< Il Misogallo (Alfieri, 1903)
Questo testo è completo.
Sonetto XXVII
Epigramma XIV Sonetto XXVIII

SONETTO XXVII.

1 novembre 1794.

Là, dove Italia borëal diventa,
E dai prossimi Galli imbarbarita,
Coll’ú, coll’eú, coll’án, coll’ón, spaventa
Ogni orecchia di Tosche aure nutrita,
Là nacqui, e duolmen forte; e a me il rammenta
La mia lingua al bel dire intirizzita,
L’illegittima frase scarsa, e spenta
D’ogni lepor, d’ogni eleganza ardita.
Ahi fiacca Italia, d’indolenza ostello,
Cui niegan corpo i membri troppi, e sparti,
Sorda e muta ti stai ritrosa al bello?
Da’ tuoi gerghi, e dal Gallico, ti parti;1
Al tornar Una, il primo vol fia quello;
Seguiran tosto vere alte bell’arti.

  1. Per mancanza di vero amor proprio, le diverse Provincie d’Italia si ostinano a parlare il dialetto Calabrese, Veneziano, Genovese, Bolognese, Piemontese, Romagnuolo ecc. E così pure, per mancanza totale di alti sensi, di memore, e risentito animo, e di conoscenza, e stima del valore della propria vera lor lingua scrivibile, si avviliscono essi ad imparare, e balbettare la bruttissima lingua d’un bruttissimo popolo.


Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.