< Il Trecentonovelle
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Novella XLII
XLI XLIII

Messer Macheruffo da Padova fa ricredenti i Fiorentini di certe beffe fatte contro a lui da certi gioveni sciagurati, e con opere ancora il dimostra.

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Messer Macheruffo de’ Macheruffi da Padova, antico cavaliere d’anni, e anticamente venuto podestà di Firenze, in questa novella tiene molto bene la lancia alle rene a messer Ridolfo. Però che, venendo podestà di Firenze, come è detto, con uno tabarro e co’ batoli dinanzi in forma da parere piú tosto medico che cavaliere, fu ragguardato e considerato da tutti, e massimamente da certi nuovi uomeni e sollazzevoli, li quali piú che gli altri facendosene beffe, proposono di fare sopra lui qualche cosa; e come che ’l fatto s’andasse, il primo dí che entrò in officio, venente la notte, gli fu appiccato con certi chiovi un buon numero d’orinali alla porta, ciascuno con orina dentro. La mattina seguente per tempo, aprendosi lo sportello, ché volea andare il cavaliere alla cerca, tirando lo sportello il portinaro, vidde ben dieci orinali essere appiccati ad esso. Di che maravigliandosi e facendosi fuora a guardare la porta, vidde tutto il rimanente, e subito corre a dirlo al podestà; il quale, inteso che l’ebbe, disse:
- Va’, e fagli tutti venire su e fagli venir ben salvi, che non se ne rompa alcuno.
E per questo fare, convenne che ’l cavaliere adoperasse tutta la famiglia, che era apparecchiata d’andar con lui alla cerca, a portare li detti orinali dinanzi al podestà. Veggendoli il podestà se gli cominciò a uno a uno a recare in mano, e guardando l’acque, gli diede poi a’ fanti che gli appiccassino intorno alla sala grande, e se non v’era dove, fece conficcare degli aguti. Cosí comandato, fu fatto; avendo considerato questo valentre uomo quelle tante e diverse acque, né piú né meno che facesse un medico.
L’altro dí seguente, o che ’l consiglio si facesse come anticamente in quella sala si facea, o che ’l podestà mandasse per molti nobili cittadini; gli quali giugnendo sanza sapere il fatto, tutti, veggendo quelli orinali, si maravigliavano; e cosí essendo ragunati, il podestà giunse fra loro, e cominciò a dire:
- Signori fiorentini, io ho sempre udito dire che voi sete li piú savi uomeni del mondo; e poi che io venni qui, in sí piccolo tempo conosco voi sete molto piú savi che non ci si crede; e la prova il manifesti: che essendo io venuto qui vostro podestà, e voi, come savi, considerando che ’l rettor della terra conviene che purghi li vizii e’ malori di quelli che ha a reggere, né piú né meno come il medico conviene che curi le infirmità de’ suoi infermi, mi avete in questa notte appresentato le vostre acque, li vostri segni in questi orinali che vedete d’intorno appiccati, li quali orinali mi sono stati confitti alla porta; e io avendoli proccurati, come che molto sofficiente in medicina non sia, veggio e ho compreso in questi vostri cittadini grandissime infirmità, le quali con la grazia di Dio penserò di curar sí che io vi creda lasciare piú sani, e in migliore stato che io non vi truovo.
Quando costui ebbe cosí parlato, li cittadini si tirorono da parte, e feciono uno risponditore per tutti; il quale disse al podestà che non potea essere che nelle gran terre non fossono diverse condizioni di genti, e semplici e sciocchi e matti; e che lo confortavono che cercasse chi avesse quelli orinali appiccati, e che ne facesse sí fatta punizione che a tutti gli altri fosse esemplo, e molte altre cose.
E ’l podestà disse loro:
- Voi mi dite che ci sono diverse genti e ignoranti e stolti; per quelli tali e io e gli altri rettori siamo eletti: ché, se tutti li populi fossono savi, non bisognerebbe ci andasse rettori e oficiali.
E cosí presono commiato e partironsi.
Il qual podestà rimaso, come che fosse valentre uomo, mosso ancora dallo sdegno, non dormío; ma con informazioni e con gran sollecitudini segretamente seppe chi erano quelli che erano di mala condizione e di cattiva vita; e cominciò ora uno per ladro, ora due per micidiali, e quando tre e quando quattro, e mettitori di mali dadi e d’altre pessime condizioni, a spacciare e mandarli nell’altro mondo, e ancora fu in questo numero di quelli che aveano appiccati gli orinali. E in brieve tanti ne impiccò, e tanti ne decapitò e justiziò per ogni forma, che nella fine del suo officio lasciò sí sanicata e sí guerita la nostra città che si riposò molto bene per assai tempo.
E però non si dee mai giudicare secondo le apparenze, e fare scherne d’altrui, e massimamente de’ rettori; però che l’apparenza mostra molte volte quello che è d’assai, dappoco, e quello che è dappoco, mostra d’assai. Come che io credo che questa fosse permissione di Dio, volendo che ciò avvenisse perché li cattivi fossono puniti, e che quella mala erba fosse diradicata per forma che quella città ne rimanesse in migliore stato.

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