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Jean-Jacques Rousseau - Il contratto sociale (1762)
Traduzione dal francese di anonimo (1850)
Libro secondo - Cap. IX
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Cap. IX

Continuazione.

Siccome la natura ha dato un termine alla statura di un uomo ben costituito, oltre il quale non si ha più se non giganti o nani, così riguardo alla migliore costituzione di uno stato sonvi eziandio dei limiti all’estensione che può avere, affinchè non diventi nè troppo grande per poter essere ben governato, nè troppo piccolo onde possa mantenersi da sè. In ogni corpo politico evvi un maximum di forza che non si può oltrepassare, © da cui sovente si allontana a mano a mano che si amplia. Più si dilata il vincolo sociale e più si indebolisce, perchè in generale uno stato piccolo è proporzionatamente più forte di un grande.

Questa massima vien provata all’evidenza per mille ragioni. In primo luogo l’amministrazione si fa più difficile nelle grandi distanze come un peso divien più grave in cima di una più gran leva. Si fa eziandio più onerosa a mano a mano che si moltiplicano i gradi, imperocchè ogni città ha la sua pagata dal popolo, ogni distretto ha la sua ancor pagata dal popolo, poi ciascuna provincia, quindi i grandi governi, i governi satràpici, i viceregni, che bisogna sempre pagar più caro a mano a mano che si sale, e sempre a spese del povero popolo, e finalmente l’amministrazione suprema che schiaccia tutto. Tanti sopraccarichi rifiniscono continuamente i sudditi, i quali ben lungi dall’essere meglio governati da tutti questi diversi ordini, lo sono meno che se ne avessero un solo superiore ad essi. Frattanto appena appena rimangono rimedii per i casi straordinari, e quando è mestieri il ricorrervi, lo stato è sempre in procinto di rovinare.

Più: non solo il governo ha minor vigore e celerità per far osservare le leggi, impedire le vessazioni, correggere gli abusi, prevenire i sediziosi tentativi che possono succedere in luoghi lontani, ma il popolo è meno affezionato a’ suoi capi che non vede mai, alla patria che a’ suoi occhi è come il mondo, ed a’ suoi concittadini, la maggior parte dei quali gli sono stranieri. Le medesime leggi non possono convenire a tante provincie diverse che hanno costumi diversi, che vivono sotto climi opposti, e che non ponno sopportare la medesima forma di governo, Leggi diverse non generano se non discordia e confusione fra popoli, che vivendo sotto i medesimi capi ed in una continua comunicazione passano o si accasano gli uni presso gli altri, e soggetti ad altri costumi non sanno mai se il loro patrimonio appartenga veramente ad essi. Gli ingegni sono sopiti, ignorate le virtù, impuniti i vizii in una tale moltitudine d’uomini ignoti gli uni agli altri, ammassati in un medesimo luogo dalla sede della suprema amministrazione. I capi sopraffatti dagli affari non vedono niente cogli occhi proprii, lo stato è governato da proposti. Finalmente le misure necessarie per mantenere l’autorità generale, alla quale tanti uffiziali discosti vogliono ribellarsi od imporre, assorbono tutte le cure pubbliche, è le quali non si possono più indirizzare alla felicità del popolo, appena appena sufficienti per difenderlo in caso di bisogno; di modo che un corpo troppo grande per la sua costituzione dechina e perisce schiacciato sotto il suo proprio peso.

Inoltre lo stato deve prendere una certa base per esser solido, per resistere alle scosse i cui andrà soggetto, ed agli sforzi che dovrà fare per sostenersi: perchè tutti i popoli hanno una specie di forza centrifuga, per cui agiscono continuamente gli uni contra gli altri e tendono ad ingrandirsi a spesa dei loro vicini come i vortici di Cartesio. Così i deboli sono in pericolo di venir bentosto inghiottiti, e niuno può conservarsi se non mettendosi con tutti in una specie d’equilibrio, che rende la compressione dappertutto press’a poco uguale.

Da ciò si scorge che c’è motivo di ampliarsi e molivo di restringersi, e non poco ingegno dimostra quel politico il quale trova tra l’uno e l’altro la proporzione più vantaggiosa alla conservazione dello stato. In generale si può dire, che il primo non essendo se non esterno e relativo, debb’essere subordinato all’altro che è interno ed assoluto. La prima cosa da ricercarsi è una sana e forte costituzione, e si deve tener più conto del vigore che nasce da un buon governo che non dei mezzi procacciati da un grande territorio.

Del resto furon visti degli stati talmente costituiti, che entrava nella loro stessa costituzione la necessità delle conquiste, e i quali per mantenersi eran costretti a continuamente ampliarsi. Forse compiacevansi di questa avventurosa necessità, la quale però additava loro col termine di loro grandezza l’inevitabile istante di loro caduta.

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