< Il Tesoretto (Laterza, 1941)
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V
IV VI

V

A te dico, che m’odi,
che quatro son li modi
che colui che governa
lo secolo in eterna,
     325mise ’n operamento
alo componimento
di tutte quante cose
son palese e nascose.
L’uno ch’eternalmente
     330fue in divina mente

immagine e figura
di tutta sua fattura;
e fue questa sembianza
lo mondo in somiglianza.
     335Di poi al suo parvente
si creò di neente
una grossa matera,
che non avea manera,
né figura, né forma,
     340ma si fu di tal norma,
che ne potea ritrare
ciò che volea formare.
Poi lo suo intendimento
mettendo a compimento,
     345sí lo produsse in fatto;
ma non fece sí ratto,
né non ci fu sí pronto,
ch’egli in un solo punto
lo volesse compière,
     350com’egli avea ’l podere,
ma sei giorni durao,
e ’l settimo posao.
Appresso ’l quarto modo
(e quest’è ond’io godo)
     355ch’ad ogne creatura
dispuose per misura,
secondo ’l convenente,
suo corso e sua semente.
E ’n questa quarta parte
     360ha loco la mi’ arte,
sí che cosa che sia
non ha nulla balìa
di far né piú né meno
se non ha questo freno.
     365Ben dico veramente
che Dio onnipotente,

quello ch’è capo e fine,
per gran forze divine
puote in ogne figura
     370alterar la natura
e far suo movimento
di tutto ordinamento,
sí come dèi savere,
quando degnò venire
     375la maestá sovrana
a prender carne umana
nella Virgo Maria,
che contra l’arte mia
fu ’l suo ingeneramento
     380e lo suo nascimento;
ché davanti e da poi,
sí come saven noi,
fue netta e casta tutta,
vergine non corrotta.
     385Poi volse Idio morire
per voi gente guerire
e per vostro soccorso.
Allor tutto mio corso
mutò per tutto ’l mondo
     390dal ciel fin lo profondo;
ché lo sole iscurao,
la terra termentao.
Tutto questo avenia,
che ’l mio segnor patia.
     395E perciò che ’l mio dire
io lo voglio ischiarire,
sí ch’io non dica motto
che tu non sapie tutto,
la verace ragione
     400e la condizione,
farò mio detto piano,
che pur un solo grano

non sia che tu non sacce.
Ma vo’ che tanto facce,
     405che lo mio dire aprende,
sí che tutto lo ’ntende.
E s’io parlassi iscuro,
ben ti faccio sicuro
di dicerlo in aperto,
     410sí che ne sie ben certo.
Ma perciò che la rima
si stringe a una lima
di concordar parole,
come la rima vuole,
     415sí che molte fiate
le parole rimate
ascondon la sentenza
e mutan la ’ntendenza,
quando vorrò trattare
     420di cose che rimare
tenesse oscuritate,
con bella brevitate
ti parlerò per prosa
e disporrò la cosa,
     425parlandoti in volgare
che tu intende ed apare.

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