,
85Nè suon di tromba spirerà ne’ petti
Guerrier furore; ma le lancie inutili
In falci attorte, e in vomer convertite
A colti andran le late scimitarre.
Alti palagi sorgeranno e templi;
90Torreggeran vaste Città e Castella;
Il figlio compirà l’opre de’ padri,
E all’ombra degli aviti suoi vigneti
Godrassi al fianco della fida sposa
Languir tra dolci amplessi e caldi baci,
95Mentre scherzando i pargoletti nati
A lui ’ntorno faran larga corona
Volger vedendo in bella pace gli anni.
  Buon frutto il villanel di sua semente
Corrà, premio abbondante a’ suoi sudori.
100E con stupor per le pendici sterili
Vedrà pampini verdi e bionde spiche;
Udrà per le assetate e secche arene
Un nuovo mormorar d’acque caggenti;
Vedrà gigli e vïole ornar le rocche,
105E per le valli d’intricati spini
Inchiomarsi l’abete e stender rami
Il vago bosso, e la fiorita palma,
Ed il mirto odorato. L’agnelletta
Col lupo scherzerà ne’ pingui paschi;
110E con laccio di rose il garzoncello
A suo talento guiderà la tigre:
Il corridore ed il lion superbo
A un sol presepio gusteranno il cibo;
E la serpe obbliato il suo veleno
115Irà del pellegrin lambendo il piede;
E con man tenerella il fanciullino
Del basilisco liscierà la cresta,
E ’l bel lucido verde vagheggiando
Vezzeggierà la biforcuta lingua.
  120Deh tu sorgi, di raggi incoronata
Imperïal Salèm deh sorgi! estolli
La torreggiante fronte e leva il guardo!
Mira lunga progenie i spazïosi
Adornar penetrali de’ tuoi templi:
125Mira uomini e donne ancor non nati
Sorgere in folla domandando vita
Desiosi de’ Cieli. Alle tue porte
Mira barbare genti a folta a folta
Guidate dal fulgor di tua facella
130Prostrarsi ai santi altar. Mira già mille
Di corona real fronti ricinte
In tuo cospetto umilemente inchine.
Mira gli accesi altar fumanti e colmi
D’aromatici odor di primavere
135Gratissime Sabee. Per te s’infronda
L’Idumea valle, e nutre sue fragranze;
Per te il monte d’Ofir d’oro s’abbella.
  Ma già s’apron del Ciel le late porte,
E versa sopra te mare di luce.
140Non più per l’ampio azzurro surto il Sole
Indorerà la mattutina aurora;
Nè in sulla sera tornerà la Luna
A inargentar sue corna: poichè tutto
Or si dissolve, e si distempra e perde
145Nel radiar superno. Sul tuo tempio
Rompe fiume di gloria e fiamma viva.
Chè è la luce essa stessa che risplende:
La luce rivelata: il giorno eterno:
Giorno eterno di Dio, il giorno tuo!
  150Disseccheransi i mari, il firmamento
In fumo svanirà; cadranno in polve
E monti e rocche dissipate e sperse:
Ma sol la tua parola, la vitale
Possanza che ne ’nforma e ne redime
155Rimarrà. Rimarranno eterni i Cieli:
Starà eterno, o Messia, il regno tuo!


Contessa Teresa Carniani Malvezzi

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