< Il Misogallo (Alfieri, 1903)
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Sonetto XXXIX
Sonetto XXXVIII Epigramma XXXVIII

SONETTO XXXIX.

26 gennaio 1796.

XXV.    Ὕπνε, ἄναξ πάντων τε θεῶν, πάντων τ’ ἀνθρώπων!

Omero, Iliade, XIV, v. 233.

O, degli Uomini tutti, e in un de’ Numi, Sonno, tu Re.

Giunte sporge le mani, e genuflesso
La pace implora il gran Monarca Ibero1
Dagli assassini, che morte empia diero
Al loro Re, della cui stirpe è anch’esso.
Pace ottien ecco, e vituperio espresso,
Che il suo nome incastona in turpe zero.
Già per l’altrui viltade il Gallo altero
Sforzato è or quasi ad apprezzar sè stesso.
Ben tutta è lezzo nostra Europa infame,
Poichè in fetore nè alla Gallia cede,
E a sè di sua putredine fa strame.
Ardiam, su dunque, ampie funeree tede
Di Nazïoni estinte al vil carcame,
Se ai Galli ognuna esser minor si crede.

  1. È nota la umil pace ricevuta dalla Spagna, e impostale dalla Repubblica Francese. Ma conviene anche dire, che di una tal turpitudine non fu inventrice prima la Spagna, poichè di parecchi mesi fu preceduta dalla Prussia, che diede l’esempio di sacrificare l’onore, senza neanche renderlo.


Note

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