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Matteo di Cantino Cavalcanti stando su la piazza di Mercato con certi, uno topo gli entra nelle brache, ed egli tutto stupefatto se ne va in una tavola, dove si trae le brache, ed è liberato dal topo.
E’ non è molt’anni, che in casa Cavalcanti fu un gentiluomo chiamato Matteo di Cantino, il quale io scrittore e molti altri già vedemmo. Era stato il detto Matteo di Cantino ne’ suoi dí e giostratore e schermitore; e ogni altra cosa com’altro gentiluomo seppe fare; era sperto e pratico com’altro suo pari e costumato. Essendo d’età di settant’anni, e molto prosperoso, ed essendo il caldo grande (però che era di luglio), e avendo le calze sgambate, e le brache all’antica co’ gambuli larghi in giuso, dicendosi novelle in un cerchio, dov’erano e gentiluomini e mercatanti in su la piazza di Mercato Nuovo; e ’l detto Matteo essendo nel detto cerchio, venne per caso che una brigata di fanciulli di quelli che servano a’ banchieri, che là sono, con una trappola, dove aveano preso un topo, e con le granate in mano si fermano in sul mezzo della piazza e pongono la trappola in terra, e quella posta in terra, aprono la cateratta; aperta la cateratta, il topo esce fuori, e corre per la piazza: li fanciulli con le granate menando, correndogli dietro per ucciderlo, ed egli volendosi rimbucare, e non veggendo dove, corre nel cerchio, dov’era il detto Matteo di Cantino, e accostatoglisi alle gambe, salendo su subito verso il gambule, entrò nelle brache. Sentendo ciò Matteo, pensi ciascuno come gli parve stare. Egli uscí tutto fuor di sé, li fanciulli l’aveano perduto di veduta:
- Ov’è? dov’è?
L’altro dicea:
- E’ l’ha nelle brache.
La gente trae; le risa son grandi. Matteo, come fuori della memoria, se ne va in una tavola; gli fanciulli con le granate drietogli, dicendo:
- Caccial fuori; e’ l’ha nelle brache.
Matteo agguattasi dietro all’appoggio del banco, e cala giú le brache. De’ fanciulli erano dentro con le granate, gridando:
- Caccial fuori, caccial fuori.
Giunte le brache in terra, il topo schizza fuori. Li fanciulli gridano:
- Eccolo, eccolo: al topo, al topo: e’ l’avea nelle brache; alle guagnele! E’mandò giú le brache.
Gli fanciulli uccidono il topo, Matteo rimane che parea un corpo morto; e piú dí stette, che non sapea dove si fosse. E’ non è uomo, che non fosse scoppiato di risa, che l’avesse veduto, com’io scrittore che ’l vidi. Brievemente e’ si botò alla Nunziata di non portare mai in tutta la sua vita piú le calze sgambate, e cosí attenne.
Che diremo de’ diversi casi che avvengono? Per certo che mai non credo n’avvenisse nessuno cosí nuovo, né cosí piacevole. Starà l’uomo con gran pompa e superbia, e una piccola cosa il metterà a dichino; anderà sgambato per le pulci, e uno sorgo l’assalisce in forma che esce di sé. E’ non è sí piccola ferucola che non dea che fare all’uomo: e l’uomo anco le vince tutte, quando si dispone.