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"Sed quando ab experientia exempla petere libet, quid si, nulla partium deperditione, ex motu corpus aliquod calefiat? Ego certe cum æris frustulum, onini prius extersa rubigine ac situ, ne quis forte pulvisculus adhæreret, ad argentarii libram perexiguam exactissimamque ponderibus minutissimis expendissem (cum etiam quingentesimas duodecimas unius unciæ partes haberem), ac pondus diligentissime observassem, validissimis mallei ictibus æs idem in laminam extendi: id vero inter ictus et mallei verbera bis terque adeo incaluit, ut manibus attrectari non posset. Cum igitur iam toties incaluisset, experiri libuit eadem libra iisdemque ponderibus, num aliquod ponderis dispendium iacturamque passum fuisset; et tamen iisdem plane momentis constare comperi: incaluit igitur per attritionem æs illud, nullo partium suarum detrimento; quod Galilæus negat. Audieram etiam aliquid simile librorum compactoribus evenire, cum plicatas illas chartarum moles malleo diutissime ac validissime tundunt: expertus enim est illorum non nemo, eodem postea illas fuisse pondere quo fuerant prius, incalescere tamen easdem inter ictus maxime, ac pene comburi. Quod si quis forte hoc loco asserat, deperdi quidem partes, sed adeo minutas ut sub libræ, quamvis exiguæ, examen non cadant, quæram ego ex illo, unde norit partes esse deperditas: neque enim video, quonam alio id modo aptius ac diligentius inquiram. Deinde vero, si adeo exigua est hæc partium iactura ut sensu percipi nequeat, cur tantum caloris excitavit? Præterea, dum ferrum lima expolitur, calefit quidem, minus tamen aut certe non plus quam cum malleo validissime tunditur; et tamen maior longe partium deperditio ex limatura quam ex contusione existit."
Che il Sarsi con isquisita bilancia non abbia ritrovato diminuzion di peso in un pezzetto di rame battuto e riscaldato più volte, glielo voglio credere; ma non già che per questo egli non si sia diminuito, essendo che può benissimo accadere, quello esser diminuito tanto poco, che a qualsivoglia bilancia resti cosa impercettibile. E prima, io domando al Sarsi, se pesato un bottone d’argento, e poi doratolo e tornato a pesarlo, ei crede che l’accrescimento fusse notabile e sensibile. Bisogna dir di no, perché noi veggiamo l’oro ridursi a tanta sottigliezza, che anco nell’aria quietissima si trattiene e lentissimamente cala a basso; e con tali foglie può dorarsi alcun metallo. In oltre, questo medesimo bottone verrà adoperato due o tre mesi, avanti che la doratura sia consumata; e pur consumandosi finalmente, chiara cosa è che ogni giorno, anzi ogn’ora, s’andava diminuendo. Di più, pigli una palla d’ambra, muschio ed altre materie odorate: io dico che portandola addosso alcuno quindici giorni, empirà d’odore mille stanze e mille strade, ed in somma ogni luogo dov’egli capiterà, né questo si farà senza diminuzione di quella materia, senza la quale indubitatamente non anderà l’odore; pure, tornandosi in capo a tal tempo a ripesarla, non si troverà sensibil diminuzione. Ecco, dunque, trovate al Sarsi diminuzioni insensibili di peso, fatte per lo consumamento di mesi continui, ch’è altro tempo che un ottavo d’ora, che dovette durare il suo martellare sopra il pezzetto di rame. E tanto è più esquisita una bilancia da saggiatori, ch’una stadera filosofica! Aggiungendo di più, che può molto bene essere che la materia che, attenuata, produce il caldo, sia ancora assai più sottile della sostanza odorifera, attento che questa si racchiude in vetri e metalli, per li quali essa non traspira, ma non già quella del calore, che trapassa per tutti i corpi.
Ma qui muove il Sarsi un’instanza, e dice: "Se il cimento della bilancia non basta a mostrarci un così piccolo consumamento, come potete voi averlo conosciuto?" L’obiezzione è assai ingegnosa, ma non però tanto ch’un poco di logica naturale non avesse avuto a mostrarne la soluzione: ed eccone il progresso. Dei corpi, signor Sarsi, che si stropicciano insieme, alcuni sono che assolutamente e sicuramente non si consumano punto, altri che grandemente e molto sensibilmente si consumano, ed altri che si consumano bene, ma insensibilmente. Di quelli che stropicciandosi non si consumano punto, quali sarebbon due specchi benissimo lisci, il senso ci mostra che non si riscaldano; di quelli che si consumano notabilmente, come un ferro nel limarsi, siamo sicuri che si riscaldano; adunque di quelli che noi siamo dubbi se nel fregarsi si consumino o no, se troveremo pel senso che si riscaldino, dobbiamo dire e credere che si consumino ancora, e solo si potrà dire che non si consumino quelli che né anco si riscaldano.
A quanto sin qui ho detto, voglio, prima ch’io vada più avanti, aggiungere, per ammaestramento del Sarsi, come il dire: "Questo corpo alla bilancia non è calato di peso, adunque di lui non si è consumata parte alcuna" è discorso assai fallace, potendo esser che se ne sia consumato e che il peso non solo non sia diminuito, ma anco tal volta cresciuto; il che accaderà sempre che quello che si consuma e rimuove, sia men grave in specie del mezo nel quale si pesa: e così, per essempio, può accadere ch’un pezzo di legno, per avere in sé molti nodi e per esser vicino alle radici, messo nell’acqua cali al fondo e, verbigrazia, vi pesi quattr’once, e che limandone via, non del nocchioruto né della radice, ma della parte più rara e che per se stessa è men grave in ispecie dell’acqua, sì che in parte sosteneva tutta la mole, può esser, dico, che il rimanente pesi più che prima nel medesimo mezo; e così parimente può essere che nel limarsi o nel fregarsi insieme due ferri o due sassi o due legni, si separi da loro qualche particella di materia men grave dell’aria la quale, quando sola si rimovesse, lascerebbe quel corpo più grave che prima. E che quanto io dico sia detto con qualche probabilità, e non per una semplice fuga e ritirata, lasciando la fatica all’avversario di riprovarla, faccia V. S. Illustrissima diligente osservazione nel romper vetri o pietre o qualunque altre materie; ché ella in ciascheduno spezzamento ne vederà uscire un fumo manifestissimamente apparente, il quale per aria se ne ascende in alto: argomento necessario dell’essere egli più leggieri di lei. Questo osservai io prima nel vetro, mentre con una chiave o altro ferro l’andavo scantonando e tondando, dove, oltre a i molti pezzetti che saltano via in diverse grandezze, ma tutti cascano in terra, si vede un fumo sottile ascendente sempre; ed il medesimo si vede accadere nel frangere in simil modo qualsivoglia pietra; e di più, oltre a quello che ci manifesta la vista, l’odorato ci dà argomento ed indizio molto chiaro che per avventura si partono, oltre al detto fumo, altre parti più sottili, e perciò invisibili, sulfuree e bituminose, le quali per tale odore che ci arrecano si fanno manifeste.
Or vegga il Sarsi quanto il suo filosofare è superficiale e poco si profonda oltre alla scorza. Né si persuada di poter venir con risposte di limitazioni, di distinzioni, di per accidens,di per se,di mediate,di primario, di secondario o d’altre chiacchiere, ch’io l’assicuro che in vece di sostenere un errore ne commetterà cento più gravi, e produrrà in campo sempre vanità maggiori: maggiori, dico, anco di questa che mi resta da considerare nel fin della presente particola; dov’egli, prima, si meraviglia come possa esser che, sendo quel che si consuma cosa impercettibile alla bilancia, possa nondimeno produr tanto calore; dapoi soggiunge che d’un ferro che si lima, gran parte se ne consuma, e assaissimo maggiore che quando ei si batte col martello, nulladimeno non più si scalda limando che battendolo. Vanissimo è questo discorso, mentre altri vuole col peso misurare la quantità di cosa che non ha peso alcuno, anzi è leggierissima e nell’aria velocemente sormonta; e quando pure quello che si converte in materia calda, mentre si fa una gagliarda confricazione, fusse parte dell’istesso corpo solido, non doverà alcuno maravigliarsi che piccolissima quantità di quello possa rarefarsi ed istendersi in ispazio grandissimo, s’ei considererà in quanta gran mole di materia ardente e calda si risolve un piccol legno, della quale la fiamma visibile è la minor parte, restando di gran lunga maggiore l’insensibile alla vista, ma ben sensibile al tatto. Quanto poi all’altro punto, averebbe qualche apparenza l’instanza, se il signor Mario avesse mai detto che tutto quel ferro che si consuma, limando, doventasse materia calorifica, perché così parrebbe ragionevol cosa che molto più scaldasse il ferro consumato colla lima che il percosso col martello: ma non è la limatura quella che scalda, ma altra sostanza incomparabilmente più sottile.