< Il Tesoretto (Laterza, 1941)
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IV
III V

IV

Ma poi ch’ella mi vide,
la sua cera che ride
     285in vêr di me sí volse,
e poi a sé m’acolse
molto bonaremente,
e disse immantenente:
«Io sono la Natura,
     290e sono una fattura
delo sovran fattore;
egli è mio creatore;
io fui da lui creata,
e fui incominciata;
     295ma la sua gran possanza
fue sanza comincianza:
el non fina né more,
ma tutto mio labore,

quanto che io l’alumi,
     300convien che si consumi.
Esso è omnipotente,
ma io non so neente,
se non quanto concede.
Esso tutto provede
     305e è in ogne lato
e sa ciò ch’è passato
e ’l futuro e ’l presente,
ma io non son saccente,
se non di quel che vuole.
     310Mostrami, come suole,
quello che vuol ch’io faccia,
e che vol ch’io disfaccia.
Ond’io son sua ovrera
di ciò ch’esso m’impera;
     315cosí in terra e in aria
m’ha fatta sua vicaria;
esso dispose il mondo,
e io poscia, secondo
lo suo ordinamento,
     320lo guido a suo talento.

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